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IL TEMPO E LA STORIA, da Rai Storia LINK DA SOSTITUIRE

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view post Posted on 28/3/2015, 13:38

papero

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Cari amici de Il Tempo e la Storia, l'avventura ricomincia, una lunga cavalcata fra i secoli, i personaggi, le ragioni, i problemi, gli snodi della Storia. Quest'estate, quando mi è successo di incontrarvi, ho ascoltato tanti complimenti (siete molto generosi, dopo una sola stagione sentite già il programma come vostro) e tanti suggerimenti, riconoscendoci il tentativo di rispondere all'esigenza di un servizio pubblico che provi a rilanciarne le ragioni oggi. Insomma, un po' sono orgoglioso di far parte di Rai Cultura, questo "pezzo" dell'azienda Rai di cui più chiari sono missione e identità. Buon viaggio a tutti noi per questa 2a stagione, di qua come di là dal video. E se ogni tanto sentirete cose che non capirete o non condividerete... datene sempre la colpa al conduttore. Che potrà sempre dire: questa non la sapevo, a scuola me l'hanno raccontata in un altro modo.
Grazie per l'attenzione.

Massimo Bernardini


Un programma di: Massimo Bernardini, Alessandra Bisegna, Francesco Cirafici, Cristoforo Gorno; e di: Fabio Bottiglione, Cosimo Calamini, Leonardo Campus, Giorgio Cappozzo, Giancarlo Di Giovine, Arnaldo Donnini, Roberto Fagiolo, Massimo Gamba, Michela Guberti, Caterina Intelisano, Gianluca Miligi, Giancarlo Mancini, Flavia Ruggeri, Pierluigi Tiriticco

Consulenza artistica di: Claudio Del Signore

Consulenti storico scientifici:
Alessandro Barbero
Mauro Canali
Franco Cardini
Isabelle Chabot
Giovanni De Luna
Ernesto Galli Della Loggia
Emilio Gentile
Agostino Giovagnoli
Alberto Melloni
Gilles Pécout
Francesco Perfetti
Giovanni Sabbatucci
Silvia Salvatici
Lucio Villari



Edited by eos1948 - 5/8/2021, 08:09
 
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view post Posted on 28/3/2015, 21:52

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Agostino Giovagnoli



È ordinario di Storia contemporanea dal 1987, insegna in Università Cattolica, a Milano, dove è anche Direttore del Dipartimento di Storia, Archeologia e Storia dell’Arte. È presidente della SISSCO, l’associazione che raccoglie gli storici contemporaneisti italiani. Collabora con i quotidiani «la Repubblica», «Europa» e «Avvenire». Si è occupato di storia dei rapporti tra Stato e Chiesa tra Ottocento e Novecento, di storia della Democrazia Cristiana e della Prima Repubblica, di storia della Chiesa e del papato contemporaneo, di storia delle relazioni internazionali e di storia della globalizzazione. Tra le sue pubblicazioni: La cultura democristiana tra Chiesa cattolica e identità italiana, Laterza, RomaBari 1991; Il partito italiano. La Democrazia cristiana dal 1942 al 1994, Laterza, Roma Bari, 1996; Le interpretazioni della Repubblica, il Mulino, Bologna 1998; Roma e Pechino. La svolta extraeuropea di Benedetto XV, Studium, Roma 1999; Storia e globalizzazione, Laterza, Roma Bari 2003; Il mondo visto dall'Italia, con Giorgio Del Zanna, Guerini, Milano 2004; Il caso Moro. Una tragedia repubblicana, Il Mulino, Bologna 2005; Chiesa e democrazia. La lezione di Pietro Scoppola, Il Mulino, Bologna 2012.


Il `68 in Italia
Tutto inizia negli Stati Uniti alla metà degli anni ‘60 per raggiungere il suo apice in Europa e in Italia, in quello che sarà chiamato dalle generazioni future “il '68” e che segnerà l'affermazione definitiva dei giovani sulla scena sociale, politica e culturale.
In studio il prof. Agostino Giovagnoli ripercorre le tappe emblematiche di un fenomeno che in forme e intensità diverse ha riguardato tutti i paesi del mondo occidentale.
In Italia le prime occupazioni universitarie iniziano nel 1966: gli studenti vogliono partecipare alla gestione degli atenei e rifiutano la proposta di riforma del ministro Gui, considerata classista.
Diventano sempre più tesi i rapporti tra studenti e docenti, contestati apertamente in quanto rappresentanti del potere accademico.
Il 27 aprile 1966 alla Sapienza giovani di destra uccidono lo studente Paolo Rossi.
Nel 1967 il movimento cresce, manifesta apertamente contro la società dei consumi e contro la guerra del Vietnam. In autunno, alla riapertura dell'anno accademico, le grandi occupazioni di Trento, Milano e Torino aprono la strada al '68.


Togliatti
“Togliatti era un duro, credeva che il comunismo incarnasse la verità della storia, al di là dei dettagli. Peccato che i dettagli fossero le persone e i popoli”, racconta il prof. Agostino Giovagnoli.
Un viaggio alla scoperta dell’uomo che negli anni dell’esilio moscovita si faceva chiamare Ercole Ercoli e che sarebbe diventato - per i “compagni” - “Il Migliore”, l’uomo capace di far diventare il Partito Comunista Italiano una delle più grandi organizzazioni di massa del dopoguerra.
In primo piano, il Togliatti dell’esilio moscovita dal 1926, della rifondazione del Partito Comunista, ma anche il Togliatti dell’appoggio al Governo De Gasperi e del dialogo con i cattolici.
Una breve stagione, quest’ultima: la rottura con la Dc si consuma nelle elezioni del 1948 da cui il Pci esce sconfitto. È anche l’anno dell’attentato a Togliatti e del suo appello al popolo per evitare un’insurrezione.
“Se Togliatti fosse morto nell’attentato – dice il professor Giovagnoli - ci sarebbe stata l’insurrezione. Togliatti è lucidissimo dopo l’attentato, sa quanto è pericoloso il momento: nel 1948 giravano ancora tante armi. Ci sarebbe stata una guerra civile, che i comunisti avrebbero perso, a costi umani altissimi”.
Si prosegue alla scoperta di un uomo che da una parte continua a battersi per la Costituzione, la democrazia e il dialogo con il mondo cattolico e, dall’altra, appoggia i sovietici anche quando i loro cari armati entrano a Budapest.
“Togliatti – conclude Giovagnoli - era un realista, si adattava alle situazioni e conosceva i rapporti di forza, ma non era un cinico. Rimarrà comunque un nostalgico di Stalin”.


Tina Anselmi
Ci sono voluti più di 100 anni perché l’Italia avesse un ministro donna. La prima, nel 1976 al ministero del Lavoro, è stata Tina Anselmi.
Il professor Agostino Giovagnoli ripercorre la vita della Anselmi dalla nascita nel 1927 a Castelfranco Veneto, paese al quale è molto legata, al 1981 quando viene chiamata a presiedere la commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2.
I passi salienti della sua vita: staffetta partigiana all’insaputa dei genitori, sindacalista, poi iscritta alla Democrazia Cristiana e impegnata nella vita politica. Una donna “forte” e schietta, spesso accostata a una figura femminile del Pci altrettanto energica, Nilde Jotti.
Diventare ministro, del Lavoro e poi della Sanità, è la svolta della sua vita e la lega, in particolare, alla grande riforma sanitaria del 1978, durante il governo Andreotti.
Infine, il lavoro nella commissione d’inchiesta sulla Loggia P2 che Tina Anselmi presiede con rigore, ma non senza polemiche. Un personaggio che il settimanale Cuore, nel 1991, arriva a proporre come Presidente della Repubblica. Fu solo un goliardata?


Wojtyla e il comunismo
Dal sevizio pastorale nella cosiddetta Chiesa del silenzio, durante gli anni dell'’ateismo di Stato, al crollo del Muro di Berlino. È la storia di un uomo che ha contribuito alla fine dei regimi comunisti in Europa: Karol Wojtyla, papa Giovanni Paolo II.
Il professor Agostino Giovagnoli mette in primo piano l’'opposizione di Wojtyla al comunismo, in particolare a partire dalla sua elezione al soglio di Pietro, nel 1978: un evento destinato a segnare profondamente la sua Polonia e non solo. Il suo primo viaggio in patria risveglia le coscienze. Gli scioperi dei cantieri navali di Danzica sono un primo segnale, seguito dalla nascita di Solidarnosc, il sindacato di Lech Walesa.
È l'’inizio di una “rivoluzione” che né l’'attentato al Papa, nel 1981, né il pugno di ferro del regime del generale Jaruzelski riusciranno a fermare. Anzi, il regime polacco si troverà costretto a trattare con Solidarnosc e, nel 1989, dovrà incassare una sconfitta pesantissima alle elezioni del 4 luglio. Per i regimi dell'’Est Europa è l’'inizio della fine.


Aldo Moro: il grande tessitore
Sono passati 36 anni dal suo assassinio e il nome di Aldo Moro è ancora fortemente legato ai suoi ultimi drammatici 55 giorni. Uno scatto fotografico lo ritrae prigioniero delle Brigate Rosse. Nato a Maglie il 23 settembre del 1916, Aldo Moro è uno dei padri costituenti della Repubblica e tra i maggiori esponenti della Democrazia Cristiana, di cui nel 1959, diventa segretario. Il 4 dicembre 1963 Moro è per la prima volta alla guida di un governo, incarico che ricoprirà in altre quattro occasioni; l’ultima nel 1976, anno in cui viene eletto presidente della DC. Nei due anni successivi lavora a formare un governo con il sostegno del Partito Comunista. Un traguardo che sembra raggiunto il 16 marzo 1978, proprio il giorno del rapimento e della strage di via Fani. Aldo Moro ha guidato la Democrazia Cristiana e il Paese per quasi due decenni nelle svolte più difficili tra consensi e anche critiche. Ma qual era la direzione in cui voleva portare l’Italia? Qual era il suo progetto politico e quanto di questo progetto Aldo Moro è riuscito a realizzare? A Il Tempo e la Storia Massimo Bernardini ne parla con il professor Agostino Giovagnoli.


Referendum
Referendum: gerundio della parola latina refero che significa riferire, rispondere o registrare.
È una parola che ha spesso evocato scenari di aspre contese politiche del passato e di grandi cambiamenti della società.
Il professore Agostino Giovagnoli, ripercorre le vicende dei quattro referendum più rappresentativi della storia repubblicana: 1) il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, che ha cancellato dalla bandiera italiana lo stemma sabaudo. 2) Nel 1974 ci fu poi il referendum sul divorzio; 3) nel 1981 quello sull’aborto e infine 4) il referendum che il 18 aprile 1993 chiamò i cittadini a rispondere a otto quesiti proposti dai Radicali, tra cui l’abolizione della legge elettorale proporzionale del Senato in favore della principio maggioritario.
Dalle teche Rai le immagini di piazza delle campagna referendarie, i movimenti che nelle diverse occasioni si sono costituiti a favore o contro i quesiti proposti, i commenti e i risvolti politici che hanno caratterizzato le consultazioni referendarie.


Nilde Iotti
È il 1943 quando Leonilde Iotti, detta Nilde, dopo la laurea all’Università Cattolica di Milano, torna nella sua Reggio Emilia e poco più che ventenne prende parte alla Resistenza come staffetta portaordini.
A 26 anni è eletta deputato nelle file del PCI all’Assemblea Costituente del 1946: è l’inizio di una biografia politica eccezionale che la porterà nel 1979 a diventare la prima donna ad essere eletta Presidente della Camera dei Deputati e in seguito la prima, e ad oggi, l’unica donna a ricevere un mandato esplorativo come Presidente del Consiglio.
Oltre 50 anni di impegno politico-parlamentare che si concludono con le dimissioni da deputato nel novembre del 1999, poche settimane prima della morte.
Figlia di un ferroviere socialista e di una casalinga cattolica, Leonilde nasce a Reggio Emilia il 10 aprile del 1920.
Appena pochi mesi prima del fatidico gennaio 1921, che segna l’irrompere sulla scena politica del partito comunista italiano, a cui Nilde Iotti legherà in modo indissolubile il suo destino.
Del suo percorso umano e politico fa parte anche la relazione sentimentale che la legò al segretario del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti.
Protagonista di tante battaglie civili a fianco delle donne, Nilde Iotti fu tra le quattro donne chiamate a far parte della Commissione dei 75, organo incaricato di scrivere la bozza della Costituzione repubblicana a cui darà un contributo di grande rilievo sui capitoli del diritto di famiglia e della questione femminile.


Presidenti
I Presidenti che hanno guidato le fasi più delicate della storia repubblicana italiana.
Tre capi di Stato e i loro settennati che hanno caratterizzato decisivi periodi di transizione del Paese: Enrico De Nicola, eletto Capo provvisorio dello Stato nel luglio del 1946 e divenuto Presidente della Repubblica il 1 gennaio del 1948 con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana; Sandro Pertini, salito al Quirinale nel luglio del 1978 e in carica fino alla scadenza del settennato, il 23 giugno del 1985; Oscar Luigi Scalfaro, eletto Presidente il 25 maggio 1992 e rimasto in carica fino al maggio del 1999.
Con il supporto di documenti storici e filmati delle Teche Rai, lo storico Agostino Giovagnoli racconterà tre modi diversi di interpretare il ruolo di Capo dello Stato, ricostruendo così un percorso politico fondamentale per la storia della Repubblica Italiana.


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Edited by papero62 - 29/3/2015, 09:59
 
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Alessandro Barbero



(Torino 1959) È professore ordinario di Storia Medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Ha vinto il Premio Strega nel 1996 con il romanzo storico Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle gentiluomo (Milano, Mondadori, 1995), tradotto in sette lingue. Fra le sue opere più recenti, Lepanto. La battaglia dei tre imperi, Roma-Bari, Laterza, 2010 (Premio Selezione Bancarella 2011); I prigionieri dei Savoia, Roma-Bari, Laterza, 2012 e il romanzo storico Gli occhi di Venezia, Milano, Mondadori, 2011. Dirige la «Storia d’Europa e del Mediterraneo» della Salerno Editrice. Collabora con il quotidiano La Stampa, con il programma televisivo Superquark e con il canale Rai Storia.


La caccia alle streghe
Quattro secoli di processi, torture, roghi. Dal 1330 al 1700. È la caccia alle streghe. Ma chi erano queste streghe? E di cosa erano accusate?
Partendo dai verbali conservati nell’Archivio dell’Inquisizione di Modena, il documentario Eccellentissima strega ricostruisce tre processi di stregoneria e racconta riti, formule e metodi della Santa Inquisizione: tre casi esemplari di stregoneria, tre tipologie diverse di streghe.
In studio il professore Alessandro Barbero ci aiuta a capire chi erano davvero queste donne e perché su di loro si abbatté il giudizio dell’Inquisizione.


Le riforme di Napoleone
In questa puntata il prof. Barbero mette in evidenza il Napoleone Bonaparte riformatore.
Napoleone per circa quindici anni tiene in mano i destini dell’Europa, ed è in questo periodo che si sviluppa la sua attività di legislatore.
Il 9 novembre 1799 con un colpo di Stato il trentenne Bonaparte prende il potere.
È il 18 brumaio e nasce l’Europa moderna.
In studio con Massimo Bernardini il Professore Alessandro Barbero, per scoprire chi è stato davvero Napoleone, un abile stratega, un uomo di potere o… anche qualcosa di più.
Si parte dal 1804, l’anno del Codice Napoleonico ma anche quello in cui, il 2 dicembre, Bonaparte si fa proclamare Imperatore.


Lucrezia Borgia: lettere da Ferrara
Una puntata dedicata ai carteggi di Lucrezia Borgia, duchessa d’Este, durante la sua permanenza a Ferrara.
Il punto di partenza è la decifrazione di una lettera crittografata proveniente dall’Archivio Segreto Estense, un fondo dell’archivio di Modena.
La lettera, mostrata durante una puntata della scorsa edizione de Il Tempo e la Storia, è stata decriptata da uno studioso salentino, Daniele Palma, che è riuscito a svelare il contenuto della missiva datata 1510.
La comunicazione tra la duchessa ed il marito Alfonso d’Este è l’occasione per discutere di nuovi studi storici che mettono in luce aspetti inediti di Lucrezia Borgia: un personaggio passato alla storia come torbido e ambiguo, viene riletto in una nuova chiave a partire dagli epistolari con ambasciatori e membri della famiglia e dall’analisi dei registri finanziari. Emerge così la figura di una donna di potere concentrata più sul bene comune che sull’arricchimento e il prestigio personale.


La caduta di Costantinopoli
Il racconto della conquista di Costantinopoli, la capitale dell'impero romano d'oriente che nella metà del quindicesimo secolo gli ottomani strappano ai Bizantini, cambiando per sempre la sua storia.
Per conquistare Costantinopoli impiegano secoli, sacrificando molti uomini. La loro è una dimostrazione di potenza straordinaria e da quel momento l'impero ottomano comincerà davvero a fare paura agli europei.
Il prof. Barbero parte dal 1258, l’anno della nascita di Osman I, fondatore dell’impero, ripercorrerà i fatti accaduti fino al 1453, quando dopo un lungo assedio i turchi riescono a conquistare la città.
Un momento chiave della storia moderna: l'arrivo degli ottomani segna la fine di un millennio di dominazione da parte dei cristiani bizantini in medio oriente e la nascita di un nuovo assetto mondiale.


Istanbul: la città dei sultani
I bazar, gli harem, i palazzi favolosi e di un’antica capitale, Costantinopoli, conquistata, distrutta e ricostruita con un nuovo nome, Istànbul che deriva dal greco is ten polin e significa verso la città.
Due le tappe fondamentali di questo viaggio: il 1453 quando dopo la conquista di Maometto II la Basilica cristiana di Santa Sofia viene riconvertita in moschea;
il 1478 anno in cui terminano i lavori della costruzione del palazzo di Topkapi, centro del potere ottomano per oltre quattro secoli.
Per Costantinopoli si prepara un nuovo destino, un altro straordinario capitolo della sua storia.


Il declino di Napoleone
Il racconto il declino di Napoleone, la fase calante della parabola politica e umana di uno dei più grandi condottieri dell’età moderna.
Il racconto si avvarrà delle straordinarie immagini del documentario tedesco “Life Under Napoleon”, commentate in studio dal professor Alessandro Barbero.
A lui il compito di raccontare gli episodi cruciali che hanno caratterizzato la fine di Napoleone - la campagna di Russia, l’esilio all’Isola d’Elba di cui ricorre quest’anno il bicentenario, la battaglia di Waterloo e quindi l’esilio di Sant’Elena - per meglio capire cosa lo condusse alla sconfitta e come egli affrontò la perdita del potere e gli ultimi anni della sua vita, conclusasi il 5 maggio del 1821.


Drake il corsaro
Poche navi e pochi uomini. Sufficienti, però, in un viaggio durato solo tre anni, a determinare il declino dell’impero spagnolo e l’ascesa di quello inglese. Ma anche ad aprire nuove rotte e a scoprire nuove terre. È l’avventura del corsaro Francis Drake che il professor Alessandro Barbero ripercorre con Massimo Bernardini.
Nel 1577, su incarico della regina Elisabetta I, Drake parte da Plymouth con cinque navi per una missione segreta nel Nuovo Mondo. Nel settembre dello stesso anno, nel tentativo di spostarsi dall'oceano Atlantico al Pacifico, scopre l’estremità più a sud delle Americhe, Capo Horn.
Nel 1580, dopo aver circumnavigato la terra, Drake torna a Londra carico di tesori, saccheggiati agli Spagnoli.


Magellano
Un’impresa che ha cambiato il destino dell’umanità, un viaggio paragonabile allo sbarco sulla luna: la circumnavigazione del globo, compiuta dalle navi di Ferdinando Magellano tra il 1519 e il 1522.
Una viaggio epico, in cui si intrecciano i destini di due grandi potenze del tempo: Portogallo e Spagna. E Magellano è portoghese, ma naviga sotto la bandiera spagnola. Perché gli Spagnoli hanno le idee chiare: “Lui – racconta Alessandro Barbero – porta un progetto, e loro hanno capito che, se chi porta una proposta poi funziona come Colombo, allora vale la pena finanziare”.
La puntata si snoderà sulle rotte dell’Atlantico di Magellano, alla ricerca del passaggio ad Ovest, attraverso quello stretto che prenderà il nome del navigatore e gli spalancherà l’Oceano che chiamerà Pacifico, oltre la quella terra che verrà ribattezzata “Terra del Fuoco”. Un nome – ricorda il professor Barbero – frutto del “marketing”: “Vedevano tanto fumo. Probabilmente erano gli indios che bruciavano il terreno prima di coltivarlo e la chiamavano 'Terra dei fumi'. Poi qualche esperto di pubblicità ha modificato in Terra dei Fuochi e poi del Fuoco.”
Quella di Magellano non è un’impresa facile: ci sono i ghiacci della Patagonia, c’è l’ammutinamento del suo equipaggio. Ma né gli uni né l’altro fermeranno la circumnavigazione, fino alle Filippine, dove Magellano arriva nel 1521, spinto non solo dal desiderio di esplorare: “Magellano – dice ancora Barbero - ha un contratto con Carlo V: se scoprirà queste isole lui sarà il governatore, avrà una percentuale sui mercati che si svilupperanno, potrà scegliere un’isola tutta per sé, non tra le prime sei più ricche, ma la settima è sua”.
Ma proprio nelle Filippine il suo viaggio finisce tragicamente, ucciso dagli indigeni. Una sola delle sue navi ritorna in Spagna, ma l’impresa è compiuta. A raccontarla al mondo sarà un italiano: Antonio Pigafetta, “cronista” di quel viaggio che fece la storia.


Caravaggio
È stato il primo “pittore maledetto” della storia, ma anche uno dei più grandi artisti italiani. Una vita a tinte forti, come i suoi quadri, e una morte ancora avvolta nel mistero: Michelangelo Merisi, per tutti il Caravaggio.
Il professor Alessandro Barbero ripercorre gli ultimi diciotto anni della sua vita, dal 1692, quando, a 21 anni, arriva a Roma dal paese della bergamasca che gli ha dato il nome, al 1610, quando muore in circostanze ancora misteriose. E del suo corpo non restano tracce.
Tra questi due estremi, il racconto della sua arte che lo porta ad essere il numero uno sul mercato romano del tempo, con quella sua cifra inconfondibile di volti presi direttamente dal popolo e dai bassifondi della società.
Una “violenza” espressiva che si traduce anche nella sua vita: nel 1602 uccide un uomo durante una rissa. Viene condannato a morte, ma trova rifugio nella Napoli spagnola. Confida ancora nella grazia, vuole tornare a Roma e continua a dipingere perché spera cha la propria arte riuscirà a salvargli la vita. Non sarà così. La sua morte avviene dopo un’aggressione subita Napoli, e durante un viaggio via mare che lo porta sulle sponde della Toscana.


L`impero segreto
Shogun e geishe, samurai e monaci. Un mondo a lungo misterioso e, ancora oggi, affascinante: il Giappone.
Il prof. Barbero –lo racconta da un punto di vista inconsueto, quello della sua “scoperte del suo lento aprirsi al mondo occidentale. Tre secoli che vanno dal 1543, quando alcuni marinai portoghesi arrivano sulle coste nipponiche dopo un naufragio, al 1854 quando l’'ammiraglio Perry costringe il Giappone –anche con la minaccia delle armi –a firmare il Trattato di Kanagawa e ad avviare scambi commerciali con gli Stati Uniti.
Un impero rimasto a lungo “segreto” e dei suoi governanti, spesso impegnati a contrastare in ogni modo le influenze esterne sul Paese del Sol Levante. A partire dal Cristianesimo, i cui fedeli vengono a lungo perseguitati dalla dinastia degli Shogun Tokugawa, al potere per due secoli e mezzo.
Un racconto in cui non mancano anche pezzi di vita quotidiana di quel mondo, usi, costumi, convenzioni sociali così diversi da quelli del resto del mondo, la cui descrizione è affidata anche alle immagini del documentario “Memorie di un impero segreto”.


La battaglia delle Midway
È una battaglia navale anomala: combattuta per mare, ma quasi esclusivamente da forze aeree. Uno scontro che segna l’'inizio della controffensiva americana nel Pacifico, durante la Seconda Guerra Mondiale. È la battaglia di Midway, combattuta tra la flotta a stelle e strisce e quella nipponica tra il 4 e il 5 giugno 1942.
Il professor Alessandro Barbero inizia il racconto dal 18 aprile 1942 quando, a pochi mesi dal disastro di Pearl Harbour, aerei americani arrivano a bombardare Tokyo.
Il Giappone risponde con un enorme spiegamento navale: la flotta guidata dall’'ammiraglio Yamamoto punta l’'atollo di Midway, ritenuto strategico nel Pacifico.
A sorpresa, il 4 giugno 1942 i velivoli decollati dalle portaerei infliggono gravi danni agli americani. La superiorità giapponese appare schiacciate e c'’è già chi festeggia a bordo delle navi del Sol Levante. Ma, nel giro di poche ore, tutto cambia.
Le piste di Midway non sono danneggiate, l’'aviazione statunitense riesce a reagire, col sostegno di tre portaerei da cui si alzano i bombardieri che colpiscono duramente la flotta giapponese, rimasta senza l’'appoggio delle corazzate. Perché Yamamoto le ha fatte avanzare, lasciando scoperte le portaerei. Un errore fatale: la controffensiva statunitense –guidata dall’'ammiraglio Nimitz –ha successo e il 5 giugno Yamamoto ordina la ritirata, lasciandosi dietro quattro portaerei e un incrociatore pesante affondati e oltre trecento aerei abbattuti.


La battaglia di Lepanto. Né vinti né vincitori
E’ l’ultima grande battaglia navale della storia, un evento epico anche nei numeri: 150 mila uomini imbarcati, 400 navi, milioni di scudi spesi e 30 mila morti in una manciata di ore.
E’ la battaglia di Lepanto, per i libri di storia uno scontro tra civiltà, dalla quale però – spiega il professor Alessandro Barbero – nessuno uscì veramente vincitore.
La vicenda, che segnò i rapporti tra Occidente e Oriente, inizia il 2 luglio 1570, con l’attacco ottomano all’isola di Cipro, sotto il dominio veneziano e finisce la sera del 7 ottobre 1571, quando la flotta della Lega Santa composta da Veneziani, Genovesi, Stato Pontificio e Spagnoli, affronta, distruggendola, la flotta ottomana nella baia di Lepanto.
A Il Tempo e la Storia il racconto della situazione nel Mediterraneo orientale all’epoca della battaglia, le potenze che accendono la miccia dello scontro e i personaggi che ne determinano l’epilogo, dal sultano Selim II, figlio di Solimano il Magnifico, a Papa Pio V, dal Re di Spagna Filippo II ai mitici giannizzeri.


Francesco d`Assisi. Un santo inimitabile
E’ l’alba del XIII secolo. Un giovane uomo coperto da un semplice saio percorre le strade e le campagne dell’Italia centrale, predicando il Vangelo. È Francesco, il figlio di un ricco mercante che ha abbandonato piaceri e ricchezze per abbracciare la povertà.
Francesco nasce ad Assisi nel 1181, sogna di diventare cavaliere e di coprirsi di gloria. Ma un forte travaglio interiore lo agita: è la conversione, la chiamata di Dio.
Nel 1206 Francesco lascia la casa paterna e rinuncia a tutti i suoi beni. È l’inizio di una vicenda di grande importanza nella storia del cristianesimo e di uno straordinario cammino di fede.
Francesco muore ad Assisi nel 1226, due anni dopo è proclamato santo da papa Gregorio IX.
”San Francesco è stato un uomo straordinario, e anche molto scomodo – dice il Professor Alessandro Barbero - ed è proprio questa scomodità che dopo la sua morte la corrente dominante dell'ordine francescano ha cercato di far dimenticare, dichiarando che Francesco era così santo che non era il caso di cercare di imitarlo”.


Gli ultimi giorni di Gesù
I giorni della Passione di Gesù di Nazareth, i quattro giorni della Pasqua cattolica. Il professore Alessandro Barbero ripercorre gli eventi da un punto di vista storiografico confrontando fatti e circostanze con le parole dei Vangeli e indagando sul ruolo di alcuni personaggi chiave, da Giuda a Pietro, dalla parte svolta dal Sinedrio - il consiglio dei sacerdoti che processa Gesù - a quella interpretata da Pilato, il prefetto di Roma che i Vangeli raccontano in tutta la sua indecisione di fronte alla condanna di Gesù.
“Nella Storia Giudaica di Flavio Giuseppe – spiega il Professore Barbero – Pilato è descritto come un governatore crudele che non esitò a far uccidere molti ebrei durante una rivolta scoppiata per la costruzione di un acquedotto, finanziata con un tesoro sacro ai giudei. Perché con Gesù avrebbe assunto un atteggiamento più morbido? Vale la pena ricordare – aggiunge Barbero - che i Vangeli sono scritti alcuni decenni dopo la morte di Gesù, quando in Palestina scoppiano rivolte contro Roma. I cristiani avevano tutto l’interesse in quel momento a distinguersi dai giudei e a smussare le colpe dei romani sulla morte di Cristo, addolcendo il ruolo e la figura di Pilato”.
Filo conduttore del racconto de Gli ultimi giorni di Gesù, i passaggi più intensi e rappresentativi dello sceneggiato “Gesù di Nazareth” prodotto dalla Rai nel 1977 e diretto da Franco Zeffirelli.


Brigantaggio: una guerra italiana
Il brigantaggio è stato fenomeno che ha caratterizzato il Mezzogiorno nei primi anni dell’Unità d’Italia.
La storia comincia nel 1860 con la comparsa al Sud delle prime bande armate e termina il 21 dicembre 1863, quando Garibaldi si dimette dalla Camera per protesta contro la repressione nel Meridione.
Una parte importante del suo sogno risorgimentale era stato ridare le terre ai contadini del Mezzogiorno.
Ma all’indomani dell’unità d’Italia la realtà si dimostra diversa: il nuovo Stato italiano vende all’asta le terre e aumenta le tasse e i contadini si ritrovano di nuovo a lavorare la terra per conto di aristocratici e latifondisti.
Una parte del popolo meridionale si sente tradito e risponde con la lotta armata contro i nuovi governanti. È il brigantaggio. Una guerra tra italiani che conterà migliaia di vittime.
Secondo il prof. Alessandro Barbero: “Il brigantaggio è stato al tempo stesso un fenomeno criminale, una rivolta contadina, repressa dall'esercito italiano con una violenza inimmaginabile e una guerra civile. Se cerchiamo di semplificarlo, riducendo tutto a una sola dimensione, non capiamo nulla di questo fenomeno del quale, per decenni, non si è mai più parlato”.


Giovanna d`Arco la vergine guerriera
Senza synopsis alla fonte.


Attila
E’ il capo barbaro più citato della storia. Per molti Attila è stato un feroce invasore, per altri un fiero giustiziere. I cristiani lo chiamavano il “flagello di Dio”; in Ungheria è considerato un eroe nazionale. La sua storia comincia nell’attuale Ungheria. È il 446 d.C.. Attila uccide il fratello Bleda e rimane capo unico e indiscusso degli Unni, il popolo barbaro proveniente dalla Siberia. Con il suo esercito arriva fino alle porte di Costantinopoli e costringe l’Imperatore romano d’oriente a ottenere la pace a carissimo prezzo. Per anni Attila tiene in pugno gli eserciti romani, finché, nel 452, marcia verso Roma e proprio quando il suo impero ha raggiunto la massima estensione, misteriosamente si arrende e torna indietro. Muore poco tempo dopo, all’improvviso e per cause naturali la notte della sua festa di nozze. E con lui muore il suo impero. Il professor Alessandro Barbero ci guiderà nella storia di Attila fatta di leggende e di realtà a volte molto difficili da distinguere per un personaggio di tale fama.


La peste nera
Un morbo terribile si aggira per l’Europa del XIV secolo. Un flagello che miete milioni di vittime: la Peste nera.
Tra i testimoni diretti di quell’epidemia anche Giovanni Boccaccio. Nella Firenze della prima metà del 1300 la peste nera è la cornice del suo Decameron.
Come commenta lo storico Alessandro Barbero, le grandi crisi come la peste nere sono fattori di cambiamento economico, sociale e culturale che portano profondi mutamenti.
In campo medico nel tentativo di fronteggiare l’epidemia si prende definitivamente atto che la malattia è contagiosa. Ignorando le teorie mediche ufficiali ereditate dall'Antichità, si creano gli uffici sanitari, si inventano la quarantena, l'isolamento dei malati, i certificati sanitari per chi viaggia da una città all'altra, nonché la denuncia e l’ esame dei morti.
Anche dal punto di vista economico ci furono paradossali risvolti positivi. Quando l'epidemia finì, infatti, tutti i superstiti si ritrovarono più ricchi per l’eredità lasciata dai familiari falciati dalla peste.
La forza lavoro non era più così abbondante e i padroni scoprirono che se volevano dare in affitto la loro terra, dovevano far pagare affitti più bassi ai contadini.
Tanti i filosofi, storici, drammaturghi, poeti e romanzieri che nei secoli hanno descritto gli effetti della peste o ambientato i loro racconti mentre l’epidemia si scatenava, quale realtà oggettiva o metafora narrativa: da Sofocle a Lucrezio, da Boccaccio a Manzoni, da Jack London a Josè Saramago fino ad Albert Camus.


Storia di Babbo Natale
Il Babbo Natale di oggi è l’erede di San Nicola, antico vescovo di Mira in Asia Minore, che, secondo la leggenda, portava doni ai bambini.
Il famoso abito rosso deriverebbe dall’antico mantello da vescovo, color porpora.
San Nicola, è venerato da cattolici, protestanti e ortodossi, è il protettore dei fanciulli e dei marinai. Il santo, Sint Nicolaas, è sbarcato insieme agli immigrati olandesi negli Stati Uniti, dove si è fuso con il personaggio anglosassone di Father Christmas diventando per tutti Santa Claus.
Dal 1800 in poi una serie di racconti, poemi e illustrazioni hanno aggiunto via via nuovi dettagli alla storia di Babbo Natale.
Con la rivoluzione industriale anche Santa Claus dismette gli antichi panni ecclesiastici per assumere le fattezze opulente che gli attribuisce per primo il disegnatore statunitense Thomas Nast nel 1863.
L’omone rubicondo con la barba bianca e il completo rosso di oggi, però, è frutto della matita di un signore svedese che, nel 1931, fu incaricato dalla società produttrice della bibita più famosa al mondo di ideare una nuova campagna pubblicitaria: Haddon Sundblom che decise di rivolgersi alla clientela più giovane, ridisegnando in chiave bonaria il famoso vescovo-elfo portatore di regali. E’ per questo che Babbo Natale, casualmente o no, indossa in tutto il mondo i colori del famoso logo, che con il suo successo ha contribuito a diffonderne la tradizione - dall’America all’Asia, dall’Antartide al Polo Nord, dall’Africa all’Australia.


Navigazione
Questa puntata de Il Tempo e la Storia ci porta a conoscere la storia delle navigazioni attraverso l’Oceano Atlantico, dai tempi antichi fino alle scoperte di Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci.
Partendo dalla pubblicazione del libro “L’America dimenticata”, in cui il professor Lucio Russo fornisce possibili prove matematiche delle navigazioni dei fenici fino alle Antille, ripercorriamo poi l’epoca delle grandi traversate colombiane, che aprono davvero una nuova era nella storia del mondo. Di qui si va oltre, con la lunga navigazione di Ferdinando Magellano intorno al mondo: dal Mediterraneo alle Americhe e poi attraverso l’ancor più grande Oceano Pacifico.
Un viaggio nei luoghi ma anche nel tempo, dal II secolo avanti Cristo fino al 1500; un percorso tra cartografi, navigatori, rotte commerciali e incontri di culture; un viaggio in cui ci accompagna l’illustre guida del professor Alessandro Barbero.


Annibale
Un salto all'indietro di oltre duemila anni.
Una vicenda cardine della storia, con tutti gli elementi di un grande romanzo.
Annibale e Scipione l'Africano i duellanti.
Il primo Annibale Barca, la folgore. La sua campagna è al centro della seconda guerra punica. E' lui l'autore della sconfitta più grave mai subita dai romani: la battaglia di Canne.
Scipione, per parte sua, come condottiero è ricordato anche per la sua clemenza verso gli sconfitti: un modo per trasformarli da nemici in alleati.
Oltre ai duellanti ci sono le grandi imprese: l'attraversamento delle Alpi con gli elefanti; le battaglie, le imboscate e gli enigmi.
Sullo sfondo, lo scontro mortale tra le due superpotenze del Mediterraneo antico: Roma e Cartagine.
La sconfitta di Canne, per quanto dura, non ha avuto alcuna influenza sull'esito finale della guerra. E il prof. Babero ha una sua ipotesi che mette in discussione la versione tradizionale della battaglia.


Le crociate
In questa puntata de Il Tempo e la Storia, raccontiamo le crociate. Guerre di religione, per la liberazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme, oltre che per motivazioni geopolitiche. Guerre che partono dall'appello di papa Urbano II al "pellegrinaggio armato" del 1095 e proseguono poi con scontri tra affascinanti figure come quelle di Re Baldovino IV e del sultano Saladino. Lo storico medievalista e militare Alessandro Barbero ci aiuta a comprendere un capitolo triste e importante della storia delle relazioni tra religioni e civiltà cristiane e islamiche.


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Emilio Gentile



(Bojano 1946) Storico di fama internazionale, è professore emerito dell’Università di Roma La Sapienza. È stato Visiting Professor in Australia, Stati Uniti, Francia, Svizzera. Nel 2003 ha ricevuto all’Università di Berna il Premio Hans Sigrist per i suoi studi sulle religioni della politica. Studioso del nazionalismo, del fascismo, del totalitarismo, della Grande Guerra e delle religioni della politica, ha pubblicato numerose opere molte delle quali tradotte nelle principali lingue. Collabora al Domenicale de «Il Sole24ore». Fra le sue opere più recenti: Fascismo e antifascismo. I partiti italiani fra le due guerre (Le Monnier, 2000), Le religioni della politica. Fra democrazia e totalitarismo (Laterza, 2001), Le origini dell’Italia contemporanea. L’età giolittiana (Laterza, 2003), The Struggle for Modernity: Nationalism, Futurism, and Fascism (Praeger, 2003), Renzo De Felice. Lo storico e il personaggio (Laterza, 2003), Fascismo. Storia e interpretazione (Laterza, 2003), La democrazia di Dio. La religione americana nell’era dell’impero e del terrore (Laterza, 2006), Fascismo di pietra (Laterza, 2007), Il fascino del persecutore. George L. Mosse e la catastrofe dell’uomo moderno (Carocci, 2007), La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime fascista (Carocci, 2008), L’apocalisse della modernità. La Grande Guerra per l’uomo nuovo (Mondadori, 2008), La nostra sfida alle stelle. Futuristi in politica (Laterza 2009); Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi (Feltrinelli, 2010); Né Stato né Nazione. Italiani senza meta (Laterza, 2010); La Grande Italia. Il mito della nazione nel XX secolo (Laterza, 2011), Italiani senza padri. Intervista sul Risorgimento (a cura di S.Fiori, Laterza, 2011); E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma (Laterza, 2012). Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra (Laterza, 2014); In Italia ai tempi di Mussolini. Viaggio in compagnia di osservatori stranieri (Mondadori 2014).


La nuova Roma del Duce
La puntata si occupa di una delle più grandi opere urbanistiche della storia italiana: la trasformazione di Roma sotto il fascismo.
Da città “fredda e nemica” a chiaro esempio di come la politica possa usare l’architettura per rappresentare il proprio potere.
Con l’aiuto del professor Emilio Gentile ripercorreremo le tappe fondamentali del rapporto tra il regime e la capitale: dalle prime “demolizioni” del 1925 fino all’apertura nel 1937 del cantiere per la costruzione dell’Eur, passando per l’inaugurazione del Foro Mussolini.


Mussolini interventista
I sei mesi cruciali nella vita del giovane Mussolini, quelli che lo portano da leader dell'ala rivoluzionaria del partito socialista e direttore del quotidiano L'Avanti a beniamino della causa interventista e fondatore di un nuovo quotidiano: Il Popolo d'Italia.
A pochi giorni dallo scoppio della prima Guerra mondiale il 26 luglio 1914 Mussolini, sull’onda dell’attentato di Sarajevo, pubblica su L’Avanti l’articolo “Abbasso la guerra”. La sua posizione quindi è chiaramente pacifista ma poco meno di un anno dopo, l’11 aprile del 1915, Mussolini viene arrestato durante una manifestazione interventista: le sue idee sono radicalmente cambiate.


La Repubblica di Salò
Seicento giorni, quasi due anni nei quali l’Italia settentrionale fu una nazione senza capitale, amministrata da un governo senza sede, difesa da un esercito controllato da ufficiali stranieri: la Repubblica Sociale di Salò.
Il professor Emilio Gentile ne ripercorre le vicende.
Il 18 settembre 1943 Mussolini, da Radio Monaco, torna a parlare agli italiani e annuncia la nascita di un nuovo stato fascista.
Il 28 aprile 1945 il duce viene fucilato e il suo cadavere esposto in Piazzale Loreto a Milano.
Tra queste date si apre e si chiude la parentesi della Repubblica di Salò: un lungo periodo durante il quale l’Italia vive spaccata in due. Da una parte il regno del Sud con il governo legittimo e gli anglo-americani, dall’altra il Nord sotto il controllo del governo fascista repubblicano e dei nazisti.


Gauguin
“Nessuno avrebbe potuto immaginare che questo ‘pittore della domenica’, per un fatto non dipendente dalla sua volontà, per la perdita del lavoro, sarebbe diventato uno dei più grandi artisti dell’arte moderna”. Così il professor Emilio Gentile parla di un maestro della pittura, il “pennello” di Tahiti e dei Mari del Sud: Paul Gauguin.
Una vita, quella di Gauguin, che cambia radicalmente in un anno: il 1883, quando perde il lavoro di agente di cambio. Da quel momento, per lui, esisterà solo la pittura.
Dopo un primo periodo parigino, si trasferisce nel 1886 a Pont Aven, un paesino della Bretagna. Qui comincia ad affinare l’interesse per le culture semplici e il “primitivismo”, prima della parentesi in Provenza, nel 1888, su invito dell’amico Vincent Van Gogh con il quale, però, litiga.Torna in Bretagna e, nel 1891, compie il passo decisivo: parte per Tahiti.
Al suo arrivo, scrive alla moglie una lettera in cui la realtà gli appare molto più bella di quanto non si rivelerà davvero: “Questa descrizione – dice il professor Gentile - fa parte del mito che ha spinto Gauguin ad andare ad Tahiti perché s’illude che la vita costi poco e che si possa vivere nella totale innocenza. L’immagine che trasmette alla moglie è un’immagine del mito che è stato distrutto dalla colonizzazione francese. Arriva nel giugno del 1891 in una cittadina molto borghese. Sono tutti vestiti con delle lunghe palandrane. Sbarca con i capelli lunghi e viene scambiato per un omosessuale, si deve tagliare i capelli per entrare in questa società borghese, ma non l’accolgono…”.
Non è una vita facile, Gauguin – che continua a creare capolavori - riparte per la Francia, ma non riesce a star lontano dai Mari del Sud dove cerca, soprattutto, l’isolamento. Una ricerca continua che lo porta, nel 1901, alle isole Marchesi, nel Pacifico orientale. È la scelta definitiva, l’approdo del suo percorso umano e artistico.


I compleanni tricolori
Tre volte cinquanta: 1911, 1961, 2011. Le tre date in cui l’Italia ha festeggiato i compleanni “tondi” della propria Unità, ricorrenze celebrate in atmosfere politiche, culturali e sociali molto diverse.
Si parte dal 1911: l’Italia è monarchica e liberale, i rapporti con la Chiesa sono sempre tesi, comincia l’avventura coloniale di Libia. E in questo clima si festeggia in grande stile il “Giubileo della Patria”, soprattutto a Torino e Roma, dove viene inaugurato il Vittoriano. Il secondo appuntamento, il 1961, arriva in un mondo completamente cambiato, anche nei sentimenti popolari, dopo due Guerre Mondiali, il Fascismo e la ricostruzione: il capo dello stato è Gronchi, il presidente del consiglio Fanfani, in Vaticano siede Giovanni XXIII. Il Centenario, festeggiato con le grandi manifestazioni di Italia ’61 a Torino, arriva in pieno boom economico.
“L’Italia – dice il professor Gentile - veniva per la prima volta fuori dall’Italia contadina. Inizia la società dei consumi con frigoriferi, telefoni, elettrodomestici e il ‘miracolo italiano’ che però non venne dal cielo, ma dal lavoro degli italiani. Non si poteva più fare un paragone con il 1911: c’è una trasformazione antropologica con la nascita di una società industriale, la migrazione interna con milioni di italiani che dal sud vanno al nord”.
I festeggiamenti dei 150 anni, nel 2011, infine, non sembrano nascere sotto i migliori auspici: non ci sono grandissime manifestazioni e anche un parte della politica accoglie la ricorrenza con freddezza.
“Sono tre Italie completamente diverse – conclude Gentile – Nel 1911 la parte della popolazione coinvolta nella scuola e nel servizio militare sentì di più il senso; nel 1961 gli italiani erano completamente indifferenti; nel 2011 ci fu un grande entusiasmo ma quello che è accaduto dopo, con la crisi economica, è la prevalenza del senso cinico su quello civico . Stato partiti e parlamento sono al punto più basso della fiducia dei cittadini…”.


Mosse. Storico del nazismo
È una figura poco conosciuta, ma è stato uno degli storici più importanti per la comprensione del Nazismo. Un uomo vittima e testimone di quel periodo: George Mosse.
Figlio di una famiglia ebrea a capo di un impero editoriale, George Mosse –inizialmente “infatuato”di Hitler - fugge dalla Germania nel 1933, a poche ore dall’'entrata in vigore delle norme che vietano agli ebrei di lasciare la Germania.
Ha quattordici anni e, da solo, lascia il collegio dove studia per raggiungere i familiari, già rifugiati in Svizzera. È una fuga rocambolesca, a bordo dell’'ultimo traghetto che attraversa il lago di Costanza.
La sua nuova vita comincia in Svizzera, poi Parigi, gli studi a Londra, l'’America. Lo muove la passione per la storia, inizialmente per il Seicento inglese. Ma dagli '50 comincerà a interrogarsi soprattutto su ciò che è stato il Nazismo, arrivando a formulare una teoria innovativa, che si materializza nel 1975 con la pubblicazione del libro “La nazionalizzazione delle masse”.
La tesi di Mosse è che il Nazismo sia stato un culto che aveva preso come modello la religione cristiana. Un culto che portava ad escludere, in modo violento, chi era “diverso” dall'’uomo disegnato dal Reich. Un tema, quello della diversità, sui cui Mosse –ebreo e omosessuale, morto nel 1999 –continua a lavorare anche dopo la pubblicazione di quel libro, ritenuto fondamentale per capire la nascita del Nazismo e i suoi orrori.


Cuba-USA 1898-1961
Poco più di sessant’anni: dal 1898 al 1961. Un periodo in cui, tra Cuba e Stati Uniti, si crea una frattura sembrata a lungo insanabile: prima l’'indipendenza dell'’isola, passata da colonia spagnola a repubblica sotto la tutela americana, poi la rivoluzione castrista e l’'alleanza con il “nemico”, l'’Unione Sovietica. Anni ricostruiti dal professor Emilio Gentile.
Dopo la guerra del 1898 tra Spagna e Stati Uniti, Cuba si libera dall’'essere colonia di madrid. Diventa Stato indipendente, ma di fatto sotto il controllo americano. Una situazione che si protrae fino al 1959 quando, il primo gennaio, i “barbudos”di Fidel Casto entrano all’'Avana e spodestano il dittatore Fulgencio Batista, sponsorizzato dagli Stati Uniti.
Per il Terzo Mondo è una ventata di speranza. E persino i progressisti americani guardano con benevolenza a Fidel Castro. Ma durerà molto poco e Castro –che usa il pugno di ferro contro gli uomini del precedente regime –si avvicina all'’Unione Sovietica e ne ottiene la protezione. Per gli Usa, in piena Guerra Fredda, rovesciare Castro diventa una priorità. Ma il tentativo dello sbarco alla baia dei Porci, nel 1961, si trasforma in un fiasco: i cubani, lungi dall'’appoggiare il tentativo, si arruolano in massa nell’'esercito di Fidel e respingono gli “invasori”.
Un fallimento che, però, non ferma i tentativi statunitensi di liberarsi del “Lider Maximo”, tra sabotaggi e progetti di omicidio. Solo di recente qualcosa sembra essere cambiato, con l’'annuncio di Obama e Raul Castro di voler riprendere le relazioni, dopo un gelo durato mezzo secolo.


Portella della Ginestra
Un primo maggio di sangue: quello della strage di Portella della Ginestra, in Sicilia, nel 1947. Undici persone uccise, altre ventisette ferite sotto i colpi della banda di Salvatore Giuliano.
Protagonista assoluto è il “bandito”, Salvatore Giuliano. La sua carriera criminale comincia nel 1943 uccidendo un carabiniere che vuole fermarlo mentre trasporta sacchi di frumento provenienti dal mercato nero. Fugge e comincia a imperversare tra proprietari terrieri, imprenditori, commercianti, sempre imprendibile. Nel 1945, in un difficile dopoguerra, entra a far parte dell’Evis, il braccio armato del movimento indipendentista siciliano che viene, però, sciolto dopo la concessione dell’autonomia alla Sicilia. Giuliano non depone le armi. E la strage di Portella della Ginestra contro i lavoratori che tornano a festeggiare il primo maggio è l’episodio che segna l’apice dell’attività della sua banda. Ma chi sono i mandanti? Quanto c’entrano la mafia e la politica? Domande che, ancora oggi, nonostante le verità processuali – fanno discutere. Anche perché Salvatore Giuliano non sarà mai processato per quella strage, come accade invece per altri uomini della sua banda. Viene, infatti, ucciso tra il 4 e il 5 luglio del 1950.


Titanic
Lo chiamavano l’“inaffondabile”. Ma il suo nome – da simbolo del progresso a fallimento della tecnologia - è diventato sinonimo di ben altro: Titanic. Una nave e una tragedia raccontati dal professor Emilio Gentile, che ne ripercorre le rotte tra il 31 maggio 1911, quando il Titanic viene varato, e il 14 aprile 1912, quattro giorni dopo essere salpato per il suo primo viaggio da Southampton a New York, con oltre 2200 passeggeri. È la notte in cui la nave si scontra con un iceberg, si spezza e affonda: un naufragio che costa la vita a oltre millecinquecento passeggeri.
Il Titanic è il “gioiello“ dell’epoca dei transatlantici, navi che racchiudevano in sé il lusso più sfrenato delle classi ricche e le speranze degli emigranti dia terza classe. I suoi “padri” sono un banchiere americano J.P. Morgan e un armatore inglese, Ismay; il suo luogo di nascita, i cantieri irlandesi di “Harland & Wols”, a Belfast. Occorrono poco più di due anni per completarlo. In sé racchiude tutte le più moderne tecnologie, persino la radio, che sarà fondamentale per lanciare l’Sos. Ha, però, una pecca: le sue scialuppe di salvataggio non sono in numero sufficiente. Anche per questo la tragedia del Titanic, dopo l’impatto con l’iceberg, assunse proporzioni così grandi. Perché non erano abbastanza? perché nessuno si accorse di quell’iceberg? e come mai i soccorsi impiegarono tanto tempo per arrivare nella zona del naufragio? Qualunque sia la risposta un dato è certo: la fine del Titanic segna, tragicamente, anche la fine di un’era e del mondo della belle époque.


La settimana rossa: una rivoluzione italiana
Nel Giugno del 1914 in Italia viene proclamato uno sciopero generale, il più grande mai organizzato dai tempi dell’unità nazionale. Per due giorni, buona parte del Paese resta letteralmente paralizzata e per altri cinque giorni si susseguono incidenti e scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine, tanto da far credere che una rivoluzione fosse alla porte.
I fatti hanno inizio il 7 Giugno, quando i Carabinieri sparano e uccidono tre partecipanti ad un corteo antimilitarista ad Ancona.
Il 9 Giugno i sindacati indicono lo sciopero generale e contemporaneamente nelle Marche, in Romagna e in alcune zone della Toscana inizia una violenta insurrezione.
Dopo alcune giornate di tensioni e proclami incendiari, il 14 del mese tutto finisce e torna la normalità.
Le giornate di quella che sarebbe stata chiamata “Settimana Rossa”, vennero presto dimenticate, anche perché dopo meno di due mesi sarebbe scoppiata la Grande guerra.
Il professor Emilio Gentile ripercorrerà quest'episodio poco conosciuto e poco raccontato della storia italiana del XX secolo, spiegandone l’importanza.


4 giugno 1944: Liberazione di Roma
Il 4 giugno del 1944 Roma viene liberata dai nazifascisti dopo un’occupazione durata 9 mesi.
La popolazione romana affronta privazioni, violenze e sofferenze, è in bilico tra l’insurrezione armata e la resistenza passiva.
Liberata dagli Alleati la capitale scopre che i suoi problemi non sono finiti. Il primo, e più urgente, resta la fame.
C’è comunque la voglia di ricominciare e il desiderio, talvolta rabbioso, di chiudere i conti col passato regime.
In questa puntata si ricostruisce l’avvenimento attraverso tre date fondamentali:
l’8 settembre 1943, il giorno della firma dell’Armistizio con gli Alleati e la successiva occupazione tedesca della città;
il 4 giugno 1944, la Liberazione della capitale da parte delle truppe alleate;
il 18 settembre 1944, il giorno che ha segnato uno degli episodi più drammatici del dopo-liberazione, il linciaggio dell’ex direttore del carcere di Regina Coeli, Donato Carretta vittima di una vendetta popolare.


Don Primo Mazzolari: il parroco che sfidò il regime
Don Primo Mazzolari è il parroco che ha sfidato il regime fascista con i soli principi della religione e del Vangelo.
Questa storia inizia nel 1915, quando il giovane don Mazzolari parte per il fronte come cappellano militare e si conclude dopo anni di resistenza antifascista, nel 1945, alla fine del secondo conflitto mondiale.
Fin dalla Grande Guerra, don Primo Mazzolari si interroga sulle responsabilità della Chiesa nella crisi della società moderna. Ma è il fascismo a ispirare al sacerdote una compiuta riflessione sulla funzione della religione di fronte al potere.
La meditazione di un “povero parroco di campagna” - come lui stesso si definisce – anticipa così negli anni '20 temi e problemi che la cultura cristiana arriverà a trattare nei decenni successivi.


Giuseppe Prezzolini: la voce dell`interventismo
Giuseppe Prezzolini, intellettuale, editore, giornalista e scrittore è stato uno degli uomini di cultura italiani più importanti del '900. La sua attività copre quasi tutto il XX secolo.
Ha appena 18 anni quando viene assassinato Umberto I di Savoia e ne ha 99 quando si forma il primo governo a guida laica della Repubblica, presieduto da Giovanni Spadolini.
In questa puntata si affronta un periodo particolare della lunga avventura umana e culturale di Giuseppe Prezzolini:
dal dicembre 1908, quando nasce a Firenze la rivista La Voce, da lui fondata e diretta, al settembre 1911, l’inizio della guerra italo-turca per il controllo di Tripoli e della Cirenaica, fino al fatidico 24 maggio 1915 che segna l’intervento dell’Italia nel primo conflitto mondiale.
Proprio Giuseppe Prezzolini, che firma i suoi articoli con lo pseudonimo Giuliano il Sofista, sarà uno dei più accesi sostenitori dell’intervento nella Prima guerra mondiale.


La preistoria dell’Unione Europea
Oggi l’Unione Europea è un’ organizzazione internazionale con 28 paesi membri, un proprio Parlamento, una banca centrale e un mercato comune in parte caratterizzato da una moneta unica, l’euro. Ma prima di diventare una realtà politica, l’Unione europea è stata per molto tempo soltanto un grande ideale condiviso.
Ripercorriamo il viaggio che ha portato all’Europa odierna, dal 1700 quando nel clima dell’illuminismo nasce l’idea di un’Europa dei popoli, per arrivare al termine della seconda guerra mondiale, nel 1946, a Zurigo con un solenne discorso paneuropeo del primo ministro inglese Winston Churchill. Si scopre così che l’“Europa unita” è stata per diversi secoli solo un’idea capace però di animare il continente, ispirare le teorie dei filosofi, le rivoluzioni dei popoli oppressi e accendere le fantasie di imperatori e dittatori.


Don Luigi Sturzo: l`antifascista in esilio
Sacerdote, fondatore di un partito politico, oppositore di Mussolini, antifascista esiliato, studioso del totalitarismo, infine senatore a vita nella Repubblica. Tutto questo è stato don Luigi Sturzo.
Nel 1919, dopo decenni di duro contrasto tra Chiesa e Stato, egli fonda il Partito Popolare Italiano, riaprendo la via ad un impegno dei cattolici nella politica italiana. Combatte poi l'ascesa di Mussolini, ma nel 1924 deve andare in esilio. Farà ritorno in Italia solo nel 1946. Nel frattempo si dimostra un acuto analista del totalitarismo, sistema politico che allora era in auge in vari paesi europei.
E' appunto sui suoi 22 anni d'esilio, a Londra e poi a New York, che si concentra questa puntata de Il Tempo e la Storia. Lo storico Emilio Gentile ci guida a conoscere meglio una figura chiave del cattolicesimo politico italiano.


Bonapartismo: l`arte di sedurre i popoli
Il 9 novembre del 1799 Napoleone Bonaparte dà vita con un colpo di Stato a un governo autoritario fondato sulla dittatura personale.
Qualche decennio dopo, il 2 dicembre 1851, suo nipote, Napoleone III con un nuovo colpo di Stato spazza via la Seconda Repubblica e inaugura il II Impero.
All’evento, il filosofo Karl Marx dedica nel 1852 un saggio: Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, e la nascita di una nuova categoria politica: il bonapartismo.
Quali sono gli elementi specifici del bonapartismo?
Somiglia ad altre esperienze come il Cesarismo e in che rapporto è con le forme totalitarie del XX secolo, fascismo, nazismo e stalinismo?
Emilio Gentile evidenzia come il suffragio universale sia uno strumento della sovranità popolare per eleggere i governanti ma non sempre la maggioranza sceglie la libertà, come dimostrano i plebisciti che, in due differenti epoche dell'Ottocento, approvarono i regimi autoritari di Napoleone Bonaparte e di suo nipote Napoleone III.
Da allora il bonapartismo è divenuto un concetto per definire le dittature instaurate in nome del popolo e fondate sui miti del capo e della grandezza nazionale.


Le fosse Ardeatine 70 anni dopo
L’eccidio delle Fosse Ardeatine è uno degli episodi più tragici della guerra partigiana. in due giorni si svolge la drammatica vicenda.
Il 23 marzo 1944 i GAP Gruppi d’Azione Patriottica fanno scoppiare una bomba in Via Rasella. L’attentato provoca 32 morti fra i soldati tedeschi.
Il 24 marzo i tedeschi fucilano per rappresaglia 335 italiani. Il luogo prescelto sono le cave di pozzolana sulla via Ardeatina.
Responsabile dell'eccidio, Herbert Kappler, l’ufficiale delle SS tedesche.
Alla memoria di quei fatti, Il Tempo e la Storia cerca di sovrapporre lo sguardo di chi affronta la vicenda per la prima volta oggi, 70 anni dopo, come gli studenti del Liceo romano Pio Albertelli andati sul luogo dell’eccidio.
La ricostruzione attraverso documenti degli archivi Rai, rapporti tra la Chiesa di Roma e i tedeschi, l’organizzazione della resistenza nelle parole di Sandro Pertini, membro del Comitato di Liberazione Nazionale, la cronaca dell’attentato a Via Rasella e la rappresaglia nazista.
Secondo lo storico Emilio Gentile: “La violenza straripa proprio in prossimità della fine della guerra; le rappresaglie e i massacri servono a dimostrare che il corpo del nemico vinto è a loro diposizione”.


Verso la Grande Guerra
Il legame di parentela che univa tre dei quattro imperi più importanti d’Europa sembrava essere una garanzia solida di pace. Ma non fu così. I vastissimi imperi su cui governano dagli inizi del XX secolo tre cugini, Giorgio V Re d’Inghilterra, Guglielmo II, Kaiser di Germania e Nicola II Zar di Russia, saranno coinvolti nella Prima Guerra Mondiale.
Le tappe fondamentali verso la Grande Guerra sono: Londra, il 20 Maggio del 1910, quando i tre sovrani si ritrovano per il funerale di Edoardo VII, padre di Giorgio; Sarajevo, il 28 giugno del 1914, il giorno dell’assassinio dell’erede al trono d’Austria che segna l’inizio dell’escalation verso la Grande guerra e infine, Vienna un mese dopo, il 28 di Luglio, quando l’Austria dichiara guerra alla Serbia.


Giolitti
Febbraio 1901.
Giovanni Giolitti entra nel governo Zanardelli come ministro dell’Interno e da quel momento terrà le fila della politica italiana fino alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, nel 1914.
Durante la cosiddetta “età giolittiana”, nascono le maggiori industrie del paese, si costruiscono ferrovie, le assicurazioni diventano statali e la scuola diventa obbligatoria e gratuita fino a 12 anni.
Secondo Giolitti, progresso industriale, prosperità del paese, avanzamento culturale e miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori sono processi intimamente legati tra loro e devono svilupparsi con la mediazione dello Stato, attraverso un graduale processo di riforme.
Nei due mandati del primo decennio del 1900, Giolitti introduce nuove norme a tutela del lavoro: sulla vecchiaia, sull’invalidità, sugli infortuni. Nuovi limiti di orario e di età per il lavoro femminile e minorile.
Ma è un equilibrio delicato. Le agitazioni sindacali e i conflitti sociali segneranno tutta l’età giolittiana e alla fine ne decreteranno il tramonto.


La rivoluzione liberale
Pochi personaggi sono riusciti a lasciare un segno così profondo nella cultura italiana del Novecento come Piero Gobetti. Un ragazzo di 25 anni, perseguitato e aggredito perché ritenuto da Mussolini più pericoloso di tanti avversari politici. La sua morte però non è riuscita a cancellarne le parole, ancora oggi vive nella cultura del nostro tempo.
“Gobetti – sottolinea lo storico Emilio Gentile – era un liberale che vedeva nella rivoluzione bolscevica il compimento del suo credo politico; il fascismo come autobiografia della nazione”. Nel 1918 a Torino Piero Gobetti fonda la sua prima rivista, Energie Nove per portare una ventata innovativa nel dibattito culturale italiano e quando nel ‘22 esce il primo numero de La Rivoluzione liberale, il compito che si prefigge la rivista, alla quale collaborano tra gli altri Amendola, Sturzo e Gramsci, è quello di formare una nuova classe politica. Nella puntata de Il Tempo e la Storia il racconto di Gobetti attraverso le parole di Carlo Levi e Norberto Bobbio, la Torino della sua formazione, la differente lettura del fascismo con un altro grande intellettuale quale era Giuseppe Prezzolini e i documenti dell’Archivio centrale di Stato dove nero su bianco Mussolini in un telegramma al Prefetto di Torino chiede di vigilare e di essere informato per “rendere la vita difficile” a Piero Gobetti, oppositore del governo e del fascismo.


Mussolini socialista
Nel gennaio del 1910, a 27 anni Benito Mussolini è segretario della Federazione socialista di Forlì.
Due anni dopo, al Congresso Nazionale del Partito Socialista di Reggio Emilia, nonostante sia poco più di uno sconosciuto, ottiene un successo clamoroso e alcuni mesi successivi viene nominato direttore de L’Avanti, l’organo ufficiale del PSI.
Una scalata rapidissima ai vertici del partito quella di Mussolini che il socialismo lo respira fin da ragazzo.
La sua formazione politica passa per l’attivismo del padre, esponente socialista della provincia romagnola che nel 1902 emigra in Svizzera.
È qui che Mussolini scopra la vocazione di giornalista; scrive su L’Avvenire del Lavoratore e sull’Avanguardia socialista di Arturo Labriola, a Losanna affina la sua preparazione culturale e si rivelano fondamentali i rapporti stretti con esponenti di spicco del partito come Angelica Balabanoff e i gruppi di sindacalisti rivoluzionari.
Per Mussolini – commenta lo storico Emilio Gentile – il sindacalismo rivoluzionario non era solo la più vigorosa forma contro il riformismo, ma era la dottrina che, con la teoria dell’azione diretta, conferiva nuovo vigore alla concezione rivoluzionaria del socialismo.
Nella puntata de Il Tempo e la Storia tra i documenti storici delle Teche Rai, anche l’intervista di Sergio Zavoli a Pietro Nenni che nel 1911, quando Mussolini fu arrestato a seguito delle agitazioni contro l’occupazione di Tripoli in Libia, con lui condivise la cella.
Per Nenni Mussolini non è mai stato veramente un rivoluzionario socialista, piuttosto un ribelle interessato a raggiugere il potere.


La "Brutta" Époque?
L’Europa celebra la sua potenza imperiale e il suo modernismo mentre già sono presenti tutti i semi che porteranno alla guerra mondiale.
Il 14 aprile del 1900 e a Parigi si inaugura la più grande ed entusiastica celebrazione della modernità che la Storia ricordi: l’Esposizione Universale.
L’Europa, in pace da 30 anni, espande la sua potenza commerciale nel mondo e con essa la sua civiltà. Eppure, soltanto 15 anni dopo, l’Europa entrerà in guerra.
Com’è potuto accadere?
Lo sport, Peter Pan, Capitan Uncino, La Guerra dei due mondi di H.G. Wells e il Titanic, cosa c'entrano con la Grande Guerra?
In Italia la manifestazione più dirompente della rigenerazione sarà il Futurismo.


La marcia su Roma
E’ il 28 ottobre 1922. L’Italia del primo Dopoguerra attraversa da tempo un periodo di forte instabilità politica ed economica.
In questo clima d’incertezza il movimento fascista cresce, tra violenze, minacce e promesse di ristabilire ordine. Approfittando di una crisi di governo, i fascisti si armano, calano in forze su Roma e spingono il Re Vittorio Emanuele III a dare l’incarico di governo a Benito Mussolini.
Lo storico Emilio Gentile offre un’analisi della marcia su Roma guardandola da un punto di vista particolare: quello delle commemorazioni organizzate l’anno successivo e partendo da alcuni oggetti simbolo, come la moneta celebrativa del primo anniversario, il 28 ottobre 1923. Si tratta, sottolinea il professor Gentile, di un conio senza precedenti per un normale passaggio istituzionale.
La moneta inoltre raffigura il Re da un lato e il fascio littorio dall’altro. Come dire che monarchia e partito fascista sono i due fondamenti dello stato e per altri non c’è spazio. E’ quel totalitarismo a cui Mussolini aveva fatto riferimento già pochi giorni prima la marcia su Roma, in un discorso pubblicato su le pagine del Popolo d’Italia.
La "fever of delight" (la gioia febbrile di Roma raccontata dal New York Times per l’anniversario della marcia), le manifestazioni trionfalistiche, il giubilo di una commemorazione che due anni dopo diventerà anche giorno di festa nelle scuole: questo il filo rosso di una narrazione tracciata da un'inedita prospettiva.


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Ernesto Galli Della Loggia



(Roma 1942) Si è laureato in Scienze Politiche nel 1966. Dopo la laurea ha usufruito di numerose Borse di studio ed è stato quindi ricercatore presso la Fondazione Einaudi di Torino. Ha trascorso periodi di studio e di ricerca in Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Dopo essere stato dal 1987 professore ordinario di Storia dei partiti e dei movimenti politici presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Perugia, a partire dal 2005 fino al 2009 è stato professore di storia contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, di cui è stato anche preside, e poi presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane (Firenze-Napoli), di cui è attualmente professore emerito. Dal 1994 è membro dell’Associazione il Mulino, e presso l’omonima Casa editrice ha diretto la collana “L’identità italiana”. Ha diretto nel 1983-84 il mensile Pagina, nel 1994-95 Liberal, nonché l’edizione italiana di Foreign Policy. Ha collaborato a Mondoperaio, «La Stampa», «L’Espresso» e dal 1992 al «Corriere della Sera». Tra le sue principali pubblicazioni: Il mondo contemporaneo, Il Mulino, Bologna 1982; Intervista sulla destra, Laterza, Roma-Bari 1994; La morte della patria, Laterza, Roma- Bari 1996; L’identità italiana, Il Mulino, Bologna 1998 e n.ed 2010; Miti e storia dell’Italia unita, Il Mulino, Bologna 1999; Vent’anni d’impazienza, Liberal, Roma 2001; Due nazioni. Legittimazione e delegittimazione nella storia dell’Italia contemporanea, Il Mulino, Bologna 2003 (con L. Di Nucci a cura di); Tre giorni nella storia d’Italia, Il Mulino, Bologna 2010; Pensare l’Italia (con Aldo Schiavone), Einaudi, Torino 2011.


Ottomani: la fine di un impero
Parlare di Medio Oriente ha sempre voluto dire civiltà millenarie e paesaggi mozzafiato, oggi è soprattutto guerre e conflitti insanabili. Ma per molti secoli non è stato così. Durante il dominio degli ottomani gli scenari erano molto diversi. Dopo la prima guerra mondiale il grande impero ottomano si disintegra lasciando un vuoto geopolitico difficile da colmare. Nella puntata de Il Tempo e la Storia con il professore Ernesto Galli Della Loggia, il racconto della caduta di uno dei più grandi imperi che la storia abbia mai conosciuto, un impero che al suo apice si estende dalle porte di Vienna fino a Baghdad.
Un vicenda che ha date precise: il 1909, anno in cui a Istanbul il sultano Hamid II° viene deposto da un gruppo di oppositori noti col nome di giovani turchi. Il 1914, quando l'impero entra al fianco della Germania nella prima guerra mondiale. E infine il 1923, quando la capitale della nuova Turchia viene spostata da Istanbul ad Ankara per volere del nuovo leader Mustapha Kemal. Quindici anni durante i quali un mondo con radici salde in un terreno secolare viene stravolto.


L`epoca d`oro dei transatlantici
Il Rex, l'Andrea Doria, la Michelangelo, la Raffaello, nomi che evocano qualcosa di mitico, di leggendario, nomi di imbarcazioni che sono state protagoniste della navigazione italiana, tra l’Ottocento e il Novecento quando milioni di persone partono, per nave, in direzione dell’America.
Un’emigrazione massiccia che contribuisce in modo significativo allo sviluppo della marina mercantile nazionale.
Tra le date più rappresentative de “ L’epoca d’oro dei transatlantici”, il 4 settembre 1881 quando dalla fusione tra la palermitana Florio e la genovese Rubattino nasce la Navigazione Generale Italiana, compagnia armatrice che a cavallo dei due secoli darà un forte impulso ai viaggi di linea lungo la rotta transatlantica.
Il 25 giugno 1975, il giorno in cui la Michelangelo parte da New York diretta verso Genova per l'ultimo viaggio di linea di un transatlantico italiano tra le due sponde dell'oceano.


La Conferenza di Parigi
Una conferenza di pace “monca”. Perché al suo tavolo gli sconfitti non sono ammessi. Anche per questo dalla Conferenza di Pace di Parigi del 1919, a pochi mesi dalla fine del primo conflitto mondiale, esce un’Europa destinata ancora a scontrarsi al proprio interno. Quello di Parigi è un accordo difficile tra Inghilterra, Francia, Italia, Stati Uniti e Giappone: l’Italia, ad esempio, abbandona la Conferenza per la questione di Fiume. Non c’è accordo tra i partecipanti neppure sulle “riparazioni”, ...


1943-1945 L`armadio della vergogna
È stato, a lungo, un armadio “fantasma”. Le ante girate verso il muro, in un di Palazzo Cesi Gaddi, a Roma, sede della Procura Generale Militare. Viene scoperto, e aperto solo nel 1994. Il giornalista dell’Espresso, Franco Giusolisi, lo ribattezza l’“armadio della vergogna”: al suo interno ci sono centinaia di fascicoli sui crimini commessi dai nazifascisti in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale. Molti restati impuniti. Una storia ripercorsa dal professor Ernesto Galli della Loggia.
Tutto ha inizio alla fine della guerra, con l’avvio dei primi processi per le stragi nazi-fasciste. Potrebbe diventare una sorta di Norimberga italiana. Ma – a parte le primissime condanne a personaggi come Kesselring, Kappler e molti collaborazionisti italiani - non è così. Nel 1960 il procuratore militare Enrico Santacroce dispone l’archiviazione provvisoria dei fascicoli. L’armadio della vergogna viene chiuso. Per oltre trent’anni non se ne saprà più nulla.
Un “inceppamento” della macchina della giustizia che ha le sue ragioni politiche, anche perché l’Italia ha interesse a nascondere altre atrocità: quelle commesse dal proprio esercito nei Paesi occupati.
Solo nel 1994, forse non a caso al termine della Prima Repubblica, la storia e i nomi dei carnefici delle stragi nazi-fasciste tornano alla luce. Ma non sarà, ancora una volta, una giustizia facile.


Guerra delle Falkland
Si è combattuta nel 1982 vicino al Polo sud, a migliaia di chilometri di distanza dall’Europa. Per questo motivo, pur essendo la più cruenta battaglia aereo navale combattuta dopo la Seconda guerra mondiale, è stata presto dimenticata. La guerra per il controllo delle isole Falkland-Malvine tra gran Bretagna ed Argentina, un conflitto nato in piena Guerra Fredda tra due potenze Occidentali.
Il professor Ernesto Galli della Loggia che ripercorre le tappe e spiega le ragioni di quella guerra che, per 75 giorni, ha tenuto con il fiato sospeso l’opinione pubblica mondiale.
Il conflitto inizia il 2 aprile 1982 quando le truppe argentine invadono la colonia britannica delle Falkland, rinominate Malvinas, con l’intento di ricongiungere alla madrepatria quei territori che da sempre sentono di propria appartenenza e costringono alla resa la piccola guarnigione inglese.
In 48 ore il governo guidato da Margaret Thatcher organizza una Task Force per ristabilire il dominio britannico nell’area e il 30 aprile con il blocco navale imposto dagli inglesi la guerra entra nella sua fase cruciale. Il 14 giugno 1982 si svolge la battaglia finale nell’arcipelago. L’Inghilterra annuncia che la bandiera bianca sventola a Port Stanley. Gli argentini firmano la resa.


Roma e Milano: metropoli a confronto
In cosa si distinguono Roma e Milano? E in che modo hanno rappresentato e rappresentano il paese, con le loro caratteristiche e attitudini, pregi e difetti?
A Il Tempo e la Storia, un viaggio tra le due città, in compagnia del professore Ernesto Galli Della Loggia, per capire l’importanza di Roma e Milano ed i modi originali in cui rispecchiano la nostra storia, partendo dagli anni dell’Unità che vedono Roma diventare capitale d’Italia, mentre Milano avvia il suo eccezionale decollo economico.
Il racconto parte dal proposito di Cavour su Roma espresso nel 1860 - “fare della città eterna la splendida capitale del Regno d’Italia” - un intento che si realizzerà dieci anni dopo. Poi si ripercorre la storia e i mutamenti delle due città nel corso dei successivi decenni; dal mito della Terza Roma del regime fascista, alla Milano del boom economico degli anni ’60, fino ad arrivare ai giorni nostri: modi diversi di rispecchiare il Paese, differenze e originalità che forse non si sono mai annullate.


Napoli 1973: i giorni del colera
In questsa puntata de Il Tempo e la Storia il professor Ernesto Galli Della Loggia racconta l'epidemia di colera che colpì Napoli nel 1973 all’interno del contesto delle numerose e drammatiche vicende che hanno segnato gli anni ’70.
Il 1973 in particolare è stato un anno difficile per il Paese. Finito infatti il boom economico, i temi d’attualità sono l’inflazione, il carovita, la disoccupazione e, proprio quell’anno, la crisi mondiale del petrolio e dunque l’austerity. Intanto l’Italia, terminata la stagione dei movimenti nati nel ’68, scivola verso gli “anni di piombo”: nel Marzo del 1973 le Brigate Rosse scrivono il documento dove tracciano il programma d’azione militare che intendono intraprendere.
Ma a peggiorare l’aria che si respira, nell’estate del ’73, c’è anche un’epidemia di colera che colpisce alcune città del sud, Napoli in primis.
L’emergenza inizia a Torre del Greco il 23 Agosto con i primi ricoveri.
Seguono settimane drammatiche, tra decessi, polemiche e psicosi collettive.
La pagina si chiude il 25 Ottobre, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara conclusa l’infezione di colera.


L`autostrada del Sole nell`Italia del boom
Il 4 ottobre 1964 venne inaugurata la più lunga autostrada italiana, più di 755 chilometri da Milano a Napoli.
Viaggio nel boom economico italiano, tra strade, viadotti, autogrill. In soli 8 anni, dal 1956 al 1964, l'Italia costruisce l'autostrada tra Milano e Napoli, la principale arteria di comunicazione del nostro paese. Sono gli anni del boom economico e della motorizzazione di massa: la costruzione di strade e automobili si intreccia e il paese s'incammina verso la modernità, come ci spiega il prof.Galli della Loggia. Tre le date da tenere a mente:
19 maggio 1956: posa della prima pietra, a Milano.
3 dicembre 1960: si inaugura il tratto Bologna-Firenze.
4 ottobre 1964: l'opera viene completata.


Joseph Goebbels: la voce del terzo Reich
Joseph Goebbels, il ministro della propaganda del Terzo Reich, l’uomo che ha plasmato le parole, le immagini e i suoni della Germania nazista è anche l'uomo che per un giorno è stato il successore di Adolf Hitler.
Un uomo intelligente e colto, fanatico e freddo, dotato di una capacità di seduzione così profonda da fargli dare l’appellativo di “diavolo zoppo”.
Il 29 ottobre 1897 Joseph Paul Goebbels nasce a Rheydt, una cittadina della Bassa Renania.
Il 9 novembre 1926 viene nominato da Hitler a capo del partito nazista di Berlino.
Il 1° maggio 1945 si suicida con un colpo di pistola dopo aver ucciso la moglie Magda e i suoi sei figli.
Ma qual è stato il ruolo di Goebbels nella Germania hitleriana?
Quali sono state le sue armi di propaganda e qual è il suo rapporto con gli altri gerarchi nazisti come Göring, Himmler, Hess.
Secondo il prof. Galli della Loggi, “Goebbels è l’unico tra gli adepti della cerchia di Hitler ad avere una caratura intellettuale ragguardevole”.


Winston Churchill: l`ultimo uomo dell`impero
Anticomunista convinto, strenuo difensore dell’impero britannico, nemico giurato di Hitler, oratore formidabile e persino storico riconosciuto.
Winston Churchill è stato uno dei più grandi personaggio del '900. Se ne ripercorre a storia politica e umana.
Winston Leonard Spencer Churchill nasce a Woodstock, nell’Oxfordshire il 30 novembre 1874.
Il 10 maggio 1940 viene nominato primo ministro del Regno Unito.
Il 24 gennaio 1965 si spegne a Londra. Ai suoi funerali parteciperanno migliaia di persone.
Racconta il prof. Ernesto Galli Della Loggia che "La sua ostilità verso chiunque potesse essere visto come un nemico dell’impero britannico lo portò anche a definire Gandhi uno «spregevole fachiro» mentre la sua contrarietà verso il nazionalsocialismo si manifestò fin dall’inizio.
Disse Churchill in un celebre discorso: “Se Hitler invadesse l’inferno, farei perlomeno un’allusione favorevole al diavolo alla Camera dei Comuni”.


Ceausescu: la fine di un tiranno
Ceausescu ha guidato la Romania per quasi venticinque anni; nel 1965 ha preso in mano le sorti del suo paese in una situazione di relativo benessere e crescita economica e lo ha lasciato in una condizione di estrema povertà e miseria. Anche per questo, tra le rivoluzioni che hanno abbattuto la cortina di ferro, quella romena è stata l’unica a consumarsi nel sangue.
A Il Tempo e la Storia il Professor Ernesto Galli Della Loggia ripercorre la parabola di un dittatore che più di altri ha cercato l'autonomia dalla madre Urss, ma che, paradossalmente tra tutti è stato il leader comunista più simile a Stalin, a partire dal culto della personalità.
Dal 1966 la Romania non partecipa più attivamente al patto di Varsavia, anche se ne rimane membro – dice Galli Della Loggia - e nel 1968 Ceausescu disapprova pubblicamente l'invasione della Cecoslovacchia. Lui – aggiunge lo storico - è sensibile al modello di comunismo di cinesi, vietnamiti e coreani.
Nel 1989 il sistema sovietico implode, crolla il Muro di Berlino e cadono, pacificamente, tutti i regimi socialisti dell'Est Europa tranne quello romeno. La rivoluzione, violenta e sanguinosa che portò alla caduta del regime dittatoriale si concluse con il processo ai coniugi Ceausescu e la loro condanna a morte.


Evita
All’inizio degli anni ‘40 l’Argentina è un paese dominato dalla vecchia oligarchia terriera, dove il 50% delle imprese, dei servizi e delle infrastrutture è controllato dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti.
In questa situazione compare sulla scena politica Juan Domingo Peron, un ufficiale di origini modeste che ha fatto carriera militare. Nel nuovo governo, Peron occupa la carica di Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale e conosce Eva Duarte, una giovane di provincia, di origini umili e cultura limitata, arrivata a Buenos Aires in cerca di fortuna nel mondo dello spettacolo.
Tra i due è colpo di fulmine. Eva si trasferisce a vivere con Juan e da quel momento lo segue in tutte le sue vicende politiche. Un anno dopo il loro matrimonio, Peron viene eletto Presidente. Eva è al suo fianco.
Peron è il capo politico, lei è il suo ponte col popolo. Eva inaugura infatti il look che manterrà per anni, viaggia per il paese con il marito, incontra la gente e si presenta come una donna del popolo che sposa la causa del popolo.
Evita diventerà molto più che una first lady, diventerà una donna che ha appassionato un intero popolo, tanto da ispirare libri, film e musical.


Guerra sottomarina
Lo scenario della "guerra sottomarina" va dall'oceano Atlantico al Pacifico. Mentre l'arco di tempo estremamente ampio parte dal 1914 con lo scoppio della Prima guerra mondiale e la comparsa dei primi sommergibili, al 1945, alla fine della Seconda guerra mondiale.
Un conflitto in cui i sottomarini, e la tecnologia per combatterli, giocheranno un ruolo fondamentale.
Secondo lo storico Ernesto Galli Della Loggia, l'impiego di queste micidiali macchine belliche, non è soltanto l'inizio di un'epopea marinara epica e tragica, ma cambia radicalmente le regole di guerra e i rapporti tra le nazioni in conflitto.
L'utilizzo dei sottomarini mette in crisi strategie di guerra secolari e trova tutti impreparati, a partire dagli inglesi. Per loro c'è anche una riserva mentale: l'Ammiraglio Wilson definisce il sottomarino subdolo, ingiusto e dannatamente non inglese.
Dopo la grande guerra i sommergibili si perfezionano ulteriormente; ancora una volta sarà la Germania di Hitler, la nazione più pronta a farne uso, allo scoppio della seconda guerra mondiale.


La guerra civile in Spagna
Una chiave di lettura per un’analisi della sinistra europea.
Un esempio paradigmatico della enorme difficoltà di stabilire la democrazia politica nell’Europa mediterranea (Spagna, Italia Grecia).
La sanguinosa campagna elettorale del ’36 e il precipizio verso la guerra civile.


Gli anni del centrismo
E’ il 1948. La Guerra fredda tra le democrazie occidentali e i paesi del blocco comunista è appena cominciata. In Italia, il 18 aprile, la Democrazia Cristiana vince le elezioni battendo il Fronte popolare, socialcomunista. Alcide De Gasperi diventa per la quinta volta Presidente del Consiglio, alla guida di un governo di coalizione insieme a liberali, repubblicani e socialdemocratici: tutti partiti di centro. È l’atto di nascita del "centrismo" a guida De Gasperi, durato fino al 1953 con la caduta del suo ottavo governo.
La novità storico-politica che caratterizza il centrismo, sostiene il professor Ernesto Galli della Loggia, è un governo guidato da un partito di ispirazione cattolica la cui azione risolleva e rimette in moto l’Italia. Saranno infatti cinque anni di importanti iniziative sul piano nazionale e internazionale; e soprattutto cinque anni di riforma per il Paese: la riforma agraria, il Piano Casa e della siderurgia, l’istituzione della Cassa del Mezzogiorno. Si tratta di passi compiuti dal Governo De Gasperi nonostante il fuoco incrociato di destra e sinistra.
Il cammino delle riforme crea anche qualche dissenso all’interno della stessa DC, che esploderà con il caso dell’alleanza con il Movimento Sociale Italiano delle elezioni amministrative di Roma del 1952. De Gasperi riuscirà a bloccare l’operazione un mese prima le elezioni, costringendo a fare un passo indietro don Luigi Sturzo, che era a capo di quel cartello elettorale fortemente sostenuto da Pio XII.
Il 25 maggio, la DC insieme ai suoi tradizionali alleati vince le elezioni e conquista il Campidoglio.


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