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VIRGINIA WOOLF, Un luogo tutto per sé

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view post Posted on 4/9/2008, 05:50

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VIRGINIA WOOLF
Romanziera e saggista inglese (Londra, 1882 - Lewes, 1941).



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Proseguendo la via aperta da Henry James e Marcel Proust, Virginia Woolf ha cercato - come il suo contemporaneo James Joyce - di tradurre nella scrittura la fugacità delle impressioni, di dissolvere le forme tradizionali del racconto nel flusso di coscienza: l’approdo cui perviene è la liberazione dalle regole del realismo psicologico per scendere lentamente in un precario “attraversamento delle apparenze”, nel cuore delle incertezze dell’essere.
Innovatrice nei suoi scritti, Virginia Woolf lo fu anche nelle sue letture: nei suoi articoli di critica letteraria come nelle sue scelte di editore indipendente, privilegiò sempre gli autori che condividevano con lei questo sguardo nuovo che esige modi d’espressione nuovi. Stessa originalità nella sua visione della società del suo tempo: i suoi saggi polemici appaiono fra i grandi testi fondatori del femminismo.

Il peso delle ascendenze

Venti anni dopo avere lasciato il 22 di Hyde Park Gate, indirizzo memorabile di cui Virginia Woolf farà più tardi il titolo di una breve confessione autobiografica, evocherà la cupa atmosfera di questa residenza del South Kensington, zona londinese dove, da più di mezzo secolo, il vittorianesimo trionfante prediligeva erigere le sue costruzioni più monumentali. Qui, in una sapiente disposizione di appartamenti attigui idonei ad accogliere negli stessi spazi una ventina di persone, vive la tripla famiglia di sir Leslie Stephen e Julia Prinsep Stephen: entrambi vedovi provenienti da un primo matrimonio, hanno insieme quattro figli, che vengono ad aggiungersi ai quattro nati dai loro primi rispettivi letti. In questa complessa figliolanza, Virginia Adeline occupa la settima e penultima posizione.

Una famiglia illustre

Certamente, nascere nel focolare degli Stephen dà tutti i vantaggi che offre di primo acchito un ambiente agiato e colto. Ma, nello stesso tempo, sotto il peso di modelli famosi, l’ascendenza esige che si eccella: il nonno, sir James Stephen, dopo essere stato sottosegretario di Stato alle colonie dei primi anni del regno vittoriano, fece a Cambridge una carriera brillante di professore di storia contemporanea; lo zio, sir James Fitzjames Stephen, elevato al titolo nobiliare in ricompensa dei suoi servizi di alto funzionario in India, era autore celebrato di opere e di articoli di riflessione giuridica, filosofica o teologica; ma è ovviamente la figura di suo padre, personaggio ricco e complesso, che segna di più la giovane Virginia. Profondamente credente nella primissima giovinezza - al punto di prendere quasi i primi ordini della Chiesa anglicana -, in seguito disconobbe repentinamente ogni religione. Ormai discepola di Kant, di Auguste Comte e di John Stuart Mill, professa un agnosticismo virulento e si appassiona all’... alpinismo: il rigore e vigore vittoriani si esercitano fin sulle vette svizzere, delle cui ascensioni sir Leslie riporta resoconti tali che contribuiscono ad innalzare l’ alpinismo al rango di disciplina sportiva. Ma soprattutto, quest’uomo imprevedibile e traboccante d’energia è un uomo di lettere. Genero, per il suo primo matrimonio, di Thackeray, al quale succede alla guida del “Cornhill Magazine”, influente rivista letteraria, amico stretto del romanziere Meredith, sir Leslie è uno prosatore prolisso, storico delle idee, critico letterario e biografo dei grandi autori inglesi.

Una famiglia di cultura
Questa galleria di ritratti maschili sembra avere tutte le chance di arricchirsi delle figure già promettenti dei fratelli, fratellastri e cugini della giovane Virginia. Mentre i ragazzi seguono il percorso rigoroso che conduce da Eton a Cambridge, le ragazze ricevono in casa un’istruzione che resta la prima delle prerogative materne: Julia Stephen veglia sull’insegnamento apprestato da governanti, precettori e ripetitori alle tre figlie - Vanessa, Virginia e la loro sorellastra Stella Duckworth. Più tardi, Virginia Woolf commenterà questa disuguaglianza nel trattamento riservato ai ragazzi da un lato, alle ragazze dall’altro, pur riconoscendo il suo debito verso questo ambiente familiare molto stimolante. Dagli Stephen, le visite di scrittori, editori, giornalisti, artisti sono quotidiane, e le conversazioni appassionanti. D’altronde, sir Leslie apre in gran parte la sua biblioteca a tutti i suoi figli, ragazzi e ragazze.

Una famiglia di uomini
In quest’alveare vibrante di individualità forti, ciascuno prosegue i suoi interessi, nel rispetto delle norme tacite che impone Julia Stephen, madre adorata, attenta al mantenimento dell’equilibrio di questa famiglia composita. Purtroppo, questa donna sagace e briosa muore nel 1895. Per Virginia, appena tredicenne, è il primo di una serie di lutti che la segnano profondamente. Due anni più tardi, Stella Duckworth, che aveva assunto il ruolo della madre scomparsa, si sposa e muore a sua volta, vittima delle complicazioni di una gravidanza difficile. Durante i sette anni che seguono, Virginia e sua sorella Vanessa restano sole in un universo esclusivamente maschile. Più nessuno, ormai, viene a contrastare l’autoritarismo ostinato e le ubbie del padre, vecchio, afflitto da una sordità crescente e vedovo inconsolabile che passa i giorni chiuso nella sua biblioteca. Le due giovani donne cadono sotto la tutela fastidiosa dei loro fratellastri, Gerald e George Duckworth: alle attenzioni incestuose di questi fratellastri maggiori senza scrupoli si aggiunge la fatuità di George, personaggio superficiale ed arrivista purtroppo promosso al rango di capo famiglia. Presto si manifestano in Virginia, fragile e sensibile, i primi segni dell’angoscia e della depressione mentale che, a partire dalla morte della madre, l’attanaglierà tutta la vita.

La fioritura intellettuale
Nel 1904, dopo avere pubblicato uno studio ambizioso sulla letteratura e società inglesi del XVIII secolo, sir Leslie si spegne. Per quanto dolorosa, questa scomparsa segna per le figlie l’occasione di una vera liberazione: senza di essa, come Virginia Woolf scriverà più tardi, «Cosa sarebbe successo? Nulla. Né scrittura, né libri ». Vanessa e Virginia, rispettivamente di venticinque e ventidue anni, ormai sono decise a dar sfogo alle proprie passioni. La maggiore decide di esprimersi con la pittura, la più giovane con la scrittura.

L’influenza del gruppo di Bloomsbury

I ragazzi Stephen lasciano Hyde Park Gate per andare a vivere al 46 di Gordon Square, nella zona di Bloomsbury, dove prendono l’abitudine di ricevere intellettuali, scrittori ed artisti, in un circolo ben presto battezzato il “gruppo di Bloomsbury”. Alimentata e spinta da questo clima di fervore intellettuale, Virginia Stephen sembra infine capace di agire e di scrivere: dà ripetizioni serali alle operaie di un collegio della periferia, milita nei gruppi delle suffragette, pubblica le sue prime critiche letterarie nel “Times Literary Supplement”. Ma c’è nella eterogeneità di queste attività il segno di una dispersione, il sintomo di una febbrile inanità. La sofferenza psichica ed emozionale dell’adolescenza è lontana dall’ essere alleviata quando si verifica un nuovo lutto: nel 1906, nel corso di un viaggio in Grecia, Thoby, il fratello tanto ammirato, è ucciso da una febbre tifoide.
L’anno successivo, Vanessa va in sposa a Clive Bell. La complicità che la lega a Virginia, senza essere rimessa in discussione, passa tuttavia in secondo piano. Virginia, probabilmente delusa, si lascia corteggiare da Lytton Strachey; quest’ultimo non ha mai nascosto la sua bisessualità, e il loro fidanzamento è infranto fin dal giorno dopo del suo annuncio ufficiale.

Un coniuge attento e premuroso

Nel 1912, Virginia Stephen finisce per sposare l’autore e giornalista socialista Leonard Woolf, al quale è legata da una complicità profonda, intellettuale ed estetica. Quest’uomo paziente ed attento le sarà fino alla fine fedelmente devoto e veglierà senza sosta sulla salute mentale e l’attività letteraria della moglie. È in effetti grazie al sostegno ed agli incoraggiamenti del marito che Virginia Woolf riesce infine a concentrare i suoi sforzi: mentre le riunioni del gruppo di Bloomsbury si svolgono nel nuovo domicilio coniugale, completa il suo primo romanzo nel 1913, La crociera, pubblicato nel 1915. Durante i lunghi mesi della redazione di quest'opera, non ha cessato di dubitare della sua capacità di condurla a termine. Esausta, va incontro ad un nuovo periodo di depressione.
Per farle ritrovare fiducia ed equilibrio, il marito le propone di aprire una casa editrice. Nel 1917, fondano insieme la Hogarth Press, che svolgerà un ruolo capitale sulla scena letteraria inglese del periodo tra le due guerre. Da subito, la politica editoriale dei Woolf è indirizzata verso scrittori nuovi o autori stranieri poco o male tradotti. Accanto ai loro libri, Virginia e Leonard Woolf riescono in alcuni anni a fare apparire nel catalogo del Hogarth Press delle opere decisive come quelle di T.S. Eliot, Katherine Mansfield, Freud, Rilke, Svevo, Gorki, Cechov, Tolstoj e Dostoevskij.


Romanzi non convenzionali

Nel 1919, Virginia Woolf pubblica il suo secondo romanzo, Notte e giorno, la cui l’eroina - giovane prigioniera di una famiglia di letterati - ricorda Vanessa; nella forma, questo libro rimane fedele alle convenzioni chiuse della costruzione del personaggio.
Ma nel 1922 pubblica La camera di Jacob, primo racconto destrutturato, puzzle impressionista evocante la morte di un giovane il cui il modello, questa volta, sembra essere quello del fratello Thoby. Il libro è immediatamente accolto, tanto dai suoi difensori che dai suoi detrattori, come un manifesto di rottura delle regole del romanzo psicologico tradizionale. Fino all’ultima delle sue dieci opere romanzesche, Virginia Woolf cercherà di affinare le tecniche di scrittura, spingendo sempre più a fondo l’elaborazione di tecniche di scrittura idonee a seguire da presso le aritmie degli atti percettivi, l’alchimia delle sensazioni e le ellissi del monologo interiore.

Segue La signora Dalloway (1925), soliloquio incrociato di due voci messe in controcanto durante lo spazio di un solo giorno: quella di Clarissa Dalloway, moglie frivola di un deputato occupata dai preparativi del prossimo ricevimento, e quella di Septimus Warren Smith, il suo improbabile alter ego maschile, ferito della Grande guerra, un mezzo folle errante per Londra. Con Gita al faro (1927), la romanziera ritorna alla storia familiare: sotto le caratteristiche appena mascherate del signor e della signora Ramsay e dei loro otto bambini, fa rivivere la sua famiglia e le sue villeggiature a Talland House, in Cornovaglia, trasposte, in questo quinto romanzo, nell’isola di Skye.

Una voce femminista
Orlando (1928) occupa un posto molto particolare: biografia immaginaria di un personaggio androgino che attraversa quattro secoli di storia inglese, il libro è in realtà un poema d’amore indirizzato alla scrittrice Vita Sackville-West, amica ed amante di questo periodo in cui il femminismo di Virginia Woolf si esprime nettamente in Una stanza tutta per sé (1929), bruciante guanto di sfida lanciato contro l’ordine culturale maschile. In questo saggio, al quale darà più tardi una dimensione più politica (Le tre Ghinee, 1938), elabora la cronistoria della quasi totale assenza delle donne sulla scena letteraria. Ai suoi occhi, la marginalizzazione - nella pazzia spesso - di cui furono vittime le poche donne scrittrici nei fatti conferma la teoria di una repressione secolare della scrittura e della parola femminili. Complementari nella loro espressione di una femminilità in cerca di se stessa, Orlando ed Una stanza tutta per sé sono l’ultimo grido di un decennio di creatività intensa e febbrile.

La triste minaccia della follia

Nel corso degli anni ‘30, un ciclo di depressione l’assedia nuovamente. Diversi fattori concorrono ad inasprire presso la scrittrice le paure sempre più ossessive e afflittive: la lontananza di Vita Sackville-West, la morte di un nipote - figlio maggiore di Vanessa, ucciso durante la guerra civile in Spagna -, l’orrore incombente del nazismo e, una volta la guerra scoppiata, il timore di un’invasione tedesca, un timore che le origini ebree di Leonard non fanno che aumentare man mano che si confermano i segni della barbarie.
Contestualmente la sua attività inclina sempre più a toni cupi nella scelta dei temi e più titubante appare il suo progetto letterario. L’ ossessione della solitudine e della morte è al centro de Le onde (1931). Nel 1937 esce Gli anni: in questa lunga cronaca, costruita intorno dell’agonia di una madre, Virginia Woolf traccia, in modo quasi classico, dall’epoca vittoriana agli anni ‘30, la storia del clan Pargiter, famiglia dell’alta borghesia. Per il suo ultimo romanzo, Tra un atto e l'altro (1941), ritorna alle complessità delle costruzioni a specchio: al di là della metafora di una festa di paese dove si mescolano, in un turbinio, illusione e realtà, passato e presente, si addentra in una meditazione sulle fondamenta della civilizzazione.

Mentre i bombardieri tedeschi solcano il cielo inglese, Virginia Woolf, sempre più convinta che la follia abbia preso il dominio del mondo, decide di porre fine al suo “Attraversamento delle apparenze”. Il 28 marzo 1941, si annega nel fiume Ouse, il cui corso delimita la proprietà di Monk’s House, a Rodmell, piccolo villaggio del Sussex dove, in quei mesi bui, i Woolf si rifugiavano spesso. C’è, in questa morte cercata nell’acqua, il simbolo di un completamento impossibile, come un’ eco di quella fluidità che la sua opera cercò sempre di cogliere.


fonte



link

parte prima http://www.mediafire.com/download.php?vbvdb2jyru6


parte seconda http://www.mediafire.com/download.php?mubsduw1tco


parte terza http://www.mediafire.com/download.php?4bnercwpvpg

Edited by Bluedream - 4/9/2008, 07:26
 
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gino 348
view post Posted on 4/7/2015, 22:36




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