PODCAST HALL

BIRDLAND , dal 2010 al 2023

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view post Posted on 17/5/2010, 21:06

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si avvicendano ai microfoni

Riccardo Bertoncelli nato a Novara nel 1952 ed a 15 anni ha scoperto la propria incontenibile passione per il rock. A 17 anni ha fondato la sua prima fanzine e nel '73 ha pubblicato il primo libro italiano sulla musica che stava contagiando le giovani generazioni (Pop story). Negli anni Settanta la sua attività di autore di volumi sul genere pop si è affiancata a quella di recensore e saggista per riviste specializzate come Muzak e Gong. Nel 1980 è stato direttore di Musica 80 e con Franco Bolelli ha curato l'Almanacco Musica per Il Formichiere. Nel '91 ha debuttato come curatore di collana per Arcano e negli ultimi anni ha coordinato l'area musicale Bizarre all'interno del gruppo editoriale Giunti. Ha al suo attivo esperienze radiofoniche e collaborazioni con Linus, Repubblica, Max e Rockerilla.

Franco Fayenz
nasce a Padova dove compie gli studi classici e si laurea in giurisprudenza. In seguito viene chiamato a dirigere la società di concerti "Amici della Musica" di Padova e un centro di studi dedicato alla diffusione della musica afro-americana. Dal 1971 al 1074 cura l'edizone della monumentale biografia di Frederic Chopin scritta da Gastone, "Anatomia elementare del jazz", "Musica per Vivere", "Jazz & Jazz", "Jazz domani", "Storie di jazz per immagini e ricordi", "Lennie Tristano", "La musica Jazz". Ha curato la riedizione italiana dell'autobiografia di Duke Ellington (La musica è la mia donna); nel 1997 ha realizzato per Mondadori la revisione e l'aggiornamento del notissimo Jazz che Arrigo Polillo scrisse fra il 1971 e il 1975. È collaboratore per la musica jazz de Il Giornale di Milano, de Il Foglio per la musica classica, delle riviste mensili Amadeus e Musica jazz, di altre riviste e di enciclopedie. Ha condotto e/o conduce trasmissioni radiofoniche e televisive per la Rai e per la Radio-televisione svizzera. Vive a Milano dove lavora come giornalista e come consulente di società di concerti e di case editrici librarie e discografiche. è socio ordinario della Società Italiana di Musicologia e della SidMa, Società Italiana di Musica Afro-Americana. Dal 1998 al 2002 ha fatto parte della Commissione consultiva per la musica presso il dipartimento dello Spettacolo del Ministero per i beni e le Attività Culturali. la sua biografia è inserita nel Who's who in Italy.

Maurizio Franco laureato con il massimo dei voti in discipline della musica all’Università di Bologna (DAMS), è musicologo, didatta, saggista e ha cominciato a diffondere il linguaggio del jazz e della musica afroamericana a partire dalla seconda metà degli anni ’70 con la nascita delle cosiddette radio “libere”. Ha lavorato con le prime radio private italiane: Radio Milano Libera (1976/80), Radio Città (1980/84) e oggi continua a collaborare con la Rete Culturale della Radio della Svizzera Italiana.
Dirige insieme a Franco Cerri ed Enrico Intra l’Associazione Culturale Musica Oggi, è docente di Storia ed Estetica del Jazz ai Civici Corsi di Jazz di Milano, di cui è anche coordinatore didattico, al Conservatorio di Parma e al master di alta specializzazione di Siena Jazz, consulente del CDPM di Bergamo e del Bollate Jazz Meeting, e scrive sulle riviste Musica Jazz (dal 1980), Musica e Dischi (dal 1981) e Ring Shout (dal 2003).
Dirige la pubblicazione didattico-musicologica Musica Oggi e cura la parte Jazz del quadrimestrale Musica/Realtà, diretto da Luigi Pestalozza. E’attivo, in seno a Musica Oggi, anche in veste di direttore artistico di numerose rassegne concertistiche. Tra queste: Orchestra Senza Confini – Jazz al Piccolo Teatro, l’Atelier Musicale e il Festival Iseo Jazz.
E’stato vicepresidente della SISMA-Società Italiana di Studio della Musica Afroamericana (1995/2000) ed è socio fondatore della SIDMA (Società Italiana di Musicologia Afroamericana). Insieme al produttore culturale Emilio Sioli ha ideato e conduce l’originale iniziativa Maurizio Franco Incontra il Jazz, interviste dal vivo con jazzisti italiani di grande livello.
Ha collaborato con la Rai (1985, 2002 e 2008), ha scritto sui quotidiani L’Unità (1986/89) e il Quotidiano del Ticino (1988/89) e sulle riviste Chitarre e Il Sismografo.

Marcello Lorrai, giornalista de Il Manifesto e Radio Popolare, di cui è presidente della cooperativa direttore e caporedattore della radio, esperto di musica africana e afroamericana.

Claudio Sessa, nato a Milano nel 1955, si occupa di critica e cronaca jazz dalla metà degli anni Settanta. Dal 1986 scrive di jazz sulle pagine del “Corriere della Sera”; dal 2001 è docente di Storia del jazz al Conservatorio di Trieste. Ha pubblicato “Le età del jazz: i contemporanei” (Il Saggiatore 2009, prima parte di un trittico), “Il marziano del jazz. Vita e musica di Eric Dolphy” (Vanni 2006) e un libro-intervista con Gaetano Liguori, “Un pianoforte contro” (Selene 2003); è fra gli autori dei volumi collettivi “Jazz ‘78″ (Bulzoni 1978), “Miles Gloriosus. Tributo a Miles Davis, 1926-1991″ (Il Genio 2001 e Backbeat 2003), “Orchestre di improvvisazione” (Phophonix 2003), “Tender Warrior. L’eredità musicale di Eric Dolphy” (Associazione Culturale Punta Giara 2005), “William Claxton.
Photography is Jazz for the eye” (Blu Edizioni 2007), “Enrico Intra IntraMood” (Sinfonica Jazz 2008). Ha curato trasmissioni radiofoniche per varie emittenti fra le quali Radio Popolare, i tre canali Rai e la Radio Svizzera, realizzato colonne sonore per il Teatro dell’Elfo, scritto molti programmi di sala e collaborato alla redazione di diverse enciclopedie specializzate (Utet, Garzanti, Zanichelli, Curcio). Nel 1989 ha girato, con il regista Marco Maccaferri, il film “Una vita del jazz”. Fra il 1997 e il 2001 è stato direttore responsabile del mensile specializzato “Musica Jazz”, sul quale ha scritto per tre decenni.


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Edited by sergiomac - 31/1/2023, 19:18
 
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view post Posted on 2/3/2012, 12:51

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2010h




Albert Mangelsdorff trombonista d'avanguardia nasce il 5 settembre, 1928 a Francoforte (Meno), in Germania. La leggenda vuole che Mangelsdorff abbia ottenuto il primo trombone di sua proprietà in cambio di un paio di sigarette al mercato nero nell'immediato dopoguerra. All'inizio erano soprattutto i soldati americani ad ascoltare il crescente fermento jazz. Mangelsdorff diventa parte della scena d'avanguardia della Germania dell'ovest e un musicista di fama internazionale.
Il più virtuoso degli strumentisti, maestro della multifonia (capacità di suonare più suoni contemporaneamente) non è certamente un musicista famoso quanto le sue capacità meriterebbero. Molto ammirato in Germania, si è fatto conoscere ed apprezzare in tutta Europa nei festival più famosi, in gruppi suoi o come ospite. In bilico tra avanguardia e jazz modale, ha collaborato con la Globe Unity Orchestra, Jaco Pastorius e l'United Jazz & Rock Ensemble, Gerry Mulligan e Louis Armstrong.
La sua discografia non è molto ricca e conosciuta, specialmente in Italia
Discografia: Live in Tokyo (1917), Three Originals (1975-80), Live at Montreux (1994), Room 1220 (1993)
per una discografia esaustiva
https://mega.co.nz/#F!6ARF3Sjb!F9Y...15aimlKKbenz_yA




John Abercrombie è uno dei chitarristi più importanti degli ultimi quarant'anni di storia del jazz. Ma è anche un chitarrista di cui, rispetto ad altri colleghi come John Scofield, Bill Frisell o Pat Metheny, si parla e si scrive relativamente poco.
Per quale motivo? Probabilmente perché il musicista di Port Chester, il paese dello stato di New York dove è nato il 16 dicembre 1944, è un artista sì di spessore ma non troppo appariscente. John Abercrombie è un jazzista molto raffinato che per quanto sappia essere incisivo, rimane fondamentalmente un poeta della chitarra, un musicista sofisticato e attento a non perdere i legami con la tradizione nonostante la modernità del tratto.
Non a caso le sue principali influenze storiche sono state Jim Hall e Bill Evans, due caposcuola di chitarra e pianoforte sia per il tipo di sound sia per la particolare concezione dell'interplay che hanno introdotto nei loro gruppi, e soprattutto nei loro trii. Anche nel caso di Abercrombie si nota come la chitarra sia sempre inserita organicamente in un tutto, il che significa da un certo punto di vista la rinuncia al virtuosismo e all'esteriorità e questo, forse, è una ragioni della sua minor popolarità rispetto ai suoi illustri colleghi.
Discografia: Timeless (1974), Works (1974), Gateway (1975), Gateway 2 (1977), Characters (1977), Arcade (1978), Straight Flight (1979), Abercrombie Quartet (1979), M (1980), Solar (1983), Night (1984), Current Events (1985), Getting There (1987), John Abercrombie/Marc Johnson/Peter Erskine (1988), Animato (1989), Upon a Time an Album of Duets New (1989), While We're Young (1992), John Abercrombie/Dan Wall/Adam Nussbaum (1992), November (1992), Speak of the Devil (1993), Nosmo King (1994), Gateway: Homecoming (1994), Gateway: In the Moment (1994), Tactics (1996), Open Land (1999), Cat 'n' Mouse (2000), The Hudson Project (2000), That's for Sure (2000), Class Trip (2003), Brand New (2004), fonte
https://mega.co.nz/#F!uNBz1ZCS!TPX..._ryoqdG-YLxa1TQ




I pianisti del bop Accanto a Thelonious Monk e Bud Powell altri pianisti - oggi meno ricordati, ma non per questo meno importanti musicalmente - hanno contribuito negli anni ’40 alla definizione dello specifico linguaggio del pianoforte be-bop. Maurizio Franco in questa serie di Birdland passa in rassegna le peculiarità di alcune figure del pianismo bop quali George Wallington, Dodo Marmarosa, Al Haig, Duke Jordan e Tadd Dameron.
https://mega.co.nz/#!uNZRRAKY!VNRZ...NJmf2o3rUl5AbxY




Little big bands: i gruppi di medie dimensioni L’intera storia del jazz indica che, a metà strada tra le dimensioni sonore opposte dei piccoli combos e quelle orchestrali delle big bands, alcuni dei grandi protagonisti della musica afro-americana hanno spesso percorso vie di mezzo alla ricerca di possibili impasti sonori alternativi.
Claudio Sessa questa settimana ci accompagna in un percorso che da King Oliver e dalle prime piccole orchestre di Duke Ellington passa per Coleman Hawkins, il Miles Davis del periodo cool, le medie formazioni dell’ hard-bop (i Jazz Messengers in primis) per arrivare alle sperimentazioni di musicisti contemporanei come Mike Westbrook, Willem Breuker, Randy Weston, David Murray e diversi altri.
https://mega.co.nz/#F!KcZnCa6Q!W7J...QttH4KCW-LKmdQw




“The rock & pop songbook 2”. Un’altra idea di standard
Il repertorio del jazz, accanto alle composizioni originali dei suoi protagonisti, si è alimentato sin dall’inizio con brani dalle più disparate provenienze. Tra queste il rag-time, il blues e poi in particolar modo le songs più popolari tratte dai musicals di Broadway. Standard venne quindi definita una canzone di grande popolarità, condivisa da un vasto pubblico, sulla struttura della quale i jazzisti creavano le loro improvvisazioni. In tempi recenti a rinnovare tale repertorio hanno contribuito pure temi e canzoni di provenienza rock e pop, delle covers d’autore che sono andate a rinnovare quello che è stato definito in origine il “Great American Songbook”.
Riccardo Bertoncelli propone queste settimana una seconda serie sul tema, dove scorreranno via via nuove declinazioni in chiave jazz di brani scritti da Frank Zappa, Doors, Rolling Stones, Tim Buckley, Paul McCartney, ma anche dagli Chic (!), Prince, i Radiohead, gli Oasis.
https://mega.co.nz/#F!eYpjhQpK!pnW...kXXuXSM2mK4o7LA




Paul Desmond
Sassofonista californiano nato nel 1924 e scomparso nel 1977, Paul Desmond è entrato di diritto nella storia del jazz per una sua composizione, quel Take Five che diventò la sigla dello storico quartetto di Dave Brubeck.
Figlio di un organista e pianista accompagnatore di film muti, Desmond imparò a suonare dapprima il clarinetto per optare solo nel 1950 per il sax alto. L’anno successivo è già quello della chiamata di Brubeck e alla sua carriera viene così impressa una svolta decisiva.
Legato a doppio filo a Brubeck fino alla fine dei ’60, di Desmond si è forse dimenticata quella specifica carriera di leader - con una bella serie di dischi pubblicati a proprio nome e un’intensa attività concertistica dove fu spesso à l’affiche in patria ed Europa
https://mega.co.nz/#F!qUpmBDyB!XRk...Cvis_TNn89Yzv_g




René Thomas
Ho trovato alcuna pagina in italiano, quindi segnalo questa biografia da jazz in belgium in inglese o francese
Birdland gli dedica due puntate, che risultano essere ancora più interessanti se consieriamo il vuoto che c'è intorno alla figura di questo ottimo chitarrista.
https://mega.co.nz/#F!6dpjmA7C!f52...ZH2yAg_jDOQNgVg




Art Blakey Story
Nato a Pittsburgh, arrivò a New York nel 1938 con la pianista Mary Lou Williams. Nel 1940 entra nel gruppo di Fletcher Henderson. Ma il salto di qualita' artistico e professionale lo compie tra il 1943 e il 1947, quando viene ingaggiato dalla prima orchestra bop del cantante Billy Eckstine; con lui nella band ci sono Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Fats Navarro, Sarah Vaughan e i nove decimi del gotha della storia del be-bop. Durante una lunga visita in Africa occidentale, verso fine degli anni '40, Art si convertì all'Islam, assumendo il nome di Abdullah Ibn Buhaina.
Nel 1955 fondò con Horace Silver i Jazz Messengers, un gruppo di Hard Bop che è stato scuola per molti giovani musicisti del 1950, 1960, e 1970, e con cui colaborarono, come solisti o come parte della formazione, musicisti quali Wayne Shorter, Hank Mobley, Kenny Dorham, Donald Byrd, Bobby Timmons, Benny Golson, Bill Hardman, Thelonius Monk, Chuck Mangione, Keith Jarrett, Curtis Fuller, Johnny Griffin, Freddie Hubbard, Lou Donaldson, Clifford Brown, Jackie McLean, Lee Morgan, Terence Blanchard, Bobby Watson, James Williams, Cedar Walton, Branford Marsalis e Wynton Marsalis. Art portò avanti il gruppo da solo dopo l'abbandono di Horace, con il nome Art Blakey and the Jazz Messengers, continuando a suonare in tutto il mondo fino ai tardi anni '80.
fonte
discografia completa
Franco Fayenz, dedica un sentito e doveroso omaggio in cinque puntate a questo batterista storico
https://mega.co.nz/#!HdYwnLQY!FSA1...vIjCDT5UhPuhTjk





Art Tatum, Piano starts here
https://mega.co.nz/#F!WAwkGbxb!irn...NVpxVAFcwwJIQEw




John Coltrane, “Coltrane Jazz” (1960)
Marcello Lorrai ci parla di Coltrane Jazz, secondo disco del grande sassofonista americano edito dalla Atlantic (dopo l’epocale Giant Steps), registrato tra il 1959 e il 1960 (quando Coltrane era ancora ufficialmente membro del sestetto di Miles Davis) e pubblicato l’anno successivo. Oltre a Wynton Kelly (piano), Paul Chambers al basso e Jimmy Cobb alla batteria, che suonano un repertorio essenzialmente originale scritto dal leader, nel brano Village Blues per la prima volta accanto al sassofonista appaiono McCoy Tyner ed Elvin Jones, due dei musicisti che, unitamente a Jimmy Garrison, andranno a formare qualche tempo dopo il “classico” quartetto di Coltrane.
https://mega.co.nz/#F!7MpiwbxZ!yia...1IV4UIAScHdZj7Q




Bill Frisell "Have a little faith" (1992)
“Have a little faith” (dal titolo di una delle più belle canzoni scritte dal cantautore John Hiatt) è una sorta di percorso molto personale di Frisell nel cuore pulsante dell’America musicale, dove passano in rassegna marcette di Philip Sousa, standard jazz e estratti di opere di Aaron Copland (il balletto Billy the Kid) e Charles Ives, nonché reinvenzioni di brani apparentemente antitetici, scritti da Muddy Waters o Bob Dylan, da Madonna o da Sonny Rollins.
https://mega.co.nz/#F!mEYnVboa!Gg7...5VN5ymoY8t5hLsQ




Duke Ellington ''Festival Sessions'' (1959)
https://mega.co.nz/#F!eVwh2a6K!0oO...6FNUMgzcp2nX45Q




Gil Evans ''Great Jazz Standards'' (1958)
https://mega.co.nz/#F!LBhyXYSC!t24...biGzPxn5Gd85o8g




John Coltrane ''Plays the Blues'' (1960)
www.mediafire.com/?mhy0yyng2yf




Oliver Lake "Heavy Spirits" (1975)
https://mega.co.nz/#F!zBJHwJha!VAl...KJYSgmA1sBh8iyw




Thelonious Monk "Thelonious himself" (1957)
https://mega.co.nz/#F!7I5gzRCb!uEn...ngbBCVt9UOZNKwg




Charles Mingus "Mingus Ah-Um" (1959)
Uno dei capolavori discografici consegnati alla storia del jazz da Charles Mingus nel 1959, l'album Mingus Ah-Um che presentava alcune delle composizioni più pregnanti del contrabbassista quali il blues Better get in your soul, la ballad Goodbye Pork Pie Hat e la politicizzata Fables of Faubus, "dedicata" al governatore razzista dell'Arkansas Eugene Faubus.
https://mega.co.nz/#F!fJgzACba!7QZ...9jjwPajZmUsDLMA




Clark Terry "Paris 1960"
“Paris 1960” fotografa il grande trombettista, flicornista, cantante e bandleader Clark Terry (1920) in un momento particolare della carriera, quando cioè – dopo diversi anni passati nell’orchestra di Ellington – nel 1959 la lascia per intraprendere il lungo tour dello spettacolo Free & Easy, un’opera blues di Harold Arlen con la direzione musicale di un giovane Quincy Jones. La tournée si chiude a Parigi prima del previsto ma Clark Terry –anche grazie all’interessamento dello stesso Jones – resta nella capitale francese per un certo tempo. Il disco presenta registrazioni con un gruppo comprendente alcuni americani della ormai disciolta orchestra (come il sassofonista Eric Dixon) ed altri già stabiliti a Parigi come il batterista Kenny Clarke e il pianista Art Simmons, nonché una seduta con un gruppo di jazzisti dell’area francese e belga, primo fra tutti Martial Solal al pianoforte e curatore degli arrangiamenti.
una discografia
https://mega.co.nz/#F!yQ5iiaxB!30z...Vpx9-cUBgKmub_Q
ringrazio sergiomac per avermi aiutato a trovare, in rete, la copertina del disco in oggetto




Bill Evans "Trio 64"
Nella sterminata discografia del pianista Bill Evans Trio '64 è una gemma che si staglia tra gli altri dischi del periodo per la presenza di una ritmica inedita fino ad allora. Dopo la morte nel 1961 di Scott LaFaro, bassista storico di Evans, il trio aveva faticosamente trovato un nuovo equilibrio con l'accoppiata Chuck Israels (basso) e Larry Bunker (batteria). Qui Evans ritrova il fido Paul Motian alla batteria e dà spazio ad un giovane Gary Peacock al basso che, dopo un'esperienza sulla West Coast , aveva incontrato Paul Bley a NY e di lì a poco inizierà a lavorare con Albert Ayler.
Trio '64 fu registrato in realtà a New York nella settimana di Natale del 1963.
Track list:
01. Little Lulu
02. A Sleepin’ Bee
03. Always
04. Santa Claus Is Coming To Town
05. I’ll See You Again
06. For Heaven’s Sake
07. Dancing In The Dark
08. Everything Happens To Me
09. Little Lulu (Alternative Take)
10. Little Lulu (Alternative Take)
11. Always (Alternative Take)
12. I’ll See You Again (Alternative Take)
13. My Heart Stood Still
14. Always (Breakdown)
15. I’ll See You Again (Breakdown)
16. My Heart Stood Still (False Starts)

Bill Evans – piano
Gary Peacock – Bass
Paul Motian – Drums

https://mega.co.nz/#F!XcInTDiC!5FN...lHoHvduwj1oVKNw




Stan Getz “At the Shrine” (1954)
Questa puntata unica di Birdland è dedicata ad uno dei dischi-capolavoro degli anni ’50 di Stan Getz. At the Shrine fu registrato in parte dal vivo durante un concerto nell’omonimo teatro di Los Angeles e completato in studio il giorno successivo con la stessa line-up. Ritroviamo in questa incisione uno Stan Getz in grande “spolvero”, in un quintetto guidato insieme al trombonista Bob Brookmeyer e completato da una sezione ritmica classica con piano-basso-batteria.
Track list:
01. Flamingo
02. Lover Man
03. Pernod
04. Tasty Pudding
05. I'll Remember April
06. Polka Dots And Moonbeams
07. Open Country
08. It Don't Mean A Thing
09. We'll Be Together Again
10. Feather Merchant

Stan Getz – sax tenore
Bob Brookmeyer – voce, trombone, trombone a pistoni
John Williams – piano
Frank Isola, art Mardigan - batteria
https://mega.co.nz/#F!CVoXRLJC!UXi...XwdBoDvwVmTulaw
per leggerne e per ascoltarne di più




Jim Hall & Bill Frisell
Quest'anno al Umbria Jazz Winter di Orvieto la presenza di maggior prestigio è stata quella del quartetto di Jim Hall, Bill Frisell, Scott Colley e Joey Baron, che si è esibito ogni giorno per tutta la durata del festival. In pratica una formazione senza leader, ma piuttosto un incontro fra due maestri della chitarra di diverse generazioni, affiancati da due partner d'eccezione. Un quartetto che nella parte centrale di ogni concerto ha lasciato il posto al duo di chitarre.
A chi non abbia potuto essere presente ai loro concerti si consiglia l'ascolto del doppio cd Hemispheres; e proprio di questo doppio cd ci parla, e ci fa ascoltare in parte, Franco Fayenz.
https://mega.co.nz/#F!aA5B0ITJ!LWn...Th7mWOqp5riOgig




“St. Louis Blues”
St.Louis Blues era una brano già noto all’inizio del ‘900 ed è diventato uno degli standards più “gettonati” in assoluto, dagli anni ’20 ad oggi. Il potenziale musicale di questo brano è stato sviluppato da innumerevoli jazzisti e Claudio Sessa ne ha scelti una manciata, dalla versione del 1921 della original Dixieland Jazz Band fino alla lettura recente di un avanguardista come il tastierista Wayne Horwitz.
https://mega.co.nz/#F!3FYXCI6L!ODw...mVl3D2si8duvjDg




Brad Mehldau
Originario della Florida (nato nel 1970), educazione pianistica classica alle spalle ma anche interesse per il rock, Mehldau si avvicina al jazz e nel 1988 si trasferisce a New York dove studia con Fred Hersch, Kenny Werner e Jimmy Cobb. Le sue qualità emergono già nei lavori di sideman accanto a Joshua Redman o Chris Potter, ma è con i primi dischi da leader della serie “The art of the trio” che la sue peculiarità stilistiche emergono con prepotenza. Mehldau ha sintetizzato alla sua maniera l’eredità di Bill Evans, certi stilemi del repertorio pianistico romantico e non da ultimo la sua passione per il rock d’autore contemporaneo, elementi che ritroviamo nella sua straordinaria sensibilità sulla tastiera, nella delicatezza e nella grande eleganza usate per interpretare sia gli standards del jazz , i remake di canzoni pop o le sue stesse composizioni.
Claudio Sessa dedica quattro puntate a questo pianista statunitense, che è una delle figure più profilate e di maggior successo dell’ultima generazione di jazzisti.
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Buddy Collette
William Marcell, detto “Buddy”, Collette (classe 1921) è una figura di primo piano del jazz della West Coast. Affermato anche come compositore e arrangiatore, Collette è uno fra i rari veri multistrumentisti del jazz moderno, a suo agio ai vari sassofoni (alto e tenore innanzitutto), al clarinetto e soprattutto al flauto, di cui è uno dei maggiori specialisti in ambito jazz. Marcello Lorrai ne ripercorre la lunghissima carriera, mettendo in evidenza le innumerevoli collaborazioni (su tutte quelle con Chico Hamilton, che gli diede una prima notorietà, e Shelly Manne), i purtroppo rari ma preziosi dischi da leader (alcuni dei quali realizzati in Italia), il suo lavoro nel cinema e alla TV (fece parte del cast musicale del Groucho Marx Show), il suo impegno - nei difficili tempi del Maccartismo - per l’integrazione tra musicisti bianchi e neri e nelle lotte per i diritti civili.
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Harry ''Sweets'' Edison, una tromba tutta classica
In queste due puntate di Birdland si parlerà della sua lunga e centrale partnership con Count Basie ma si ricorderanno i sodalizi con Eddie “Lockjaw” Davis e ben Webster e alcune delle sue collaborazioni di prestigio con, tra gli, altri Ben Webster, Billie Holiday, Johnny Hodges, Duke Ellington.
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Mose Allison l’anello mancante tra il blues ed il jazz
A 80 anni suonati e ancora una gran voglia di far musica , Mose Allison è un musicisti tra i più difficilmente classificabili della storia del blues, del pop e del jazz. Autore, pianista e cantante Allison è un bianco del Sud (originario del Mississippi) e si è profilato sin dagli inizi della sua lunghissima carriera come artista a cavallo dei generi. Il blues rurale, il boogie-woogie (che suona per sbancare il lunario), la passione per la letteratura americana contemporanea (conosce di persona William Faulkner) e gli studi in filosofia, più tardi a New York l’incontro con il grande jazz di Stan Getz, Gerry Mulligan, Al Cohn e Zoot Sims (con i quali collabora), tutto ciò concorre alla definizione del suo unico stile pianistico, della sua specifica sensibilità di compositore-autore, della sua personale maniera di intendere il canto. Peculiarità che possiamo cogliere in una ricchissima discografia, dal primo LP edito da Prestige nel 1957 al recente Way of the World, fresco di pubblicazione.
https://mega.co.nz/#F!zMYUWJQY!JK7...YiaN6f-ffFLJALA




Oliver Nelson, sassofonista, compositore e arrangiatore
Esordi con Louis Jordan, poi con Louie Bellson e Quincy Jones; dal 1959 leader di proprie formazioni con le quali pubblica una serie di dischi che restano nella storie del jazz dell’epoca, fra questi il sublime Blues & the abstract Truth e il successivo Straight Ahead (entrambi con Eric Dolphy); contemporaneamente arrangia per molti colleghi quali ad esempio Charles Mingus, Wes Montgomery, Sonny Rollins e molti altri; per quanto riguarda le produzioni con big band importanti saranno le pubblicazioni di Fantaboulos, Happenings, Sound Pieces, Tribute to JF Kennedy, Three dimensions, Black Brown & Beautiful e la Swiss Suite registrata a Montreux nel 1971, nonché i dischi che testimoniano il suo intenso lavoro di arrangiatore per la TV e il cinema.
Maurizio Franco ripercorrerà le carriera di questo musicista con, da una parte, le radici ben piantate nel blues, dall’altra con uno spiccato senso del colore orchestrale.
https://mega.co.nz/#F!OIA2xDQb!Z0r...4q00M8OT4Ei7emA




Paul Motian
Claudio Sessa ripercorrerà le tappe e i momenti più significativi della carriera di Paul Motian (1931), musicista ancor oggi in piena attività che ha contribuito in maniera decisiva a emancipare la batteria jazz e sottrarla al ruolo di strumento accompagnatore cui era tradizionalmente legata. Grande finezza di tocco (esemplare resta il suo uso delle spazzole), importanza del silenzio, del ritmo sottinteso, della qualità del “battere”, delle dinamiche sonore: queste alcune delle caratteristiche di un musicista che ha lasciato il segno nel jazz moderno.
Dopo gli esordi accanto a George Russell, Lennie Tristano, Warne Marsh e diversi altri, Motian si legherà dal 1959 (e per più di un lustro) al pianista di Bill Evans contribuendo a tratteggiare i contorni del moderno trio jazz. Dopo aver suonato con Gary Peacock, Pharoah Sanders, Don Cherry, nel 1968 con Charlie Haden è scelto da Keith Jarrett per la costituzione di un trio storicamente fondamentale tanto quanto quello di Evans. Diventato più tardi, con l’aggiunta di Dewey Redman al sax, il “quartetto americano” del pianista, la band sarà fra le formazioni più popolari degli anni ’70. Come leader lo ricordiamo dai primi anni ’80 con un proprio quintetto, poi nel rivoluzionario trio con Joe Lovano al sax e Bill Frisell alla chitarra, in tempi più recenti alla testa dell’ Electric Be-Bop Band.
https://mega.co.nz/#!GNIn1BoZ!XsZF...NJ0SWCPu88dQ924




Il jazz in Sudafrica prima dell'esilio - Da Miriam Makeba ai Blue Notes
Partendo da lontano, dove radici tradizionali, moderna popular music e jazz si confondono sulla scorta di una canzone-simbolo quale Mbube, diventato hit internazionale, Lorrai traccia un percorso che indica come per quasi un trentennio la vitalità e la popolarità del jazz in Sudafrica siano state seconde forse solo rispetto agli Stati Uniti. Passeranno in rassegna tra gli altri musicisti come Miriam Makeba e Hugh Masekela, Dollar Brand e il sestetto dei Blue Notes, questi ultimi simbolo stesso dell’esilio volontario dei migliori jazzisti sudafricani allorquando, nel 1964 - restando uniti come band - trovarono tutti insieme una nuova patria musicale in Inghilterra.
https://mega.co.nz/#F!6VRkzI5T!b-V...qf27uIDTcY-WbHg




Jimi Hendrix in blues
Qualcuno ebbe a dire: “Hendrix suonava blues del delta, ma il suo Mississippi non stava sulla terra ma sul pianeta Marte”. Un percorso, quello che ci propone Riccardo Bertoncelli, attraverso la matrice più nera e più roots di uno dei musicisti più visionari del Dopoguerra.
https://mega.co.nz/#F!qZpRzKSR!DSA...rALtz1KxeKWjigQ




Anita O'Day
Franco Fayenz dedica una puntata di storia della vicenda musicale afro-americana alla grande vocalist Anita O'Day
https://mega.co.nz/#F!PIY0RJCR!6xA...sGVCqXjrQ-WobRA




Jazz & Africa: mito e realtà
Un percorso dunque fra mito e realtà, che passa attraverso cent'anni di storia musicale e privilegia le tante incisioni che hanno unito dal vivo e in studio d'incisione musicisti dei due continenti. Ogni trasmissione si apre con un brano di Duke Ellington, musicista che nei cinquant'anni della sua carriera ha osservato il rapporto con l'Africa da molte prospettive diverse, e si sofferma su un diverso argomento, dal rapporto ideologico con la "madre" Africa al lirismo presente in tanti brani ispirati a questo continente.
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In memoriam di Rashied Alì
Maurizio Franco ricorda la figura del batterista Rashied Alì, scomparso lo scorso anno, musicista che legò il suo nome principalmente all’ultima parte della vicenda artistica di John Coltrane.
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Louis Sclavis
Nato a Lione nel 1953, le radici della sua carriera affondano nelle diversificate esperienze degli anni ’70, quando fa parte del Workshop de Lyon e della Marmite Infernale, e al tempo stesso è tra i fondatori dell’ARFI, l’Association Recherche d’un Folklore Imaginaire, falange francese di un movimento che faceva tendenza nel jazz europeo dell’epoca e all’interno del quale ad esempio operava, sulla sponda italiana, un suo collega di strumenti quale Gianluigi Trovesi.
Bernard Lubat, Michel Portal, Henri Texier, Aldo Romano in Francia; Chris McGregor, Conrad Bauer, Han Bennink, Enrico Rava, lo stesso Trovesi a livello europeo; George Lewis, Anthony Braxton, Cecil Taylor, ma anche Joe Lovano tra gli americani: sono solo alcuni fra i musicisti di spessore con i quali ha condiviso innumerevoli progetti, fino ad inizio degli anni ’90 allorché la sua progettualità di leader si è concentrata su propri ensembles di media grandezza con i quali ci ha regalato alcune delle gemme più preziose dell’odierno jazz europeo.
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Miles Davis. “On the Corner” e i primi anni ’70
Riccardo Bertoncelli si china su uno dei periodi più discussi della carriera di Miles Davis, quello compreso grosso modo tra il 1972 e il 1975, anno del temporaneo ritiro dalle scene.
Oltre i già rivoluzionari In a silent way e soprattutto l’epocale Bitches brew, questo particolare momento di Davis si apre con l’album On the Corner, al tempo osteggiato soprattutto dalla critica e oggi invece rivalutato e considerato altra pietra miliare dell’estetica davisiana. Una ancora più marcata spinta ritmica, una strumentazione ancor più elettrificata, nuove influenze extrajazzistiche che vanno dalla musica contemporanea a quella di tradizione indiana, un gruppo di musicisti che assecondano in pieno il maestro e che saranno poi centrali nello sviluppo successivo della cosiddetta fusion: queste le peculiarità di un disco che apre una nuova via e che non fu capito appieno all’epoca.
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Roberto Ottaviano, sassofonista
Roberto Ottaviano – specialista del sax soprano, compositore e band leader – è una delle personalità importanti emerse nelle seconda metà degli anni ’80, periodo di grande fioritura del jazz italiano.
Maurizio Franco ne compone un ritratto esaustivo ricordando gli esordi di carriera, l’influenza di una collega di strumento quale Steve Lacy, i vari gruppi come i Six Mobiles o i Koiné, una progettualità sempre mirata e la più recente attività.
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Charles Lloyd
Inizia a suonare il sassofono a 9 anni e ad ascoltare alla radio Parker, Hawkins, Young, Ellington. Nel 1956 si trasferisce in California per completare gli studi e contemporaneamente collabora con i maggiori musicisti della West Coast: Don Cherry, Ornette Coleman, Eric Dolphy, Billy Higgins, Scott LaFaro.
Nel 1960 Lloyd entra come music director nel gruppo del batterista Chico Hamilton, con il quale firmerà alcune pagine memorabili della formazione incise per la Impulse. Il grande successo arriva con il quartetto a cui dà vita nel 1965, del quale fanno parte tre esordienti di lusso: Keith Jarrett al piano, Jack DeJohnette alla batteria e Cecil McBee al basso. La band di Lloyd propone una musica di ampio respiro, che si dilata liberamente nel tempo e che combina elementi disparati: il free jazz in voga, musiche etniche di varia provenienza, armonie impressioniste, ritmi rock. In questo senso Lloyd marcherà in maniera del tutto personale il post-bop degli anni '60, anticipando a suo modo la world music e facendo da ponte tra l'avanguardia jazz e il trend psichedelico dell'epoca. Non stupisce dunque che sarà lui ad esibirsi quale primo jazzista al Fillmore Auditorium (dove le stars erano Janis Joplin, Jimi Hendrix o i Grateful Dead) e ad essere invitato a grandi raduni musicali. Il "live" inciso a Monterey nel 1966 (Forest Flower) sarà uno dei primi dischi jazz a vendere oltre un milione di copie. Nominato artista dell'anno nel 1967, Lloyd intraprende una serie di tournées che lo porteranno a suonare in Europa, in Estremo Oriente e pure al di là della Cortina di Ferro. All'apice del successo Lloyd decide però di ritirarsi quasi completamente dalla scena. Si interessa alla meditazione trascendentale, riprende l'insegnamento e si trasferisce a Big Sur sull'esempio dei vari Miller, Ferlinghetti, Kerouac.
Un decennio di quasi silenzio e poi l'inaspettato ritorno, prima con Michel Petrucciani (1982-84) e alla fine degli anni '80 con un nuovo quartetto che produrrà una musica più meditativa ma pur sempre con solidi legami con quanto espresso in precedenza.
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George Adams
Eravamo nei primi anni'80 e il gruppo che George Adams co-dirigeva con il pianista Don Pullen si era già oramai illustrato come uno dei più interessanti del periodo. Tra influenze blues, funk e free-jazz il quartetto (completato da altri ex-mingusiani quali il batterista Dannie Richmond e il bassista Cameron Brown) proponeva una musica dall'alto contenuto energetico, con il sassofono urlante di Adams e il piano libertario di Pullen a stagliarsi sui tappeti ritmico-armonici del gruppo. Il loro concerto del 1980 in Piazza della Riforma a Lugano, per la seconda edizione di Estival Jazz, è stato in assoluto uno dei più coinvolgenti e indimenticabili cui gli appassionati di jazz della Svizzera italiana abbiano potuto assistere, un concerto che, grazie all'atmosfera magica creatasi e grazie anche alla "spinta" dei presenti, continuò – in un'aria di festa collettiva - fino a tarda notte e ben oltre l'orario prefissato.
In queste tre puntate di Birdland Marcello Lorrai presenterà il profilo di un musicista che ha contribuito a segnare con la sua personalità l'ultima fase creativa di Charles Mingus, che ha imposto il suo marchio di leader nel jazz dei primi anni'80 e che se ne è andato troppo presto, quando il suo sassofono aveva certamente tante altre belle storie da narrarci.
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Chet Baker, la "seconda" carriera"
Un talento musicale intuitivo, uno stile di tromba affascinante, un look da bello e maledetto che non manca di sedurre il grande pubblico, una canzone - My funny Valentine - che gli resterà incollata addosso fino all'ultimo: questi alcuni degli elementi della "leggenda" Chet Baker, che nei primi anni '50 è protagonista di un esordio di carriera straordinario nel quartetto di Gerry Mulligan.
Ma le cose si complicano quando Mulligan è arrestato per droga e resta fuorigioco per diverso tempo. Chet è sulla stessa strada e nella seconda metà del decennio la sua attività professionale risentirà dei problemi legati alla tossicodipendenza, fino al suo arresto ad Harlem nel 1959.
Rilasciato su cauzione, pagata dal suo produttore discografico Bill Grauer, Baker si decide a cambiare aria. Con il suo arrivo in Europa (e in Italia in particolare) alla fine del 1959 si apre la "seconda carriera" del grande trombettista, che Marcello Lorrai seguirà in questa serie di Birdland fino al suo epilogo.
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L'altro Django, in occasione del centenario di Django Reinhardt, 1910-1953
1910-1953: sono le date biografiche di Django Reinhardt, chitarrista belga di origine gitana che ha rivoluzionato l'uso dello strumento nel jazz sin dai suoi esordi, negli anni '30, accanto a Stéphane Grappelli.
In occasione dei cent'anni dalla nascita Maurizio Franco, che al personaggio ha dedicato un prezioso volume intitolato Dalla chitarra gitana al jazz (ed. Sinfonica Jazz), tratteggia la figura di Reinhardt attraverso un percorso biografico inusuale e l'ascolto di registrazioni tra le meno conosciute.
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Cent'anni dopo, i profeti del jazz
Il 1910 è l’anno di nascita dei musicisti passati in rassegna da Claudio Sessa in questa serie, tutti importanti per le intuizioni mostrate nel loro innovativo lavoro prima e durante la grande rivoluzione del jazz moderno, quella del be-bop nei primi anni ’40. I pianisti Mary Lou Williams e Clyde Hart, il contrabbassista Milt Hinton, il batterista Sid Catlett e il sassofonista Budd Johnson di cui si parlerà, poco celebrati in vita, hanno infatti svolto un oscuro ma profetico lavoro di apertura verso nuovi orizzonti musicali, sintetizzato poi dai celebrati protagonisti (Gillespie, Parker e Powell in primis) di quella decisiva svolta nella storia della musica afro-americana.
01 Clyde Hart 20 settembre 2010
02 Sid Catlett 21 settembre 2010
03 Mary Lou Williams 22 settembre 2010
04 Milt Hinton 22 settembre 2010
05 Budd Johnson 24 settembre 2010
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Wadada Leo Smith
Ripercorrere la carriera di Leo Smith è un po’ come gettare uno sguardo trasversale sulla storia della musica e del jazz creativo dalla fine degli anni ’60 in avanti. “Wadada” (nome aggiunto al momento dell’abbraccio della fede rastafari) ha infatti lasciato il segno con le sue infinite collaborazioni e con i suoi numerosi e atipici gruppi con i quali ha battuto le strade di Chicago, di Parigi, della Germania e dell’Olanda, luoghi-laboratorio - tra America e Europa – dove si è elaborato il progetto del cosiddetto post-free. Roscoe Mitchell e Muhal Richard Abrams a Chicago (loro e di Smith alcuni dei primi gruppi emersi dalla famosa associazione AACM), Leroy Jenkins e Anthony Braxton a Parigi; Henry Threadgill, Anthony Davis, Oliver Lake di nuovo a Chicago; poi la Company, Derek Bailey, Evan Parker, Han Bennink, Peter Kowald e molti altri tra Amsterdam, Moers e Londra: sono alcuni dei musicisti che Leo Smith ha affiancato e con l’aiuto dei quali ha tracciato la sua personale via verso una new music idealmente pensata come una sorta di esperanto sonoro, dove alle radici blues delle sue lancinanti divagazioni alla tromba si sono integrate musiche e strumenti dal mondo intero.
Sarà Riccardo Bertoncelli – che alla musica creativa degli anni ’60 e ’70 con Franco Bolelli ha dedicato il libro Musica da non consumare (ed. Il Formichiere, 1979) – a guidarci in questo strano e affascinante cammino.
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Herb Ellis, chitarrista (1921-2010)
Conosciuto soprattutto per la sua lunga collaborazione con Oscar Peterson, Herb Ellis è scomparso quasi novantenne nel maggio di quest'anno. Maurizio Franco ne traccia un profilo dove si presentano le varie sfaccettature di un'arte chitarristica per la quale è diventato un "classico" dello strumento.
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Giuseppi Logan il bizzarro del free
Una vicenda simile a quella del contrabbassista Henry Grimes: dato per scomparso sul finire dei Sixties, riemerso dal nulla e ritornato in attività. Ma la storia di Giuseppi Logan, una delle figure più bizzarre del periodo free, è ancor più misteriosa ed enigmatica. Riccardo Bertoncelli la ripercorrerà ricordando le scarse notizie biografiche, i due dischi folgoranti editi dall'etichetta ESP a metà anni '60 (dove facevano bella mostra giovani emergenti quali Eddie Gomez, Don Pullen e Milford Greaves), il successivo silenzio, il problemi mentali e l'abuso di droghe. Logan ricomparirà in alcuni video di strada del 2008 alle prese con il suo sassofono. E la sua storia improvvisamente, così come pareva finita, è ricominciata.
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Dick Heckstall-Smith, una voce tra jazz e rock
Sassofonista britannico scomparso a 70 anni nel 2004, Dick Heckstall-Smith è stato uno dei protagonista dapprima del movimento del British Blues, poi a cavallo fra '60 e '70 del progressive inglese di ispirazione jazz & rock. Suonò in varie band di Alexis Korner, entrò nella Graham Bond Organisation dove incontrò due futuri Cream come Ginger Baker e Jack Bruce, nel 1967 sarà con i Bluesbreakers di John Mayall. Ma l'apice della carriera lo raggiungerà tra il 1968 e il 1972 con i Colosseum , il gruppo di jazz-rock cui diede vita insieme al batterista Jon Hiseman. Di pregio il suo primo disco solista A story Ended del '72 (in riferimento allo scioglimento dei Colosseum) e alcuni altri editi negli anni '90. Heckstall-Smith ha pubblicato nel 1989 il volume The safest place in the world: A personal history of British Rhythm and blues rivisto, ampliato e riedito nel 2004 dal suo manager Pete Grant sotto il titolo Blowin' The Blues.
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Woody Herman
Woody Herman è stato uno dei grandi capo-orchestra del jazz dalla seconda metà degli anni '30 alla fine degli anni '80 e ha attraversato le varie epoche del jazz, dal classico al moderno. Soprattutto clarinettista ma abilissimo anche al sax alto, oltre che compositore e arrangiatore, Herman ha consacrato una vita intera al lavoro con la sua band. Una delle prime, nel 1939, produrrà quell'indimenticato hit intitolato At the Woodchopper's Ball, venduto a milioni su disco. Giocando sul suo nome, Herman fondò poi nel corso dei '40 il First Herd (letteralmente il "gregge") che raggiunse uan popolarità tale da indurre Igor Stravinkij a dedicargli il suo Ebony Concerto. Al Second Herd (che entra nella storia del jazz anche per un ulteriore hit Four Brothers scritto da Jimmy Giuffré) fa seguito dal 1950 al '56 una terza versione dell'orchestra dove si accentuerà ancor più la fama di scopritore di talenti del suo leader. Tra i celebri alunni che hanno fatto parte dei vari Herds ricordiamo i nomi di Flip Phillips (quello che anni dopo suonerà il celebre tema di The Pink Panther), Stan Getz, Al Cohn, Zoot Sims, Jimmy Giuffré, Pete e Conte Candoli. Dalla metà degli anni '50, con le crescenti difficoltà finanziarie a tener assieme una big band, Herman farà capo sempre più a giovani musicisti appena diplomati.
L'orchestra da allora e fino alla scomparsa nel 1987 si chiamerà Thundering Herd (la mandria tonante) e spesso proporrà un sound adattato alle nuove mode, come la versione di fine anni '60 con un groove decisamente rock e una strumentazione comprendente basso elettrico e moderne tastiere.
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Lennie Tristano
Lennie Tristano (1919-1978) è stato uno dei pianisti più singolari e influenti del jazz moderno. Persona molto riservata e esigentissima per quel che riguarda la sua musica, Tristano opera sin dall’inizio al di fuori dei dettami dei generi dominanti – il be bop, il cool jazz. Il suo modernismo va ben al di là dello stile personale, mirando piuttosto ad una concezione totalizzante dove si abbinano ad esempio il contrappunto classico e la ricerca armonica più avanzata. Strumentista dalla straordinaria agilità, Tristano ci ha consegnato una manciata di capolavori assoluti del jazz di tutti i tempi e ha influenzato, con le sue idee, la sua pratica strumentale e la sua ricerca sonora (importante il suo lavoro certosino in sala d’incisione) i pianisti più diversi delle generazioni successive, da Bill Evans a Cecil Taylor fino a Martial Solal. Si ritirerà in pratica dalle scene alla metà degli anni ’60 – a parte qualche rara apparizione in locali con pianoforti di suo gradimento – per dedicarsi completamente alla didattica.
Maurizio Franco ce ne propone un ritratto a tutto tondo in questa serie organica di Birdland, dagli esordi alle ultime preziose registrazioni.
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Jimmie Lunceford, caporchestra
Offuscata dalla notorietà e dal carisma di colleghi quali Duke Ellington e Count Basie, l’importanza di Jimmie Lunceford nella storia del jazz va certamente rivalutata. Nato in Missouri nel 1902, sassofonista di formazione, fondò una prima orchestra nel 1926 con gli allievi della Manassas High Scholl di Memphis dove insegnava. La sua big band fu nella seconda metà degli anni ’30 una formidabile fabbrica di swing, da molti ritenuta la migliore dell’epoca. Accanto alla figura di Lunceford, Maurizio Franco ricorderà pure i solisti di spicco che ne fecero parte, quali Paul Webster e Snooky Young (trombe), Trummy Young, i sassofonisti Wllie Smith e Joe Thomas, così come la qualità degli arrangiamenti dovuti soprattutto alla fantastica penna di Sy Oliver, che pure sedeva nella sezione delle trombe. La partenza di quest’ultimo nel 1939 segnò un primo declino dell’orchestra, così come in seguito la partenza di numerosi dei suoi migliori strumentisti. L’orchestra sopravvisse solo qualche anno dopo la morte del suo ancor giovane leader nel 1947.
A cura di Maurizio Franco
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Incursioni blues: Buddy Guy
Ogni tanto la nostra rubrica di storie di jazz si tinge di blu. Due puntate di Birdland sono infatti dedicate questa settimana da Riccardo Bertoncelli alla figura di Buddy Guy, bluesman, cantante e soprattutto chitarrista tra i più influenti – assieme a B.B. King - della scena americana, tuttora in piena attività.
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Edited by Elrond_55 - 4/4/2015, 14:33
 
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Charlie Haden: musica per la liberazione
Ha attraversato da protagonista una delle stagioni fondanti del jazz moderno. Poco più che adolescente abbandonò la profonda provincia americana (Shenandoah, stato dello Iowa), per trasferirsi a Los Angeles e conoscere uno dei suoi eroi musicali, il pianista nero Hampton Hawes. L'anno è il 1956. A Los Angeles Charlie Haden incontra, con Hampton Hawes, una delle generazioni più creative che il jazz abbia mai conosciuto: Art Pepper, Dexter Gordon, Paul Bley, fino al genio di colui che diverrà il fondatore di un nuovo genere musicale: Ornette Coleman.
A fianco del trombettista Don Cherry e del batterista Billy Higgins, Charlie Haden si trova ad esser parte di un quartetto che rivoluzionerà la faccia del jazz. Nel 1959 il quartetto di Ornette Coleman attraversa il continente da ovest a est e approda nella Grande Mela, New York, dove troverà un ingaggio fisso in uno dei celebri locali della città, il Five Spot. Seguono una serie di incisioni che fisseranno i parametri del free jazz: The Shape of jazz to come e Change of the century. Segnato dall'esperienza "estrema" a fianco di Ornette Coleman, Charlie Haden non tarderà ad imporsi come uno dei musicisti più creativi e originali del periodo. Alle collaborazioni con John Coltrane, Archie Shepp e Roswell Rudd, segue la fondazione di un collettivo denominato Liberation Music Orchestra, diretto a quattro mani con la pianista Carla Bley. Sarà questa un'altra esperienza fondante nella storia personale di Charlie Haden, dove alla libertà formale invocata dalla musica s'accompagnerà un impegno civile che lo vedrà in prima linea nel riconoscimento dei diritti civili dei neri nella metà degli anni '60, giù giù fino alle aperte prese di posizione contro la politica del presidente Bush nel nuovo millennio.
Keith Jarrett, Paul Motian, Michael Brecker, Jack DeJohnette, John Scofield, Hank Jones, Kenny Barron, Bill Frisell, Brad Mehldau, Joe Lovano, Lee Konitz, Pat Metheny sono tutti musicisti coi quali Charlie Haden è entrato in contatto nel corso degli ultimi decenni. Difficile pensare a un musicista jazz di rilievo col quale Charlie Haden non abbia prima o poi incrociato lo strumento. Celebre, fra le sue creature, il Quartet West a fianco del sassofonista Ernie Watts, del pianista Alan Broadbent e del batterista Larance Marable, col quale ha riscritto in musica lo spirito della Los Angeles immortalata dallo scrittore Raymond Chandler. Charlie Haden, superata la fatidica soglia dei 70 anni, ha ormai statura di leggenda del jazz. Riccardo Bertoncelli ci accompagna lungo mezzo secolo di musica e di incisioni, ripercorrendo le tappe di un cammino che appare unico e, per molti versi, irripetibile.
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Johnny Hodges, sax - Ellingtonia, i solisti del Duca
È noto che l’orchestra di Duke Ellington, nella sua decennale esistenza, fu una vera e propria fucina di talenti che spesso si misero in evidenza come brillanti solisti. Maurizio Franco inizia da questa settimana una serie di trasmissioni che metteranno a fuoco alcune fra le personalità di strumentisti tra le più celebri venute alla ribalta alla corte del Duca.
Johnny Hodges vanta certamente una delle collaborazioni più lunghe con l’orchestra di Ellington. Ne entrò a far parte nel 1928 e vi rimase fino alla morte nel 1970, sopraggiunta per infarto. Sassofonista dal suono velato e lirico, Hodges suonava sia il contralto che il soprano. Fu allievo di Barney Bigard e di Sidney Bechet, a loro volta entrambi allievi di una figura importante del pre-jazz quale fu quella del clarinettista Lorenzo Tio.
Ellington compose spesso melodie e temi che si confacevano particolarmente alle qualità tecniche e espressive dei suoi solisti e Hodges fu certamente uno dei più celebrati in questo senso. Indimenticabili restano le sue interpretazioni di alcuni cavalli di battaglia dell’orchestra come Prelude to a kiss, Blood Count, I got it bad o ancora alcuni temi dalle grandi suite quali Anatomy of a Murder e Such Sweet Thunder. In altri brani meno noti – ad esempio Jeep Blues, Confab with Rab, Hodge Podge - è evidente nei titoli la dedica a Hodges con la menzione esplicita dei nomignoli affibbiatigli dai colleghi dell’orchestra (podge; rabbit, coniglio, per la sua avidità nel mangiar verdure; jeep per la sua velocità).
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Abbey Lincoln, vocalist
Abbey Lincoln, nata come Anna Marie Wooldridge nel 1930, è scomparsa nell’agosto del 2010 ad 80 anni appena compiuti. La sua carriera era cominciata a Chicago come cantante di varietà in bar e piccoli club. La sua bella voce e le qualità d’interprete emersero appieno con il primo disco a suo nome Abbey Lincoln’s Affair, registrato con Benny Carter. Quasi contemporaneamente debuttò, con grandi doti di recitazione e una bellezza strepitosa, anche nel cinema dove fu interprete di pellicole di registi quali Frank Tashlin (nella commedia musicale The Girl Can't Help, 1957), Michael Roemer (Nothing But A Man, 1964), Daniel Mann (For Love of Ivy, con Sidney Poitier – 1968) fino alla parte in Mo’Better Blues di Spike Lee (1990).
Conosciuto Max Roach alle fine degli anni ’50 lo sposò nel 1962 formando con lui un sodalizio artistico, oltre che sentimentale, fortemente impegnato sul fronte dei diritti civili. Insieme realizzarono uno dei capolavori assoluti del jazz moderno: We Insist! Freedom Now Suite - denso di riferimenti ancestrali all’Africa, politicamente e socialmente schierato – insisteva appunto sul desiderio di libertà “subito” per i neroamericani. Il disco aprì la strada al free jazz più radicale e impegnato, di cui Archie Shepp è stato il maggior portabandiera. L’attività come attrice tenne la Lincoln a lungo lontano dagli studi di registrazione fino ad inizio anni ’70. Ma il suo vero ritorno sulla scena musicale si ebbe a partire dagli anni ’80 e per tutti i ’90, con una serie di pregevoli album per Verve e altre etichette. Negli ultimi tempi, anche a causa di motivi di salute, le sue apparizioni si erano molto diradate. Una delle ultime fu quella in TV durante un grande show di beneficienza per le vittime dell’uragano Katrina.
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Cootie Williams, tromba - Ellingtonia, i solisti del Duca
Maurizio Franco prosegue in Birdland la sua indagine sui solisti venuti alla ribalta nell’orchestra di Duke Ellington, vera e propria fucina di talenti nella sua decennale esistenza.
Di queste tre puntate sarà protagonista un fedelissimo di Ellington, il trombettista Cootie Williams (1911-1985), componente dell’orchestra dal 1929 al 1940 e poi ancora a partire dal 1963.
Influenzato da Armstrong e King Oliver, Williams si impose per un suono del tutto personale, dove magistrale e del tutto pertinente allo stile jungle dell’orchestra ellingtoniana dei primi anni risultava l’uso della sordina in caucciù con la quale otteneva una sorta di imitazione strumentale del canto blues.
Quando Williams lasciò l’orchestra di Ellington per raggiungere quella di Bennie Goodman, la notizia fece scalpore. Fu però un primo passo, favorito dal Duca stesso, verso una carriera di bandleader che gli riservò belle soddisfazioni fino alla fine degli decennio. Negli anni ’50 Williams si esibì soprattutto in piccole formazioni, con scarso successo. Nel 1962 ritornerà da Ellington per restarvi fino alla morte del leader.
Concerto per Cootie, dedicatogli al momento della “separazione” nel 1940, e New Concerto for Cootie, scritto al momento del suo ritorno in orchestra, sono solo due dei brani che Ellington compose espressamente per lui.
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Benny Carter, sassofonista
Nato nel 1907, Benny Carter si è imposto soprattutto come solista di sax alto (anche se suonava bene pure tromba e clarinetto) e come arrangiatore.
Collaborò agli esordi con Earl Hines e Charlie Johnson per poi emergere, agli inizi degli anni 30, come arrangiatore dell'orchestra di Fletcher Henderson e direttore musicale dei Cotton Pickers del batterista Bill McKinney.
Guidò proprie formazioni e piccoli combos in cui suoneranno J.J. Johnson, Miles Davis, Max Roach, Teddy Wilson, Dizzy Gillespie, Kenny Clarke, Art Pepper, ebbe una prolifica parentesi in Europa - dove collaborò con l’orchestra jazz della BBC e lavorò a Francia, Inghilterra e Scandinavia - e dal 1943 si stabilì sulla West Coast iniziando a lavorare per il cinema e la televisione, attività che lo impegnò per molto tempo e che in parte oscurò le sue qualità di strumentista.
Una carriera lunghissima la sua, rilanciatasi come solista alla metà degli anni ’70 quando i suoi impegni con Hollywood vennero meno. Da quel momento riprese ad esibirsi regolarmente e mantenne fino in tarda età una fitta agenda di concerti e registrazioni.
Grande stilista del sax alto, Benny Carter è stato – alla pari di colleghi come Coleman Hawkins e Johnny Hodges - uno degli innovatori di primo piano del linguaggio jazzistico sin dagli anni ’30. È morto a Los Angeles nel 2003.
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Bill Dixon (1925-2010), jazzista e oltre
Si ricorda in questa mini-serie di Lorrai la figura di Bill Dixon, nato nel 1925 e scomparso nel giugno del 2010.
Arista a tutto tondo, Dixon era trombettista, flicornista, compositore e arrangiatore, ma anche artista visivo e educatore.
Assieme a Cecil Taylor e Archie Shepp (con il quale co-diresse un quartetto) giocò un ruolo importante nella definizione della new thing d’inizio anni ’60. Alla metà dello stesso decennio organizzò una serie di concerti denominati Rivoluzione d'Ottobre in Jazz, con musicisti come Sun Ra e Paul Bley, e fu poi l’organizzatore della
Jazz Composer's Guild. Nella sua relativamente poco estesa discografia spiccano i lavori realizzati per l’italiana Soul Note che coprono più di un ventennio di attività.
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Da Bud Freeman a Stan Getz: il sax tenore "bianco" nel jazz
Claudio Sessa conduce altre cinque puntate nella Storia del jazz
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Fats Navarro
Fats Navarro è stato un dei più influenti trombettisti del jazz moderno, secondo forse solo a Dizzy Gillespie.
Una carriera breve ma intensissima la sua, chiusasi a soli 27 anni: una salute cagionevole, aggravata dalla dipendenza dalle droghe, lo porterà alla morte per tubercolosi nel 1950.
Maurizio Franco la ripercorrerà, ricordando gli inizi con Andy Kirk e Howard McGhee, il biennio d’oro (1945-46) trascorso nell’orchestra di Billy Eckstine – formazione-faro del jazz moderno dove aveva rimpiazzato proprio Dizzy – e le numerose successive collaborazioni con i vari Lionel Hampton, Coleman Hawkins, Tadd Damoeron, l’equipe di Jazz At The Philharmonic, Charlie Parker e Bud Powell. La perfetta conoscenza delle progressioni armoniche, la freschezza del fraseggio, l’audacia ritmica di Fat Girl (il nomignolo con il quale era noto nell’ambiente) saranno di modello per i suoi continuatori, da Clifford Brown a Donald Byrd.
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Franco D'Andrea gli esordi e l’attualità
Sulla base di materiali storici e recenti, Franco Fayenz in queste due puntate traccia un sintetico profilo “agli estremi” di un musicista che è stato modello per molti pianisti delle generazioni successive.
Franco d’Andrea è nato nel 1941. Tra le tappe della sua lunga carriera – che è ancora oggi in continuo divenire – ricordiamo gli esordi con Nunzio Rotondo alla RAI, la collaborazione con Gato Barbieri, la fondazione prima del Modern Art Trio e poi di Perigeo, il gruppo più interessante del jazz-rock italiano.
Oggi lavora essenzialmente con un proprio quartetto e con la formazione Eleven.
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Ellingtonia, i solisti del Duca - Harry Carney, sax
È noto che l’orchestra di Duke Ellington, nella sua decennale esistenza, fu una vera e propria fucina di talenti che spesso si misero in evidenza come brillanti solisti. Maurizio Franco inizia questa settimana una serie di trasmissioni che mettono a fuoco alcune fra le personalità di strumentisti tra le più celebri venute alla ribalta alla corte del Duca.
Harry Carney fu vero e proprio alter ego di Ellington. Inizialmente al clarinetto e al sax alto, imbracciò a un certo punto il sax baritono di cui divenne presto uno dei più rilevanti specialisti. A Carney furono affidate alcune melodie immortali come quelle di Sophisticated lady e In a mellow tone, nonché una parte preminente del Terzo Concerto Sacro.
Da record la sua militanza nell’orchestra, più di quarant’anni dal 1927 in avanti. I due erano legati da profonda amicizia e condividevano gioie e dolori legati alle vicissitudini dell’impresa. Il suo ruolo – non secondario - di autista di Ellington è stato immortalato nel bel volume di Jeff Dyer Natura morta con custodia di sax: durante i lunghi spostamenti da una città all’altra Ellington aveva tempo di confidarsi con lui e pure di completare, comodamente seduto sul sedile posteriore, le nuove composizioni per la band. Da leggenda una dichiarazione di Carney alla morte del caporchestra: “Senza Duke non mi resta più nulla per cui vivere”. Quattro mesi dopo scomparve a sua volta.
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Ellingtonia: i solisti del Duca - Jimmy Blanton, contrabbasso
È noto che l’orchestra di Duke Ellington, nella sua decennale esistenza, fu una vera e propria fucina di talenti che spesso si misero in evidenza come brillanti solisti. Maurizio Franco prosegue nella sua indagine – che ha già considerato personalità come quelle di Johnny Hodges, Harry Carney, Cootie Williams e altre – con Jimmy Blanton.
Contrabbassista, entrato nell’orchestra di Ellington nel ’37 all’età di diciannove anni, Blanton contribuì nella sua fulminante e brevissima carriera (morì nel 1942 di polmonite) ad elevare il contrabbasso dal suo ruolo iniziale di mero accompagnamento a protagonista alla pari degli altri strumenti dell’orchestra jazz. Ebbe un’enorme influenza sullo sviluppo successivo del contrabbasso nel jazz.
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New York ’80: the Lounge Lizards
La storia dei Lounge Lizards - gruppo con base jazz, energia punk e stile del tutto indefinibile - si confonde con quella del suo fondatore, il musicista-pittore-attore-scrittore John Lurie, figura di spicco della cultura nuovayorkese dei primi anni ’80.
Il gruppo fu fondato nel 1979 e divenne – dopo l’omonimo esordio discografico, di grande successo – soprattutto una live-band. Del gruppo facevano parte, oltre a Lurie, il fratello Evan al piano e il rumorista della chitarra Airto Lindsay. La seconda fase del gruppo, di cui entrarono a far parte Marc Ribot alla chitarra e Roy Nathanson ai sax e come direttore musicale, ebbe inizio nel 1984 e portò alla pubblicazione di tre album in relativamente poco tempo. Ad inizio anni ‘90 Lurie diede vita ad una terza edizione della band (qui c’erano tra gli altri Steve Bernstein alla tromba o Dave Tronzo alla chitarra) che lavorerà a fasi alterne durante tutto il decennio e che pubblicherà comunque nel 1998 il disco Queens of all Ears, uno dei più belli in assoluto. Da lì in poi Lurie si interesserà principalmente alla pittura e l’avventura Longue Lizards, benché mai chiusa ufficialmente, è stata messa dal fondatore stesso in stato di profonda ibernazione.
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Soul Jazz! Quando il sacro incrocia il blues
L’affermazione del soul jazz verso la metà degli anni ’50 corre parallelamente alla nascita - nella comunità afroamericana - di un forte movimento di rivendicazione sociale legato alla presa di coscienza della propria condizione di segregazione. Il soul jazz fu parte della colonna sonora di quel periodo che, dopo una decina di anni di lotte, portò ad un graduale smantellamento di un sistema che aveva oppresso le popolazioni di colore, soprattutto negli stati del Sud, ben oltre il periodo della schiavitù.
Connesso alla ricerca da parte del popolo nero delle proprie radici, il soul jazz recuperava – con modi molto accentuati – da una parte lo spirito del gospel, la specifica musica sacra neroamericana, dall’altro quello della musica profana per definizione, cioè il blues. Come spesso accade la novità scontentò un po’ tutti: i puristi trovavano inopportuna l’intrusione di elementi religiosi nel jazz, i devoti non vedevano di buon occhio che si combinasse la loro musica con un’espressione sonora spesso scollacciata e scandalosa. Ma alla fine la nuova musica, che pure mescolava serio e faceto, si impose anche grazie alla spinta del nuovo stile che stava emergendo, il cosiddetto hard-bop.
Brano-manifesto del soul jazz fu The preacher (Il predicatore) scritto dal pianista Horace Silver per i Jazz Messengers di Art Blakey. Ne seguiranno altri che alludevano alla religiosità, come Sermonette di Cannonball Adderley, mentre un riferimento alla precaria quotidianità dei neroamericani è evidente in hit quali Work Song di Nat Adderley o l’immortale Moanin’ (richiamo ai lamenti per le dure condizioni di lavoro) di Bobby Timmons.
Passeranno in rassegna nella serie di Claudio Sessa altri esponenti del genere come Jimmy Smith - che contribuirà a lanciare nel jazz l’organo, strumento “sacro” per eccellenza - Lee Morgan, Hank Mobley, Grant Green e i grandi esponenti della corrente più leggera come Aretha Franklin, Ray Charles e Dinah Washington.
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B.B. King, la carriera
Nelle sue derive blues di Birdland ci occupiamo questa settimana di B.B.King, leggenda del genere, musicista che ne ha segnato le tappe evolutive che ne è considerato il massimo chitarrista vivente. Nato nel poverissimo stato del Mississippi nel 1925, un infanzia passata tra l’ascolto della radio e i campi di cotone, B.B. King si trasferì alla metà degli anni ’50 a Memphis dove iniziò una carriera di professionista che continua tutt’oggi. King ha contribuito in maniera decisiva al passaggio dal blues rurale a quello urbano, è stato tra i primattori del genere commerciale da esso derivato, il rhythm’n’blues, e la sua musica, nonché il suo specifico stile chitarristico, hanno avuto un’influenza considerevole nello sviluppo successivo del rock e del pop. Riccardo Bertoncelli ne ripercorre la straordinaria carriera, dal primo singolo – Three O’Clock Blues, diventato subito n.1 nelle classifiche R&B - ai più recenti successi.
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In bianco e nero: Benny Goodman
Benny Goodman, nato a Chicago e venuto alla ribalta negli anni ’20 sulla scena musicale della Windy City, è stato un musicista centrale del jazz classico, King of the swing certo - come lo definì il battersita Gene Krupa - ma non solo. La sua importanza va al di là della musica jazz e in certo qual modo lo possiamo forse considerare un precursore di altri generi e stili che si imporranno più tardi, nei ’50, dal rock’n’roll alla cosiddetta third stream, il tentativo di sintesi fra colto e popolare visto dalla prospettiva della musica afro-americana. Una tecnica infallibile al clarinetto – il suo stile era derivato dai grandi colleghi e suoi concittadini Barney Bigard, Johnny Dodds e Don Redman, la perfezione nell’esecuzione degli arrangiamenti della propria orchestra fondata nel 1932, l’attrazione per la contemporaneità musicale colta che gli fruttò alcune dediche di grandi compositori del ‘900: Stravinsky, Hindemith, Bartok, Copland. Accanto a ciò Benny Goodman maturò fra i primi l’idea di mescolare nella propria band musicisti bianchi e di colore (tra questi Ella Fitzgerald, Lionel Hampton e il chitarrista Charlie Christian); fu tra l’altro il primo jazzista ad esibirsi - nel 1938 - nel tempio nuovayorkese della musica classica, la Carnegie Hall; fece conoscere il jazz oltre la cortina di ferro (concerto a Mosca nel 1962). Alcuni dei più grandi successi dell’Era dello swing sono a lui dovuti: Airmail Special, Stompin’ at the Savoy, Let’s dance, Blue Moon, Ain’t misbehavin e molti altri.
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Curtis Counce contrabbassista e caporchestra
Curtis Counce (1926-1963) è stato un contrabbassista molto richiesto inizialmente come sessionman e fra i primi afro-americani ad essere coinvolto nella fertile scena jazz della West Coast durante gli anni '40.
Dapprima violinista e tubista, iniziò pure a studiare il contrabbasso. Si trasferì a metà anni '40 a Los Angeles, iniziando a collaborare con Johnny Otis e in seguito con Lester Young. Divenne famoso accanto a star quali Clifford Brown, Shelly Manne, Teddy Charles prima di fondare nel 1956 un suo proprio gruppo di successo, in particolare con il sassofonista Harold Land e il trombettista Jack Sheldon.
Morì prematuramente nel 1963 per un attacco cardiaco.
Marcello Lorrai ripercorre la sua carriera, terminata purtroppo negli anni di una prima maturità, sulla base delle belle registrazioni come leader e che sideman che ci ha lasciato.
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Tutto Coltrane
Claudio Sessa dedica questa corposa serie (10 puntate) di Birdland a John Coltrane. Si tratta ad oggi del maggior contributo organico della nostra trasmissione all'analisi dell'estetica e dello stile di un musicista che ha cambiato il corso della musica di matrice afro-americana, un percorso utile per cogliere le profonde trasformazioni che Coltrane ha contribuito a portare nel jazz, dai tardi anni Cinquanta alla morte nel 1967. Si inizierà con un panorama delle sue invenzioni sonore e stilistiche, si passerà attraverso le sue concezioni degli organici per poi concentrarsi, nelle ultime cinque trasmissioni, sulla sua idea di quartetto e, all'interno di questo, sulle personalità dei maggiori collaboratori: Elvin Jones, McCoy Tyner, Jimmy Garrison.
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Ellingtonia: i solisti del Duca - Lawrence Brown, trombone
È noto che l’orchestra di Duke Ellington, nella sua decennale esistenza, fu una vera e propria fucina di talenti che spesso si misero in evidenza come brillanti solisti. Maurizio Franco inizia da questa settimana una serie di trasmissioni che metteranno a fuoco alcune fra le personalità di solista tra le più famose venute alla ribalta alla corte del Duca.
La serie di Birdland che Maurizio Franco ci sta presentando si arricchisce questa settimana con i ritratti di due altri ellingtoniani di razza. Lawrence Brown, trombonista, specialista delle ballad e grande melodista, fu con il Duca dai primi anni ’30 fino al 1951, poi ancora per tutti gli anni ’60. Barney Bigard è invece stato “il” clarinettista di Ellington, dal 1927 fino al 1942, e uno dei principali specialisti dello strumento nell’era dello swing.
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George Shearing
Franco Fayenz tributa un doveroso omaggio al pianista e bandleader George Shearing (1919-2011), figura di rilievo del jazz del dopoguerra, scomparso a metà febbraio di quest’anno. Di nazionalità inglese, cieco dalla nascita, Shearing realizzò le sue prime registrazioni alla BBC nel 1937. Nel 1947, dopo essere diventato molto popolare in patria, decise di emigrare negli Stati Uniti. Qui iniziò una seconda brillante carriera, anche grazie ad uno stile del tutto personale dopo si ritrovavano elementi di swing, del be-bop e di musica contemporanea. Collaborò tra gli altri con Nat King Cole, con Peggy Lee e Buddy de Franco e diede vita ad un suo quintetto stabile che guidò per decenni.
Come compositore ha scritto molte pagine entrate nel grande repertorio del jazz, prima fra tutte la famosa Lullaby of Birdland, dedicata sia a Charlie Parker che al famoso club di jazz (da cui deriva anche il nome della nostra trasmissione). Il brano fu poi inciso da stelle del jazz quali Ella Fitzgerald, Mel Tormé, Sarah Vaughan e molti altri.
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Stéphane Grappelli
Violinista, compositore e caporchestra, Stéphane Grappelli ha contribuito in maniera essenziale all’affermazione del violino nel jazz. Membro dell’ Hot Club de France, diede vita assieme a Django Reinhardt al noto Quintette de l’Hot Club de France, gruppo leggendario e di grande importanza per lo sviluppo del jazz in Europa.
Franco Frayenz gli dedica due puntate di Birdland quale compendio al breve ciclo di questa settimana in ricordo del pianista George Shearing, con il quale collaborò strettamente sia in patria che in Inghilterra prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.
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Per i 70 anni dell'eclettico Chick Corea
Armando Anthony Corea, in arte Chick, è nato il 12 giugno del 1941: compie quindi in questi giorni i 70 anni. Per l’occasione Maurizio Franco gli dedica una serie di sette puntate di Birdland, ripercorrendone l’intensa carriera che lo ha visto debuttare nei primi anni ’60 con Stan Getz, Herbie Mann e Mongo Santamaria.
Trio classico, piano solo, jazz combos dalle combinazioni strumentali le più diverse, free form, gruppi elettrici: Chick Corea ha affrontato - a partire dai suoi primi dischi come leader e dalla successiva militanza chez Miles Davis – le più diverse esperienze musicali con il minimo comun denominatore di una straordinaria padronanza tecnica e stilistica del suo strumento, il pianoforte.
Assieme a Jarrett, Corea è uno dei continuatori più significativi di quella linea aperta dal caposcuola del piano jazz moderno, il grande Bill Evans. Ma, a differenza di Jarrett, Corea si è sempre mostrato più onnivoro e meno legato a schemi e forme limitanti, innervando la sua musica di elementi i più eterogenei.
Tones for Joan’s Bones e Now he sings, now he sobs sono i suoi due splendidi biglietti da visita discografici come leader pubblicati tra il ’66 e il ’68; In a silent way e Bitches Brew due dischi epocali di Davis al quale egli diede – al piano elettrico Fender Rhodes – un contributo significativo; Return to Forever è una pietra miliare della fusion, dove al jazz e al rock si abbina anche la musica brasiliana; il gruppo Circle - con Braxton, Holland e Altschul - è una vera e propria all-stars del periodo post-free; i due volumi delle Piano Improvisations sono vere gemme a metà strada tra jazz e musica contemporanea; Trio Music è lo sviluppo portato alle estreme conseguenze del classico piano trio, con due giganti quali Miroslav Vitous e Roy Haynes come interlocutori di prim’ordine.
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Zoot Sims, sassofonista
Californiano di nascita, Zoot Sims è un musicista oggi sottovalutato. È stato uno dei massimi tenorsassofonisti bianchi del jazz moderno ma pochi, a più di venticinque anni dalla scomparsa, lo ricordano.
Nato nel 1925 a Inglewood, Sims fu influenzato stilisticamente da Lester Young. Il debutto risale ai primi anni '40, collaborò con Benny Goodman, Sidney Catlett, Stan Kenton e fu uno dei Four brothers dell'orchestra di Woody Herman agli albori del jazz della West Coast.
Sims è entrato nella storia del jazz moderno per l'eccellente quintetto che diresse, assieme al collega Al Cohn, negli anni '50 e '60, infondendovi calore e passione. Conclusa la parentesi con Herman, Zoot (un soprannome legato a un bizzarro abbigliamento in voga negli anni Trenta) lavorò molto come freelance, soprattutto con Goodman, Kenton e Mulligan. Ed è proprio negli anni del suo ingaggio con quest'ultimo che incise alcuni dischi in proprio.
Le cinque stelle le ottenne «Zoot», dell'ottobre 1956, mentre «Plays Alto, Tenor And Baritone», registrato il mese dopo e incluso come bonus, ne ebbe «solo» quattro e vedeva Sims suonare (anche contemporaneamente grazie a sovraincisioni) i tre strumenti.
«L'album è qualcosa di pienamente spontaneo», scrisse Hentoff per «Zoot», «e in quanto tale merita la massima valutazione come uno dei più alti esempi di hot jazz improvisation presenti nei dischi recenti. Zoot è uno dei rari jazzisti che possono fare di un Lp con un solo sax un'esperienza di costante appagamento». Il sassofonista non si considerava un virtuoso o un innovatore, ma è stato un artista inventivo ed emozionante che influenzò molti, anche al di là del suo strumento. Basterebbe ricordare le parole di Anita O'Day: «Volevo cantare come Zoot Sims e vivere lo stile di vita dei musicisti. Zoot era un'ispirazione». Il 1956 fu per lui un anno felice come testimoniano altri album di questa collana: «Tonite's Music Today» e «Whooeeee», incisi in quintetto con il trombonista Bob Brookmeyer.
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Serge Chaloff, sassofonista
Serge Chaloff, nato nel 1923 e scomparso a soli 34 anni nel 1957, è stato uno dei grandi sassofonisti baritono del jazz moderno, fra i più innovativi e personali nel suono, nel fraseggio, nell’inventiva melodica. Una salute cagionevole e la dedizione alle droghe lo portarono ad una morte prematura quand’era ancora nel pieno dell’attività. Figlio di una famiglia di ebrei russi emigrati negli Stati Uniti, Chaloff fu tra il primi sassofonisti baritono a cimentarsi con il nuovo linguaggio del be-bop, fu uno dei Four brothers nel Second Herd di Woody Herman, lavorò con Basie e si impose con i propri gruppi fino alla scomparsa dovuta ad una lenta paralisi progressiva. A questo grande “dimenticato” del jazz moderno Birdland cerca di rendere giustizia con una serie approfondita di trasmissioni.
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Flavio Ambrosetti, pioniere del bop in Europa
Maurizio Franco ripercorre in queste tre puntate di Birdland la storia e la carriera di Flavio Ambrosetti, padre del noto trombettista e flicornista Franco e fra i più importanti pionieri del bebop e del jazz moderno in Europa.
Nato nel 1919 Flavio Ambrosetti è fin da giovane un grande appassionato di musica e di jazz in particolare. Suona il pianoforte, poi passerà al sax tenore fino ad imbracciare il contralto dopo aver ascoltato a Parigi Charlie Parker.
Flavio Ambrosetti ha avuto un’importanza decisiva sia sulla scena jazzistica italiana che su quella svizzera. Oscar Valdambrini, Franco Cerri, Gianni Basso sono tra le personalità che con lui hanno contribuito allo sviluppo del moderno linguaggio jazzistico in Italia; a partire dalla metà degli anni ’50 insieme ai batteristi Pierre Favre e Daniel Humair, al trombettista Raymond Court, al bassista Erik Peter e soprattutto al pianista e compositore George Gruntz ha dato un impulso decisivo al jazz del nostro paese. Proprio con Gruntz , suo pianista per lunghissimo tempo, darà vita a Lugano, nei primi anni ’70, a The Band, l’orchestra jazz che diventerà poi l’acclamata Concert Jazz Band del pianista e arrangiatore basilese.
A livello internazionale Flavio Ambrosetti ha suonato con alcuni fra i maggiori esponenti del jazz moderno europeo e americano, fra questi Toots Thielemans, Barney Wilen, Kenny Clarke, Henri Texier, Gato Barbieri, Lars Gullin, Eje Thelin, Slide Hampton e molti altri.
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Il sassofono jazz contemporaneo
Se Charles Lloyd, Dave Liebman, Steve Grossman, Mike Brecker e pochi altri hanno marcato - ognuno con le sue peculiarità - il periodo post Coltrane del sassofono jazz moderno, la generazione successiva ha dovuto affrontare lo scoglio di un linguaggio sullo strumento che pareva giunto al capolinea. Eppure alcuni dei sassofonisti oggi sulla quarantina – Franco Fayenz ne ha scelti cinque - hanno dato un nuovo impulso allo strumento profilandosi come tra i più interessanti specialisti contemporanei.
Joshua Redman (figlio di cotanto padre, Dewey Redman, che ricordiamo con Ornette Coleman e Jarrett), Chris Potter (collaboratore di Dave Holland e leader del proprio gruppo Underground) e Ravi Coltrane (pure figlio di cotanto padre!) si sono concentrati sul tenore e sul soprano;
James Carter, notato agli esordi di fine anni ’80 accanto a Lester Bowie, è un fenomeno che i sassofoni li suona tutti indistintamente; Rudresh Mahanthappa, statunitense di origine indiana, è l’ultimo ad essere venuto alla ribalta condensando la sua ricerca espressiva sul sax alto.
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Gerry Mulligan
Sassofonista baritono, compositore e direttore d'orchestra jazz, Gerry Mulligan (New York 1927-1996) è stato uno dei grandi protagonisti del jazz moderno.
Esordisce nel 1948 partecipando ad alcune celebri registrazioni del gruppo di Milas Davis. La grande notorietà arriva nel 1952, quando dà vita a San Francisco - con Chet Baker, Bob Whitlock al basso e Chico Hamilton alla batteria (la ritmica sarà però poi spesso variabile) - ad un quartetto che agisce nell'ambito del cool jazz, distinguendosi però per la moltiplicazione degli effetti strumentali ed un uso assai più frequente del contrappunto. Senza la presenza del pianoforte, strumento generalmente considerato indispensabile, l'intelaiatura della musica di Mulligan rimane più leggera, permettendo ai due fiati di sviluppare improvvisazioni melodiche e lineari e di elaborare un efficace dialogo contrappuntistico su uno sfondo uniforme creato dal contrabbasso e dalla batteria.
Dopo quest’esperienza, che resterà nella storia per le sue peculiarità di innovazione del linguaggio jazzistico, Mulligan dirigerà numerose altre formazioni, spesso applaudite anche in Europa, e pure una big band, confermandosi come uno dei maggiori specialisti del suo strumento. Si unirà alla fine degli anni ’60 al pianista Dave Brubeck e si esibirà poi stabilmente con la sua Concert Jazz Band.
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Storia e arte di Yusef Lateef
Ho trovato nessuna nota in Birdland, o in rsi2.
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Duke Ellington incontra Ella Fitzgerald
la puntata è stata trasmessa il 2 settembre, ma essendo una replica non sono riuscito (nemmeno questa volta) a trovare alcuna nota in rsi ....
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Rashaan Roland Kirk
anche questa volta senza nota
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Terje Rypdal
Il chitarrista, compositore e bandleader norvegese Terje Rypdal è uno, assieme a Jan Garbarek, Arild Andersen e Jon Christensen (con i quali ha condiviso fra fine anni ’60 ed inizio ’70 l’inizio di una brillante) uno dei big four del moderno jazz scandinavo. Le sue radici musicali affondano piuttosto nel rock, grande ammiratore di Hendrix e di gruppi faro degli anni ’60. Fece parte di numerose band norvegesi molto acclamate come i Vanguards o i Dream. Le collaborazioni con Garbarek e anche con un vate del jazz moderno come George Russell (fu membro sia del suo sestetto e che della sua orchestra) gli aprirono altre strade. Dagli anni ’70, legato all’etichetta discografica ECM, la sua vicenda musicale ebbe una svolta decisa e il suo stile di chitarra, a volte lirico a volte “rumorista”, si definì con maggior precisione. Ai progetti prettamente jazz, rock e di musica improvvisata, Rypdal ha da tempo accostato – come compositore - quelli con orchestre sinfoniche. Riccardo Bertoncelli ripercorre la carriera di un musicista fondamentale della scena europea contemporanea.
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Breve storia della sezione ritmica
L’idea di ritmo è un attributo tra i più logici e apparentemente scontati quando si parla del jazz e della sua storia. Ma questa peculiarità è stata trattata e si sviluppata nelle maniere più diverse, parallelamente all’evoluzione dei generi e degli stili della musica di matrice afro-americana.
Il ritmo in un brano di jazz è fondamentalmente affidato alla cosiddetta sezione ritmica, un gruppo di strumenti di cui fanno parte abitualmente la batteria, il contrabbasso e il pianoforte (o la chitarra), a cui possono aggiungersi a secondo dei casi altre percussioni. Tale insieme di strumenti ha avuto ed ha diverse caratteristiche che rendono la sezione ritmica essenziale nello sviluppo del linguaggio jazzistico: interazione e al tempo coesione tra i suoi elementi, creatività dei singoli, sostegno al resto dell’orchestra e ai solisti. Fine ultimo del lavoro di questo speciale gruppo di musicisti è quello di garantire varietà e fantasia nell’esecuzione del brano musicale.
Claudio Sessa propone la sua specifica lettura dell’evoluzione del concetto di sezione ritmica nel jazz partendo da Jelly Roll Morton e Louis Armstrong, passando per Count Basie e Duke Ellington per arrivare alla rivoluzione del bop con Charlie Parker e Dizzy Gillespie. Verranno inoltre messe in risalto alcune delle sezioni ritmiche storiche formatesi a partire dagli anni ’50, ad esempio quella con Oscar Peterson, Herb Ellis e Ray Brown, più in là quelle che sostennero le varie evoluzioni di Miles Davis (Red Garland, Joe Chambers e Philly Joe Jones, poi Hancock-Carter-Williams) per giungere alla modernità del nucleo ritmico dei Weather Report, con Zawinul, Pastorius ed Erskine.
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Chiose su Dollar Brand
Franco Fayenz si china in questo ciclo di Birdland sugli inizi di carriera di uno dei grandi musicisti della diaspora sudafricana, il pianista Abdullah Ibrahim. Noto fino a metà anni ’70 con il nome di Dollar Brand, si convertì poi all’islamismo assumendo il nome che porta ancor oggi. Nato a Città del Capo nel 1934, Dollar Brand inizò a suonare il piano giovanissimo e si dedicò alla carriera professionale già dal 1949, a soltanto 15 anni. Nella sua musica si riflettono le influenze della tradizione sudafricana, della musica religiosa della chiesa metodista afro-americana, della musica di varietà e del jazz così come li ascoltava grazie ai dischi che arrivavano dall’America al porto di Capetown. Il suo pianismo, inizialmente debitore dell’influenza di Ellington e Thelonious Monk, si è poi profilato come uno dei più originali del jazz moderno. Si trasferì in Europa nel 1962 e dell’anno successivo è la sua prima registrazione come leader, realizzata grazia all’interessamento nientemeno che di Duke Ellintgon. Zurigo, febbraio 1963: al club Africana Dollar Brand si esibisce con il suo trio ma in città – a teatro – c’è pure in programma l’orchestra del Duca. La curiosità spinge Ellington ad andare ad ascoltare questo pianista di cui si dicono meraviglie, si convince subito della bontà del ragazzo e la cosa è fatta: nel 1964 esce per Reprise Duke Ellington presents the Dollar Brand Trio. Franco Frayenz propone in questo suo trittico ascolti da questo leggendario LP ed altri tratti da Anathomy of a South African Village (1965), da African Piano (solo, ECM – 1969) e dal raro Hamba Khale!, duetto con Gato Barbieri inciso a Milano nel 1968.
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Don Byas, sassofonista
Don Byas è stato un influente sassofonista statunitense che a un certo punto della carriera decise di trasferirsi definitivamente in Europa. Nato nel 1912 in una famiglia di musicisti, studiò vari strumenti concentrandosi poi dapprima sul sassofono contralto e successivamente sul tenore. Lavorò in gioventù con Bennie Moten, soggiornò a metà degli anni ’30 in California – dove collaborò con Lionel Hampton, Buck Clayton e Bert Johnson – e dal 1937 si stabilì a New York. Di questo periodo sono le prime registrazioni significative con Don Redman e Andy Kirk e la collaborazione con Count Basie, nell’orchestra del quale sostituì Lester Young. Ma New York soprattutto vide la sua frequentazione della famosa Minton’s Playhouse e di altri club – culle del be bop – dove affiancò i vari Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Max Roach, Charlie Christian. Dal 1946 – dopo una tournée europea con Don Redman - divenne un “americano a Parigi” e ben presto fu una figura di riferimento sulla scena musicale della capitale francese, dove il jazz faceva da colonna sonora in piena epoca esistenzialista. Accanto alle collaborazioni con numerosi musicisti francesi ed europei, continuò a suonare con gli americani in tournée nel Vecchio Continente. Scomparve ad Amsterdam, dove abitò dall’inizio degli anni ‘60, nel 1972. A questo stilista del sassofono, la cui classicità fu molto influente sui boppers, Maurizio Franco dedica due puntate di Birdland.
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Harry Sweets Edison, una tromba tutta classica
Nato nel 1915 e scomparso ancora in piena attività nel 1999, il suono caldo e classico della tromba di Harry “Sweets” Edison ha accompagnato in pratica tutte le principali tappe della storia del jazz. In queste due puntate di Birdland si parlerà della sua lunga e centrale partnership con Count Basie ma si ricorderanno i sodalizi con Eddie “Lockjaw” Davis e ben Webster e alcune delle sue collaborazioni di prestigio con, tra gli, altri Ben Webster, Billie Holiday, Johnny Hodges, Duke Ellington.
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E.S.P. : Miles Davis e il secondo quintetto (1964-1968)
Birdland si concentra per due settimane sulla figura di Miles Davis (1926-1991) a vent’anni dalla scomparsa. Al grande trombettista, compositore, bandleader, scopritore di talenti – figura decisiva del jazz moderno – Claudio Sessa dedica dapprima una serie di trasmissioni dedicate al suo quintetto della seconda metà degli ani ’60, nel quale militarono Herbie Hancock (piano), Wayne Shorter (sax tenore e soprano), Ron Carter (contrabbasso) e Tony Williams (batteria). Questa formazione, nel pieno periodo della new thing e del free jazz, indicò una via alternativa all’evoluzione del jazz moderno dove materiali tradizionali (come gli standards), modalità, libera improvvisazione, interplay, esplorazioni free-form si combinavano in una nuova magica dimensione. Dopo una prima versione già nel 1963 con George Coleman al sax e Victor Feldman al piano, il gruppo definitivo si consolida nel 1964 con l’arrivo di Shorter. L’album di studio E.S.P. (Extra Sensorial Perceptions, titolo evocativo del tipo di lavoro che Davis sviluppava con i suoi musicisti) e il successivo Live at Plugged Nickel sono i primi documenti sonori di un gruppo che resterà insieme fino al 1968 dando alle stampe altri capolavori come Nefertiti o Sorcerer. L’estetica di quello che viene anche definito il secondo quintetto di Miles Davis fece da preludio alla successiva tappa della carriera del trombettista, quella dell’avvicinamento a ritmiche, sonorità e strumentazione tipiche del rock, che già si intuisce negli ultimi dischi del gruppo, Filles du Kilimandjaro e Miles in the sky
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1981-1991 L’ultimo Miles Davis
Dura esattamente un decennio l’ultima fase artistica di Miles Davis, uno dei musicisti-faro del jazz moderno che ricordiamo in queste settimane a vent’anni dalla morte. Tra l’uscita di The man with the Horn nel 1981 - che interrompe il silenzio totale del musicista nella seconda metà degli anni ’70 - e la scomparsa, Davis continua nella sua esplorazione e nella sua ricerca, nel suo tentativo di spingere ancora più in là i limiti della propria musica, riprendendo il discorso interrotto a metà del decennio precedente e spingendolo alle estreme conseguenze. Elettrificazione della band, presenza costante della chitarra (a volte anche due) e delle più moderne tastiere, ritmiche che fanno l’occhiolino al al rock, ma anche al funk e al pop, estrema rarefazione dei temi che danno lo spunto all’improvvisazione. Brani entrati nell’immaginario di un vasto pubblico come Jean Pierre, Tutu, il post- blues elettronico Star People o la ripresa di Time after Time della cantante pop Cindy Lauper, sono emblematici in tal senso. Riccardo Bertoncelli ripercorre in questa serie di Birdland un decennio che si chiuderà con la morte nel settembre del 1991 del grande trombettista, a poche settimane di distanza dal suo ultimo concerto tenutosi al Festival jazz di Montreux.
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L'arte di Artie Shaw
Un perfezionista, un uomo dal carattere difficile, sposato ben otto volte (tra le altre con Ava Gardner e con la figlia, Betty, del compositore Jerome Kern), Artie Shaw fu un uomo dai tanti interessi e dalle tante contraddizioni. Musicista a 360 gradi, fu anche esperto di finanza, tiratore scelto, appassionato di pesca subacquea, genio in matematica. Nel 1954, ricco e famoso ma colto da un forte senso di frustrazione come musicista, decise di smettere di suonare il clarinetto e poco dopo sciolse l’orchestra. Disse - in una intervista quand’era ormai anziano – che “probabilmente potei fare quello che volli in musica perché mi chiamavo Artie Shaw, ma in fondo quello che tutti volevano era che suonassi Beguine to Beguine (suo brano di maggior successo di sempre, 1938). Nel mondo in cui viviamo non c’è spazio per la perfezione cui miro, solo musicisti come Irving Berlin che non si sono mai discostati dal loro stile di successo, possono sopravvivere. Io non ne sono capace”. Compositore, clarinettista e poi bandleader di successo, Shaw (nato a New York nel 1910 come Arthur Arshawsky) contese per lungo tempo a Benny Goodman l’appellativo di re dello swing. Al di là del decisivo contributo che - insieme a Glenn Miller, Tommy Dorsey e lo stesso Goodman - diede allo sviluppo e alla popolarità del genere, Artie Shaw fu un musicista che non si accontentò mai del successo raggiunto, cercando di sperimentare sempre nuove vie musicali. Si accostò al bebop e alla musica afro-cubana, formò piccoli ensemble con strumentazioni inusuali, utilizzò gli strumenti ad arco e fu precursore nei primi anni ‘50 della cosiddetta third stream, il tentativo di fondere il linguaggio jazzistico agli stilemi della musica colta. Solo nel 1981 si convinse a rifondare la band, uscendo dal lungo silenzio che si era lui stesso imposto. Nel 2004, poco prima della morte, gli fu assegnato un Grammy alla carriera. La sua straordinaria orchestra fu una fucina di talenti nella quale passarono, tra i tanti, Billie Holyday (prima cantante di colore in una formazione “bianca”) Mel Tormé, Barney Kessel, Ruddy Rich, Ray Conniff.
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Made in CH: George Gruntz
In occasione del concerto della George Gruntz Concert Jazz Band al Palacongressi di Lugano il prossimo sabato 29 ottobre nell’ambito del Thank you Switzerland Tour – celebrazione del quarantesimo anniversario dell’orchestra, fondata proprio a Lugano da Gruntz insieme a Flavio Ambrosetti e Daniel Humair nel 1971 – Birdland dedica un ciclo al pianista, arrangiatore, compositore e caporchestra basilese, uno dei pionieri del jazz moderno in Svizzera e, più in generale, in Europa.
Nato nel 1932 (compirà quindi il prossimo giugno gli 80 anni), George Gruntz ha studiato dapprima nella sua città natale e poi a Zurigo dove, a metà degli anni Cinquanta, ha raccolto i primi significativi riconoscimenti come pianista e arrangiatore. Nel 1958 ha debuttato al Festival di Newport a fianco di Louis Armstrong, mettendosi nel contempo in evidenza come raffinato compositore accanto a Rolf Liebermann, Earl Brown e Hans Werner Henze, nonché con jazzisti innovatori del calibro di Roland Kirk e Don Cherry.
A partire da quell’epoca è stato pure – e per lunghissimi anni – il pianista fisso del gruppo di Flavio Ambrosetti, dove militavano giovani emergenti del jazz rossocrociato quali Pierre Favre (poi Daniel Humair), Raymond Court, Erik Peter e ospiti internazionali del calibro di Barney Wilen, Lars Gullin, Gato Barbieri e molti altri.
Negli anni ’60 è stato membro di uno dei gruppi-faro del jazz del Vecchio Continente, l’European Jazz Machine costituita dal noto sassofonista americano Phil Woods. Del 1971 – come si diceva sopra – è la fondazione di The Band – poi diventata la Concert Jazz Band - con la quale Gruntz, grazie alle sue composizioni e ai suoi arrangiamenti, si è affermato definitivamente nel panorama internazionale. Anche dopo la nascita della sua orchestra ha comunque continuato a interessarsi ai progetti i più diversi come il “Piano Conclave” assieme a colleghi del calibro di Martial Solal e Joachim Kuhn o come il “JazzFest Berlin” di cui ha curato la direzione artistica dal 1972 al 1994. Il suo grande amore è comunque sempre restato la scrittura per big band, con un gusto per una musica rigorosissima e al tempo stesso pazzamente libertaria che ha convinto una lunga schiera di musicisti di primissimo piano ad aderire al suo progetto.
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Fletcher Henderson
La figura di Fletcher Henderson è centrale nel passaggio dal jazz arcaico al jazz classico, fino all’avvento dello swing. Originario di Cuthbert, Georgia, dove nacque nel 1898, Henderson è ricordato come uno dei più influenti bandleader tra gli anni’20 e ’30, direttore di un’orchestra – fondata nel 1922 - che gettò le basi per lo sviluppo di una musica più elaborata e che sfornò una moltitudine di talenti, primo fra tutti Louis Armstrong assunto nel 1924. Altre figure di primo piano che suonarono nella sua orchestra furono, per non citarne che alcuni, i trombettisti come Red Allen o Roy Eldridge, un arrangiatore del talento di Don Redman o sassofonisti quali Coleman Hawkins e Benny Carter, insomma una vera fucina di musicisti che faranno la storia del jazz negli anni a venire. Franco Fayenz in questa serie di Birdland ci ripropone le registrazioni di Fletcher Henderson dagli esordi a fine anni ’30 (l’orchestra si sciolse ufficialmente nel 1939), raccolte per la prima volta in un leggendario set di 4 LP nel 1961 a cura di Columbia, sotto enigmatico titolo Fletcher Henderson, a study in frustration.
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Erskine Hawkins e orchestra
Ancora a proposito di swing era, Franco Fayenz si china in queste due puntate di Birdland sulla figura di Erskine Hawkins, trombettista e band leader che fu autore ed interprete di uno dei massimi successi dell’epoca. Il brano Tuxedo Junction - che divenne poi cavallo di battaglia di Glenne Miller e, in tempi più recenti, la sigla musicale dei Manhattan Transfer – è infatti dovuto alla penna di questo musicista oggi dimenticato, nato in Alabama nel 1914 e scomparso a metà degli anni ’90. La sua orchestra, fondata a New York sulla base di una college band dell’Alabama di cui era già il direttore, fu attiva ininterrottamente dal 1934 al 1953.
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Red Callender, contrabbassista e tubista
Ogni tanto Birdland si china sulle figure a torto definite minori della storia del jazz.
Quella di Red Callender è una di queste. Nato in Virginia nel 1916, all’anagrafe George Sylverster ma poi conosciuto come Red - per la sua capigliatura rossastra – morì nel 1992 ancora in piena attività.
Callender ha all’attivo una carriera lunghissima che l’ha visto protagonista “trasversale” delle vicende del jazz classico e moderno. Infinite furono le sue collaborazioni con i più diversi leader e di grande interesse le sue avventure come capogruppo. Rinomato musicista di studio - il primo di colore ad essere ingaggiato regolarmente negli studi commerciali – debuttò negli anni ’30 registrando con Louis Armstrong, poi con Lester Young, Nat King Cole, Errol Garner, Charlie Parker, negli anni ’50 con Art Tatum e Dexter Gordon. Lo ritroveremo più tardi accanto ad avanguardisti come Charles Mingus o James Newton.
Nell’ambito della musica leggera collaborò con Bing Crosby, Johnny Otis, Ray Charles e nel 1959 scrisse l’hit Primrose Lane, brano che scalò le classifiche rhythm & blues di quell’annata.
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Miles Davis & vari “Birth of the cool”
Nell’ambito delle trasmissioni che Birdland dedica in questo periodo a Miles Davis a vent’anni dalla scomparsa Claudio Sessa si china su Birth of the Cool, opera fondamentale del jazz moderno registrata a cavallo tra il gennaio del 1949 e il marzo del 1950, dapprima pubblicata su dischi singoli e solo nel 1957 edita su LP. Accreditato ufficialmente a Miles Davis il lavoro è in realtà opera collettiva dove un’importante ruolo ebbero, oltre a Miles Davis e ai tanti esecutori coinvolti, soprattutto gli arrangiatori Gil Evans, Gerry Mulligan e John Lewis. Tra i primi espliciti tentativi di trovare un’alternativa all’energetica e vitalistica estetica del be-bop, Birth of the cool sin dal titolo un manifesto per un jazz più rilassato e tranquillo, un jazz dalle mezze tinte che si distanziasse appunto dalla musica spesso urlata e sin troppo spettacolare dai be-boppers. Alle tre sessions di registrazione, da cui risultarono le 12 tracce dell’Lp originale, parteciparono oltre ai musicisti già citati anche Lee Konitz al sax alto, J.J. Johnson e Kai Winding al trombone, Gunther Schuller al corno francese, Al Haig al pianoforte e molti altri.
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Woody Shaw, trombettista
Woody Shaw è stato uno dei grandi specialisti dello strumento emersi negli anni '60, in piena epoca hard-bop. Venne alla ribalta dapprima con Eric Dolphy poi soprattutto nel gruppo di uno dei padri del genere, il pianista Horace Silver. Una carriera interrotta presto la sua, quand'era ancora in piena attività e quando le sue potenzialità, messe in risalto da modernisti come Chick Corea, Andrew Hill, Jackie McLean, Joe Henderson e molti altri - con i quali collaborò, erano ancora in divenire. Woody Shaw era nato nel 1944, originario della Carolina del Nord e morì nel 1989 a soli 45 anni.
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Kenny Burrell, chitarrista
Kenny Burrell, originario di Detroit (1931), è uno dei chitarristi più rilevanti emersi negli anni ’50. Suona all’inizio soprattutto lo strumento acustico, ma poi diventerà uno dei maggiori stilisti della chitarra elettrica, a suo agio con i serrati ricami del be-bop, con le atmosfere più intime del cool e quelle colorate di blues. Dizzy Gillespie, Oscar Peterson (sostituisce per un periodo Herb Ellis nel celebre trio del pianista) e Jimmy Smith sono i primi grandi nomi del jazz con cui collabora. La sua fama cresce verso la fine del decennio sarà chiamato al fianco di Coltrane, Sonny Rollins, Stan Getz e altre stelle del firmamento jazz. Maurizio Franco ci propone in due puntate di Birdland una sintesi della sua brillante carriera che prosegue ancor oggi.
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Donald Byrd, trombettista
Conterraneo e quasi coetaneo di Kenny Burrell (di cui ci siamo occupati nelle due precedenti puntate di Birdland), Donald Byrd – nato a Detroit nel 1932 come Donaldson Toussaint L'Ouverture Byrd II – ebbe l’arduo compito ad inizio carriera di sostituire nel gruppo di Max Roach quel fenomeno della tromba che fu Clifford Brown, da poco tragicamente scomparso. Era il 1956: Byrd aveva già suonato con Jackie McLean e George Wallington, aveva pure avuto la possibilità l’anno precedente di mettersi in mostra in quella quotata fucina di giovani talenti che erano i Jazz Messengers di Art Blakey. Dal 1957 il nome di Donald Byrd come trombettista tra i più interessanti della nuova generazione è sulla bocca di tutti. Si assocerà per un periodo a Coltrane, registrerà con Sonny Rollins, Horace Silver, Red Garland e molti altri, fonderà un quintetto co-diretto con il sassofonista baritono Pepper Adams. La sua bravura ed una notorietà ormai consolidata gli apriranno le porte per numerose apparizioni nei più prestigiosi festival europei. Accanto all’attività di performer ed interprete, grazie alla quale si è ritagliato un posto preminente tra gli stilisti della tromba del periodo hard-bop, Donald Byrd ha pure sviluppato un’importante carriera didattica. Ad inizio anni ’60 si dedicò infatti agli studi accademici: teoria e storia della musica, composizione e armonia (tra l’altro con Nadia Boulanger a Parigi). Nel 1966 consegue il dottorato e negli anni successivi si impone come uno dei maggiori specialisti statunitensi di cultura musicale afro-americana. Ha insegnato alla Howard University di Washington, all’Univeristà del Nord Carolina e ha diretto il dipartimento di jazz e musica afro-americana del prestigioso Oberlin Conservatory in Ohio, la più vecchia istituzione del genere negli Stati Uniti.
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Il mondo percussivo di Warren Smith
Pochi musicisti del mondo del jazz possono vantare l’infinta e variegata sequela di collaborazioni -sia discografiche che concertistiche - come quella di Warren Smith. Nativo di Chicago (1934), Smith ha lavorato negli anni ‘60 con Nat King Cole, Aretha Franklin, Nina Simone; contemporaneamente lo troviamo in ensemble d’avanguardia come il Composer’s Workshop Ensemble e il Collective Black Artists; sarà poco dopo a fianco di Gil Evans e Sam Rivers ma anche nell’orchestra di Count Basie. E poi ancora con George Russell e Anthony Braxton, nonché direttore musicale del gruppo di percussioni M-Boom di Max Roach. La sua esperienza sarà pure preziosa negli show di Broadway, in trasmissioni di Radio e TV, a teatro. Insomma un musicista che, con il suo gusto di colorista della percussione, ha segnato la musica americana sin dagli anni ’60. Marcello Lorrai ne traccia un profilo dettagliato in queste cinque puntate di Birdland.
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Lampi di jazz-rock europeo
Fenomeno all’inizio prettamente statunitense, il jazz-rock e la fusion non impiegarono molto a sbarcare pure in Europa. Fra i musicisti del Vecchio Continente che per primi si misero in evidenza in quest’avventura ci sono il chitarrista John McLaughlin e i Nucleus del trombettista Ian Carr.
Ma altri solisti e altre band seguirono i pionieri europei del jazz-rock e Riccardo Bertoncelli ce ne ricorda alcuni in queste puntate di Birdland: il violinista francese Jean-Luc Ponty, i due chitarristi - uno belga , l’altro tedesco - Philip Catherine e Volker Kriegel, il gruppo svizzero degli OM o ancora i Passport del sassofonista Klaus Doldinger o le sperimentazioni fusion di Charlie Mariano, americano trapiantato in Europa.
01 Jean Luc Ponty 28-11-2011
02 Philip Catherine & OM 29-11-2011
03 Klaus Doldinger & Passport 30-11-2011
04 Volker Kriegel & United Jazzrock Ensemble 01-12-2011
05 Charlie Mariano 01-12-2011
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Per i 50 anni di Impulse!
La Impulse! (con punto esclamativo!) è stata un’etichetta discografica tra le più in vista del jazz moderno a partire dagli anni ’60. Fu ideata quale sottoetichetta della major ABC dal produttore Creed Taylor, colui che era riuscito a metter sotto contratto Ray Charles dopo i primi successi con Atlantic.
E fu proprio Ray Charles a sancire con l’album Genius + Soul = Jazz il clamoroso debutto col botto dell’etichetta. Ma i progetti erano altri e vennero sviluppati principalmente dal successore di Taylor, il giovane Bob Thiele. Con quest’ultimo la Impulse! assunse con più decisione il carattere di etichetta centrale delle nuove tendenze del jazz - la new thing e il free jazz – che aveva espresso in nuce con alcune delle sue prime produzioni, quelle di Gil Evans e Oliver Nelson. Ma il nome che diede l’impulso definitivo alla label fu quello di John Coltrane, messo sotto contratto (cosa rara all’epoca) nel 1961. Dal debutto con l’LP Africa/Brass a Crescent, dalla pietra miliare A Love Supreme alle creazioni estreme del grande sassofonista, tutti i suoi dischi uscirono per l’etichetta nero/arancione, i colori che la distinguevano immediatamente nei reparti jazz dei negozi specializzati.
Fra gli altri artisti del nuovo jazz che pubblicarono regolarmente per Thiele ricordiamo Archie Shepp, Pharoah Sanders, Albert Ayler ma non mancarono aperture verso altri grandi del jazz più legati alla tradizione: Max Roach, Milt Jackson, Sonny Rollins, addirittura Duke Ellington, Coleman Hawkins e Ben Webster.
Negli anni ’70 il cavallo di razza dell’etichetta divenne Keith Jarrett con il suo quartetto americano.
Claudio Sessa ripercorre in 5 puntate di Birdland questa straordinaria esperienza grazie alla quale è stata documentata una parte essenziale dello sviluppo moderno della musica di matrice afro-americana.
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John Hammond, produttore
La figura di John Hammond (1910 - 1987) è tra le più significative dell’industria musicale americana dagli anni ‘30 in avanti. E’ stato produttore, organizzatore di concerti e critico musicale, ma soprattutto scopritore di talenti. Importantissimo rimane il suo lavoro per l’etichetta Columbia sotto la cui ala ha portato gli artisti più diversi.
Nell’ambito del jazz contribuì a far conoscere e a portare al successo musicisti classici come Fletcher Henderson, Count Basie, Benny Carter, Billie Holiday, Lionel Hampton, Benny Goodman. Negli anni ’40 non si entusiasmò invece alla rivoluzione del bebop e il suo interesse si rivolse allora al folk, al pop e al rock. Produsse Pete Seeger, scoprì Aretha Franklin, contribuì ai primi dischi di Bob Dylan e lavorò in seguito con Leonard Cohen, Bruce Springsteen e molti altri.
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Edited by Elrond_55 - 4/4/2015, 17:27
 
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2012r




Chess blues story
Di tanto in tanto Birdland va a scavare nelle radici più profonde del jazz e delle musiche che hanno contribuito a dagli forma.
La Chess Records, fondata nella seconda metà degli anni ’40 a Chicago, è stata una delle etichette fondamentali nella definizione e nello sviluppo del moderno blues elettrico urbano.
Furono appunto i fratelli Chess, Leonard e Phil - di origne ebreo polacca, a lanciarsi nell’avventura discografica nel 1947, dopo aver poco prima iniziato l’attività nell’ambito dei club musicali della Windy City gestendo il noto Macomba Lounge. Dapprima azionari di una label chiamata Aristocrat Records, i due fratelli ne divennero proprietari nel 1950, le diedero il nome definitivo e ottennero un primo grande hit quello stesso anno con il sassofonista Gene Ammons. Riccardo Bertoncelli ripercorre la storia della Chess e dei musicisti che contribuirono a renderla grande: Howlin’ Wolf, John Lee Hooker, Bo Diddles, Buddy Guy per non citarne che alcuni.
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Vite parallele: Ornette Coleman e Jimmy Giuffré
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In ricordo di Bob Brookmeyer - Trombonista, arrangiatore e compositore
Bob Brookmeyer, scomparso a metà dicembre 2011 all’età di 82 anni, è stata una figura centrale del jazz moderno per quanto riguarda la pratica del suo strumento, nonché per la scrittura e l’arrangiamento per grandi ensembles.
Era un grande studioso di armonia e composizione, oltre al trombone (specialista della versione a pistoni, ormai abbandonata nel jazz) suonava benissimo il pianoforte, si dedicò pure ad un certo punto all’improvvisazione free form.
Il suo apprendistato lo fa nell’orchestra di Claude Thorhill all’inizio dei ‘50, poi suona con Stan Getz. Nel 1954, sostituendo Chet Baker, entra nel pianoless quartet di Gerry Mulligan, il che gli darà notorietà internazionale.
Tra le collaborazioni successive ricordiamo quelle con Jimmy Giuffré, con Ray Charles e naturalmente quella con la Concert Band dello stesso Mulligan. Negli anni ’60 dirigerà pure un quintetto con il trombettista Clark Terry e scriverà molti arrangiamenti per l’orchestra di Mel Lewis e Thad Jones.
Dal 1968 e per un decennio sarà a Los Angeles, attivo principalmente come musicista di studio. Con la fine degli anni ’70 ritornerà con decisione al jazz, sarà a New York e passerà molto tempo in Europa lavorando in Germania, Danimarca, Olanda, Regno Unito. Bob Brookmeyer è stato anche un pregevole didatta, insegnante per molti anni al Conservatorio del New England di Boston dove ha formato la nuova generazione di bandleader e dove ha avuto come allieva Maria Schneider. Nell’ultimo decennio ha scritto e arrangiato principalmente per la sua New Art Orchestra con la quale ha pubblicato il suo ultimo disco qualche mese prima della scomparsa.
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Bobby Hutcherson e il moderno vibrafono jazz
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Jimmy Smith ''Midnight Special'' (1960)
Per la serie dei dischi storici che di tanto in tanto Birdland propone, Riccardo Bertoncelli ha scelto l’organista Jimmy Smith, colui che contribuì certamente a re-inventare l’organo Hammond nel jazz. Midnight Special, uscito nel 1960, è una delle perle assolute del grande catalogo Blue Note e un vero classico dell’organista, un’immersione a fondo nell’incomparabile universo sonoro del musicista qui attorniato da Stanley Turrentine (una delle prima apparizioni di rilievo del sassofonista), dal chitarrista Kenny Burrell e dal batterista Donald Bailey.
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John Lewis oltre il Modern Jazz Quartet
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John Zorn. 2011: un anno vissuto pericolosamente
Per una volta Birdland si occupa d’attualità e lo fa andando ad indagare sulle molte attività svolte durante lo scorso anno da una figura di spicco, e da sempre molto discussa, della scena musicale contemporanea: il compositore e sassofonista John Zorn. Venuto alla ribalta sulla scena downtown di New York sul finire degli anni ’70, Zorn è uno dei musicisti che più hanno marcato la musica indipendente americana degli ultimi 30 anni. Spillane, Kristallnacht, le produzioni di Naked City, Cobra, le riletture della musica da film (e di Morricone in special modo), il quartetto Masada sono solo alcuni dei progetti che l’hanno catapultato sotto i riflettori di pubblico e critica, quasi sempre dividendoli. Riccardo Bertoncelli ci guida in questo percorso zorniano del 2011, ancor più onnivoro e spregiudicato che in passato. Insomma – per dirla con l’autore di questa serie di Birdland: allacciatevi le cinture di sicurezza!
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Al Cohn, sassofonista e arrangiatore
Al Cohn è stata una figura importante del jazz bianco, un tenorsassofonista e arrangiatore nato nel 1925 a Brooklyn.
Di lui si ricorda soprattutto la storica associazione al collega di strumento (e coetaneo) Zoot Sims, con cui co-diresse un fortunato quintetto a partire dal 1956. Il gruppo era in residence all’Half Note di New York, dove si produsse regolarmente per una dozzina d’anni.
Cresciuto in una famiglia di melomani, Cohn impara sin da piccolo il pianoforte per poi passare agli strumenti a fiato. La folgorazione l’ha con l’ascolto alla radio di Lester Young, per cui si convince a passare dal clarinetto al sax tenore. Un talento, il suo, che si esprime oltre che come strumentista anche come arrangiatore e compositore. Dopo le collaborazioni con le orchestre di Georgie Auld e Buddy Rich, è ingaggiato nel 1947 nel Second Herd di Woody Herman dove diventerà - accanto a Stan Getz, Zoot Sims e Serge Chaloff - uno dei Four Brothers. Prima di lanciarsi nell’avventura con Zims, lavorerà con Artie Shaw, Horace Silver, Max Roach.
La sua passione per l’arrangiamento lo porterà – tra gli altri - al fianco di Gerry Mulligan e Quincy Jones, nonché a lavorare intensamente per produzioni cinematografiche e televisive.
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Andrew Hill, pianista e arrangiatore
Figura del tutto originale del jazz degli anni ’60, a metà strada tra il primo jazz moderno e i venti avanguardisti del periodo successivo, Andrew Hill si è spento nel 2007 a 76 anni.
Era originario di Haiti ma si trasferì ancora bambino con la famiglia a Chicago. Lì si fece le ossa accanto alle grandi figure del jazz della “Windy City”, iniziò a lavorare come leader e incise i primi dischi a suo nome a metà anni ’50. Dopo essere stato per diverso tempo collaboratore di Roland Kirk, nel 1963 è notato dalla Blue Note per la sua vena pianistica, in diretta discendenza da Bud Powell e Thelonious Monk, ma anche per la personale concezione della scrittura jazzistica, debitrice in questo caso almeno in parte delle idee di Charles Mingus. Alcuni suoi dischi pubblicati negli anni ’60 – come il capolavoro Point of departure - restano tra le perle del jazz del periodo.
Andrew Hill ha continuato a sviluppare la sua musica negli anni ’70 e ’80 (tra l’altro con pregevoli produzioni, soprattutto quelle per l’italiana Soul Note) ma è sul finire di carriera – con il suo trasferimento a New York negli anni ’90 – che è tornato con decisione sotto i riflettori. I CD Dusk (1999) e Times Lines (2006, ancora per Blue Note) sono, fra gli altri, una sorta di testamento della sua grande arte.
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Paul Bley with Gary Peacock (registrazioni 1963 e 1969, pubblicato 1970)
Registrato in momenti diversi nella seconda metà degli anni ’60 il disco Paul Bley with Gary Peacock è stata una delle primissime pubblicazioni della ECM. La prima sessione è del 1963, dove è determinante anche l’apporto di un non menzionato, ma non per questo meno importante Paul Motian alla batteria. Gli ultimi brani della raccolta, registrati qualche anno dopo, vedono invece dietro i tamburi Bill Elgart. Un documento decisivo per l’evoluzione del classico piano jazz trio nella scia di Bill Evans!
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Hampton Hawes, pianista: il 'bebop' via West Coast
Con una formazione praticamente da autodidatta, Hampton Hawes è stato uno dei pianisti di punta del jazz californiano a partire dalla seconda metà degli anni ’40. Iniziò giovane a lavorare con i grandi del periodo: Dexter Gordon, Wardell Gray, poi ancora Shorty Rogers e Red Norvo. Tappa importante della sua carriera fu pure il sodalizio con il sassofonista Art Pepper nei primi anni ’50. Formerà – dopo il servizio di leva - con il bassista Red Mitchell il suo primo trio, formazione che diventerà centrale nel seguito della sua vicenda artistica.
Come per altri colleghi, la vita del pianista fu segnata dalla dedizione alle droghe che lo porteranno ad una lunga condanna nel 1959. Con convinzione, sì batté da subito per ricevere la grazia presidenziale, che effettivamente arrivò da Kennedy nel 1963. Sarà quello l’inizio di una seconda parte di carriera che lo vedrà impegnato non più come silema ma con proprie formazioni fino alla scomparsa nel 1977.
Hampton Hawes resta il maggior rappresentante del pianismo bop della West Coast e ci ha lasciato numerose pregevoli testimonianze discografiche della sua arte.
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Duke Ellington, le suites
Al di là dei brani singoli, spesso scritti per i suoi solisti, Duke Ellington ha sempre mirato a qualcosa di più complesso nel suo lavoro di compositore e arrangiatore, con il segreto fine di avvicinare il jazz alle concezioni formali e strutturali della musica colta. Sulla base di questo ideale nascono le sue suites orchestrali, dalla prima ben nota Black Brown & Beige alle successive, tra queste Far East, Liberian, Latin American, Togo Brava suite… Questa ricerca porterà poi Ellington alla concezione dei tre Sacred Concerts che malgrado il titolo presentano pure la tipica struttura della suite.
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Sirene del jazz italiano
La bella voce è solo l'involucro della vera tentazione delle sirene omeriche, sapere più cose è la tentazione originaria dell'onniscienza. Così da sempre la voce umana esplora nuovi spazi musicali per compiere viaggi oltre il tempo. Sirene è un tentativo di etichettare le nuove voci della scena musicale italiana, che dal jazz hanno attinto soprattutto libertà espressiva e radicalismo, aggirando la strada maestra di scat e swing come riti usurati. Sulla scia di diverse straordinarie seminatrici come Maria Pia De Vito e Cristina Zavalloni troviamo così la variegata scena di trasversalità, un panorama di repertori e riferimenti, con al centro, irrinunciabile, l’improvvisazione. Se Chiara Liuzzi si confronta, lontana dagli stereotipi jazzistici, con puri “oggetti sonori”, Silvia Pellegrino si muove tra filosofia zen e suggestioni africane. Se Marta Raviglia svolazza leggera e ironica quanto rigorosa in una logica creativa che dilata e confonde le tracce di riferimento, Silvia Donati, altra interprete di spiccata personalità e apertura culturale, riconosce nel jazz un punto di partenza imprescindibile, salvo poi prendersi la libertà di fare a pezzi con grande classe i più celebri standard dell’American Songbook. Un’istantanea sulla vocalità italiana al femminile vicina al jazz, che potrà risultare un po’ mossa, tanto la situazione è in continuo divenire.
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Pianisti jazz - Gordon Beck
Gordon Beck (1936 – novembre 2011) è stato un pianista inglese tra i maggiori esponenti di una linea interpretativa europea della quale fa parte anche il “nostro” George Gruntz. Scomparso da poco tempo, Maurizio Franco gli dedica due puntate di Birdland ripercorrendo alcuni dei momenti salienti della sua carriera, dalla partecipazione all European Jazz Machine del sassofonista Phil Woods tra fine anni ’60 ed inizio anni ’70 (dove prese il posto proprio di Gruntz), al sodalizio con la cantante Helen Merrill, alle collaborazioni con il violinista Dider Lockwood e con il chitarrista Allan Holdsworth. Beck era un londinese, arrivò alla musica giovane - prima studente di violino poi di pianoforte – e fece i suoi primi passi da professionista in seno a diversi gruppi della Londra dei primi anni ’60. Il celebre club Ronnie Scott fu la sua palestra principale dove spesso incontrò i musicisti provenienti da Oltreoceano. Ricordiamo in tal senso la partecipazione ai gruppi di Lee Konitz, più tardi con Charles Tolliver, Gato Barbieri, Jack de Johnette, Gerry Mulligan e molti altri. Ma si distinse pure nell’ambito della scena europea, molto apprezzato in patria e soprattutto in Francia dove stabilì delle importanti relazioni artistiche con musicisti di prima fila come Tony Oxley, Ian Carr (fu pure membro della band di jazz-rock Nucleus), Ron Mathewson, Henri Texier, Daniel Humair, Jean François Jenny – Clarke. Gordon Beck è stato un musicista polivalente, dalla solidissima preparazione tecnica e dalla musicalità trasversale che affondava le radici nel pianismo di Bud Powell e Red Garland e arrivava alle influenze di un Bill Evans. Ha spesso utilizzato, in ambito fusion e jazz-rock, sia il piano elettrico che il sintetizzatore.
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Pianisti jazz - Richie Beirach
Nuovayorkese purosangue, il pianista Richie Beirach (1947) mostra nella sua paletta espressiva le migliori influenze di esimi colleghi quali Bill Evans e McCoy Tyner, ma soprattutto di Paul Bley. Lirismo e grande libertà armonica i due estremi entro cui si muove il suo pianismo, spesso sottovalutato. Solidi studi classici alle spalle, ad un certo punto decide di dedicarsi totalmente al jazz entrando alla Berklee School di Boston a 23 anni. Avrà quali insegnanti Stan Getz (che accompagnerà spesso), Dave Holland e Jack DeJohnette ed inizierà subito dopo – siamo nei primi anni ‘70) il sodalizio con Dave Liebman nel gruppo Lookout Farm. Il successo arriverà con un'altra band montata insieme a Liebman, il celebrato Quest insieme anche al bassista Cecil McBee e al batterista Billy Hart. Ricordiamo pure le sue preziose collaborazione con John Scofield, John Abercrombie, Chet Baker e molti altri nomi di primo piano del jazz moderno. Raffinato improvvisatore, nello stile pianistico di Beirach affiora spesso l’influenza della musica classica e della musica di matrice europea del ‘900.
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Dizzy Gillespie e la Big Band
John Birks Gillespie, detto Dizzy, nato in South Carolina nell’ottobre del 1917, è stato uno dei musicisti più importanti nella definizione del jazz moderno e in particolare del bebop, lo stile che diventerà riferimento imprescindibile nello sviluppo successivo della musica di matrice afro-americana. Di grande rilievo sin dai primi anni ’40 è il suo lavoro assieme a Charlie Parker in piccole formazioni che hanno lasciato il segno nella storia del jazz. Ma sin dal 1946 (e fin all’inizio degli anni ’60) forse non tutti ricordano che Gillespie organizzò regolarmente delle big bands dove sperimentava il nuovo stile all’interno dell’organico della classica grande orchestra jazz. Franco Fayenz in queste due puntate di Birdland concentra la sua attenzione su questo specifico ambito della vicenda artistica di Gillespie: le ruvide e spigolose sonorità del bebop incontrano l’ampia paletta cromatica della grande orchestra. L’occasione di puntare i riflettori sulle big bands di Dizzy Gillespie è data dalla recente pubblicazione per United Archives dell’integrale delle registrazioni in studio realizzate dalle varie edizioni della grande orchestra del trombettista tra il 1946 e il 1960.
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Thelonious Monk a trent'anni dalla scomparsa
Nel 1982 muore all’età di 65 anni e dopo un’ultima parte di esistenza passata nel più assoluto ritiro Thelonious “Sphere” Monk, pianista, compositore, bandleader statunitense.
Carattere eccentrico e scontroso, Monk è un musicista che non lascia indifferenti e che ha fatto e fa tuttora discutere. L’ardita concezione armonica e melodica della sua musica, che si riflette pure nel suo originale stile pianistico, resta una delle principali peculiarità di un artista che ha avuto un’importanza centrale per il jazz moderno sin dagli anni ‘40.
A trent’anni dalla scomparsa Birdland dedica a Monk una serie di trasmissioni speciali. Queste prime due, curate da Franco Fayenz, si concentrano su uno dei capolavori assoluti lasciati dal pianista, il concerto dal vivo della sua orchestra alla Town Hall di New York il 21 febbraio del 1959: repertorio scelto, con alcuni grandi classici quali Off Minor, Monk’s Mood o Crepuscule with Nellie interpretati da una band stellare dove compaiono tra gli altri Donald Byrd (tromba), il fido Charlie Rouse (tenore), Phil Woods (alto) e Pepper Adams (baritono).
Nella prima trasmissione spazio alla registrazione originale, nella seconda alla rilettura realizzata qualche anno or sono dalla Lydian Sound Orchestra dell’arrangiatore e compositore italiano Riccardo Brazzale.
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Marco Fumo rilegge il ragtime e il jazz delle origini
Franco Fayenz, si occupa, in questa puntata, di jazz delle origini e in particolare del lavoro che da più di un trentennio il pianista italiano Marco Fumo ha intrapreso sui materiali originali del ragtime e più in generale sulle forme arcaiche del jazz.
Abruzzese di origine (è nato a Teramo nel 1946), Fumo ha una formazione classica culminata con il diploma a Santa Cecilia. Il jazz lo conosce sin da ragazzo ma solo negli anni '80, accanto alla sua carriera di interprete classico (che lo ha visto tra l'altro collaborare con Nino Rota e Ennio Morricone) e di didatta, ha potuto sviluppare il suo interesse per la musica afro-americana. Dallo studio del ragtime la sua indagine si è ampliata agli altri stili pianistici della prima epoca del jazz e alle tante influenze che hanno contribuito alla definizione del jazz. Nel suo repertorio figurano brani di musicisti noti quali Scott Joplin, Jelly Roll Morton, Fats Waller, alcune "chicche" del giovane Gershwin, rari pezzi di Ellington e alcune composizioni di Bix Beiderbecke. Al tempo stesso il suo lavoro ha permesso di riscoprire l'opera di altri autori oggi in parte dimenticati quali Tom Turpin, James Price Johnson, Stephen Foster, James Scott.
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"Il mio jazz" - Enrico Pieranunzi racconta e si racconta
Nato a Roma nel 1949, Enrico Pieranunzi è da molti anni tra i protagonisti più noti ed apprezzati della scena jazzistica internazionale. Pianista, compositore, arrangiatore, ha registrato più di 70 CD a suo nome spaziando dal piano solo al trio, dal duo al quintetto e collaborando, in concerto o in studio d’incisione, con Chet Baker, Lee Konitz, Paul Motian, Charlie Haden, Chris Potter, Marc Johnson, Joey Baron.
Pluripremiato come miglior musicista italiano nel “Top Jazz”, annualmente indetto dalla rivista “Musica Jazz” (1989, 2003, 2008) e come miglior musicista europeo (Django d’Or, 1997) Pieranunzi ha portato la sua musica sui palcoscenici di tutto il mondo esibendosi nei più importanti festival. Proprio in questi giorni, dal 27 marzo al 1° aprile, il suo nuovo trio che si completa con Scott Colley al contrabbasso e Antonio Sanchez alla batteria è ospite del Village Vanguard di New York per presentare al pubblico americano il cd Permutation.
Nelle 10 puntate di questa serie speciale di Birdland, Pieranunzi ci offre la possibilità d'indagare la storia, i protagonisti e i caratteri stilistici del jazz dalla sua particolare e privilegiata prospettiva, attraverso aneddoti e riflessioni che suggeriscono ascolti tratti dalla sua discografia e da quella dei molti nomi illustri che ha avuto la fortuna d'incontrare nel corso della sua lunga carriera. Un percorso intrigante e illuminato, qua e là, da alcune preziose chicche inedite e nascoste, finora, nel suo archivio personale.
le puntate:
01 - Johnny Griffin 26-03-2012
02 - Art Farmer 27-03-2012
03 - Chet Baker 28-03-2012
04 - Lee Konitz 29-03-2012
05 - Charlie Haden 30-03-2012
06 - Paul Motian 02-04-2012
07 - Bill Evans 03-04-2012
08 - Wayne Shorter 04-04-2012
09 - Trio Pieranunzi – Johnson - Baron 05-04-2012
10 - Trio Pieranunzi – Colley - Sanchez 06-04-2012
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Thelonious Monk "Alone in San Francisco" (1960)
Nel 1982 muore all’età di 65 anni e dopo un’ultima parte di esistenza passata nel più assoluto ritiro Thelonious “Sphere” Monk, pianista, compositore, bandleader statunitense.
Carattere eccentrico e scontroso, Monk è un musicista che non lascia indifferenti e che ha fatto e fa tuttora discutere. L’ardita concezione armonica e melodica della sua musica, che si riflette pure nel suo originale stile pianistico, resta una delle principali peculiarità di un artista che ha avuto un’importanza centrale per il jazz moderno sin dagli anni ‘40.
A trent’anni dalla scomparsa Birdland dedica a Monk una serie di trasmissioni speciali.
In questa puntata unica Maurizio Franco si concentra sull’album Alone in San Francisco (1960), registrato alla Fugazi Hall della città californiana. Si tratta in assoluto di una delle più belle produzioni in solitaria di Monk, sia dal punto di vista musicale che da quello prettamente tecnico, con un suono pieno e rotondo del pianoforte che per una volta rende totalmente giustizia della grande qualità della sua ricerca timbrico-armonica.
Accanto ad alcuni suoi classici come Blue Monk o Ruby my dear, il disco propone un paio di gemme mai più registrate da Monk come il “free blues” Round Lights o la cover di There's danger in your eyes, cherie, vecchio hit degli anni ’20.
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"Il jazz in esilio" - Hugh Masekela
Hugh Masekela (1939) è una delle più significative personalità della musica sudafricana sin dai secondi anni ‘50. Trombettista, flicornista, compositore, arrangiatore aveva già da giovane una grande cultura musicale. Aveva potuto ascoltare alla radio il jazz statunitense, aveva iniziato sin da bambino a suonare il pianoforte e a 14 anni aveva ricevuto finalmente la sua prima tromba, che imparò a suonare nella banda cittadina di Johannesburg.
Il successo arrivò presto quando nel 1958 suonò dapprima con un gruppo sudafricano molto famoso, i Manhattan Brothers, e subito dopo fu scritturato nel musical King Kong al quale partecipava un’altra stella nascente della musica sudafricana, Miriam Makeba, che sarà poi sua moglie.
Con altre future personalità della musica nazionale, fra i quali il pianista Dollar Brand (poi diventato Abdullah Ibrahim) e il batterista Makaya Ntsoko, fondò nel i Jazz Epistles che nel 1959 fu il primo gruppo africano a registrare un disco di jazz.
Nel 1960, dopo il tremendo massacro di Sharpeville, Masekela decide di rompere con il regime dell’apartheid e, come molti altri suoi colleghi musicisti, scelse la via dell’esilio.
Marcello Lorrai ripercorre la storia coraggiosa di uno dei musicisti-simbolo della resistenza al regime razzista sudafricano, che conobbe un grande successo internazionale e che non mancò di rientrare in patria con la liberazione di Mandela e la sua elezione a capo dello stato.
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Il jazz cameristico di Andy Sheppard
Nato nel 1957, Andy Sheppard è oggi una delle figure di maggiori spicco del jazz britannico contemporaneo. Pregevole stilista al sax tenore e soprano, ha lavorato e lavora tuttora con nomi di grande prestigio della scena internazionale: George Russell, Gil Evans, Steve Swallow, Carla Bley, ma anche Elvis Costello, Nigel Kennedy, il Quartetto Balanescu. Da molti anni Sheppard si propone anche come apprezzato e sensibile leader di proprie formazioni, quelle più ridotte – il duo, il trio – sembrano essere i format a lui più congeniali.
Franco Fayenz in questa puntata unica di Birdland ci introduce nell’unverso poetico di Sheppard con ascolti da un disco prodotto qualche anno or sono in duo con la pianista italiana Rita Marcotulli e dal recente CD Trio Libero, registrato con il bassista Michel Benità e il batterista Sebastian Rochford per ECM all’Auditorio della RSI, in collaborazione con Rete Due.
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Bill Evans, il periodo “Riverside”
Quando Bill Evans sbarca a New York nel 1954 è praticamente uno sconosciuto negli ambienti del jazz. Una formazione in pianoforte e flauto, teoria musicale, composizione all’Università di Lousiana, dal 1950 un inizio di carriera accanto ad uno scopritore di talenti come il sassofonista Herbie Fields (che aveva già presentato nelle sue band un certo Miles Davis) e poi un periodo di tre anni di servizio militare a Chicago, nella Fifth Army. Ma nella Grande Mela non tarda a farsi notare, prima con Tony Scott ed in seguito nel giro dell’arrangiatore e compositore George Russell, cui non sfugge la straordinaria padronanza del pianoforte del suo pupillo, nonché le innovative soluzioni armoniche, melodiche e ritmiche che Evans ha già sviluppato. Del grande pianista americano che è universalmente riconosciuto come uno dei pilastri della moderna evoluzione del jazz, Claudio Sessa passerà in rassegna tutto il primo periodo di produzione discografica per l’etichetta Riverside, fondata nel 1953 dai produttori Orrin Keepnews and Bill Grauer. Dagli esordi (il primo LP è del 1956, con un titolo impegnativo quale New Jazz Conceptions) e fino al 1963 - anni che lo vedono anche per un periodo membro del gruppo di Miles Davis - Bill Evans produrrà una quindicina d’album, alcuni dei quali (quelli in trio con Scott La Faro e Motian ad esempio) vere pietre miliari del jazz moderno. Jim Hall, Freddie Hubbard, Ron Carter, Zoot Sims, Paul Chambers e molti altri sono ulteriori compagni di viaggio in un’avventura discografica che è appena stata ripubblicata in edizione integrale con aggiunta di inediti e rarità.
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Gil Evans (1912-1988), vita e opera nel centenario della nascita
Nel centenario della nascita dedichiamo questa serie di Birdland, a cura di Claudio Sessa, ad una delle figure di arrangiatore e compositore più significative del jazz moderno. Gil Evans - canadese, nato a Toronto come Ian Ernest Gilmore Green il 13 maggio 1912 – ha firmato nella sua lunga carriera alcune delle pagine più importanti del jazz dalla metà degli anni ’50 in avanti. Dopo aver lavorato con Claude Thornhill negli anni ’40, è vicino agli ambienti del bop e, sul finire di quel decennio, soprattutto a quelli del cool jazz. Conosce George Russell, Lee Konitz, Charlie Parker e soprattutto Miles Davis con il quale, insieme ad un inconsueta formazione – un nonetto – produce una serie di registrazioni divenute poi famose come Birth of the cool. La collaborazione con Davis si rafforzerà più tardi con la produzione di alcuni album di jazz orchestrale tra i più importanti degli anni ’50 (Miles Ahead, Sketches of Spain e una rivisitazione di Porgy & Bess di Gershwin). Dal 1957 Gil Evans produrrà dischi di sempre pregevole qualità con la propria orchestra, fino alla svolta elettrica degli anni ’70 con la quale si apre il suo ultimo periodo creativo. Di rilevanza in questo periodo l’apertura verso il rock e la fusion, in particolare con la rivisitazione orchestrale della musica di Jimi Hendrix. Nella sua carriera Evans ha contribuito in maniera decisiva a metter in evidenza personalità di solisti poi affermatisi individualmente. Tra questi Gerry Mulligan, Max Roach, Steve Lacy, Cannonball Adderley, Wayne Shorter, Elvin Jones, Dave Sanborn, George Adams. Ricordiamo pure la collaborazione con Sting proprio prima della scomparsa nel 1988. A Gil Evans Rete Due dedicherà pure una settimana speciale nella fascia pomeridiana di Rete 2-5 tra il 4 e l’8 giugno. Oltre alla riproposta di questo ciclo di Birdland, Gil Evans sarà protagonista dello spazio riservato all’interprete della settimana, nonché al centro di considerazioni, ricordi, curiosità di musicisti, addetti ai lavori e amici che l’hanno conosciuto da vicino.
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L’arte pianistica di Bobo Stenson
La sua musica è come una danza poetica ed evocativa fatta di leggerezza, forte attenzione alla timbrica e all’analisi introspettiva. Il pianismo di Bobo Stenson è concentrato soprattutto sulla melodia, che procede spesso in modo non lineare, con lampi di luce e zone d’ombra. Il tocco è morbido e brillante, il controllo della tastiera tende a smussare i contrasti e a dare un’impronta di classicismo. Nato nel 1944 a Västeras in Svezia, Bobo Stenson ha incominciato a suonare all’età di dodici anni, affascinato da figure di pianisti quali Bud Powell, Wynton Kelly e Red Garland. Trasferitosi a Stoccolma, alla fine degli anni Sessanta ha accompagnato alcuni importanti musicisti americani in tournée attraverso la Scandinavia, come Dexter Gordon, Sonny Rollins, Stan Getz, George Russell. Ma forse l’esperienza di formazione più significativa è stata con Don Cherry, con il quale ha spesso suonato dalla fine degli anni Sessanta, in diverse circostanze, fino alla sua morte. Negli anni Stenson si è rivelato un formidabile musicista che ha saputo suscitare un notevole interesse per le sue qualità di raffinato improvvisatore. Numerose le sue incisioni (particolarmente con ECM) in oltre trenta anni di carriera, a partire dal 1971 quando pubblica l’album Sart con Jan Garbarek, Terje Rypdal, Arild Andersen e Jon Christensen. Pochi mesi dopo seguirà la sua prima incisione in trio, poi l’acclamata collaborazione con Jan Garbarek, in un quartetto che sarà uno dei gruppi jazz più popolari dei primi anni ’70. Ricordiamo pure, a cavallo tra anni ’80 e ’90, il prezioso contributo di Stenson nel rilanciato gruppo di Charles Lloyd, la sua presenza nel quartetto del trombettista polacco Tomasz Stanko e a partire dalla metà degli anni ’90 una serie di registrazioni in trio (con Anders Jormin al basso, Jon Christensen o Paul Motian alla batteria) che l’hanno consacrato definitivamente tra i maggiori pianisti jazz del nostro tempo. All’Auditorio RSI e in collaborazione con Rete Due, il trio di Bobo Stenson ha registrato i suoi ultimi due CD per ECM: Cantando è stato messo in commercio nel 2008 mentre l’ultima incisione dello scorso anno è in attesa di pubblicazione.
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Young Thelonious
Nel 1982 muore all’età di 65 anni e dopo un’ultima parte di esistenza passata nel più assoluto ritiro Thelonious “Sphere” Monk, pianista, compositore, bandleader statunitense. Carattere eccentrico e scontroso, Monk è un musicista che non lascia indifferenti e che ha fatto e fa tuttora discutere. L’ardita concezione armonica e melodica della sua musica, che si riflette pure nel suo originale stile pianistico, resta una delle principali peculiarità di un artista che ha avuto un’importanza centrale per il jazz moderno sin dagli anni ‘40. A trent’anni dalla scomparsa Birdland dedica a Monk una serie di trasmissioni speciali. In questa serie Franco Fayenz si concentra sulla produzione del giovane pianista che va dai primi anni’40 fino a metà circa del decennio successivo, dagli albori del be-bop dunque fino al momento della prima maturità. Lo sentiremo accanto agli altri protagonisti della rivoluzione bop – Charlie Christian, Dizzy Gillespie, Art Blakey, Charlie Parker - in molti dei suoi classici e nelle riletture sempre pregnanti ed audaci degli standards che prediligeva.
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Martial Solal, pianista
Di nazionalità francese, nato ad Algeri nel 1927, Martial Solal è uno dei maggiori pianisti jazz europei in attività. Cresciuto in una famiglia di musicisti, inizia a suonare il pianoforte giovanissimo e diventa professionista alla metà degli anni ’40, trasferendosi poi a Parigi. La sua raffinatissima tecnica, il gusto per la ricerca armonica e la sua vena di compositore sono le caratteristiche principali di questo musicista da sempre acclamatissimo nel suo paese natale, sul punto nei primi anni ’60 di intraprendere una promettente carriera internazionale (cui rinuncia per dedicarsi alla famiglia) e finalmente molto sottostimato all’estero. Nei primi anni di attività lo ricordiamo prezioso sideman accanto a Django Reinhardt e agli americiani di Parigi: Sidney Bechet et Don Byas. E’ poi alla testa di un quartetto con Roger Guerin alla tromba, Gilbert Rovère al basso e a Daniel Humair alla batteria, verso la fine degli anni ’50 di una formazione con Guy Pedersen al basso e ancora Humair alla batteria che – alla stregua di quanto proposto da Bill Evans sull’altra sponda dell’Atlantico – contribuisce a rivoluzionare il concetto classico del trio jazz. Il produttore George Wein lo invita nel 1963 a Newport, dove suona in trio con Teddy Kotick al basso e Paul Motian alla batteria, significativamente due ex musicisti di Bill Evans. Seguiranno le esibizioni in altre grandi città nordamericane, a Mosca, Venezia, Berlino. E’ la consacrazione di un musicista che ha lasciato il segno anche come compositore - con una personale concezione che lo inquadra a suo modo, in un ideale incontro tra jazz e musica accademica, nella corrente della third stream - e in anni più recenti pure come direttore di sue grandi formazioni quali la Dodecaband. Solal è noto anche come compositore di musiche per la TV e il cinema, con più di una ventina di partiture al suo attivo. Tra queste le colonne sonore per A’ bout de souffle di Jean-Luc Godard e Il processo di Orson Welles.
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In ricordo di Sam Rivers – 1923/2011
Sam Rivers è stata una vera e propria leggenda della New Thing degli anni ’60, leader di numerosi gruppi di prima grandezza del periodo. Sassofonista, flautista, compositore - dopo essere stato accanto a Miles Davis, Charles Mingus, Andrew Hill, Cecil Taylor - ha diretto proprie band di cui hanno fatto parte Dave Holland, Chico Freeman, Steve Coleman, Don Pullen, George Adams, Cecil McBee. Era nato in Oklahoma nel 1923 ed è scomparso alla fine dello scorso mese di dicembre (2011 ndr.) all’età di 88 anni. Sam Rivers ha tenuto un paio di memorabili concerti in Ticino, il primo a Trevano - nei suoi anni di maggior successo - insieme al proprio quartetto, l’ultimo nel 2003 allo Studio 2 della RSI assieme al trio del trombettista Steven Bernstein con il progetto Diaspora Blues. Franco Fayenz ricorda in questa serie di Birdland la figura di Rivers, un musicista che ha marcato la vicenda della musica afroamericana degli ultimi 50 anni e che diceva di sé: “Suono la storia del jazz perché l’ho attraversata tutta”.
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Etta James, un ricordo
Etta James è scomparsa alla fine dello scorso mese di gennaio (2012 ndr), aveva 74 anni.
La sua è stata una lunghissima carriera di cantante avviata giovanissima quando ascoltava ancora Bille Holiday e Little Richard. Il jazz ma pure il rock e il rhythm & blues sono stati gli elementi in cui è cresciuta musicalmente.
Sarà Johnny Otis a lanciarla tra la fine dei ’50 e l’inizio dei ‘60, dapprima con il trio The Creolettes poi come solista e con il nome d’arte che conosciamo, ottenuto dall’inversione del suo vero nome Jamesetta Hawkins.
Tra i suoi grandi successi ricordiamo oltre all’indimenticabile “At Last” del 1961 anche “You can Leave your Hat On” scritta da Randy Newman nel 1972 e poi ripresa da Joe Cocker a metà anni ’80.
Riccardo Bertoncelli passerà in rassegna le tappe fondamentali della carriera di questa grande cantante che ha vinto quattro “Grammy” e che è stata inserita nella “Rock & Roll” e nella “Blues Hall of Fame”.
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1962: jazz e bossa nova cinquant’anni dopo
Nell’aprile del 1962 usciva Jazz Samba di Stan Getz, scintilla iniziale del lungo flirt tra il jazz e i vari generi della musica brasiliana, bossa nova e samba in particolare. Sarà uno degli album più popolari e venduti di tutta la storia del jazz e fungerà da esempio irrinunciabile per tutti i jazzisti che in seguito si confronteranno con il Brasile musicale. Jazz Samba è un’opera a quattro mani concepita dal grande sassofonista insieme al chitarrista Charlie Byrd. Quest’ultimo era tornato da un soggiorno in Brasile del 1961 con una pila di dischi sottobraccio e con l’idea di proporre la nuova musica di João Gilberto, Baden Powell e altri - con i quali aveva avuto occasione di suonare - ai produttori statunitensi. Non ebbe inizialmente grande successo, neppure presso i musicisti di New York con i quali tentò di suonarla, troppo abituati allo swing e poco disponibili a sintonizzarsi con la tipica batida della bossa nova inaugurata poco tempo prima – era il 1959 – dal brano Chega de Saudade. Fu Stan Getz, che stava attraversando un momento di crisi artistica, a raccogliere la sfida: con Byrd e una sezione ritmica finalmente adeguata registrò il disco a Washington in poche ore. La produzione fu affidata a Creed Taylor della Verve: prima che fosse pubblicato espresse i suoi dubbi su un solo brano, quel Desafinado che poi ebbe uno straordinario successo e divenne l’emblema stesso dell’album. Marcello Lorrai, partendo da Jazz Samba, ritraccia la storia e i momenti più significativi di questo grande incontro tra il jazz e i ritmi del Brasile, altro straordinario esempio di quello che è il sincretismo tipico della musica di matrice afro-americana.
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Shelly Manne
Una grande intelligenza musicale ed un’unica capacità di adattarsi alle più disparate situazioni musicali. Sono due tratti della personalità del batterista, compositore, arrangiatore e bandleader Shelly Manne (1920-1984), newyorkese di nascita ma “westcoastiano” d’adozione.
Grande stilista del suo strumento, in grado di affrontare le più ardue sfide sonore, leader di gruppi molto popolari e al tempo stesso richiestissimo sessionman in registrazioni di musica pop e colonne sonore, Shelly Manne ebbe due fondamentali esperienze formative - con le orchestre di Stan Kenton e Woody Herman – e soprattutto una miriade di piccole formazioni dove la sua abilità a dialogare ed il gusto unico per le sonorità hanno potuto mettersi in mostra al meglio.
Sotto l’influenza dapprima di Jo Jones, poi di Max Roach e Kenny Clarke, infine dei giovani Elvin Jones e Tony Williams, il drumming di Shelly Manne l’abbiamo apprezzato a fianco praticamente di tutti i più importanti protagonisti del jazz moderno, da Sonny Rollins a Bill Evans, da Art Pepper a Jimmy Giuffré per non citarne che pochi.
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Gil Evans Orchestra feat. Roland Kirk: Live in Dortmund 1976
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David Murray
Polistrumentista debordante, abilissimo al sax tenore e tra i pochi eredi plausibili dell’inarrivabile magistero tecnico di Eric Dolphy al clarinetto basso, a partire dalla metà degli anni ’70 David Murray si è costruito un’invidiabile carriera combinando abilmente l’eredità del free jazz a una lunga tradizione che riporta a New Orleans.
Musicista centrale nelle vicende del jazz degli ultimi trent’anni, David Murray è nato nel 1955 in California. Giunto a New York giovanissimo, verso la metà degli anni '70, si segnalò ben presto negli ambienti del jazz d'avanguardia per uno stile già personale nel quale si sintetizzava un po' tutta l'eredità dei grandi tenorsassofonisti moderni, da Sonny Rollins a Albert Ayler.
Murray ha saputo attraversare contesti diversissimi, dal free funk di James Blood Ulmer fino alle più avventurose intersezioni tra jazz, hip hop, gospel, sonorità africane e dei caraibi. Tappe importanti del suo percorso artistico sono la fondazione nel 1976 del leggendario World Saxophone Quartet, la creazione nel 1982 di un proprio ottetto e poco dopo di una big band, formazioni con le quali di tanto in tanto lavora ancor oggi. Altri progetti di peso sono stati Fo Deuk Revue (incontro con la tradizione e la moderna musica senegalese), Creole Project (con musicisti delle Antille) e Speaking in Tongues (omaggio alla tradizione gospel, con la cantante Fontella Bass). Più di recente è persino arrivato ad ipotizzare una sorta di “opera-musical” dedicata alle origini africane del poeta Aleksandr Pushkin, ha collaborato con la star del pop-soul Macy Gray e con il poeta e scrittore Ishmael Reed.
Legato inizialmente all'etichetta italiana Black Saint, Murray ha poi intensificato e diversificato in modo impressionante un' attività discografica che lo vede a tutt'oggi presente in quasi trecento produzioni.
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Il jazz e il “mal di vivere”
La vicenda del jazz è zeppa di storie romantiche, avventurose, ironiche ma anche tristi e drammatiche, dove i protagonisti – al di là della vicenda prettamente musicale – fanno emergere le loro debolezze e in fin dei conti un mal de vivre spesso legato alla loro condizione di marginali in un società a vari livelli discriminante come quella statunitense del periodo postbellico.
Gli esempi - per non citarne che alcuni - di Charlie Parker e di Art Pepper, di Lester Young e Chet Baker, personalità fragili e segnate da vissuti non certo facili, sono significativi in tal senso. Un ambiente - quello del jazz dell’immediato dopoguerra - legato a doppio filo ai mondi della droga e della prostituzione, con l’alcool a farla da padrone nei ritrovi e nei club dove nasceva la nuova musica. Senso di frustrazione e volontà di auto annientamento facevano spesso capolino in molti musicisti la cui arte non era debitamente riconosciuta.
Franco Fayenz ci aiuta a ricordare in questo ciclo di trasmissioni due tormentati musicisti degli anni ’50 che non ebbero la fortuna che avrebbero meritato.
Tony Fruscella, trombettista
Gran bel suono, fraseggio limpido e sicuro, crebbe in orfanatrofio, registrò un solo disco a suo nome nel 1955 dopo le iniziali collaborazioni con Getz, Mulligan, Parker e Jimmy Smith. Droga e alcol lo ridussero al ben presto silenzio e morì dimenticato nel 1969.
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Tina Brooks, sassofonista
(il nome d’arte deriva da “Teeny”, suo nomignolo da bambino). Nato nel 1932 e scomparso a soli 42 anni, cessò praticamente l’attività già nei primi anni ’60. Collaborazioni con Jimmy Smith (contribuì ad alcuni dei suoi più bei dischi), Freddie Hubbard e poi ancora Jackie McLean e Freddie Redd, poi la frustrazione di alcune sedute di registrazione a proprio nome per Blue Note di cui una soltanto fu pubblicata all’epoca. Penalizzato da un carattere troppo debole ed introverso, Brooks morì nel 1974 distrutto dalla dipendenza dall’eroina.
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Esbjörn Svensson, pianista
Pianista svedese nato nel 1964 e scomparso tragicamente durante un’immersione subacquea (sua grande passione) nel giugno del 2008, Esbjörn Svensson è stato uno dei musicisti più influenti del jazz europeo nel decennio a cavallo tra XX e XXI secolo. Dotato di una tecnica eccellente, di un’ispirazione musicale che lo portava a suonare quasi esclusivamente la musica che componeva, Svensson ha trovato nel trio con contrabbasso e batteria la sua più congeniale forma d’espressione. Rinnovando la tradizione dall’interno, aprendosi a ritmi e sonorità del rock, utilizzando l’elettronica in maniera parca ma ben messa a fuoco, il suo trio ha dato un nuovo e decisivo impulso a questo classicissimo organico del jazz. Formazione solidissima – con il bassista Dan Berglund che si era aggiunto nel 1993 ad un gruppo che comprendeva già Magnus Öström, batterista ed amico d’infanzia del pianista – il trio debutterà su CD nel 1993. E.S.T. - questo il marchio di fabbrica scelto – diventerà uno dei gruppi di maggior successo di quegli anni, entrando spesso al top delle classifiche di vendita assolute (non solo in ambito jazz, dunque) in Scandinavia e nel Nord Europa. L’Esbjörn Svensson Trio tra il 1993 e il 2008 ha pubblicato più di una decina di album tra i quali spiccano From Gagarin point of view (1999), Strange place for snow (2002) e il postumo Leucocyte (2008).
Maurizio Franco ripercorre la storia del pianista e del suo gruppo.
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Horace Tapscott, pianista
Marcello Lorrai si china in questa sua serie di Birdland sulla figura un po’ dimenticata di Horace Tapscott, pianista e compositore nato nel 1934, texano di origine ma cresciuto in una famiglia di musicisti a Los Angeles dove è scomparso nel 1999. Tapscott sin da bambino entrò in contatto con il mondo del jazz: in città si esibivano i più grandi ed ebbe la possibilità di ascoltarne i vari Tatum, Parker, Hawkins e molti altri. Iniziò a suonare ben presto il pianoforte e si dedicò anche al trombone. E’ stato un musicista dalle tante sfaccettature, sin dai suoi esordi come trombonista nell’orchestra di Lionel Hampton, alle collaborazioni con avanguardisti come Eric Dolphy e Arthur Blythe, alla fondazione di suoi originali gruppi come la Pan-Afrikan People Arkestra o il trio con il grande batterista Roy Haynes. Tapscott è ricordato anche come uno dei jazzisti più politicizzati riguardo i problemi della condizione dei neroamericani nella società statunitense dell’epoca, ciò che gli valse spesso l’ostracismo degli ambienti più reazionari dell’industria musicale. I suoi più importanti dischi sono stati pubblicati dalla Nimbus e dalla svizzera Hat Art.
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La voce di Helen Merrill
Jelena Ana Milcetic è il vero nome di Helen Merrill, cantante jazz di origine croata nata a New York nel 1930. Si segnalò nei primi anni ’50 accanto a Earl Hines, ebbe la fortuna di lavorare da giovanissima con Bud Powell e debuttò con un paio di album prodotti e arrangiati rispettivamente da un ventunenne Quincy Jones e da un nome emergente come quello di Gil Evans, dischi dove comparivano alcuni tenori del jazz moderno quali Clifford Brown, Oscar Pettiford e diversi altri. Importante in seguito il suo soggiorno in Europa nei primi anni ’60, in Italia in particolare, dove registrò una memorabile versione di Why Don't You Do Right, brano che ritornò in auge molti anni dopo nella colonna sonora del film Chi ha incastrato Roger Rabbit.
Successivo lungo soggiorno in Giappone e poi ritorno negli Stati Uniti dove ha continuato una carriera di primo piano da gran dama del jazz e prodotto negli anni ’90 album di pregevole fattura.
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Steve Kuhn, pianista
In queste due puntate di Birdland Maurizio Franco si china sull’arte pianistica di Steve Kuhn, musicista nato a New York nel 1938 e ancor oggi in piena attività.
Dopo gli esordi accanto al celebre quanto sfortunato baritonista Serge Chaloff, Kuhn ha suonato tra la metà degli anni ’50 e l’inizio del decennio successivo con alcuni tra i più grandi innovatori del jazz: Don Cherry, Ornette Coleman e da ultimo John Coltrane, di cui fu il primo pianista nel celebre quartetto.
Legato a filo diretto con la grande tradizione del moderno trio pianistico, Steve Kuhn ha contribuito a ridefinirlo assieme ad esimi colleghi quali Billy Evans e Paul Bley. Tra le sue recenti produzioni discografiche alcune di grande spessore per la tedesca ECM saranno qui prese in considerazione.
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Tim Berne, sassofonista e compositore
Musicista eclettico - sassofonista, compositore e leader di numerosi originali progetti - Tim Berne è originario di Syracuse, stato di New York, dove nasce nel 1954.
È solo nei primi anni ’70 che decide di dedicarsi completamente alla musica. Sarà Julius Hemphill sassofonista noto per la sua militanza nel World Saxophone Quartet e negli ambienti della cosiddetta loft generation, il suo mentore e maestro.
Tim Berne inizierà a segnalarsi come figura di rilievo della scena off newyorkese nei primi anni ’80, dapprima con album pubblicati dall’etichetta italiana Soul Note, poi con la tedesca JMT di Monaco.
Di rilievo in quel periodo e fin negli anni ’90 le collaborazioni con Bill Frisell, Paul Motian, Glenn Ferris e molti altri, nonché i suoi gruppi Miniature, Bloodcount, Paraphrase, Caos Totale, Science Friction.
Fra i suoi ultimi progetti di rilievo ricordiamo il colletivo Los Totopos e il gruppo Snakeoil.
Determinanti nello sviluppo della sua musica sono state le collaborazioni con altri protagonisti della scena avant-garde nuovayorkese come i batteristi Joey Baron e Tom Rainey, i contrabbassisti Mark Dresser e Michael Formanek, il pianista Craig Taborn.
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Anthony Braxton "New York Fall 1974"
Musicista che da sempre ha diviso pubblico e critica, Anthony Braxton è certamente da annoverare tra i sassofonisti e compositori di primo piano di quel jazz che, dopo il periodo del free jazz, ha tentato negli anni ’70 di collegarsi da una parte alle radici della grande tradizione della black music, dall’altra agli stimoli dell’avanguardia colta di matrice occidentale.
Dopo una parentesi in Europa, dove molti musicisti dell’area di Chicago – allora capitale della nuova onda del jazz nero d’avanguardia – si erano trasferiti per cercare ispirazione, Braxton torna a New York e strappa un contratto discografico con l’etichetta Arista. New York Fall 1974 è il primo disco pubblicato, produzione che segna un punto di svolta e che presenta un Braxton in pieno divenire. Al quartetto di base, composto assieme al trombettista Kenny Wheeler, al bassista Dave Holland e al batterista Jerome Cooper, si aggiungono in alcuni brani lo sperimentatore elettronico Richard Teitelbaum e quello che sarebbe poco dopo diventato il noto World Saxophone Quartet.
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Le grandi rassegne Newport, i primi anni 1954-1957
Di tanto in tanto Birdland si occupa dei festival che hanno dato lustro alla musica afro-americana e quello di Newport è senza dubbio il modello cui fecero riferimento le rassegne che nacquero in seguito. Nel 1954 una coppia dell’alta società della cittadina – Eliane e Louis Lorillard – ebbe l’idea di organizzare una serie di concerti, di incontri e tavole rotonde che avessero il jazz come tema di fondo. Contattato dai due coniugi, fu il produttore George Wein ad organizzare fattivamente l’evento che ebbe successo immediato, con ben più di 10.000 spettatori presenti nei due giorni previsti nel cartellone. Questa prima edizione si tenne nel Casino della città, alcuni concerti open air sul prato antistante. Da allora il nome di Newport è legato a doppio filo con il jazz. Non solo dunque al turismo, alla sede della US Navy o alla Coppa America di vela per i quali la cittadina dello stato del Rhode Island è famosa. La maggior parte delle prime edizioni furono diffuse e registrate da Voice of America: la documentazione è dunque a tal proposito di grande valore. Marcello Lorrai si chinerà dapprima sulle prime edizioni fino al 1957, per poi concentrarsi su quella “storica” del 1958 in una successiva serie.
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Arild Andersen, contrabbassista e compositore
Big Four è l’appellativo con cui si definiscono comunemente, in ambito turistico, i quattro fiordi norvegesi più belli e spettacolari. Tale appellativo è stato così trasposto nel mondo musicale da alcuni critici del jazz per indicare le personalità più rappresentative della musica improvvisata del paese nordico: il sassofonista Jan Garbarek, il chitarrista Terje Rypdal, il batterista Jon Christensen e il contrabbassista Arild Andersen che formarono tra l’altro a cavallo tra anni ’60 e ’70 uno straordinario ensemble. È a quest’ultimo che Claudio Sessa consacra questa serie di Birdland.
Arild Andersen, nato nel 1945, è un musicista centrale del jazz europeo sin dai primi anni '70. Ad inizio carriera ha fatto parte del sopraccitato quartetto, gruppo-faro dell'epoca e band pionieristica del moderno jazz scandinavo. In quel periodo ha pure avuto occasione di lavorare con musicisti americani di primo piano di passaggio in Europa: Phil Woods, Sonny Rollins, Dexter Gordon, Chick Corea, Stan Getz, Paul Bley. Fra gli ensembles da lui diretti in seguito ricordiamo il proprio quartetto degli anni '70 e, nel decennio successivo, il quintetto Mascalero dove spiccava la presenza di musicisti emergenti quali Nils Petter Molvear e Jon Balke. Andersen ha lavorato successivamente con la cantante folk Kirsten B.Berg al progetto Hyperborean (con il Cikada String Quartet) e con due trii, per certi versi antitetici: il primo assieme a Markus Stockhausen (tromba) e Patrice Héral (percussioni), l'altro con il pianista greco Vassilis Tsabropoulos e il batterista inglese John Marshall. Una delle sue opere di più ampio respiro è la bellissima Elektra, rielaborazione del celebre dramma di Sofocle, scritta su commissione per i Giochi Olimpici di Atene del 2004 e poi pubblicata (come gran parte della sua discografia) da ECM. Il trio con l'eccellente sassofonista britannico Tommy Smith e il batterista italiano Paolo Vinaccia e un quintetto dove ai tre si aggiungono anche Paolo Fresu e il pianista Marcin Wasilewski sono in ordine di tempo gli ultimi progetti del contrabbassista.
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Egberto Gismonti, chitarrista e pianista
Dopo la “scoperta” grazie a Miles Davis, tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70, di un Brasile diverso - non solo samba e bossa nova - grazie alla collaborazione in alcuni suoi dischi storici del periodo di un istrionico e carismatico multi strumentista-compositore che rispondeva al nome di Hermeto Pascoal, fino allora sconosciuto ai più, è il chitarrista e pianista Egberto Gismonti negli anni ’70 a precisare i contorni di Brasile musicale contemporaneo dove sulla tela di fondo di una variegatissima tradizione si innestano le influenze del jazz, dell’improvvisazione e di certa musica colta che ha nel compositore Heitor Villa Lobos il suo rappresentante più illustre.
Gismonti è nato a Carmo, stato di Rio de Janeiro, nel 1947. Sangue italiano e libanese nelle vene, ha studiato in Europa, a Parigi, in particolare con illustri maestri come Nadia Boulanger e il compositore Jean Barraqué. Tornato in Brasile approfondisce la musica popolare, nello specifico anche quella degli indios Xingù, e al tempo stesso suona in gruppi rock e jazz, si appassiona per il choro e si lascia influenzare da Ravel, Varèse, i compositori della scuola di Vienna. Suoi strumenti sono il pianoforte e poi la chitarra, che diventa la sua specialità quando inizia a sperimentare su strumenti a 8 e poi 10 corde.
La sua particolare vena creativa non sfugge all’attenzione per la contemporaneità dell’etichetta tedesca ECM, per la quale inizia a incidere nel 1977: è l’inizio di una nuova carriera che l’ha portato a diventare uno dei musicisti di primo piano della musica del nostro tempo. Al leggendario debutto con il disco Danças das Cabeças - in duo con il percussionista Nana Vasconcellos - seguirà lunga una serie di produzioni molto diverse una dall’altra. ECM, al quale il musicista è ancor oggi legato, ristamperà il catalogo giovanile del primo Gismonti e distribuirà anche le successive produzioni brasiliane del musicista pubblicate su label Carmo.
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Max Roach ''Percussion bitter sweet'' (1961)
Disco sulla stessa tematica - la lotta per i diritti civili dei neroamericani – di Freedom Now Suite (1960), altro capolavoro del batterista, Percussion Bitter Sweet esce l’anno successivo ed è per certi versi antitetico dal punto di vista musicale rispetto al precedente. Vi ritroviamo la splendida voce di Abbey Lincoln usata quasi come “colore” aggiunto che fluttua tra le voci degli altri strumenti, uno straordinario Eric Dolphy al clarinetto basso e ancora la tromba per certi versi straziante di Booker Little. I riferimenti politici sono molteplici: il brano iniziale è un omaggio al leader nero, sindacalista e scrittore di origine gamaicana, Macus Garvey mentre Tender Warriors è dedicato ai militanti della non violenza.
Claudio Sessa ci parla di questo disco essenziale del jazz moderno e ce ne propone i passaggi più significativi.
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Steve Lacy ''Evidence'' (1961)
Evidence è uno dei maggiori dischi prodotti da Steve Lacy, grande specialista del sax soprano, negli anni (siamo tra a cavallo tra i ’50 e i ’60) in cui approfondì, dopo aver lavorato per lungo tempo con il maestro, la musica di Thelonious Monk.
In questa registrazione del 1961 Lacy rilegge il “classico” monkiano del titolo e tre altri brani meno noti del pianista e compositore quali Let's Cool One, San Francisco Holiday e Who Knows, abbinandoli ad due altrettanto poco noti pezzi di Duke Ellington, quasi a segnare l’influenza che Il Duca ebbe sullo stesso Monk. Compagni di avventura in questo disco centrale del jazz moderno sono un eccelso Don Cherry alla tromba, Billy Higgins alla batteria e Carl Brown al contrabbasso.
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Ahmad Jamal, pianista
hmad Jamal, nato a Pittsburg nel 1930, è uno dei pianisti più influenti del jazz moderno. Si mette in evidenza giovanissimo nei primi anni ’50 con un trio assieme a chitarra e contrabbasso, che si tramuterà poi nel classico trio piano-basso-batteria nella seconda metà del decennio, sua formazione prediletta. Lontano dai virtuosismi del bop e del post-bop, Jamal ha percorso una sua originale strada legata idealmente all’estetica del cool jazz anche se non possiamo considerarlo esponente ufficiale di quest’ultima. Fraseggio personale di grande respiro, attenzione all’aspetto ritmico, dilatazione dello spazio sonoro e utilizzo di tutti i registri della tastiera sono alcune delle caratteristiche del suo pianismo che uno come Miles Davis considerava, all’epoca dell’apparizione di Jamal sulla scena del jazz moderno, tra i più innovativi.
Bill Evans, Paul Bley e successivamente anche Jarrett hanno debiti nei confronti di un musicista che, dopo il grande successo ottenuto con i primi dischi negli anni ’50 e una fase di eclissi durata a lungo, si è riproposto nel pieno della sua arte dalla fine degli anni ’80 ed è ancor oggi, ormai entrato nella categoria degli ottuagenari, in piena attività.
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Derive blues: Taj Mahal
Nelle incursioni blues che Ricardo Bertoncelli ci propone di tanto in tanto in Birdland, questa settimana è la volta di Taj Mahal.
Nato come Henry Saint Clair Fredericks jr. nel 1942 e cresciuto nel Massachusetts in una famiglia di musicisti (il padre era un pianista jazz ed un reputato arrangiatore che una come Ella Fitzgerald chiamava “the Genius” - la madre attiva nell’educazione) Taj Mahal è un bluesman atipico, da sempre attento alle influenze più disparate che vanno dal gospel alla musica caraibica, dal crogiuolo di tradizioni del Sud degli Stati Uniti fin alla musica delle Hawaii. Degli interessi diremmo enciclopedici, frutto anche di un ambiente familiare dove sia ascoltava molta radio e tanti dischi e dove le visite di musicisti i più diversi erano ricorrenti; interessi che non per caso si sono incrociati ad inizio carriera, dopo degli studi in agronomia, a quelli di Ry Cooder - il chitarrista, cantante e poi celebrato produttore, uno dei massimi conoscitori della musica delle Americhe – con il quale formò in California il gruppo dei Rising Sons.
In queste quattro puntate di Birdland si passerà in rassegna la carriera ormai lunghissima di un musicista che, grazie ad un’arte sempre aperta al confronto, è riuscito a ritagliarsi un’ampia popolarità presso le audiences più diverse.
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Bill Evans compositore
In passato la figura del pianista Bill Evans, personalità di primo piano del jazz moderno, è stata spesso al centro dell’attenzione nel nostro spazio di storia del jazz.
Quando ci si accosta ad Evans lo si fa quasi esclusivamente pensando alla sua vena di interprete e stilista del pianoforte, ma questa volta Maurizio Franco sposta l’accento andando ad indagare piuttosto il suo ingegno di compositore.
Bill Evans ha scritto molto e ha lasciato un repertorio che in parte è diventato classico.
Nel corso di questa serie di Birdland si potranno ascoltare alcuni brani - primo fra tutti Waltz for Debby, certamente sua la composizione più frequentata dai collgehi, ma anche Time remembered, Very Early, Periscope, Funkallero e altri – nella versione originale e poi nella rilettura che ne hanno dato i musicisti più diversi.
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I grandi festival: Duke Ellington a Newport 1958
Di tanto in tanto Birdland si occupa dei festival che hanno dato lustro alla musica afro-americana e quello di Newport è senza dubbio il modello cui fecero riferimento le rassegne che nacquero in seguito.
Nel 1954 una coppia dell’alta società della cittadina – Eliane e Louis Lorillard – ebbe l’idea di organizzare una serie di concerti, di incontri e tavole rotonde che avessero il jazz come tema di fondo. Contattato dai due coniugi, fu il produttore George Wein ad organizzare fattivamente l’evento che ebbe successo immediato, con ben più di 10.000 spettatori presenti nei due giorni previsti nel cartellone. Questa prima edizione si tenne nel Casino della città, alcuni concerti open air sul prato antistante. Da allora il nome di Newport è legato a doppio filo con il jazz, non solo dunque al turismo, alla sede della US Navy o alla Coppa America di vela per i quali la cittadina dello stato del Rhode Island è famosa.
La maggior parte delle prime edizioni furono diffuse e registrate da Voice of America: la documentazione è dunque a tal proposito copiosa e di grande valore. Marcello Lorrai si occuperà in questa serie di Birdland del programma speciale – una giornata intera – dedicato alla figura di Duke Ellington che il festival organizzò per l’edizione del 1958: non solo l’esibizione stessa della celebre orchestra ellingtoniana ma pure i concerti in suo omaggio tenuti da alcuni grandi nomi del jazz invitati a tal proposito.
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Incontro con Flavio Ambrosetti
La riproposta di quest’incontro (in due parti) con Flavio Ambrosetti realizzato da Paolo Keller nel 1996 per il programma di Rete Due Filo diretto completa, accanto al ciclo di Maurizio Franco andato in onda nei giorni scorsi, la serie di trasmissioni che Birdland dedica questa settimana alla figura del sassofonista ticinese, scomparso lo scorso mese di agosto all’età di 93 anni.
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Soft Machine e Robert Wyatt – la storia
Soft Machine furono uno dei gruppi più influenti del jazz-rock e del progressive inglese fra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70. Usciti fuori dal circolo dei college inglesi, in particolare dalla fertile scena artistica di Canterbury, il loro nome – in italiano La macchina morbida - era preso a prestito da un omonima novella di Williams Burroughs dei primi anni ’60. Il loro sound in gran parte elettrificato, con la presenza di improvvisazione jazzistica e di elementi di psichedelìa, con l’uso stralunato e spiazzante delle voci, contribuì ad aprire le porte a nuove e coraggiose tendenze della musica dell’epoca. Tra le figure di maggior spicco dell’ensemble ricordiamo il membro fondatore – cantante e chitarrista - Daevid Allen (che lasciò il gruppo ben presto) e certamente il batterista (e pure lui cantante) Robert Wyatt, che proseguì ad un certo punto la sua carriera in solitaria, non senza prima aver dato il suo contributo essenziale alle fortune della band.
Riccardo Bertoncelli, vero specialista in materia, ci racconta in questo suo ciclo di Birdland le storie parallele del gruppo e dello stesso Wyatt.
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The Rock & Pop Songbook
Il repertorio del jazz, accanto alle composizioni originali dei suoi protagonisti, si è alimentato sin dall’inizio con brani dalle più disparate provenienze. Tra queste il rag-time, il blues e poi in particolar modo le songs più popolari tratte dai musicals di Broadway. Standard venne quindi definita una canzone di grande popolarità, condivisa da un vasto pubblico, sulla struttura della quale i jazzisti creavano le loro improvvisazioni. In tempi recenti a rinnovare tale repertorio hanno contribuito pure temi e canzoni di provenienza rock e pop, delle covers d’autore che sono andate a rinnovare quello che è stato definito in origine il “Great American Songbook”.
Riccardo Bertoncelli propone queste settimana una quarta serie sul tema, dove scorreranno via via nuove declinazioni in chiave jazz di brani scritti da Steve Miller Band, Donovan, Dylan fino a Joni Mitchell.
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Edited by Elrond_55 - 4/4/2015, 18:02
 
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Chick Corea compositore
In passato la figura del pianista Chick Corea, personalità di primo piano del jazz moderno, è stata spesso al centro dell’attenzione nella nostro spazio di storia del jazz, soprattutto per quanto riguarda la sua stoffa di interprete e bandleader.
Questa volta, come fatto di recente con Bill Evans, Maurizio Franco sposta l’accento andando ad indagare piuttosto l’ingegno di Chick Corea come compositore, che ha in repertorio opere le più diverse: dalle miniature dei Children Songs ai brani scritti per il trio nelle più diverse epoche, dalle composizioni per i suoi gruppi elettrici fino agli ultimi lavori per altri tipi di organico. Numerose sono le composizioni uscite dalle penne di Corea diventate oggi quasi degli standards e rivisitate da altri colleghi della scena jazzistica.
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Gary Burton, vibrafonista
Il vibrafono, strumento della famiglia delle percussioni, fu inventato negli Stati Uniti negli anni ’20 e si impose da subito negli ambienti del jazz. Lionel Hampton e poi Red Norvo ne furono i primi virtuosi, durante l’era classica della musica afro-americana. Passato un po’ di moda, il vibrafono è stato recuperato in tempi più moderni grazie ad alcuni strumentisti quali Milt Jackson e in seguito Gary Burton. Nato nel 1943 in Indiana, studente al Berkelee College of Music di Boston nei primi anni’60, Burton è da considerare il maggior vibrafonista jazz contemporaneo. Sin dai primi anni ’60 si mise in mostra con alcuni preziosi dischi a suo nome, contribuendo poi a sviluppare il suo strumento nella fusion e nel jazz moderno. Ha suonato con i più grandi del jazz, da George Shearing a Stan Getz, da Keith Jarrett, Chick Corea, Herbie Hancock ai maggiori chitarristi di oggi quali John Scofield, Pat Metheny, Ralph Towner. Uno dei suoi maggiori contributi allo sviluppo dello strumento è quello della tecnica delle quattro bacchette che, usata solo sporadicamente nel passato, è stata da lui perfezionata e resa comune.
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Mike Westbrook, lord del jazz inglese
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Dave Douglas, trombettista
Il trombettista Dave Douglas è una delle maggiori figure di strumentista, compositore e bandleader venute alla ribalta sulla scena musicale nuovayorkese dalla metà degli anni ’80. Tra le sue collaborazioni rilevanti come performer ricordiamo quelle con Bill Frisell, Joe Lovano, John Zorn (in particolare nel gruppo Masada), Uri Caine ed Anthony Braxton, mentre come capogruppo ha dato vita ad un suo quintetto acustico, alla band elettrica Keystone, all’ensemble cameristico Nomad, al gruppo di fiati Brass Ecstasy. Come autore ha ricevuto commissioni da enti quali il Birmingham Contemporary Music Group, il Norddeutscher Rundfunk, l’Orchestra Filarmonica di Essen, la compagnia di danza di Trisha Brown, la Library of Congress e la Stanford University. Ad oggi ha pubblicato più di una ventina di album a suo nome con le etichette Soul Note, Bluebird/RCA e Greenleaf Music. Claudio Sessa gli dedica in Birdland questo approfondito ritratto.
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I grandi festival: Newport 1958
Birdland si occupa di tanto in tanto dei festival che hanno dato lustro alla musica afro-americanae quello di Newport è senza dubbio il modello cui fecero riferimento le rassegne nate in seguito.
Nel 1954 una coppia dell’alta società della cittadina – Eliane e Louis Lorillard – ebbe l’idea di organizzare una serie di concerti, di incontri e tavole rotonde che avessero il jazz come tema di fondo. Contattato dai due coniugi, fu il produttore George Wein ad organizzare fattivamente l’evento che ebbe successo immediato, con ben più di 10.000 spettatori presenti nei due giorni previsti nel cartellone. Questa prima edizione si tenne nel Casino della città, alcuni concerti open air sul prato antistante. Da allora il nome di Newport è legato a doppio filo con il jazz, non solo dunque al turismo, alla sede della US Navy o alla Coppa America di vela per i quali la cittadina dello stato del Rhode Island è famosa.
La maggior parte delle prime edizioni furono diffuse e registrate da Voice of America: la documentazione è dunque a tal proposito copiosa e di grande valore. Marcello Lorrai, dopo aver passato in rassegna nella precedente serie la giornata speciale dedicata alla figura di Duke Ellington, ci propone stavolta alcune chicche dal resto del programma presentato a Newport nell’edizione del 1958, quella più ricca di documenti sonori di grande livello artistico: Gerry Mulligan, una splendida Anita O’Day, Jimmy Giuffre, Max Roach, Thelonious Monk ma anche Mahalia Jackson, Ray Charles e Chuck Berry sono alcuni dei protagonisti di quella storica annata.
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La Mel Lewis – Thad Jones Orchestra
Il batterista Mel Lewis (1929-1990), enfant prodige della batteria, si era formato alla scuola di Stan Kenton negli anni ’50 ed aveva collaborato più tardi con nomi altisonanti del jazz come quelli di Dizzy Gillespie, Benny Goodman e Gerry Mulligan. Musicista specializzato a “tenere le bacchette” nelle grandi formazioni orchestrali nel 1965 decide di formare la propria big band, in un momento dove il genere del jazz orchestrale era in deciso declino. Si associa in questa avventura al cornettista e trombettista Thad Jones (1923-1986, uno dei tre fratelli Jones del jazz moderno, con il drummer Elvin e il pianista Hank), che si era distinto per la sua militanza di quasi dieci anni (fino al 1963) nell’orchestra di Count Basie.
L’orchestra si organizza inizialmente come band di jam session al Village Vanguard di New York, dove si propone come richiamo fisso ogni lunedi sera già nei primi mesi del 1966. In breve tempo diventa il punto di riferimento imprescindibile del moderno jazz per big band, con il suo stile che mescola sapientemente lo swing , il bop e l’hard bop, con i suoi arrangiamenti virtuosi - firmati spesso da Jones - che richiedono una grande perizia tecnica da parte degli esecutori. Dell’orchestra faranno parte tra gli altri Marvin Stamm, Snooky Young e un giovane Jon Faddis tra le trombe;
Bob Brookmeyer e Jimmy Knepper nelle sezione dei tromboni; Pepper Adams, Billy Harper, Eddie Daniels, Joe Farrell in quella delle ance. L’orchestra produrrà una notevole discografia e si esibirà spesso in tour anche in Europa. Il suo Live in Munich registrato nel 1976 e pubblicato l’anno successivo riceverà il Grammy Award.
Subito dopo, e con la sorpresa di tutti, Thad Jones lascerà New York per trasferirsi a Copenhagen. Malgrado ciò l’orchestra – da allora solo a nome di Mel Lewis – continuerà a proporsi in concerto e a registrare dischi fino alla morte del batterista sopraggiunta nel 1990. Grazie alla grande fama acquisita e in omaggio ai suoi fondatori, l’orchestra non si scioglierà ma anzi proseguirà un’intensa attività fino ai nostri giorni, riscuotendo ancora interesse e successi, come i due Grammy vinti nel 2004 (progetto Slide Hampton) e nel 2008.
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Dave Douglas, trombettista
Il trombettista Dave Douglas è una delle maggiori figure di strumentista, compositore e bandleader venute alla ribalta sulla scena musicale nuovayorkese dalla metà degli anni ’80. Tra le sue collaborazioni rilevanti come performer ricordiamo quelle con Bill Frisell, Joe Lovano, John Zorn (in particolare nel gruppo Masada), Uri Caine ed Anthony Braxton, mentre come capogruppo ha dato vita ad un suo quintetto acustico, alla band elettrica Keystone, all’ensemble cameristico Nomad, al gruppo di fiati Brass Ecstasy. Come autore ha ricevuto commissioni da enti quali il Birmingham Contemporary Music Group, il Norddeutscher Rundfunk, l’Orchestra Filarmonica di Essen, la compagnia di danza di Trisha Brown, la Library of Congress e la Stanford University. Ad oggi ha pubblicato più di una ventina di album a suo nome con le etichette Soul Note, Bluebird/RCA e Greenleaf Music. Claudio Sessa gli dedica in Birdland questo approfondito ritratto.
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I grandi festival - Newport 1958
Birdland si occupa di tanto in tanto dei festival che hanno dato lustro alla musica afro-americanae quello di Newport è senza dubbio il modello cui fecero riferimento le rassegne nate in seguito.
Nel 1954 una coppia dell’alta società della cittadina – Eliane e Louis Lorillard – ebbe l’idea di organizzare una serie di concerti, di incontri e tavole rotonde che avessero il jazz come tema di fondo. Contattato dai due coniugi, fu il produttore George Wein ad organizzare fattivamente l’evento che ebbe successo immediato, con ben più di 10.000 spettatori presenti nei due giorni previsti nel cartellone. Questa prima edizione si tenne nel Casino della città, alcuni concerti open air sul prato antistante. Da allora il nome di Newport è legato a doppio filo con il jazz, non solo dunque al turismo, alla sede della US Navy o alla Coppa America di vela per i quali la cittadina dello stato del Rhode Island è famosa.
La maggior parte delle prime edizioni furono diffuse e registrate da Voice of America: la documentazione è dunque a tal proposito copiosa e di grande valore. Marcello Lorrai, dopo aver passato in rassegna nella precedente serie la giornata speciale dedicata alla figura di Duke Ellington, ci propone stavolta alcune chicche dal resto del programma presentato a Newport nell’edizione del 1958, quella più ricca di documenti sonori di grande livello artistico: Gerry Mulligan, una splendida Anita O’Day, Jimmy Giuffre, Max Roach, Thelonious Monk ma anche Mahalia Jackson, Ray Charles e Chuck Berry sono alcuni dei protagonisti di quella storica annata.
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Kenny Barron, pianista
Nato nel 1943 a Philadelphia e venuto alla ribalta all'inizio degli anni '60 accanto a Dizzy Gillespie, Kenny Barron è uno dei maggiori pianisti jazz in attività. Depositario della tradizione del be-bop, nel suo stile si riconoscono le diverse influenze del pianismo nero, in una linea che da Oscar Peterson, passando per Thelonious Monk, arriva a Herbie Hancock e McCoy Tyner. Tecnico eccellente, ricercatore di sonorità sempre nuove, fine elaboratore di armonie inusuali, Barron ha accompagnato un po' tutti i grandi nomi del jazz contemporaneo (Stan Getz, Freddie Hubbard, Ron Carter, Bobby Hutcherson, Milt Jackson…). A partire dagli anni '80 la sua immagine di sideman di lusso é cambiata: ha iniziato a proporsi come leader ed ha pubblicato a suo nome numerosi dischi eccelsi. Claudio Sessa ne propone qui un approfondito ritratto.
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La Mel Lewis - Thad Jones Orchestra
Il batterista Mel Lewis (1929-1990), enfant prodige della batteria, si era formato alla scuola di Stan Kenton negli anni ’50 ed aveva collaborato più tardi con nomi altisonanti del jazz come quelli di Dizzy Gillespie, Benny Goodman e Gerry Mulligan. Musicista specializzato a “tenere le bacchette” nelle grandi formazioni orchestrali nel 1965 decide di formare la propria big band, in un momento dove il genere del jazz orchestrale era in deciso declino. Si associa in questa avventura al cornettista e trombettista Thad Jones (1923-1986, uno dei tre fratelli Jones del jazz moderno, con il drummer Elvin e il pianista Hank), che si era distinto per la sua militanza di quasi dieci anni (fino al 1963) nell’orchestra di Count Basie.
L’orchestra si organizza inizialmente come band di jam session al Village Vanguard di New York, dove si propone come richiamo fisso ogni lunedi sera già nei primi mesi del 1966. In breve tempo diventa il punto di riferimento imprescindibile del moderno jazz per big band, con il suo stile che mescola sapientemente lo swing , il bop e l’hard bop, con i suoi arrangiamenti virtuosi - firmati spesso da Jones - che richiedono una grande perizia tecnica da parte degli esecutori. Dell’orchestra faranno parte tra gli altri Marvin Stamm, Snooky Young e un giovane Jon Faddis tra le trombe;
Bob Brookmeyer e Jimmy Knepper nelle sezione dei tromboni; Pepper Adams, Billy Harper, Eddie Daniels, Joe Farrell in quella delle ance. L’orchestra produrrà una notevole discografia e si esibirà spesso in tour anche in Europa. Il suo Live in Munich registrato nel 1976 e pubblicato l’anno successivo riceverà il Grammy Award.
Subito dopo, e con la sorpresa di tutti, Thad Jones lascerà New York per trasferirsi a Copenhagen. Malgrado ciò l’orchestra – da allora solo a nome di Mel Lewis – continuerà a proporsi in concerto e a registrare dischi fino alla morte del batterista sopraggiunta nel 1990. Grazie alla grande fama acquisita e in omaggio ai suoi fondatori, l’orchestra non si scioglierà ma anzi proseguirà un’intensa attività fino ai nostri giorni, riscuotendo ancora interesse e successi, come i due Grammy vinti nel 2004 (progetto Slide Hampton) e nel 2008.
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Ralph Towner, chitarrista
Ralph Towner (1940) è uno dei chitarristi contemporanei più noti nell'ambito del jazz e della musica improvvisata. Componente ad inizio carriera del Paul Winter Consort, è stato alla fine degli anni '60 pioniere dell'odierna world music. Con alcuni membri di quel gruppo ha dato poi vita ai leggendari (e tutt'ora attivi) Oregon, ensemble che mescola sapientemente musiche folk, musica indiana, improvvisazione jazzistica ed elementi di musica colta contemporanea di matrice europea. Towner ha parallelamente sviluppato una carriera di solista ben documentata dalle numerose registrazioni per ECM, anche in combinazione con musicisti quali Gary Burton, Colin Walcott, Jan Garbarek, Eberhard Weber, Kenny Wheeler e diversi altri. Riccardo Bertoncelli passerà in rassegna la brillante carriera di questo specialista assoluto della “sei corde”.
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I grandi festival: Newport 1959 e 1960
Birdland si occupa di tanto in tanto dei festival che hanno dato lustro alla musica afro-americana e quello di Newport è senza dubbio il modello cui fecero riferimento le rassegne nate in seguito. Nel 1954 una coppia dell’alta società della cittadina – Eliane e Louis Lorillard – ebbe l’idea di organizzare una serie di concerti, di incontri e tavole rotonde che avessero il jazz come tema di fondo. Contattato dai due coniugi, fu il produttore George Wein ad organizzare fattivamente l’evento che ebbe successo immediato, con ben più di 10.000 spettatori presenti nei due giorni previsti nel cartellone. Questa prima edizione si tenne nel Casino della città, alcuni concerti open air sul prato antistante. Da allora il nome di Newport è legato a doppio filo con il jazz, non solo dunque al turismo, alla sede della US Navy o alla Coppa America di vela per i quali la cittadina dello stato del Rhode Island è famosa. La maggior parte delle prime edizioni furono diffuse e registrate da Voice of America: la documentazione è dunque a tal proposito copiosa e di grande valore. Marcello Lorrai, dopo aver passato in rassegna in precedenti serie le edizioni fino al 1958, si concentra qui su quelle del 1959 e 1960. Dave Brubeck (che presenta nell’occasione dal vivo il materiale del suo noto album Time Out), Thelonious Monk, Nina Simone (il suo At Newport 1960 è un classico), Gerry Mulligan sono alcuni dei musicisti che si potranno ascoltare. Inoltre si accennerà al Newport Folk Festival che debutta proprio nel 1960 (con la presenza tra l’altro di Pete Segeer), alle contestazioni del pubblico per alcune performances ritenute irrispettose (in primis quella di Muddy Waters) e al contro-festival organizzato in un’altra sala della città da musicisti come Charles Mingus e Max Roach per sottolineare il carattere secondo loro troppo mainstream del programma ufficiale e la poca attenzione, d’altra parte, agli innovatori del linguaggio jazzistico.
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“Clifford Brown & Max Roach” (1954-55)
Clifford Brown è stato uno negli anni ’50 dei maggiori trombettisti dell’era dell’hard bop, una carriera la sua stroncata a soli 26 anni (nel 1956) quando il musicista aveva ormai raggiunto una prima maturità. Formò con il batterista Max Roach una formidabile coppia artistica e il loro gruppo ci ha lasciato alcune delle più vivide registrazioni di quell’epoca d’oro del jazz. Questo album intitolato semplicemente con i loro nomi è fra i pochi album ufficiali del quintetto usciti come tali all’epoca e vi sono raccolte alcune delle chicche del gruppo. Fra queste, accanto ad alcuni standards, numerose composizioni dello stesso Brown.
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Swiss Radio Days 01
Sin dagli anni ’90 l’etichetta discografica TCB di Montreux, in collaborazione con la SRG SSR, pubblica regolarmente registrazioni storiche di concerti jazz tenutisi in Svizzera a partire dal secondo dopoguerra. È un prezioso archivio sino a poco fa conosciuto a pochi addetti ai lavori e che sta diventando a poco a poco di dominio pubblico. Il primo volume della serie è dedicato ad un esibizione della big band di Quincy Jones registrata a Losanna nel 1960, presente in questa rassegna curata da Maurizio Franco. Tra le altre registrazioni qui presentate vi è la più antica sin ad ora pubblicata, con l’orchestra del trombettista, clarinettista e arrangiatore Don Redman in concerto a Ginevra nel 1946; inoltre i concerti degli anni ’50 di due eroi dello swing come Count Basie e Benny Goodman per finire con la Concert Jazz Band di Gerry Mulligan ripresa a Zurigo nel 1960.
01 Gerry Mulligan Concert Jazz Band feat. Zoot Sims - Zurigo 1960
02 Don Redman Orchestra - Ginevra 1946
03 Count Basie Mustermesse - Basilea 1956
04 ]Quincy Jones Orchestra - Losanna 1960
05 Benny Goodman - Losanna 1950
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Keith Jarrett “Bye Bye Blackbird” (1991)
Bye Bye Blackbird fu registrato nell’ottobre 1991 dal trio di Keith Jarrett in omaggio a Miles Davis, a pochi giorni dalla morte del grande trombettista. È una delle incisioni più pregnanti e significative di questa grande formazione del jazz contemporaneo che Jarrett aveva inaugurato circa dieci anni prima, con Gary Peacock al contrabbasso e Jack DeJohnette alla batteria. A differenza di molte registrazioni precedenti e successive del trio, quasi sempre live, questa fu realizzata in studio. Dall’apertura del disco affidata allo standard così amato da Miles, title track dell’album, si arriva al finale-coda improvvisato sullo stesso tema attraverso un percorso ben studiato che presenta standards e originals che fanno riferimento alla carriera del maestro: For Miles, You won’t forget me, I thought about you e altri.
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Jimmy & Tommy Dorsey
I fratelli Dorsey hanno marcato a loro modo l’era dello swing. Originari della Pennsylvania, erano nati nei primi anni del secolo in una famiglia di modeste origini. Fu il padre che impartì loro le prime lezioni di musica e insieme iniziarono la carriera nei primi anni ’20 fondando i Dorsey’s Novelty Six. Il gruppo, che nel 1928 cambiò il proprio nome in Dorsey Brothers Orchestra, ebbe un buon successo e alla fine del decennio sfornò uno dei suoi maggiori hit, il brano Let’s do it cantato da Bing Crosby. I due fratelli (un anno e mezzo la loro differenza di età) presero vie diverse con l’inizio degli anni’30. Tommy (1905-1956), il trombonista e direttore d’orchestra, fondò un nuovo gruppo che ebbe tra l’altro nelle sue fila il giovane Frank Sinatra. Tra le sue altre preziose collaborazioni ricordiamo quelle con Armstrong, Goodman, Paul Whiteman e Art Tatum. Jimmy, il più anziano dei due (1904-1957), era sassofonista e clarinettista. Fu lui a tenere viva l’orchestra fondata con il fratello, ribattezzandola nel 1935 a suo nome e dirigendola per tutti gli anni ’40 fino al 1953 quando i due, riconciliatisi dopo anni di incomprensioni, si ritrovarano nei Fabulous Dorseys. Grandi stars dell’establishment musicale statunitense e tra i maggiori rappresentanti del jazz classico “bianco”, i due fratelli furono anche apprezzati attori in numerose pellicole hollywoodiane.
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Swiss Radio Days 02
Sin dagli anni ’90 l’etichetta discografica TCB di Montreux, in collaborazione con la SRG SSR, pubblica regolarmente registrazioni storiche di concerti jazz tenutisi in Svizzera a partire dal secondo Dopoguerra. È un prezioso archivio sino a poco fa conosciuto dai soli addetti ai lavori e che a poco a poco sta ora diventando di dominio pubblico. Dopo una prima serie dedicata a dei concerti nel nostro paese di Quincy Jones, Count Basie e Gerry Mulligan, Maurizio Franco ci presenta stavolta un’esibizione del grande batterista Art Blakey a Losanna nel 1960, l’entusiasmante serata zurighese dell’8 aprile di quello stesso anno – dove sul palco del Kongresshaus sfilarono di seguito dei giganti quali Miles Davis, Stan Getz e Oscar Peterson – e il memorabile concerto del quintetto di un Cannonball Adderley al culmine della sua arte (con tra gli altri Joe Zawinul al piano) all’Auditorio RSI di Lugano nel 1963.
01 Oscar Peterson – Zurigo, 8 aprile 1960
02 Stan Getz – Zurigo, 8 aprile 1960
03 Miles Davis – Zurigo, 8 aprile 1960
04 Art Blakey – Losanna 1960
05 Cannoball Adderley Sextet – Lugano 1963
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L'universo sonoro di Sun Ra a 20 anni dalla scomparsa
Sun Ra – pianista, compositore, direttore d’orchestra statunitense, nato come Herman Poole Blount in Alabama nel 1914 e scomparso nel 1993 – è stato uno dei grandi visionari del jazz moderno. Personaggio bizzarro, musicista estroverso, durante gli studi al college che affianca a quelli musicali dice di aver avuto una strana avventura: sarebbe stato teletrasportato su Saturno, dove il suo corpo avrebbe cambiato forma. Non solo: gli extraterrestri lo avrebbero consigliato di lasciare il college in favore della musica. Detto, fatto. Dopo un periodo in carcere per obiezione di coscienza, nel 1945 è a Chicago dove si appassiona della vitalità musicale della città ma pure delle culture e delle religioni extraeuropee, di quelle dell’antico Egitto e del culto del Dio Sole in particolare. Cambia così il suo nome in Sun (sole) Ra (Dio, in antico egiziano) e conosce alcuni musicisti - tra cui i sassofonisti John Gilmore e Marshall Allen che lo accompagneranno per tutta la carriera con i quali darà vita al primo nucleo della Arkestra, sorta di “comune” musicale e di vita che acquisirà in seguito le più diverse e fantasiose denominazioni. E’ l’inizio di una straordinaria avventura artistica che condurrà la banda dapprima a New York, in seguito a Filadelfia e poi sulla West Coast in concomitanza con la diffusione della cultura hippy, prima di decollare per concerti nel mondo intero. A Maurizio Franco il non facile compito in questa serie di Birdland di dar conto della complessa vicenda umana ed artistica di un personaggio che a trent’anni dalla scomparsa fa ancora discutere gli appassionati di musica.
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Rex Stewart, trombettista
La figura di Rex Stewart è fra le più importanti per quanto riguarda il suo strumento, la cornetta, nel jazz classico. Nato nel 1907, lo ricordiamo innanzitutto come fido collaboratore di Duke Ellington sin dalla metà degli anni ’30 e fino al 1946: con il suo suono e il suo fraseggio contribuì non poco a forgiare il marchio di fabbrica della famosa orchestra. Tra le sue altre militanze citiamo quelle con Fletcher Henderson e più tardi con Benny Carter. Nella sua lunga carriera ha pure dato vita a proprie piccole formazioni, tra le quali la più famosa è senza dubbio il Rextette attiva tra la fine dei ’40 e l’inizio dei ’50. Nello stile di rex Stewart si riconosce inizialmente l’influenza della musica di New Orleans e di Louis Armstrong in particolare. Poi il suo suono si farà più personale e l’invenzione di nuove tecniche di emissione, che faranno scuola, contribuirà a farne uno dei precursori della moderna tromba jazz. Stewart è stato oltre che musicista anche attore (lo si apprezza in diversi film, tra i quali il noto Hellzapoppin’) e pure giornalista. Claudio Sessa ricorda in questa serie di Birdland le tappe fondamentali della carriera.
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Dixieland Jass Band
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Jazz rock & progressive inglese: Ian Carr & Nucleus
Formati nel 1969 dal trombettista Ian Carr, i Nucleus furono fra i primissimi gruppi della scena inglese ad abbracciare il nuovo credo del jazz-rock lanciato da Miles Davis. Sin dal loro primo disco Elastic rock (Vertigo 1970) la band - con una line-up che oltre al leader comprendeva Karl Jenkins (oboe, piano), Brian Smith (sax, flauto), Chris Spedding (chitarra, bouzouki), Jeff Clyne (basso) e John Marshall (batteria) – si segnalò per la perizia tecnica e per una vena musicale che li assimilava appunto al mondo sonoro del nuovo Miles Davis più che al sound dell’emergente scena di Canterbury, alla quale erano comunque legati. I Nucleus di Ian Carr – che diventò poi anche apprezzato saggista (sua la nota biografia di Davis) – restano una delle più belle espressioni della musica inglese a cavallo tra i ’60 e i ’70. Riccardo Bertoncelli ne traccia questo approfondito ritratto.
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In ricordo di Butch Morris, compositore e direttore (1947-2013)
Butch Morris, nato in California nel 1947 e scomparso alla fine dello scorso mese di gennaio, è stato un influente musicista del jazz contemporaneo. Era cornettista, compositore e direttore d’orchestra statunitense. E’ noto per aver sviluppato un suo metodo di direzione d’ensemble da lui chiamato semplicemente conduction che ha portato alle estreme conseguenze il rapporto, da sempre centrale nel jazz, tra idea compositiva ed immediatezza dell’esecuzione: nessuna partitura o parte scritta in maniera tradizionale, eventualmente solo qualche appunto o schizzo grafico ( nelle performances chiamate induction), altrimenti unicamente la sua complessa gestualità di fronte all’orchestra a suggerire attacchi, tempi, ritmi, articolazioni, dinamiche, forme sonore dell’improvvisazione collettiva. E’ in California, rientrato dal servizio militare, che Morris entra in contatto con la fertile scena di Los Angeles e Oakland, lavorando con gente come Horace Tapscott, Diamanda Galas, James Newton, poi con ancora Ray Anderson e Ornette Coleman. Il trasferimento prima a New York, poi in Europa gli permette di farsi conoscere ad un pubblico più vasto: si esibisce negli ensembles di David Murray e di Frank Lowe, viene invitato ad insegnare in Olanda e in Francia. Con la metà degli ani ’80 rientra a New York per dare il via alle sue conductions: a fine carriera se ne conteranno quasi 200 diverse, alcune delle quali raccolte su disco, altre invece irrimediabilmente perdute perché non incise. Tra gli gruppi di musica contemporanea con cui ha lavorato ricordiamo, a parte i tanti montati ad hoc, il New World Ensemble della Florida State University, il Maarten van Altena Group, il Süleyman Erguner Ensemble di Istanbul (dove ha insegnato per diversi anni) o ancora il collettivo Burnt Sugar e la NuBlu Orchestra. Innumerevoli i festival internazionali dove è stato invitato: Berlino, Londra, Barcellona, la Documenta di Kassel (1992), Angelica a Bologna (1993), Biennale di Venezia, Festival di Verona. Claudio Sessa ricorda in questa singola puntata di Birdland i tratti essenziali dell’arte di Butch Morris.
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Lee Morgan ''The sidewinder'' (1963)
Lee Morgan è stato negli anni ’50 uno dei più influenti trombettisti dell’hard bop, guida stilistica di colleghi quali Freddie Hubbard o Woody Shaw. Carriera vissuta febbrilmente la sua e terminata presto: morì a 34 anni ucciso con un’arma da fuoco dalla moglie.
The Sidewinder, album registrato alle fine del 1963 e pubblicato l’anno successivo, è da considerare uno dei manifesti del cosiddetto soul jazz, nato come incontro tra l’hard bop canonico e ritmi più decisamente funky. Ebbe un successo clamoroso ed entrò facilmente nelle top 100 delle classifiche del pop: basti pensare che i produttori ne stamparono inizialmente solo qualche migliaio di copia andate vendute in pochi giorni.
Del gruppo cha affianca Morgan in questa splendida performance fanno parte Joe Henderson al tenore, Barry Harris al piano, Bob Cranshaw al basso e un magistrale Billy Higgins dietro i tamburi e piatti.
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Incursioni rock-blues: Stevie Ray Vaughan, chitarrista
Ogni tanto il nostro spazio radiofonico di storie jazz si tinge di blu. Stavolta siamo al cospetto di uno dei chitarristi che hanno fatto la storia del blues (e del rock-blues) moderno, il texano Stevie Ray Vaughan. Nella sua breve carriera, che si concentra negli anni’80, Vaughan ha lasciato il segno. Il suono della sua chitarra – debitore dell’esperienza hendrixiana – resta inconfondibile: è ruvido, crudo, grezzo, sensuale, trascinante, elettrico, animale, un suono inconfondibile con cui ogni chitarrista blues, volente o nolente, sarà costretto a confrontarsi da allora in poi. Voce rauca, tocco sulla chitarra unico, Stevie Ray Vaughan ha abbinato la vitalità selvaggia della sua musica ad una vicenda personale dominata da sregolatezza e disordine, con gravi problemi dovuti all’abuso di droghe ed alcool. Riccardo Bertoncelli ripercorre la biografia e la storia discografica di questo musicista nato a Dallas nel 1954 e scomparso nel 1990 in un incidente d’elicottero, quando aveva soli 36 anni ed era ancora nel pieno dell’attività.
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Pharoah Sanders ''Tauhid'' (1966)
A parte il debutto discografico da leader (“Pharoah First”) tutti i più importanti album tra la fine dei ’60 e i primi anni ’70 del sassofonista Pharoah Sanders sono pubblicati dalla prestigiosa Impulse. Et pour cause! Grazie al traino del maestro John Coltrane, accasato appunto presso Impulse e con il quale il giovane musicista texano aveva iniziato a lavorare nel 1965, Sanders ha la fortuna di vedere pubblicata tutta la sua discografia più pregnante dalla leggendaria label nero-arancio. Tauhid è del 1966, il suo mentore Coltrane è ancora in vita. Sulla scia dei concetti cari al grande maestro nel suo ultimo periodo creativo, in Tauhid iniziano a disegnarsi i contorni di quella che sarà la cifra stilistica di Sanders: riferimenti alla musica e alle culture extra-occidentali, quelle africane ed asiatiche in particolare, un’ideale di musica cosmica dai grandi slanci e al tempo stesso dagli ampi spazi sonori, l’uso di una strumentazione originale, spesso esotica. Nei due brani con riferimento all’Egitto Lower and Upper Egypt ascoltiamo piuttosto il Pharoah Sanders più disteso e lirico, quello che diventerà noto a tutti con il brano The Creator has a master plan. Nel trittico di brani finale il sassofonista dà invece spazio alle sonorità più selvagge e libere della new thing.
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Larry Coryell ''Spaces'' (1970)
Da qualche tempo si sono perse un po’ le tracce di questo chitarrista che è stato all’avanguardia tra la fine dei ’60 e il decennio successivo. Larry Coryell, originario del Texas, è da considerare fra i primattori del jazz rock. Collaboratore di Chico Hamilton , poi di Gary Burton alla metà degli anni ’60, forma i propri tra cui Free Spirits e Eleventh House. Spaces, di cui riferisce in questa sede Riccardo Bertoncelli, è il suo terzo disco da solista. Pubblicato nel 1970 presenta un cast stellare, sorta di all stars di quella che era appunto il jazz rock nascente: John McLaughlin alla seconda chitarra, Chick Corea alle tastiere, Miroslav Vitous al contrabbasso e Billy Cobham alla batteria.
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Freddie Hubbard 'Red Clay' (1970)
Uno dei più bei dischi prodotti da Freddie Hubbard (1938-2008). Cresciuto accanto a Wes Montgomery, poi collaboratore di Sonny Rollins, nei primi anni ’60 Hubbard entra in contatto con John Coltrane e subito dopo con Ornette Coleman, con il quale registra il leggendario album Free jazz. Tra i numerosi dischi come leader da lui pubblicati Red Clay (1970) è tra i più acclamati dalla critica e decreta anche uno dei suoi maggiori successi commerciali. All’hard-bop tipico del suo stile si mescola qui l’influenza del soul e del funk. Ad accompagnare Hubbard una lineup stellare con Herbie Hancock al piano, Joe Henderson al tenore, Ron Carter al basso e Lenny White alla batteria.
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Swinging Helvetia, il jazz svizzero al femminile
Dal radicalismo degli anni ‘60 alle giovani leve dei giorni nostri, il jazz elvetico al femminile non ha più smesso di crescere e di stupirci. Lo abbiamo notato anche grazie al tiro incrociato dei concerti di Swiss Diagonales Jazz, festival biennale nato con l’intento di sostenere e mettere in contatto fra loro musicisti e musiciste al di là di barriere geografiche, linguistiche e di genere. Barriere che sembrano lentamente cadere ma, come recentemente illustrato da un Podium di Helvetiarockt, la presenza femminile ai concerti e festival di jazz, ma anche pop e rock, resta limitata fra il 5 e il 10 percento.
L’idea di una “Swinging Helvetia” è quindi pretesto e occasione per ricordare l’attività artistica di grandi dame, come la pianista di Sciaffusa Irene Schweizer, vera icona del jazz elvetico tout court, o la straordinaria sassofonista zurighese Co Streiff. Si va avanti poi segnalando la pianista e compositrice basilese Vera Kappeler, l’energia contagiosa della batterista ginevrina Béatrice Graf e per incontrare anche Sylvie Courvoisier, trasferitasi da Losanna a New York, ormai nota figura della scena avanguardistica downtown. Non può mancare alla lista la vocalist-performer Erika Stucky, il suo canto riassume e trascende lo shock culturale subito da piccola passando da San Francisco alle Alpi vallesane. Mentre la trombettista turgoviese-ticinese Hilaria Kramer con la pianista Florence Melnotte arricchiranno il quadro con le loro varie collaborazioni e creazione di organici al femminile, come Ratrabra e Four Roses. Chiuderemo il quadro con le sonorità ECM della svizzero-albanese Elina Duni e con un accenno alle nuove visioni e al coraggio delle giovani strumentiste della scena attuale, “tra jazz e nuove musiche”.

01 Irene Schweizer e Co Streiff 04-03-2013
02 Vera Kappeler e Béatrice Graf 05-03-2013
03 Sylvie Courvoisier e Erika Stucky 06-03-2013
04 Hilaria Kramer e le Four Roses con Florence Melnotte 07-03-2013
05 Elina Duni, Martina Berther e Noèmie Cotton 08-03-2013
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John McLaughlin
John McLaughlin è certamente tra i grandi chitarristi del jazz e della fusion venuti alla ribalta con la fine degli anni ’60. Nato nel 1942 a Doncaster (Yorkshire), si fa conoscere sulla fervida scena rock-blues londinese degli anni Sessanta suonando con Alexis Korner, Graham Bond, Brian Auger. Il suo interesse si indirizza poi verso il jazz e le musiche improvvisate, concretizzandosi con un album - il leggendario Extrapolation, realizzato nel 1969 insieme al sassofonista John Surman - che lo proietta immediatamente tra i protagonisti della nuova scena jazz. Attraverso il batterista Tony Williams, che lo vuole nel suo gruppo Lifetime, approda alla corte di Miles Davis con il quale collabora per album storici quali In a silent way, Bitches Brew, Jack Johnson. Un nuovo genere è nato, sia chiamerà jazz-rock, fusion o jazz elettrico. Poco importa la denominazione, John McLaughlin è fra i protagonisti di questa rivoluzione che si completerà con la fondazione della Mahavishnu Orchestra, il suo gruppo più celebre. Divenuto seguace del guru Sri Chinmoy – Mahavishnu è il suo nome mistico - la svolta lo vede registrare un onirico tributo a John Coltrane Love, Devotion & Surrender assieme a “Devadip” Carlos Santana. L’attenzione alla spiritualità, ma anche alla musica indiana, è confermata dal successivo connubio con il gruppo Shakti. Gli anni Ottanta vedono McLaughlin conseguire un grande successo commerciale con l’album Friday Night in San Francisco realizzato in trio con Paco de Lucia e Al Di Meola, una partnership che verrà riproposta più volte. Ritorna a collaborare con Miles Davis in sala d’incisione (per i dischi You’re under arrest e Aura) mentre negli anni Novanta, insieme al batterista Elvin Jones, omaggerà dapprima Bill Evans con l’album Time Remembered e in seguito John Coltrane con After the Rain. è Il suo ultimo progetto in ordine di tempo è The 4th Dimension, un quartetto ben assortito che ha debuttato con il disco To the One (2010) e che si è confermato con Now Here This.
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Joe Zawinul oltre i Weather Report
Joe Zawinul (1932-2007) è stato uno dei protagonisti della scena musicale sin dalla fine degli anni ’60, quando contribuì in maniera determinante allo sviluppo del cosiddetto jazz-rock, dapprima grazie alle collaborazioni epocali con Miles Davis poi con la fondazione dei Weather Report, il gruppo-faro del genere negli anni ’70 e nei primi ’80. In questa serie di Birdland però Claudio Sessa si concentrerà sull’attività del pianista, tastierista e compositore austriaco non direttamente collegata al “Bollettino Meteorologico” che lo vide già in primo piano negli Stati Uniti sin dal suo espatrio nel 1959.
Dalla natia Vienna, dove era nato in una modesta famiglia con origini zingare e boeme, dove aveva studiato presso il Conservatorio e dove aveva iniziato a coltivare la passione per il jazz, Zawinul si trasferisce a Boston grazie ad una borsa di studio. È qui che entra subito in contatto con gli ambienti che contano, che si crea una solida fama di pianista accompagnatore e che si fa notare pure come autore. Si metterà in gran luce con Ben Webster, Maynard Ferguson, Dinah Washigton e poi nel quintetto di Cannonball Adderley, per il quale comporrà anche alcuni brani forti del repertorio (su tutti Mercy Mercy Mercy). In questo periodo avrà pure l’occasione di produrre i primi dischi a suo nome.
Detto del proficuo lavoro con Davis (l’album In a silent way, di cui è protagonista, è stato letto dalla critica come fondamentale anticipazione della svolta jazz-rock del trombettista), resta da ricordare pure la produzione di Zawinul come solista a partire dal 1985, quando sciolse i Weather Report e diede vita al nuovo gruppo Zawinul Syndicate.
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Il jazz in Italia dagli anni '20 ai '60
È un percorso molto articolato quello che suggerisce Maurizio Franco, in questa serie di Birdland, attraverso lo sviluppo del jazz in Italia. Sin dai primi anni del ‘900 vennero presentati nel Belpaese spettacoli di danza e musica collegati alla cultura afro-americana ma è con il finire della Grande Guerra che nel 1919 si poterono ascoltare i primi concerti della nuova “musica sincopata” con le leggendarie esibizioni di Jim Reese Europe.
La pratica del jazz in Italia ha inizio in quegli stessi anni grazie a pionieri quali Vittorio Spina, Arturo Agazzi e la Mirador Orchestra, Gaetano Nervetti, Carlo Benzi e la sua Ambassador’s Jazz Band. Malgrado un forte antiamericanismo la nuova musica continuò a diffondersi durante il Ventennio fino a metà anni ’30, prima dell’introduzione delle leggi razziali. Ciò permise che ancora nel 1935 Louis Armstrong (ribattezzato per l’occasione Luigi Braccioforte) potesse esibirsi a Torino.
Negli anni ’40, benché ufficialmente messo al bando, il jazz continuò a svilupparsi grazie a personaggi quali Natalino Otto e Gorni Kramer, a gruppi vocali come il Trio Lescano e il Quartetto Cetra, per affermarsi in modo definitivo una volta concluso il conflitto - inizialmente sull’asse Torino-Milano - grazie ai musicisti che contribuiranno a portarlo a maturità: Enzo Ceragioli, Nunzio Rotondo, Armando Trovajoli, Nicola Arigliano e poi ancora Franco Cerri, Oscar Valdambrini, Gianni Basso, Renato Sellani fino a Giorgio Gaslini.
sono sette puntate
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Albert Mangelsdorff, trombonista
Albert Mangelsdorff è da considerare uno dei musicisti europei di jazz più influenti in assoluto. Maestro del trombone, ha rivoluzionato l’uso e le tecniche dello strumento introducendo, tra l’altro, la tecnica della multifonia (l’emissione simultanea di più suoni).
Debutti nel jazz tradizionale negli anni’50, dopo l’amore sin da ragazzo - indotto dal fratello - per la musica “proibita” negli anni bui del nazismo. Collaborazioni tra gli altri con Hans Koller e i Frankfurt All Stars, poi inizia a suonare con musicisti americani e la sua notorietà valica i confini nazionali.
Mangelsdorff, nativo di Francoforte (1928-2005), è stato uno straordinario solista, un eccellente compositore e un singolare band leader, sempre alla ricerca di nuove soluzioni musicali. Oltre a dirigere le sue numerosissime formazioni (in primis lo United Jazz & Rock Ensemble), ha lavorato con musicisti ed ensembles i più diversi come la Globe Unity Orchestra, Jaco Pastorius, John Surman, Elvin Jones per non citarne che alcuni.
Maurizio Franco in questa serie di Birdland ripercorre alcune delle tappe essenziali del suo percorso artistico.
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Bill Evans “solo”
Quando Bill Evans sbarca a New York nel 1954 è praticamente uno sconosciuto negli ambienti del jazz. Una formazione in pianoforte e flauto, teoria musicale, composizione all’Università di Lousiana, dal 1950 un inizio di carriera accanto ad uno scopritore di talenti come il sassofonista Herbie Fields (che aveva già presentato nelle sue band un certo Miles Davis) e poi un periodo di tre anni di servizio militare a Chicago, nella Fifth Army.
Ma nella Grande Mela non tarda a farsi notare, prima con Tony Scott ed in seguito nel giro dell’arrangiatore e compositore George Russell, cui non sfugge la straordinaria padronanza del pianoforte del suo pupillo, nonché le innovative soluzioni armoniche, melodiche e ritmiche che Evans ha già sviluppato.
Del grande pianista americano che è universalmente riconosciuto come uno dei pilastri della moderna evoluzione del jazz, Riccardo Bertoncelli passerà in rassegna la produzione di piano solo. Una decina scarsa di album, dalle Sessions dei due volumi del 1963 all’album Alone vincitore del Grammy nel 1968, dalle Conversations with myself alle New Conversations (1963 e 1967) – album per i quali Evans usò una complessa tecnica di sovra incisione: una storia nella storia di un grande artista che ha segnato la storia della musica afro-americana.
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“Where is Brooklyn” (1966) e “The way ahead” (1968)
Riccardo Bertoncelli si china in queste due puntate di Birdland su altrettanti dischi storici della cosiddetta new thing, pubblicati nella seconda metà degli anni ’60.
Don Cherry, trombettista e cornettista che era venuto alla ribalta alla corte di Ornette Coleman, aveva già pubblicato come leader nel 1965 lo stupendo Complete Communion. L’anno successivo completa un trittico per la Blue Note (nel mezzo c’è l’altrettanto bello Symphony for Improvisers) dando alle stampe Where is Brooklyn, un album di grande energia che lo vede circondato da Pharoah Sanders al sax, Henry Grimes al contrabbasso e Ed Blackwell alla batteria.
Nella sterminata discografia di Archie Shepp, altro alfiere imprescindibile del nuovo jazz degli anni ’60, messa a fuoco invece su The way ahead – anno di grazia 1968, uno dei molti dischi del sassofonista pubblicati in quegli anni da Impulse!. In quest’album – registrato con Jimmy Owens alla tromba, Grachan Moncur III al trombone, Walter Davis Jr. al piano, Ron Carter al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria - spicca una particolare versione di Sophisticated Lady, un brano che diventerà cavallo di battaglia nelle performance dal vivo del musicista.

Don Cherry “Where is Brooklyn” (1966)
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Archie Shepp “The way ahead” (1968)
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Ai primordi del jazz: James Reese Europe
Nei suoi viaggi alle radici del jazz, questa settimana Marcello Lorrai ci parlerà di James Reese Europe.
Pianista, violinista, compositore e direttore d'orchestra (Mobile, Alabama 1881-Boston 1919), Reese Europe compì studi musicali a Washington. Trasferitosi a New York nel 1904 allestisce lo spettacolo dei “Memphis Students”, un vertiginoso condensato di musica e danza nera che fu il primo concerto pubblico della cosiddetta musica sincopata. Nella Grande Mela dà il via alla New Amsterdam Musical Association, fonda il Clef Club e successivamente la Society Orchestra, un folto complesso con sassofoni e banjo che incise alcuni dischi di musica pre-jazz. Nel 1912 è promotore di un concerto di musica nera alla Carnegie Hall con la monumentale Clef Club Orchestra, il primo ensemble musicale tutto afro-americano e con più di 100 musicisti.
Grande successo lo ottiene poi con la coppia di ballerini Irene e Vernon Castle, popolarissimi all’epoca, nel musical Watch You Step di Irving Berlin. Insieme a loro lanciò anche nuove danze, tra cui il fox-trot.
Arruolato nel 1917, durante la Prima Guerra Mondiale James Reese Europe è tenente dell'esercito degli Stati Uniti e dirige la banda del 369° Fanteria che si esibisce in molte città d'Europa. Tornato in patria come un eroe, inizia un trionfale tour che si interrompe brutalmente il 19 maggio del 1919: durante un concerto a Boston viene ucciso per motivi sconosciuti dal suo batterista.
James Reese Europe è da considerare a tutti gli effetti una geniale figura di transizione tra la musica nera del XIX secolo e il jazz.
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Burt Bacharach in jazz
Il compositore, pianista e arrangiatore statunitense di origine ebraica Burt Bacharach (Kansas City, 1928) ha scritto importanti pagine della musica pop sin dagli anni ’50, ma non dobbiamo dimenticare che nella sua formazione spiccano sia un forte interesse per il jazz, coltivato in giovane età (spesso si recava nei locali della 52.a strada a New York per ascoltare il be-bop nascente), sia gli studi di composizione con personalità riconosciute come quelle di Darius Milhaud, Bohuslav Martinu e Stanley Cowell.
Nel 1958 firma Magic Moments, il primo singolo ad entrare nelle classifiche di vendita portato al successo da Perry Como: a partire da quel momento il suo nome sarà ricorrente, assieme a quello del fido paroliere Hal David, in cima alle Top 20. A star come i Beatles, Aretha Franklin, Tom Jones, Dionne Warwick e molte altre affiderà le sue composizioni, facendone uno degli autori più amati degli anni ’60 e ‘70.
La particolare vena melodico-armonica, le originali soluzioni compositive che ha Bacharach ha sempre espresso hanno favorito l’approccio ai suoi temi di successo da parte dei musicisti jazz. In tal senso Riccardo Bertoncelli ci propone in Birdland un percorso attraverso gli hits di Bacharach suonati da musicisti quali Ella Fitzgerald, Wes Montgomery, Stan Getz e diversi altri, fino a John Zorn.
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Eric Dolphy, il marziano del jazz
l nostro collaboratore Claudio Sessa è uno degli studiosi più accreditati della musica e dell’arte di Eric Dolphy. Introduciamo questa sua serie di Birdland con le note di copertina del volume che gli ha dedicato (Eric Dolphy, il marziano del jazz - Luciano Vanni Editore, 2006).
“ La sera del 27 giugno 1964 moriva a Berlino, a causa di una diabete non diagnosticato, il musicista afro-americano Eric Dolphy. Aveva appena compiuto trentasei anni.
In pochissimo tempo il aveva partecipato ad incisioni discografiche memorabili e a formazioni decisive per la storia del jazz, insieme a maestri quali John Coltrane, Charles Mingus, Ornette Coleman.
Il suo testamento artistico “Out to lunch” figura in ogni discografia indispensabile. La sua lezione di solista, compositore e polistrumentista ha influenzato profondamente i musicisti a lui contemporanei e successivi. Claudio Sessa racconta la vita e la musica di un genio assoluto, una presenza talmente forte e originale da apparire “aliena” in ogni contesto. L’enigma di un musicista che ha utilizzato e trasformato in oggetto musicale tutto ciò di cui si impossessava: il jazz moderno e quello tradizionale, la musica accademica contemporanea e quella classica, la musica indiana e quella dei pigmei africani, il canto degli uccelli e il suono delle onde”.
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Paul Whiteman, direttore d’orchestra
“Re del jazz” fu definito Paul Whiteman, nel suo momento di massima popolarità: un appellativo che fu contestato da più parti anche se l’interessato lo accettò di buon grado.
I detrattori, soprattutto negli ambienti della critica, sostenevano che la sua musica non era da considerare vero jazz e che Whiteman fosse uno dei tanti bianchi che tentavano di metter le mani su di un patrimonio non loro. Ma tra i colleghi musicisti ebbe sempre testimonianze di stima vera, come ad esempio quella di Duke Ellington che asseriva che “nessuno come lui avrebbe potuto portate l’oneroso titolo con maggior dignità”. Insomma, già allora la diatriba sulla vera natura del jazz, con i suoi risvolti razziali, era già d’attualità e avrebbe diviso la critica anche in seguito.
Paul Whiteman - originario del Colorado, un omone tutto d’un pezzo con vaga somiglianza con Oliver Hardy – è passato alla storia della musica per aver contribuito a lanciare George Gershwin (fu lui a commissionargli la Rhapsody in Blue); per essere stato il primo a sperimentare la combinazione fra jazz e musica sinfonica (la celebre Grand Canyon Suite di Ferde Grofé era stabilmente nel suo repertorio) in uno slancio pionieristico che sarà ripreso più tardi da Stan Kenton, Miles Davis, Gil Evans e quelli della third stream; per avere diretto dall’inizio degli anni 20 una delle più sensazionali orchestra da ballo, con organico rivoluzionario, che raccoglierà una serie impressionante di n.1 nelle classifiche di vendita fino al 1934 (l’ultimo fu Smoke gets in your eyes).
Marcello Lorrai in questa serie di Birdland ci restituisce un ritratto a tutto tondo di Paul Whiteman, originale ma controverso musicista.
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Stan Getz, tappe di una carriera
Stan Getz (1927-1991) è stato senza dubbio uno dei più influenti tenorsassofonisti bianchi del jazz moderno. Nato a Filadelfia, ha legato inizialmente il suo nome a quello di grandi del jazz come Jack Teagarden (con cui lavorò già appena sedicenne) Stan Kenton, Jimmy Dorsey, Benny Goodman e Woody Herman, prima di spiccare il volo come solista.
Dopo una parentesi di alcuni anni - dal 1958 - in Europa, dove si rifugiò per sfuggire ai suoi problemi di droga, fece ritorno negli Stati Uniti dove contribuì in maniera determinante all’incontro tra la nascente bossa nova brasiliana e gli stilemi della musica afro-americana, lanciando il cosiddetto jazz samba. Con quest’ultimo appellativo Getz darà alle stampe nell’aprile del 1962 un album – contenente tra l’altro il celebre single Desafinado - che è noto per essere uno dei dischi più venduti di tutta la storia del jazz.
Maurizio Franco in questo ciclo di Birdland passa in rassegna alcune delle tappe più originali della carriera di questo grande interprete del jazz.
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Leo Wadada Smith “Ten Freedom Summers”
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Keith Jarrett Trio, standards a confronto
Il primo disco dello Standards Trio di Keith Jarrett – che riunisce Gary Peacock al contrabbasso e Jack DeJohnette alla batteria - esce nel 1983. Nel corso del 2013 è stato pubblicato l’ultimo della serie, dal titolo Somewhere, registrato live al KKL di Lucerna nel luglio 2009. In questi trent’anni di storia discografica del trio, una delle formazioni più longeve e influenti del jazz contemporaneo, non di raro troviamo alcuni brani che sono stati documentati più volte, su dischi diversi e in versioni diverse. Claudio Sessa si è chinato su questo repertorio “ricorrente” del gruppo, cercando di sottolineare punti comuni o a volte interpretazioni divergenti dei brani considerati, che sono tre standards dal grande repertorio del Musical (The song is you, When I fall in love e Just in Time), un famoso hit di Ellington (Things ain’t what they use to be) e uno dei pezzi di Miles Davis più amati dai jazzisti (Solar).

01 The song is you (Jerome Kern) 11-11-2013
02 When I fall in love (Victor Young) 12-11-2013
03 Things ain’t what they use to be (Ellington) 13-11-2013
04 Just in time (Green-Comden-Styne) 14-11-2013
05 Solar (Miles Davis) 15-11-2013
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Il jazz e la crisi del '29
Come vanno a due passi da Wall Street le "quotazioni" del jazz e di alcuni grandi protagonisti del musica afro-americana che nel '29 sono a Manhattan, nell'anno in cui la borsa crolla (con degli effetti più o meno tangibili sulle loro carriere)? Paul Whiteman è al massimo e fa il film "Il re del jazz", Armstrong arriva a New York e trionfa, Ellington è al Cotton Club ed è in ascesa, Fletcher Henderson è depresso-stazionario, King Oliver manifesta i primi segni di crisi, Bessie Smith è prossima al tracollo. Col pretesto di un anno spartiacque, Marcello Lorrai racconta la scena del jazz a New York al momento della grande crisi del 1929.
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Charlie Haden e la Liberation Music orchestra
Contrabbassista di primo piano del jazz moderno Charlie Haden è nato nello Iowa nel 1937. Venne alla ribalta nel quartetto di Ornette Coleman di fine anni ’50, dopo avere debuttato sulla scena californiana accanto ad Art Pepper. Il lungo sodalizio con Coleman lo vide pure protagonista dello storico album Free Jazz che gettò le basi del nuova cosiddetta New Thing. Haden fece parte di una delle prime edizioni del trio di Keith Jarrett, poi negli anni ’70 del “quartetto americano” del pianista accanto ad un altro colemaniano come il sassofonista Dewey Redman e il batterista Paul Motian.
Oltre ad avere dato vita a sue proprie formazione, tra cui il noto Quartet West, il nome di Haden è pure associato – insieme a quello di Carla Bley, che vi aveva il ruolo di arrangiatrice – all’attività della Liberation Music Orchestra, un grande ensemble fondato nel 1969 e che Haden ha presentato ad intervalli regolari sulle scene fin nei primi anni del nuovo secolo. Per la prima volta con questo ensemble Haden ha abbinato gli elementi del jazz radicale alle proprie convinzioni politiche, decisamente di sinistra e antimperialiste. La LMO debuttò con un album che aveva come sfondo la Guerra Civile spagnola; il successivo Ballad of the Fallen del 1983 faceva riferimento alla politica statunitense dell’epoca in Centroamerica; in Dream Keeper del 1990 era evidente il riferimento alle politiche in Sudamerica e alla positiva evoluzione della situazione in Sudafrica; nel titolo Not in our name dell’ultimo disco ad oggi pubblicato dall’ensemble (2005) è evidente la distanza di Haden dalle scelte del suo paese in piena era Bush jr.
Della Liberation Music Orchestra hanno fatto parte negli anni alcuni dei musicisti più in vista del jazz moderno quali Gato Barbieri, Don Cherry, Roswell Rudd, Jim Pepper oltre ai già citati Bley, Redman e Motian.
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I grandi del jazz e il loro repertorio
Molti musicisti di primo piano della storia del jazz hanno associato il proprio nome all’interpretazione di brani famosi e non, spesso divenuti ricorrenti nel proprio repertorio.
Maurizio Franco prende in considerazione in questa serie di Birdland alcune composizioni che hanno costituito dei veri e propri “cavalli di battaglia” di Bill Evans, Miles Davis, Thelonious Monk, Lee Konitz e Duke Ellington.
Nelle cinque puntate del ciclo si ascolteranno alcune versioni incise in situazioni e tempi diversi rispettivamente di My romance, Round Midnight, Blue Monk, Kary’s Trance e Caravan con la sottolineatura delle loro specificità e varianti di forma, tempo, interplay ed altro ancora.

. My romance (Bill Evans)
. Round Midnight (Miles Davis)
. Blue Monk (Thelonius Monk)
. Kary’s Trance (Lee Konitz)
. Caravan (Duke Ellington)

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Otis Redding, vocalist
Straordinario interprete del rhythm & blues e del soul degli anni ’60, Otis Redding - nella pur breve carriera - ha marcato indelebilmente la storia della musica nero-americana.
Nato nel 1941, cresciuto in Georgia, si diede da fare in ambito musicale sin dall’adolescenza cantando in svariati gruppi e facendo parte del gruppo stabile di supporto agli show di Little Richard. Il suo avvento sulle scene come solista fu fulminante: dopo una seduta di registrazione alla Stax nel 1961 ottiene un contratto che lo porterà a pubblicare in pochi anni (dal 1964 al 1967) tutti i suoi maggiori successi (tra cui I’ve been loving you so long, Respect, Try a little tendress …) e i 6 album ufficiali. Il 10 dicembre del 1967 la sua vita fu stroncata in un indicente aereo nel Wisconsin, dove stava trasferendosi per un ennesimo concerto.
L’eredità lasciata da Otis Redding è enorme. Vero animale da palcoscenico, ha incarnato un nuovo modo di intendere la vocalità dove, agli elementi tipici della musica nero-americana, aggiunse un passione, un fuoco sacro mai visti né sentiti prima, grazie anche ad un uso inconsueto, per il genere che rappresentava, dell’improvvisazione.
Riccardo Bertoncelli disegna in Birdland il ritratto di un artista vero, che ha lasciato il segno – al di là delle etichette – nella musica del secondo Novecento.
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Ray Charles & Milt Jackson - “Soul Brothers” (1958)
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Sugarcane Harris, violinista
Personaggio strano e originale Don “Sugarcane” Harris, violinista statunitense nato in California nel 1938 e scomparso nel 1999. Era venuto alla ribalta come chitarrista nella seconda metà degli anni ‘50 in gruppi di rock’n’roll, poi si dedicò al violino – studio classici alle spalle – al momento del successo del duo “Don & Dewey”che guidava insieme all’amico d’infanzia Dewey Terry.
Il suono del suo violino attirò in seguito l’attenzione di musicisti di primo piano degli ambienti rock. Lavorò fra gli altri con Frank Zappa (prima apparizione di una lunga serie nel mitico LP Hot Rats del 1969), Johnny Otis, John Lee Hooker, per poi diventare membro fisso della band americana del grande bluesman inglese John Mayall. Con la notorietà arrivarono anche i dischi come solista che ebbero un discreto successo.
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Ray Charles & Milt Jackson ''Soul Brothers" (1958)
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Chick Webb
William Henry Webb , detto “Chick”, nacque a Baltimora in una data incerta fra il 1902 e il 1909.
Affetto da tubercolosi, il suo fisico ne risultò molto menomato. Ciò non gli impedì di sviluppare una invidiabile tecnica percussiva che lo portò ad imporsi come uno degli stilisti fondamentali della batteria swing: suoi successori quali Gene Krupa, Jo Jones, fino a Buddy Rich e Louie Bellson, ne hanno riconosciuto la profonda influenza.
Ebbe come padrino Duke Ellington che gli offrì i primi ingaggi da professionista a metà anni ’20. Dal 1930 fu a capo di una propria big band che era sovente la vedette al Savoy Ballroom , dove si svolgevano delle vere e proprie battaglie tra orchestre piazzate su due palchi: alla fine della serata i ballerini decretavano la vittoria dell’una o dell’altra. Tra i meriti di Webb, tra gli altri, quello di aver lanciato una giovanissima Ella Fitzgerald.
A seguito dell’aggravarsi del suo stato di salute, Webb morì quando aveva superato da poco la trentina. Lo swing perse uno dei suoi padri e molti lo riconobbero: la stessa Fitzgerald per un certo contribuì a tenere viva l’orchestra prima di dedicarsi alla carriera di solista.
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Ellington Suites
Tra il 1958 e il 1960 Duke Ellington lavorò ad una serie di notevoli suites per la sua orchestra jazz.
In queste opere lo sforzo del Duca si concentra sull’idea di metter sullo stesso piano il jazz e la musica di tradizione eurocolta. Anche se con un altro linguaggio e con altri mezzi espressivi, è un percorso che possiamo apparentare a quello che – nello stesso momento - stavano tracciando i promotori della cosiddetta Third Stream .
La Queen’s Suite fu scritta nel 1958 dopo l’incontro tra Ellington e la regina d’Inghilterra ad una reception privata a Leeds. Fu incisa in tempi diversi e pubblicata solo dopo la morte di Ellington. La partitura restò a lungo nascosta negli scaffali dello Smithsonian Institute di Washington: solo nel 2012 il lavoro tornò a vivere grazie all’esecuzione dal vivo curata dal Marlborough International Jazz Festival, nel Wiltshire.
Più nota è la Suite Thursday, un omaggio - anche nell’assonante titolo - allo scrittore John Steinbeck e al suo romanzo Sweet Thursday, uscito nel 1954.
I due altri lavori fanno parte del repertorio più spettacolare dell’orchestra di Ellington, una sensazionale versione delle celebri pagine di Ciaikovskij (Lo schiaccianoci) e Grieg (Peer Gynt) nella quale il massimo compositore americano del Novecento ripensò in chiave personale due opere conosciute e amatissime, affidando gran parte degli arrangiamenti al suo braccio destro Billy Strayhorn, compositore tra i più autorevoli dell'intera storia del jazz. Chi conosce le opere originali si accorgerà che la musica è assolutamente lontana da un semplicistico ricalco in chiave jazz dei due balletti; chi non li ha mai sentiti, incontrerà un Ellington diverso, ma pur sempre riconoscibile, che utilizza materiali nuovi per creare la propria musica.
The Nutcracker e Peer Gynt nella versione di Ellington saranno eseguite dal vivo al prossimo XVII Festival di cultura e musica jazz di Chiasso, un’edizione dedicata proprio a Ellington a 40 anni dalla scomparsa. Appuntamento il 22 febbraio allo Spazio Officina di Chiasso con la Civica Jazz Band di Milano diretta da Enrico Intra.
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Focus su Neneh Cherry
Neneh Cherry , nata nel 1964, è una musicista che sfugge alle etichette. Svedese di nazionalità, figlia adottiva del grande trombettista jazz Don Cherry, si è sempre mossa su terreni di frontiera, tra pop, rock, rap e musica d’avanguardia. Ha debuttato nei primi anni ’80 con il gruppo inglese di post-punk Rip Rig & Panic, ha avuto subito un successo internazionale con il primo singolo - Buffalo Stance – e relativo album, ha poi collaborato con Youssou N’Dour e altre band di rock.
Spunto per parlare di Neneh Cherry sono sia la recente collaborazione della cantante con il trio di jazz The Thing, uno dei maggiori progetti del sassofonista svedese Mats Gustavsson, sia un suo nuovo album, il primo da più di cinque lustri a questa parte, intitolato The Blank Project.
01 “The Blank Project ” (Smalltown Supersound , 2014) 13-03-2014
02 “The Cherry Thing ” con il trio The Thing 14-03-2014
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Giorgio Gaslini, un ritratto
Milanese doc, Giorgio Gaslini è nato nel 1929. Pianista, compositore, direttore d’orchestra, è senz’altro da considerare uno delle figure di riferimento del jazz moderno in Italia. Nel suo originale percorso artistico è da sottolineare l’attenzione sempre viva alle tendenze più avanzate della musica di matrice afro-americana, abbinata a quella per le avanguardie eurocolte e per i materiali di radice tradizionale che spesso furono oggetto di sua rielaborazioni. Allievo al Conservatorio di Milano dalla fine degli anni ’50, ebbe tra i suoi maestri anche Carlo Maria Giulini.
Accanto all’attività di pianista e bandleader, che l’ha visto protagonista di concerti in tutto il mondo in gruppi dal trio alla bigband dove spesso apparivano i giovani talenti del jazz italiano (Gianluigi Trovesi, Enrico Rava, Massimo Urbani su tutti), Gaslini ha composto sinfonie, balletti, musica da camera, musica per film: sua, ad esempio, la firma della nota colonna sonora di Profondo Rosso di Dario Argento , interpretata dal gruppo Goblin .
Maurizio Franco in questa serie di Birdland ce ne propone un ritratto a tutto tondo che mette in evidenza soprattutto la sua variegata produzione tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80, quella più decisamente “politica” del pianista, in anni importanti per la scena jazz italiana durante i quali si affacciavano alla ribalta i musicisti di una innovativa generazione, della quale Gaslini è stato mentore.
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Incursioni blues Mike Bloomfield, una retrospettiva
Mike Bloomfield è stato uno dei protagonisti del rilancio del blues nei primi anni ’60, quel movimento che fece conoscere al grande pubblico la musica afro-americana delle radici e che contribuì a decretarne le influenze sul nascente rock.
Chicagoano di nascita, è nel Southside che Bloomfield fa le prime esperienze che contano, suonando la chitarra con i vecchi esponenti del blues che vi abitavano o che passavano di lì: appare in album di Sleepy John Estes, Yank Rachell, Big Joe Williams e in diverse antologie blues che circolano tra gli appassionati. È il trampolino di lancio per la celebrità che arriva nel 1965 quando viene ingaggiato dalla band di Paul Butterfiled e soprattutto da Bob Dylan come musicista di studio per l’incisione di uno degli album-capolavoro del rock: Highway 61 Revisited. Altre tappe fondamentali della carriera di Bloomfield, che Riccardo Bertoncelli qui ripercorre, furono il lancio del gruppo Electric Flag assieme al tastierista Barry Goldberg, la collaborazione con Al Kooper, pure tastierista, che fruttò tra l’altro il leggendario album Supersessions e una serie di dischi da solista di altalenante fortuna. Bloomfield morì di overdose a San Francisco all’età di soli 38 anni.
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Incursioni blues: Howlin' Wolh
Stavolta è il turno di Howlin’ Wolf, da molti considerato uno dei più importanti rappresentanti del moderno blues urbano. Era nato come Chester Arthur Burnett nel 1910 nel Mississippi e sin da giovane era entrato in contatto con la musica americana delle radici. Aveva imparato a suonare la chitarra e poi anche l’armonica a bocca grazie a Sonny Boy Williamson. Ma la vera carriera di musicista, dopo essere stato per lungo tempo agricoltore e aver poi servito nell’esercito statunitense durante la Seconda Guerra mondiale, la inizierà solo con la fine degli anni ’40.
Uomo dalla taglia imponente, che gli valse altri nomignoli quali Big Foot o Bull cow, Howlin’ Wolf pare abbia preso il suo nome d’arte in riferimento alle storie, spesso con i lupi quali protagonisti, che era solito raccontargli il nonno. Prime sue band alla fine degli anni ’40, un apprendistato importante come ospite fisso in una radio locale dell’Arkansas e poi il contratto con la Chess che gli avrebbe garantito la celebrità e anche la sicurezza economica a partire dalla metà degli anni ‘50. Tra i suoi pezzi più famosi ricordiamo Spoonful, Moanin’ at midnight, Little Red Rooster.
Howlin’ Wolf è stato riconosciuto quale personalità tra le più influenti per lo sviluppo del rock da artisti come Eric Clapton, Steve Winwood, i Rolling Stones che pure collaborarono con lui per lo storico disco London Sessions del 1971. Ad alcuni aspetti della vita di questo grande bluesman è dedicato in parte il film Cadillac Records del 2009 che ripercorre la storia della celebre etichetta Chess che lo rese famoso.
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Lo stato delle cose il jazz 50 anni fa
In questa serie di Birdland l’autore si immagina di tornare indietro di 50 anni, nel biennio 1963-1964, e di immergersi nel suono del jazz di allora, nelle varie tendenze del momento, tra musica di largo consumo e spinte avanguardiste.
Se da una parte Ornette Coleman e tutto il movimento della new thing stavano imponendo il free jazz come rivoluzione all’interno della musica afro-americana, dall’altra uno Stan Getz e i grandi musicisti brasiliani – Joao Gilberto e Antonio Carlos Jobim in primis - inventavano il jazz-samba, incontro tra la bossa nova e gli stilemi dell’improvvisazione jazzistica.
Tra questi due estremi cosa stavano facendo gli altri protagonisti del jazz? A che punto era la traiettoria artistica di un John Coltrane, di un Sonny Rollins o di altri nomi noti e meno noti dell’universo sonoro afro-americano? La risposta in questo bel percorso musicale di Claudio Sessa
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Novità discografiche 01
Partendo dalla recente rivisitazione dell’universo musicale di Thelonious Monk, in un cd pubblicato da Parco della Musica, da parte di uno specialista in materia qual è il pianista italiano Franco d’Andrea, Claudio Sessa ci propone in questa serie di Birdland altre novità discografiche che hanno come tela di fondo la figura del grande pianista e compositore neroamericano, come il disco Obbligato a firma del gruppo del batterista Tom Rainey o un inedito parigino del 1969, registrato live all’Olympia, dello stesso Monk.
Il nuovo camerismo nel jazz contemporaneo è il fil rouge delle altre proposte, tra cui il bel disco Flying Soul di un gruppo riunito dalla pianista Aki Takase, l’ultimo CD del contrabbassista Avishai Cohen, lo splendido recente “solo” del pianista inglese John Taylor. O ancora tre produzioni dell’interessante etichetta Songlines, con il duo clarinetto-pianoforte formato da François Houle e Havard Wiik, il gruppo del bravo trombonista svizzero Samuel Blaser e il quartetto del batterista canadese Harris Eisenstadt.
01 Franco D’Andrea “Monk And The Time Machine” 03-03-2014
02 Thelonious Monk “Paris 1969” e Tom Rainey “Obbligato” 04-03-2014
03 Aki Takase “Flying Soul” e Avishai Cohen “Almah” 05-03-2014
04 John Taylor “In Two Minds” e Duo Houle – Wiik “Aves” 06-03-2014
05 Samuel Blaser “A Mirror To Machaut” e Harris Eisenstadt “Golden State” 07-03-2014
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Novità discografiche 02
Novità discografiche 02
Maurizio Franco ci presenta questa settimana una variata serie di novità discografiche. Si parte con il sassofonista italiano Rosario Giuliani , nome ormai di primo piano del jazz europeo, con due album. Il primo è con il suo quintetto, pubblicato dalla francese Dreyfus Records; il secondo è il frutto di una collaborazione con alcuni nomi di spicco del jazz italiano, primo fra tutti il trombettista Fabrizio Bosso, ed esce per Via Veneto Jazz. È stato pubblicato in nuova ristampa rimasterizzata, con aggiunta di nuovi brani, uno dei dischi storici di Thelonious Monk : Misterioso, registrato live nel 1958 e pubblicato originariamente l’anno successivo.
Tra le novità dell’etichetta di Monaco ECM spicca il primo disco come leader del trombettista Ralph Alessi , tra i migliori specialisti dello strumento venuti alla ribalta negli ultimi decenni.
Evan è fra le più recenti pubblicazioni di Antonio Faraò , con un cast di tutto rispetto comprendente Joe Lovano ai sassofoni e Jack DeJohnette alla batteria, due musicisti che erano già apparsi in precedenti lavori del bravo pianista italiano.
Last but not least il primo album da moltissimi anni a questa parte pubblicato da Carla Bley per ECM. Si intitola semplicemente Trios e vede la Bley al pianoforte attorniata dai fidi Steve Swallow al basso elettrico e Andy Sheppard ai sassofoni: è una raccolta di classiche composizioni della musicista statunitense in una nuova veste. Registrazione effettuata all’Auditorio della RSI di Lugano in collaborazione con Rete Due.
01 Rosario Giuliani Quintetto “ Images” Giuliani-Bosso-Pietropaoli-Di Leonardo “The Golden Circle” 17-03-2014
02 Thelonious Monk “Misterioso” 18-03-2014
03 Ralph Alessi “Baida” 19-03-2014
04 Antonio Faraò Quartetto “Evan” con Lovano, De Johnette 20-03-2014
05 Carla Bley-Steve Swallow-Andy Sheppard “Trios” 21-03-2014
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Omaggio in jazz a Lucio Dalla
Lucio Dalla , scomparso improvvisamente quasi due anni fa dopo un concerto a Montreux, è stata una delle figure più in vista del cantautorato italiano dagli anni ’60.
Fu però anche un grande cultore di jazz, in gioventù debuttò negli ambienti musicali come clarinettista e ha sempre dichiarato il suo profondo amore per questa musica.
Riccardo Bertoncelli gli tributa questo breve omaggio in due puntate utilizzando sia i materiali di un bel disco registrato subito dopo la morte - sulla scorta dell’emozione suscitata dalla notizia - da alcuni dei più bei nomi del jazz italiano odierno, sia alcuni brani da un concerto del 2004 dove Dalla fece un’apparizione come clarinettista accanto al quartetto del sassofonista Stefano Di Battista .
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Percorsi di chitarra jazz
Dalla sua apparizione negli anni ’30 in sostituzione del banjo, la chitarra ha avuto nel jazz uno straordinario sviluppo che l’ha condotta a diventare in seguito strumento d’eccellenza.
Da un ruolo di secondo piano, prettamente ritmico-armonico, già con Charlie Christian la chitarra – anche grazie all’amplificazione - si emancipa per assumere pure quello solistico. Django Reinhardt ne sarà il primo grande virtuoso, Wes Montgomery uno dei più raffinati stilisti. Per arrivare con gli anni ’60 a Jim Hall - recentemente scomparso – che ne proporrà un modello finalmente alternativo al pianoforte. Il resto è storia abbastanza recente: l’esteso utilizzo dello strumento nel rock, con le nuove sonorità che se ne traggono, influenzerà la generazione dei nuovi grandi chitarristi jazz, da McLaughlin a Scofield, da Frisell a Metheny.
Mettendo in vetrina nomi noti e meno noti dell’universo chitarristico jazz, Diego Ricco ci propone un possibile percorso sull’evoluzione di questo popolare strumento nell’ambito della musica afro-americana.
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I capolavori_ Archie Shepp “The way ahead”
In vista del concerto di Archie Shepp a Chiasso il 20 febbraio nel quadro dell’edizione 2014 del Festival di cultura e musica jazz della città di confine, riproponiamo una puntata di Birdland che Riccardo Bertoncelli gli ha dedicato qualche mese fa.
In particolare verrà messo a fuoco, nella sterminata discografia di uno degli alfieri imprescindibili del nuovo jazz negli anni ’60, l’album The way ahead – anno di grazia 1968 – uno dei molti dischi del sassofonista pubblicati in quegli anni da Impulse!. In questo lavoro – registrato con Jimmy Owens alla tromba, Grachan Moncur III al trombone, Walter Davis Jr. al piano, Ron Carter al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria - spicca una particolare versione di Sophisticated Lady, brano che diventerà cavallo di battaglia nelle performances dal vivo del musicista e che verosimilmente Shepp riproporrà anche a Chiasso in un’edizione che è dedicata alla figura di Duke Ellington a quarant’anni dalla scomparsa.
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Kenny Clarke, batterista (1914-1985)
Quest’anno il batterista Kenny Clarke avrebbe compiuto 100 anni. Claudio Sessa dedica questa serie retrospettiva di Birdland a colui che – ricordiamo - è stato uno degli inventori del be-bop, al pari di Dizzy Gillespie o Charlie Parker.
Clarke ha profondamente rivoluzionato l’uso dello strumento ritmico per eccellenza del jazz, dando decisiva importanza all’uso dei piatti nella scansione del tempo. È stato in tal senso un caposcuola per tutte le successive generazioni di batteristi.
“Klook” – questo il suo nomignolo – era nato nel 1914 a Pittsburgh. Esordi come professionista negli anni ’30 accanto a Roy Eldridge, poi il decennio successivo è a New York dove frequenta regolarmente una delle fucine del be-bop, il Minton’s Playhouse, e registra innumerevoli dischi accanto ai protagonisti della nuova era del jazz.
È tra l’altro uno dei fondatori del Modern Jazz Quartet, che lascia a metà anni ’50 per trasferirsi in Europa, in particolare a Parigi, dove continua la carriera di interprete ed inizia quella , altrettanto importante, di didatta.
Da ricordare sono il trio che costituì con Bud Powell e la fondazione nel 1961 di un’importante orchestra che fu attiva per più di un decennio, la Francis Boland-Kenny Clarke Big Band, con musicisti europei di primo piano e solisti americani trasferiti in Europa. Morì a Parigi nel 1985.
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Ultime notizie dal pianeta Zorn
Tra gli artisti contemporanei più discussi della scena statunitense, John Zorn è sin dagli esordi musicista vulcanico dalle mille iniziative.
Il 2013 e quest’inizio di nuovo anno sono stati un periodo molto fecondo per il musicista. Riccardo Bertoncelli in queste tre puntate di Birdland passa in rassegna il meglio dei numerosi lavori, tra nuove produzioni e registrazioni d’annata, che il sassofonista, compositore, bandleader e agitatore sonoro nuovayorkese ha dato alle stampe di recente.
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Novità discografiche 03
È Riccardo Bertoncelli a presentarci questa settimana una manciata di novità discografiche, partendo lunedì dall’intrigante album collettivo intitolato The road to Jajoukà, viaggio sonoro nello sperduto villaggio marocchino di Jajoukà dove sopravvivono antiche tradizioni di cui i portabandiera più accreditati sono Bachir Attar e i suoi musicisti spesso fonte di ispirazione per colleghi delle più diverse tendenze. In questo disco sono presenti tra gli altri i nomi di John Zorn e Ornette Coleman per la produzione di Billy Martin, quello del trio Medeski Martin & Wood.
Shadow Man è il titolo del CD pubblicato da Tim Berne con il suo gruppo Snakeoil, una formazione che affina la propria il proprio target sonoro con questo secondo album a firma ECM.
Distribuito e promosso da ECM ma sotto la propria etichetta Watt è Into the woodwork, disco di quell’inossidabile musicista che è Steve Swallow, bassista dall’atipico strumento che ha forgiato da tempo un proprio inconfondibile sound. Assieme all’immancabile Carla Bley, completano l’organico Steve Cardenas alla chitarra, Chris Cheek al sax e Jorge Rossy alla batteria.
Di Kenny Wheeler, veterano canadese della tromba jazz, è stato presentato da poco il CD Six for six, una raccolta di sue composizioni registrate qualche anno fa con un quintetto comprendente tra gli altri l’eccellente pianista John Taylor.
A completare l’ampia paletta sonora di questa serie di Birdland il sax di Kenny Garrett, il cui più recente album Pushing the world away ha avuto un ottimo riscontro di critica e pubblico ed è stato nominato per i Grammy 2014.
01 John Zorn, Bill Laswell, Ornette Coleman e altri “The road to Jajoukà” 31-03-2014
02 Tim Berne’s Snakeoil “Shadow Man” 01-04-2014
03 Steve Swallow Quintet “Into the wood work” 02-04-2014
04 Kenny Wheeler “Six for six” 03-04-2014
05 Kenny Garrett “Pushing the world away” 04-04-2014
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Amiri Baraka
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I grandi del jazz e il loro repertorio
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Omaggio ad Adolphe Sax
Bicentenario della nascita dell'inventore del sassofono (1814-1894)

Ricorrono in questo 2014 i duecento anni dalla nascita di Adolphe Sax, l’inventore del sassofono poi familiarmente chiamato anche soltanto sax.
Lo strumento, una sorta di ibrido tra la famiglia dei legni e quella degli ottoni, non ebbe dapprima vita facile nell’ambito della musica colta e infatti non si integrò mai nella formazione dell’orchestra sinfonica.
Ebbe invece successo nel quadro delle musiche per fanfara e per banda militare, e più tardi con l’avvento del jazz.
Adolphe Sax era belga, nato a Dinant nel 1814. Suo padre era costruttore di strumenti a fiato e il giovane Adolphe seguì ben presto i suoi insegnamenti, trasferendosi pure lui a Bruxelles dove la famiglia aveva bottega. Si adoperò per tutta la vita a cercar di migliorare gli strumenti già esistenti, clarinetti e fagotti in particolare, e sperimentò nuovi strumenti tra cui i saxhorns, una intera famiglia di ottoni a pistoni. Ma la sua invenzione principale su appunto il sassofono che, dopo innumerevoli modifiche e adattamenti, fu finalmente brevettato nel 1846.
Claudio Sessa ripercorre in questa serie di Birdland la “carriera” dello strumento, naturalmente in parallelo all’evoluzione degli stili e delle tendenze del jazz.
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Steve Lacy a dieci anni dalla scomparsa
Steven Norman Lackritz, meglio noto come Steve Lacy, era nato a New York nel 1934 e lì è scomparso nel giugno del 2004.
A dieci anni dalla morte, Claudio Sessa dedica un ciclo di Birdland a questa figura centrale del jazz moderno. Da una parte per la sua specializzazione sin dagli anni ’50 su uno strumento - il sax soprano - che fino ad allora era stato soltanto strumento secondario per molti tenoristi, dall’altra perché Lacy fu uno dei primi a riconoscere l’importanza della musica di Thelonious Monk, che con le sue nuove implicazioni ritmico-armoniche stava dando nuovo impulso alla composizione in ambito jazz.
Cresciuto musicalmente come clarinettista di jazz classico (suonò con Pee Wee Russell o Red Allen), si segnalò improvvisamente dalla metà degli anni ’50 come protagonista dell’avanguardia in compagnia di Cecil Taylor. Il suo disco Reflections del 1958 fu il primo a contenere unicamente composizioni di Monk Monk, con il quale pure suonò in quartetto e nella big band tra il 1960 e il 1963.
Poco dopo scelse l’Europa come terra d’adozione, dapprima fu in Italia, poi definitivamente a Parigi. Qui diventò punto di riferimento di tutta una generazione di giovani jazzisti europei, guidando per lungo tempo un proprio sestetto e proponendosi però pure nei più svariati progetti, dove alla musica si accompagnavano la poesia e il teatro. Sua grande specialità furono pure i concerti in solitaria, di cui uno memorabile all’Aula Magna della Scuola tecnica di Lugano-Trevano alla fine degli anni ’70.
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Duke Ellington revisited - Omaggio a Duke Ellington a 40 anni dalla scomparsa
Birdland rende omaggio questa settimana al grande compositore, direttore d’orchestra e pianista statunitense Duke Ellington, una delle figure di maggior rilevanza dell’intera storia del jazz scomparso 40 anni or sono, il 24 maggio del 1974.
È Diego Ricco che cura questa serie “trasversale” messa a fuoco come uno dei possibili percorsi attraverso le rivisitazioni del vastissimo repertorio ellingtoniano. Si potranno ascoltare dapprima le originali collaborazioni di Ellington con Count Basie e Coleman Hawkins, nonché la presenza del pianista nell’inaspettato trio insieme a “modernisti” quali Max Roach e Charles Mingus. E poi soprattutto le versioni di classici e non del maestro lasciateci da Wes Montogomery o Michel Petrucciani, o le letture di gruppi antitetici quali i Sex Mob e le Puppini Sisters, e molto altro ancora.
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Lol Coxhill, sassofonista
Dedichiamo una serie di tre puntate di Birdland al sassofonista inglese, ma anche attore, Lol Coxhill. Era nato a Portsmouth ed è scomparso nel 2012 all’età di 80 anni.
Coxhill è stata un’importante figura della musica inglese sin dalla fine degli anni ’50, quando fu tra i protagonisti della wave jazz britannica dell’epoca. Dalla passione per i classici e gli innovatori del jazz, quali Pee Wee Russell, Parker e Konitz, Coxhill si avvicina ben presto alla libera improvvisazione diventando uno dei britannici più in vista accanto a solisti quali
Evan Parker e John Stevens e gruppi come la Globe Unity Orchestra e i Brotherhood of Breath. Nei primi anni ’70 è chiamato a collaborare anche con i protagonisti della cosiddetta scuola di Canterbury che stavano dando nuova linfa al progressive rock inglese: Caravan, Henry Cow, Fred Frith, Kevin Ayers e Mike Oldfield sono fra coloro che chiesero la sua collaborazione. Più tardi suonerà anche con gruppi punk come ad esempio i Damned.
Insomma: Lol Coxhill è stato un musicista che ha spaziato tra i generi, sempre però con una sua coerenza stilistica e una personale propensione allo spettacolo che l’hanno portato negli anni ’80 anche alla recitazione in film e telefilm inglesi.
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I capolavori. Wayne Shorter
“Supernova” (1970)
In queste due puntate di Birdland Riccardo Bertoncelli mette l’accento su due dischi legati alla figura di Wayne Shorter (1933).
Il primo ha per titolo Supernova ed è un classico della discografia da leader del grande sassofonista statunitense. Venuto alla ribalta come molti altri talenti della sua generazione nei Messangers di Art Blakey, entrato successivamente alla corte di Miles Davis, Wayne Shorter iniziò a registrare dischi a proprio nome molto presto – all’inizio degli anni ’60, in virtù della sua grande perizia strumentale ma anche grazie ad una personalissima vena di autore ed arrangiatore.
Supernova fa parte dell’ampio catalogo di Shorter edito dalla Blue Note e fu registrato nel 1970. Si inserisce nel filone del jazz rock inaugurato poco prima da Miles, con una strumentazione decisamente elettrica (due le chitarre presenti, di John McLaughlin e Sonny Sharrock), ed anticipa per certi versi le sonorità dei primi Weather Report che Shorter fonderà di lì a poco con Joe Zawinul. Nell’organico è da notare in questo senso la presenza di Miroslav Vitous, che sarà il bassista dei Weather Report, oltre a quella di un Chick Corea nell’inusuale ruolo di percussionista!
Dave Douglas “Stargazer”- omaggio a Wayne Shorter (1997)
Stargazer è invece il titolo di uno dei più ispirati album del trombettista Dave Douglas (1963), pubblicato nel 1997. Con un inizio di carriera folgorante – 11 album come leader pubblicati tra il 1993 e il 1998 – Douglas si segnalò come uno dei trombettisti di vaglia della sua generazione.
Il disco qui presentato è un omaggio al grande sassofonista, sia per la ripresa di tre suoi famosi brani (tra cui On the Milky Way Express) e una manciata di proprie composizioni che fanno riferimento allo stile di Shorter. Tra gli accompagnatori di Douglas, il pianista Uri Caine, un ispirato Chris Speed ai sassofoni e il sempre grande Joey Baron alla batteria.
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Eddie Lang, chitarrista
Marcello Lorrai è un profondo conoscitore del jazz contemporaneo ma da qualche tempo a questa parte in Birdland ci propone il racconto di pagine importanti del jazz delle origini. È il caso anche stavolta con questo ritratto a tutto tondo di Eddie Lang (1902-1933).
Figlio di un liutaio italiano proveniente dal Molise ed emigrato a Filadelfia, si chiamava in realtà Salvatore Massaro ed fu uno dei primi specialisti della chitarra quando il jazz era ancora in fasce.
Eddie Lang contribuì in maniera decisiva a fare della chitarra uno strumento anche del jazz, con quel suo stile che fu da esempio per i colleghi e che aveva nella spinta ritmica che originava la principale caratteristica.
Suoi partner prediletti, in una breve ma intensissima carriera che lo vide protagonista in innumerevoli orchestre e piccoli gruppi , furono il violinista Joe Venuti e il celebre cantante ed attore Bing Crosby. Fece pure parte della grande orchestra di Paul Whiteman, tra l’altro fra i protagonisti del noto film The King of Jazz.
Tra le tantissime incisioni che ci ha lasciato ricordiamo anche quelle con il grande bluesman Lonnie Johnson, realizzate sotto lo pseudonimo di “Blind” Willie Dunn: un nome che ricalcava alla perfezione quello di altri protagonisti dell’epopea del blues.
Morì giovane e in piena salute, dopo una banale operazione alle tonsille.
A Monteroduni in provincia di Isernia – piccolo borgo di origine della famiglia Massaro – si tiene dagli anni ’90 un festival jazz a lui dedicato.
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Novità discografiche 04
ECM ha messo in circolazione da poco il nuovo disco del trio di Arild Andersen, una della formazioni cui negli ultimi anni il grande contrabbassista norvegese ha dedicato grande attenzione. Con il bravo sassofonista scozzese Tommy Smith e il percussionista italiano, ormai naturalizzato norvegese, Paolo Vinaccia i tre propongono una serie di nuovi brani dove emerge la loro grande complicità musicale.
Per l’etichetta di Monaco debutta anche l’acclamato pianista indo-statunitense Vijay Iyer, uno dei nomi più chiacchierati del jazz degli ultimi tempi. Mutations è un lavoro complesso dove allo strumento del leader, che fa uso anche dell’elettronica, si affianca un quartetto d’archi.
Tra le novità ECM anche una ristampa della serie storica Re:solutions. Stavolta è il turno di un grande album a firma Sam Rivers, il multi-strumentista statunitense che al tempo della registrazione di questo Contrasts (1979) era all’apice della sua vena creativa.
L’italiana CAM ha invece appena pubblicato un eccellente album firmato dal sassofonista inglese Julian Arguelles. Si intitola Circularity e prevede un cast di primo piano con tra gli altri Dave Holland al contrabbasso e John Taylor al piano.
Il cerchio si chiude con un altro musicista norvegese, stavolta della nuova generazione. E’ Marius Neset, sassofonista, di cui la tedesca ACT pubblica un programma concepito assieme alla Trondheim Jazz Orchestra, dove emerge la verve energica, quasi selvaggia della sua musica.
01 Julian Arguelles con J.Taylor, D.Holland, M. France "Circularity" 02-06-2014
02 Arild Andersen "Mira” (ECM) 03-06-2014
03 Marius Neset & Trondheim Jazz Orchestra "Lion" 04-06-2014
04 Sam Rivers “Contrasts” (ECM, 1979 ristampa) 05-06-2014
05 Vijay Iyer “Mutations” (ECM) 06-06-2014
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Novità discografiche 05
Nella serie di dischi recentemente pubblicati che Riccardo Bertoncelli ci presenta questa settimana in Birdland spicca senz’altro il solo di Paul Bley registrato qualche anno or sono dal vivo ad Oslo e pubblicato da ECM. Il grande pianista canadese, veterano del jazz - uno dei musicisti più influenti della musica afro-americana contemporanea e tra gli “inventori” del moderno piano solo - dà ancora una volta dimostrazione della sua immensa arte.
Due album sono invece consacrati ad innovatori della chitarra. Uno è Arto Lindsay, protagonista della no wave d’inizio anni ’80 di cui viene pubblicata un’antologia di brani dai suoi album da solista.
L’altro è Nels Cline, il fantasioso musicista californiano in primo piano sulla scena alternativa statunitense e tra l’altro recente ospite dei concerti Tra jazz e nuove musiche di Rete Due quale ospite del trio Medeski Martin & Wood. Macroscope è il sesto album della formazione che guida dal 2002, i Nels Cline Singers (dove, per inciso, non ci sono cantanti…).
Dan Kinzelman è un sassofonista statunitense che si sta mettendo in luce in questi ultimi anni. Ghost è un suo progetto con musicisti della scena italiana, un quartetto con fiati e percussioni che ha fruttato recentemente un bel disco dal titolo Stonebreaker .
Pubblicato da Label Bleu Checkpoint è un ulteriore tassello del viaggio appassionante intrapreso dal clarinettista americano David Krakauer alla riscoperta delle proprie radici culturali di matrice ebraico-esteuropee. Assieme alla sua nuova band Ancestral Groove (alla quale partecipano musicisti che l’hanno comunque già attorniato in altri suoi recenti progetti) ci propone un disco che è un po’ la summa delle sue esperienze precedenti tra klezmer, jazz, funk ed elettronica. Il titolo fa evidentemente riferimento a quel mondo così profondamente cambiato oggi che era l’est europeo della Cortina di Ferro, di cui la Berlino divisa era il simbolo.
01 Paul Bley “Play Blue - Oslo Concert”, Ecm 16-06-2014
02 Arto Lindsay “Encyclopedia Of Arto”, Ponderosa 17-06-2014
03 David Krakauer “Checkpoint”, Label Bleu 18-06-2014
04 Nels Cline Singers “Macroscope”, Mack Avenue 19-06-2014
04 Dan Kinzelman's Ghost “Stonebreaker”, Parco della Musica 20-06-2014
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Ai primordi del jazz. L'universo musicale di John Philip Sousa e Arthur Pryor
Chi non conosce la Washington Post March? Anche se il titolo del brano non è così noto, di certo il suo contenuto – la musica – lo è: bastano le prime note per riconoscerla. Ebbene il compositore di questo hit di sempre del repertorio bandistico, ma anche di Stars & Stripes Forever , dell’inno Semper Fidelis e di moltissime altre marce, è John Philip Sousa. Nato a Washington nel 1854 da genitori con origini portoghesi e tedesche, è stato fra i più importanti compositori e direttori di banda statunitensi a cavallo fra 800 e 900, a capo per lunghi anni della banda dei Marines e poi leader della propria Sousa Band che tenne migliaia di concerti in tutto il mondo – tra cui anche all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 - fino alla sua scomparsa. Arthur Pryor è stato uno dei più fedeli collaboratori di Sousa, straordinario virtuoso del trombone: durante una tournée in Germania gli fu chiesto di mostrare bene il suo strumento, alcuni credevano fosse un “trucco di quello yankee…”. Anche prolifico compositore, Pryor fece parte della band di Sousa per una dozzina d’anni, fungendo anche da assistente e direttore aggiunto. In seguito, dopo il 1904, organizzò pure una sua orchestra di grande successo. Ma che rapporto, penserete, con il jazz? Basterebbe la dichiarazione a tal proposito di Louis Armstrong che Marcello Lorrai – curatore di questa serie di Birdland e ormai specialista del jazz delle origini – cita all’inizio di questo ciclo di trasmissioni. Vero è che, nel crogiuolo di musiche che nell’effervescente scenario musicale che caratterizza gli Stati Uniti tra fine Ottocento e l’inizio del nuovo Secolo, la musica per banda, popolarissima all’epoca, attirò l’attenzione – in primis per la strumentazione utilizzata e per le timbriche sonore che ne scaturivano – di coloro che furono i protagonisti iniziali della musica di matrice afroamericana.
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Peter Erskine, batterista
Maurizio Franco dedica due puntate di Birdland alla figura di Peter Erskine, percussionista statunitense nato nel New Jersey nel 1954, uno dei caposcuola della moderna batteria jazz. E’ Stan Kenton a lanciarlo nella sua orchestra nei primi anni ’70, ma decisiva per la sua carriera è l’entrata, di lì a poco, nel gruppo-faro del jazz rock, i Weather Report di Joe Zawinul dove forma una straordinaria coppia ritmica con il bassista Jaco Pastorius. Diventato richiestissimo, Erskine ha poi suonato con tutti i maggiori musicisti della fusion, da Mike Brecker a Don Grolnick, da Chick Corea a Bob Minzer. Ha fatto parte degli Steps Ahead e degli Yellowjackets, ha registrato e suonato inoltre con Pat Metheny, Jan Garbarek, Gary Burton, Joni Mitchell e moltissimi altri. Ha diretto e dirige tuttora piccole formazioni delle quali hanno fatto parte John Taylor, Palle Danielsson, Nguyen Le e numerosi giovani musicisti emergenti.
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Toots Thielemans, armonicista e chitarrista
Di recente l’armonicista e chitarrista belga Toots Thielemans, alla veneranda età di 91 anni, ha annunciato il ritiro dalle scene. In effetti solo negli ultimi anni il musicista aveva diradato un’attività fino ad allora regolare sui vari palcoscenici internazionali. Personaggio di grande comunicativa, Toots è nato a Bruxelles nel 1922. E’ il grande specialista dell’armonica a bocca, strumento che grazie a lui è entrato nell’universo jazzistico. Inizialmente chitarrista, strumento che però non ha mai del tutto abbandonato, Thielemans ha iniziato la carriera alla fine degli anni ’40, chiamato da gente come Sidney Bechet ma anche dai rivoluzionari del be-bop: Gillespie, Parker, Roach. Affermatosi poi con l’armonica a bocca, grazie al virtuosismo sullo strumento e la grande musicalità ha avuto occasione di collaborare con altri giganti del jazz come Ella Fitzgerald, Quincy Jones, Oscar Peterson, Joe Pass. Hai poi affrontato altri generi musicali, tenendo però sempre fede alle sue radici di jazzista: lo si è ascoltato accanto a Edith Piaf, Paul Simon, Elis Regina e in Italia con Mina, accompagnata nella sigla della trasmissione televisiva Milleluci negli anni ’70. Da ricordare ancora la sua collaborazione ad innumerevoli colonne sonore, la più famosa quella per il film Un uomo da marciapiede. Maurizio Franco ripercorre in Birdland la strepitosa carriera, duranta quasi 70 anni, di questo portabandiera del jazz europeo.
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Allen Toussaint e il sound di New Orleans
In due puntate di Birdland Riccardo Bertoncelli mette a fuoco la figura di Allen Toussaint, pianista, compositore, arrangiatore nato a New Orleans nel 1938. Musicista fra i più influenti della città sul Mississippi, protagonista del Rhythm & Blues, Toussaint ha lavorato con una miriade di colleghi che l’hanno spesso voluto come produttore e deus ex machina della proprie realizzazioni discografiche: Dr. John, Irma Thomas, i Meters, i fratelli Neville e poi, fuori dalla città del delta, anche B.J. Thomas, Solomon Burke, Willy DeVille, Paul McCartney, Labelle e molti altri. I suoi brani sono stati ripresi e portati al successo da grandi quali Otis Redding, i Rolling Stones, gli Yardbirds, Alex Chilton e molti altri.
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Don Pullen
Pianista e organista di derivazione free ma con radici ben piantate nella grande tradizione della black music, dal gospel al blues, Don Pullen è stato fra i musicisti di primo piano del jazz tra gli anni ’70 e ’80, soprattutto per il sensazionale quartetto co-diretto con il sassofonista George Adams di cui ricordiamo, a Lugano, uno dei più bei concerti dell’intera la storia di Estival Jazz. Nativo della Virginia, è a Chicago che Pullen verso la metà anni ’60 entra nel giro del jazz che conta. Dopo aver collaborato con Giuseppi Logan e Milford Greaves, è chiamato dal grande contrabbassista Charles Mingus a far parte dell’ultima edizione del suo quartetto. Il suo stile pianistico, apparentato a quello di Cecil Taylor ma – come si diceva – pure legato alle matrici della musica nera, si imporrà in tutta la sua energia e freschezza nel quartetto con George Adams. Innumerevoli sono le sue ulteriori collaborazioni ma anche le avventure da leader, dal piano solo al quintetto che guidò sul finire di carriera, poco prima della scomparsa nel 1995.
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Enrico Pieranunzi
Enrico Pieranunzi è senza dubbio una delle personalità più in vista del jazz italiano sin dalla metà degli anni ’70. Con una solida formazione classica alle spalle, il pianista romano – nato nel 1949 - si è ben presto interessato al jazz e all’improvvisazione, alla composizione e all’arrangiamento. In una carriera che si è allargata a livello internazionale, Pieranunzi ha registrato più di 70 CD a suo nome spaziando dal piano solo al trio, dal duo al quintetto e collaborando in concerto o in studio d’incisione musicisti quali Chet Baker, Lee Konitz, Paul Motian, Charlie Haden, Chris Potter, Marc Johnson, Joey Baron. Pluripremiato come miglior musicista italiano nel “Top Jazz”, annualmente indetto dalla rivista “Musica Jazz” (1989, 2003, 2008) e come miglior musicista europeo (Django d’Or, 1997), Pieranunzi ha portato la sua musica sui palcoscenici di tutto il mondo esibendosi nei più importanti festival. Fra le sue ultime produzioni figura un album inciso con un nuovo trio (Scott Colley al contrabbasso e Antonio Sanchez alla batteria) che ha per titolo Permutation. Claudio Sessa ripercorre in Birdland le tappe salienti della carriera di un musicista ancora in piena attività.
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Don Cherry & Ed Blackwell - ''Mu'' (1969)
Mu è invece un album doppio pubblicato nel 1969 e firmato dal trombettista Don Cherry e dal batterista Ed Blackwell, due che erano stati in tempi diversi pupilli di Ornette Coleman. Il disco è uno stupendo esempio della ricerca che Don Cherry - non a caso considerato uno dei pionieri, alla sua maniera, della world music - stava conducendo oltre il jazz: utilizzo di una ricca strumentazione, dal pianoforte alla voce, dai flauti alle percussioni; brani di ampio respiro con influenze le più diverse, dalla libera improvvisazione a melodie di derivazione indiana; un’idea di interplay aperta e nuova che sfocia in una sorta di inaudita Babele sonora. Ed Blackwell, da par suo, accompagna il collega con la straordinaria paletta ritmica e timbrica degna di uno dei grandi specialisti della batteria.
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Herbie Hancock - Empyrean Isles (1964)
“Empyrean Isles", quarto album pubblicato a proprio nome, fa parte di quella manciata di dischi che hanno marcato lo straordinario avvio di carriera di Herbie Hancock come solista. Siamo nei primi anni ’60: dopo essersi segnalato accanto al trombettista Donald Byrd, Hancock viene corteggiato ben presto da Miles ed entra nel suo storico “secondo quintetto”. Ma il pianista aveva già strappato un contratto con la Blue Note e il “decollo” discografico era stato siglato nel ’62 dall’album Takin’Off e dal suo hit Watermelon Man.
Il pianismo innovativo, accanto alla particolare vena compositiva e di armonizzatore, di Hancock si confermano in questo disco che contiene anche Cantaloupe Island, altro suo brano che diventerà famoso. La formazione è stellare: Freddie Hubbard alla cornetta, Ron Carter al basso e Tony Williams alla batteria.
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Horace Silver - ''With the Jazz Messengers'' (1955)
Il grande pianista statunitense Horace Silver è scomparso quest’estate a 86 anni. Era nato nel Connecticut nel 1928 ed è stato protagonista, sin dall’inizio degli anni ’50, del periodo hard-bop e in seguito della nascita di un nuovo genere: il soul jazz. Maurizio Franco lo ricorda in questa puntata di Birdland proponendoci uno dei suoi primi dischi da solista, quell’ Horace Silver & the Jazz Messengers pubblicato da Blue Note nel 1955 che è considerato album-manifesto del genere hard-bop. Accanto a lui evidentemente il batterista Art Blakey, leader dei Messengers, ma anche Kenny Dorham alla tromba, Hank Mobley al tenore e Doug Watkins al basso.
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Harlem's Big Three. Il periodo dello stride piano
Con Maurizio Franco ci immergiamo questa settimana nella Harlem degli anni ’20 dove nacque lo stile pianistico detto stride piano.
Derivato in parte dal ragtime e con le cadenze armoniche tipiche del blues, lo stride piano portò una ventata di novità nella maniera di suonare lo strumento, decisamente virtuosistica e molto spettacolare: mano sinistra che fa balzi veloci tra bassi e accordi d’accompagnamento, mentre la destra ricama le melodie.
I campioni del nuovo stile furono Fats Waller e James P.Johnson, cui si unì ben presto anche Willie “The Lion” Smith. Alla musica dei tre, subito additati come the Harlem’s Big Three – vista la loro netta supremazia tecnica e musicale rispetto ai colleghi, è dedicata questa serie di Birdland.
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Il jazz nell'Europa dell'Est
La vicenda del jazz al di là della Cortina di Ferro è, come si può immaginare, articolata e complessa dato che la musica di matrice afro-americana, nella concezione del regime sovietico, faceva evidentemente parte del patrimonio culturale del nemico capitalista. Ma al di là delle difficoltà, degli ostacoli e in un primo momento della repressione del fenomeno, si può delineare – grazie a questa serie di Birdland di Claudio Sessa – un percorso organico del jazz nei paesi dell’Est europeo, all’immagine del polacco Krzysztof Komeda, pianista, compositore e “agitatore musicale” da considerare capostipite di una generazione di musicisti che a partire da quel paese (la Polonia fu quello più aperto alla nuova musica proveniente d’oltre Oceano) contribuirono ad irradiarvi il verbo jazzistico.
Claudio Sessa, dopo aver ricordato alcune tappe importanti dello “sbarco” del jazz nei paesi del comunismo come il famoso concerto di Sidney Bechet a Mosca nel 1927, ci presenta alcuni dei musicisti che nei singoli paesi e poi in parte anche a livello internazionale più si sono illustrati: Miroslav Vitous in Cecoslovacchia; Tomasz Stanko e Michal Urbaniak in Polonia; il Zentralquartett est-tedesco del pianista Ulrich Gumpert e del percussionista Günter “Baby” Sommer; il noto trio Ganelin-Chekasin-Tarassov in URSS; o ancora Gabor Szabo in Ungheria, Dusko Goikovich in Jugoslavia e Johnny Raducanu in Romania.
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I capolavori. Bill Frisell - This Land
L’album This Land del chitarrista statunitense Bill Frisell, uscito nel 1994, forma con il precedente Have a little faith una sorta di dittico dedicato alla storia del “suono” americano. Quello della prima metà degli anni ’90 è un periodo di estrema creatività del musicista, nato a Baltimora nel 1951 ed impostosi sin dal decennio precedente come innovatore della chitarra elettrica contemporanea. This Land - il titolo è emblematico – è una nuova indagine e rilettura dell’enorme patrimonio musicale degli Stati Uniti. Se nel precedente Frisell si era appoggiato ad un repertorio che andava da John Phlip Sousa a Sonny Rollins, Dylan e Madonna, passando per Charles Ives e Aaron Copland, qui la musica è invece di sua firma ma abbraccia le più disparate influenze: ragtime, innodie dal sapore gospel, musica per film, melodie dai colori caraibici e molto altro. Registrato nell’ottobre del 1992 insieme a Don Byron e Billy Drewes alle ance, Curtis Fowlkes al trombone, Kermit Driscoll al basso e Joey Baron alla batteria.
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L’anima jazz di Tom Waits
La figura di Tom Waits (Pomona - Los Angeles, 1949) è centrale nel mondo della canzone d’autore statunitense sin dagli anni ’70. Musicista e poeta ma anche attore di cinema e teatro, Tom Waits ha sin dagli inizi colorato il suoi testi con una musica che è il punto di incontro delle tante espressioni che compongono il multiforme “suono” dell’America di oggi.
Nel suo universo musicale fanno capolino il blues, il country, il rock e naturalmente anche il jazz, passione giovanile con il quale si avvicinò alla musica. E’ proprio a quest’ anima jazz di Tom Waits che Riccardo Bertoncelli dedica quattro puntate di Birdland dove passano in rassegne alcune delle sue “perle” d’autore.
contiene anche la 4a puntata del 20 novembre
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Laurindo Almeida chitarrista
Nativo dello stato di San Paolo, chitarrista autodidatta, nato in una famiglia di musicisti, Laurindo Almeida è stato fra i musicisti brasiliani più autorevoli e influenti del panorama musicale tra anni ‘50 e ‘60.
Un repertorio immenso quello che ha frequentato, dalla musica classica e folklore brasiliano, per arrivare in seguito al jazz classico e moderno. La sua carriera musicale l’ha visto dapprima collaboratore in patria di show radiofonici, strumentista in orchestre di night-club, solista sulle navi da crociera in direzione dell’Europa. Su una di queste arriva in Francia e ha l’occasione di ascoltare il jazz proposto da Stéphane Grappelli e Django Reinhardt, esperienza fondamentale per lo sviluppo della sua musicalità.
In Brasile alla fine degli anni ’40 è ormai uno strumentista e compositore riconosciuto, con diversi hit all’attivo che oltrepassano i confini nazionali. Grazie ad uno di questi interpretato dalle Andrews Sisters, si trasferisce nel 1947 negli Stati Uniti dopo inizia una nuova carriera, dapprima negli studios hollywoodiani poi accanto ai nomi che stanno rivoluzionando il jazz. In particolare lavora con Stan Kenton e il suo arrangiatore preferito, Pete Rugolo, che sperimentano – parallelamente a quanto faceva Dizzy Gillespie, la fusione tra jazz e musica latina. Alcuni brani del repertorio di Kenton da lui composti o a lui dedicati prefigurano addirittura ad inizio anni ’50 quello che diventerà poi la bossa nova. Ciò sarà ancor più evidente nelle registrazioni che Almeida realizzerà poco dopo con il sassofonista Bud Shank e altri compari della compagine di Kenton. Ma il chitarrista prosegue parallelamente, e da vera star, anche la carriera di musicista classico che lo porterà a vincere ad inizio anni ’60 ben quattro Grammy Awards, sia come interprete che come compositore.
Nel 1963 con Stan Getz registrerà un album completo, pochi giorni dopo l’incisione da parte del sassofonista del famoso disco con Joao Gilberto. In ambito jazzistico di rilievo fu anche la collaborazione di Almedia con il Modern Jazz Quartet.
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Novità discografiche 06
Riccardo Bertoncelli ci propone questa settimana una serie di recenti uscite discografiche.
Dapprima un nuovo album del pianista tedesco Joachim Kühn, un doppio CD che offre sia inedite registrazioni del noto trio Kühn-JennyClarke- Humair , sia la riedizione di un lavoro del 1994, Europeana, dove Kühn appare accanto ad un’orchestra sinfonica. NAD è la sigla dietro cui si nascondono due musicisti veronesi, Roberto Zorzi e Nicola Salerno. Con questa appellativo avevano pubblicato molti anni fa un primo disco Ghost che non aveva avuto seguito. Ora improvvisamente riappaiono sulla scena con un nutrito cast di ospiti e un lavoro difficilmente etichettabile tanti sono gli spunti, anche folli, che offre. Del nuovo album di Dr.John è presto detto. Dopo aver omaggiato anni fa Duke Ellington è ora la volta del repertorio prettamente vocale della maggior icona del jazz: Louis Armstrong. Al solito produzione lussureggiante e, anche qui, lunga lista di ospiti. Due dischi dell’etichetta italiana Parco della Musica chiudono la serie. Il primo propone la registrazione dal vivo del gruppo The Bears guidato dal sassofonista e clarinettista Francesco Bearzatti; il secondo è un pregevole lavoro di tre leader come il percussionista Michele Rabbia, il bassista Giovanni Maier e il pianista Stefano Battaglia riuniti sotto la sigla Triosonic.
01 Joachim Kuhn "Birthday edition" (ACT, 2CD) 20-10-2014
02 NAD “Dangereux Exorcism” feat. H.Kaiser, Rova Sax 4tet (CKC Kutmusic) 21-10-2014
03 Dr. John “Ske-Dat-De-Dat: The Spirit of Satch” (Proper/Concord) 22-10-2014
04 Francesco Bearzatti & The Bears “Live in France” (Parco della Musica) Triosonic - Rabbia/Maier/Battaglia 23-10-2014
05 “Anything Your little Heart says” (Parco della Musica) 24-10-2014
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Novità discografiche 07
Tra le recenti pubblicazioni discografiche che Maurizio Franco ci presenta in Birdland questa settimana spicca il nuovo disco per ECM proposto da Stefano Bollani, ormai acclamata star del pianismo jazz internazionale. Affiancato dalla sua fida sezione ritmica nordica, al trio si aggiungono per questo disco registrato a New York due altri musicisti che pure pubblicano per la casa di Monaco: un “veterano” come il grande chitarrista Bill Frisell e il recentemente “adottato” sassofonista Mark Turner. Quel che qui viene presentato è un bel bouquet di composizioni dello stesso Bollani, dai sapori e dai colori molto cangianti. London Tube è una nuova bella sorpresa di un sassofonista maturo come Claudio Fasoli: con il suo quartetto elettrico ci propone una ideale passeggiata sonora attraverso le fermate del metrò di Londra. Trasferita a New York da tempo, la romanda Sylvie Courvoisier è tra le pianiste del jazz contemporaneo più originali e creative. Lo conferma in questo suo nuovo album, registrato con un quartetto in cui condivide la leadership con il marito e violinista Mark Feldman. Accanto ad una coppia ritmica affiatata come quella di Swallow e Nussbaum (erano l’ossatura del primo trio di John Scofield), si destreggia con gran maestria il sassofono di Ohad Talmor, musicista nato in Israele, cresciuto in Svizzera e ora residente a Brooklyn. Singluar Curves è il moderno ed innovativo apporto dei tre alla grande tradizione del trio “secco”, inaugurata da Sonny Rollins e Lee Konitz negli anni ’50. Il numero 3 sembra essere particolarmente congeniale al formidabile batterista di origine messicana Antonio Sanchez, entrato nel gotha del jazz contemporaneo grazie alla militanza nel trio di Pat Metheny. E questo album a suo nome, Three times Three, presenta registrazioni dove il suo fantasioso drumming viene messo al servizio di tre diversi trii, con musicisti di prima scelta: Brad Mehldau, John Scofield e Joe Lovano cui si affiancano di volta in volta i bassisti Matt Brewer, Chris McBride e John Patitucci.
01 Antonio Sanchez «Three Times Three» (CAM Jazz) 24-11-2014
02 Claudio Fasoli Four “London Tube” (Abeat) 25-11-2014
03 Stefano Bollani “Joy in spite of everything” (ECM) 26-11-2014
04 Swallow-Talmor-Nussbaum “Singular Curves” (Auand) 27-11-2014
05 Sylvie Courvoisier-Mark Feldman Quartet «Birdies for Lulu» (Intakt) 28-11-2014
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I grandi del jazz e il loro repertorio Seconda serie
Birdland si occupa di tanto in tanto di metter a confronto interpretazioni diverse di noti standards o originals incise dai protagonisti del jazz. Da qualche tempo propone anche letture comparate di quelli che possiamo definire i “cavalli di battaglia” di certi musicisti, brani che ricorrono spesso nel loro repertorio e diventati di riferimento anche nelle loro esibizioni dal vivo. Maurizio Franco prende in considerazione, in questa seconda serie di Birdland sul tema, alcuni brani diventati celebri anche grazie alle numerose interpretazioni che ne hanno dato, in fasi diverse della loro carriera, musicisti quali Dizzy Gillespie, Sonny Rollins, Gerry Mulligan e Steve Lacy. Nelle quattro puntate del ciclo, in relazione all’ordine dei grandi solisti qui sopra citati, si ascolteranno alcune versioni di A night in Tunisia, Oleo, Walkin’Shoes e Evidence con la sottolineatura delle loro specificità e varianti di forma, tempo, interplay ed altro ancora.
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Omaggio ad Adolphe Sax nel bicentenario della nascita
Ricorrono in questo 2014 i duecento anni dalla nascita di Adolphe Sax (1814-1894), l’inventore del sassofono poi familiarmente chiamato anche soltanto sax.
Lo strumento, una sorta di ibrido tra la famiglia dei legni e quella degli ottoni, non ebbe dapprima vita facile nell’ambito della musica colta e infatti non si integrò mai nella formazione dell’orchestra sinfonica.
Ebbe invece successo nel quadro delle musiche per fanfara e per banda militare, e più tardi con l’avvento del jazz.
Adolphe Sax era belga, nato a Dinant nel 1814. Suo padre era costruttore di strumenti a fiato e il giovane Adolphe seguì ben presto i suoi insegnamenti, trasferendosi pure lui a Bruxelles dove la famiglia aveva bottega. Si adoperò per tutta la vita a cercar di migliorare gli strumenti già esistenti, clarinetti e fagotti in particolare, e sperimentò nuovi strumenti tra cui i saxhorns, una intera famiglia di ottoni a pistoni. Ma la sua invenzione principale su appunto il sassofono che, dopo innumerevoli modifiche e adattamenti, fu finalmente brevettato nel 1846.
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“A Love Supreme”. Musica e spiritualità tra anni ’60 e ’70
A love supreme fu registrato 50 anni or sono, per la precisione il 9 dicembre 1964, e pubblicato nel febbraio successivo. È uno dei capolavori assoluti di John Coltrane, che chiude a grandi linee la fase iniziata con Giant Steps, punto estremo della sua ricerca melodico-armonica nell’ambito della tonalità, e proseguita con l’approfondita esplorazione modale. Dopo A love supreme tutto sarà diverso e si aprirà l’ultimo momento della sua vicenda artistica, quello più marcatamente free ed informale, al tempo stesso ascetico ed universalista. Coltrane era un uomo con molti interessi, a volte tendenti all’ossessione: le altre culture, quella Orientale in particolare, l’astronomia, ma anche la numerologia e le sue possibili implicazioni con la musica. Il mistero di vita e morte erano spesso al centro delle sue riflessioni e delle discussioni con musicisti ed amici. In un anelito di conoscenza e verità assolute, la spiritualità per Coltrane diventa a partire da un certo momento un punto fermo della sua ricerca umana e musicale. Articolata nella forma di una suite in quattro parti, ognuna con un preciso sviluppo musicale e con specifico titolo, A Love Supreme è da intendere come una sorta di percorso di ringraziamento a Dio, considerato dal sassofonista ispiratore della sua arte. Immergersi in questo emozionante capolavoro significa non solo accostarsi al convinto misticismo coltraniano ma anche ad alcuni dei temi prevalenti dell’”altra” America dell’epoca: le culture afro-americane, la cristianità, le religioni orientali nel loro complesso intreccio. Partendo da Coltrane, Riccardo Bertoncelli ci propone un tragitto, tra jazz, rock e pop, che racconta varie declinazioni della spiritualità nella musica di quegli anni: dai Beatles a Donovan, da Sun Ra ad Albert Ayler, da Carlos Santana a John McLaughlin, passando per John Fahey, i Popol Vuh, gli Electric Prunes…
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The Chicagoans: il jazz nella Windy City negli anni ‘20
Se New Orleans è la culla del jazz della prima ora, Chicago è fra le prime grandi città dove questa musica si espande e prende piede, la prima tra l’altro dove si diffonde il nuovo termine jazz per definirla.
Al flusso migratorio di lavoratori neri verso il Nord industrioso non sfuggono i musicisti che a New Orleans e nel Sud stanno sperimentando il nuovo e che vedono in una città come Chicago la possibilità di sbarcare più agevolmente il lunario. Tra le industrie che si stanno sviluppando nelle metropoli del Nord degli Stati Uniti c’è infatti anche quella della criminalità, che ha nella musica proposta nei tanti locali da essa gestiti uno dei suoi corollari.
¨Marcello Lorrai ci introduce in questa metropoli che negli anni’20 adotta il jazz e contribuisce non poco alla sua definitiva affermazione, grazie a gruppi come i New Orleans Rhythm Kings o i Louisiana Kings (nei nomi è evidente il sentore dell’esodo…), nonché musicisti lì stabilitisi quali King Oliver, Paul Mares, George Brunies, Leon Roppolo, Elmer Schoebel, Eddie Condon e gli ”indigeni” Benny Goodman e Bud Freeman.
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Edited by papero62 - 16/1/2015, 11:17
 
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Pharoah Sanders - Sassofonista

Con Claudio Sessa

Nato Farrell Sanders, inizia la sua carriera suonando il sax tenore inCalifornia, ad Oakland. Si trasferisce a New York nel 1961. Lì suona conSun Ra da cui riceve il nome d'arte Pharoah, in qualche caso indicato come Pharaoh, (=Faraone). Sale alla ribalta nel 1965, anno in cui entra nella band di John Coltrane, iniziando a sperimentare con quella musica che successivamente sarà conosciuta come free-jazz. Sempre nel 1965 registra con 'Trane Ascension, opera manifesto del free-jazz, oltre che Meditations. Partecipa nel 1968 all'incisione di Communications, album della JCOA: Jazz Composer's Orchestra Association di Mike Mantler e Carla Bley nel quale suona, usando le parole di John Zorn, "il più intenso e illuminante solo di sax tenore mai registrato". Ornette Coleman stesso lo "proclama" il miglior sax tenore al mondo.
Nel 1969 pubblica per la casa discografica Impulse! Records il suo album di maggior successo, Karma, che riscosse particolare gradimento di pubblico grazie alla presenza del brano The Creator Has a Master Plan, ripreso in seguito da numerosi artisti (Louis Armstrong in testa).
Pharoah Sanders è noto per il suo stile ricco di suoni violentissimi ed estremi e per l'utilizzo della tecnica "Sheets of Sound".
( Fonte Wikipedia )
www.mediafire.com/download/hw7iofpe...assofonista.zip

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Novità Discografiche:

Con Marcello Lorrai

I tre numeri di Birdland di questa settimana sono dedicati da Marcello Lorrai ad altrettante novità discografiche.
La prima è una felice ristampa da parte dell'etichetta spagnola Fresh Sound dei primi due album come leader dell'eccellente altosassofonista Ken McIntyre, usciti nel 1960 e nel 1962. Completa questo doppio CD la ripubblicazione di una assoluta rarità, l'unico disco a proprio nome della cantante Honi Gordon nota soprattutto per la sua militanza nel gruppo vocale dei Gordons e per le collaborazioni con Mingus, Dizzy Gillespie e molti altri.
Vijay Iyer è uno dei più chiacchierati pianisti dell'odierna scena jazzistica. Statunitense di origine indiana, si è definitivamente messo in luce per la sua originale musicalità negli ultimi anni, vincendo tra l'altro nel 2012 il referendum della rivista Down Beat in ben cinque categorie. Qui lo ritroviamo assieme a tre vecchie conoscenze del jazz d'avanguardia statunitense, Oliver Lake al sax, Reggie Workman al basso e Andrew Cyrille alla batteria, in un intrigante album uscito per la label elvetica Intakt. Titolo migliore per il loro incontro a due non potevano sceglierlo il pianista Kenny Barron e il bassista Dave Holland! È veramente un'arte del conversare in musica quella che ci propongono in questo loro disco per Impulse!, dove vien fuori tutta l'esperienza, la classe, la raffinatezza di due musicisti dalla carriera straordinaria.
( Fonte Birdland )
www.mediafire.com/download/10ae4g29...scografiche.zip

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Billy Strayhorn, Pianista compositore ed arrangiatore:

Con Diego Ricco

A cent’anni dalla nascita Birdland rende omaggio questa settimana al grande compositore e arrangiatore statunitense Billy Strayhorn, per lungo tempo stretto collaboratore ed “alter ego” musicale di Duke Ellington. Come quella presentata lo scorso anno proprio per Ellington, è Diego Ricco che cura questa serie “trasversale” messa a fuoco come uno dei possibili percorsi, dalle interpretazioni d’epoca alle moderne rivisitazioni, attraverso il vastissimo repertorio di Strayhorn. Lush Life, Day Dream, Take the “A” Train o ancora Lotus Blossom, Satin Doll, Chelsea Bridge sono solo alcune delle composizioni più note dell’autore che, assieme a diverse altre, daranno vita a questa serie dove pure sfileranno gli interpreti più diversi: dall’orchestra del Duca, evidentemente, a Ella Fitzgerald, dallo stesso Strayhorn a Johnny Hodges, fino a musicisti più modernisti come Phil Woods, Art Farmer, Clifford Jordan e altri ancora.
( Fonte Birdland )
www.mediafire.com/download/vwe6q7vz...y_Strayhorn.zip

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Lee Konitz Duets:

con Maurizio Franco

The Lee Konitz Duets è un album dal sassofonista americano Lee Konitz registrato il 25 settembre 1967 e pubblicato l’anno successivo dalla Milestone. Riconosciuta come una delle più brillanti sessioni di Konitz, quella che ha dato vita a questo disco raccoglie le incisioni di una serie di duetti molto diversi tra loro, in quanto a interazioni e strumenti (album con duetti non erano certo rari, all’epoca, ma uno stesso disco che raccogliesse duetti diversi tra più musicisti, venne considerata un’idea innovativa che un volta di più sottolineava l’animo sperimentale di Konitz).
In questo disco Konitz è in coppia con il trombonista MarshallBrown su una deliziosa versione di Struttin’ with Some Barbecue (resa nota da Louis Armstrong che la suonò per la prima volta nel 1927). Poi corrisponde ingegno e calore con il sassofonista Joe Henderson sullo standard You Dont KnowWhat is Love. Suona Checkerboard con il pianista Dick Katz(sua la composizione del brano). Duetta sul brano Erb con il chitarrista Jim Hall (anche lui compositore del brano in questione). Gioca sulla Tickle Toe di Lester Young con il sax tenore di Richie Kamuca e dà vita ed energia a Duplexity con il violinista Ray Nance (unica composizione originale di Konitz, questa, scritta in collaborazione proprio con Nance). Infine Konitzlascia i duetti ufficiali solo in occasione di un paio di brani,Variations on Alone Together (il brano più lungo dell’album composto da 5 variazioni basate sullo standard Alone Together scritto nel 1932 da Arthur Schwartz e Howard Dietz) e Alphanumeric, composizione del trombonista Marshall Brown e unico brano a vedere all’opera tutti i duettanti (tranneNance), con l’aggiunta di Karl Berger al vibrafono e di una sezione ritmica composta dal contrabbassista Eddie Gomez e dal batterista Elvin Jones.La musica di questi meravigliosi duetti spazia principalmente dal dixieland al bop restando sempre affascinante e di alto livello strumentale. Un’opera che restituisce il giusto valore al lavoro e al genio dietro questi duetti “inventati” da Konitz
Fonte ( demiusik wordpress )
www.mediafire.com/download/166j88c6...onitz_Duets.zip

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Clifford Brown and Voices:

Clifford Brown and Voices
con Maurizio Franco

Clifford Brown...And The Ladies Of Jazz (Washington, Vaughan, Merrill…)
Fonte (Birdland)
www.mediafire.com/download/gc9b4g9g..._and_Voices.zip

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Novità Discografiche :
Con Marcello Lorrai

02.02.15-Tete Montoliu Trio "Catalonian Rhapsody" (Venus, rist.'92)
03.02.15-Wadada Leo Smith "Red Hill" (RareNoise)
04.02.15-Andreas Scherrer Lucas Niggli "Arcanum" (Intakt)
(Fonte Birland)
www.mediafire.com/download/rg8o71iy...scografiche.zip
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I moderni arrangiatori del jazz:
Con Claudio Sessa

L’arte dell’arrangiamento nasce con lo sviluppo negli anni ’20 e ’30 di orchestre jazz che, a differenza dello stile originario di New Orleans, nel loro repertorio prevedono vere e proprie parti per scritte in alternanza a quelle improvvisate. Campioni del genere furono Paul Whiteman, Don Redman, Fletcher Henderson, per arrivare poi a Duke Ellington e Count Basie.
Questa tradizione fu tenuta viva durante l’era dello swing (Goodman, Miller, Dorsey...) e si sviluppò poi nel secondo Dopoguerra parallelamente alla nascita degli stili moderni, il be-bop e il cool jazz.
In questa serie di Birdland Claudio Sessa ci introduce al moderno concetto dell’arrangiamento jazz, considerando dapprima l’influenza e il lascito di Count Basie e passando poi in rassegna le varie tendenza e le figure più rappresentative nei vari ambiti: Harry Paich, la “variabile impazzita” Stan Kenton, Jimmy Giuffré e altri tra i californiani; la raffinatezza un po’ intellettuale di Gil Evans, George Russell, Gerry Mulligan; e ancora Charles Mingus, Oliver Nelson e Quincy Jones tra gli sperimentatori o Claud Ogerman e Nelson Riddle specializzati nella collaborazione con i cantanti.

09.02.15 Modernità di Count Basie e la "nuova" tradizione
10.02.15 I californiani: Paich, Rogers, Giuffre, Ferguson, Kenton

11.02.15 La scrittura di Strayhorn e i “sofisticati”: Mulligan, Russell, Evans

12.02.15 Influenza del soul e gli “sperimentali”: Quincy Jones, Oliver Nelson, Charles Mingus)

13.02.15 L’arrangiamento per i cantanti: Nelson Riddle, Claus Ogerman
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/h0hp4ihc...ri+del+jazz.zip
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Novità Discografiche:
Con Riccardo Bertoncelli

Stefano Bollani che in una delle sue recenti fatiche discografiche si avventura sulle pericolose vette dell’arte di Frank Zappa, dove molti in precedenza si sono infranti; il maggiore dei fratelli Marsalis, il sassofonista Branford, che si avventura in solitaria con il suo strumento sotto le volte della Grace Cathedral di San Francisco, la stessa dei leggendari Concerti Sacri di Ellington; John Zorn, che imbraccia finalmente il suo sax alto e si allea con due campioni della free music come Wadada Leo Smith e George Lewis in otto lucide e penetranti improvvisazioni. O ancora Robert Wyatt che in contemporanea con l’uscita di un libro sulla sua figura e sulla luminosa carriera ci offre un’antologia delle sue perle discografiche; e infine il sassofonista francese Louis Sclavis che nelle con le sue “melodie di seta e sale” parte idealmente sulla leggendaria via che attraversa l’Asia Centrale toccando anche nel contempo il tema scottante dell’emigrazione.
È quanto ci offre il menù di Birdland questa settimana, una selezione di recenti uscite discografiche a cura di Riccardo Bertoncelli.
16.02.15 Wadada Leo Smith, George Lewis, John Zorn “Sonic Rivers” (Tzadik)
17.02.15 Branford Marsalis “In My Solitude” (Legacy)

18.02.15 Stefano Bollani “Sheik yer Zappa” (Decca)

19.02.15 Louis Sclavis “Silk And Salt Melodies” (ECM)

20.02.15 Robert Wyatt “Different Every Time” (Domino)
Fonte ( Birdland)
www.mediafire.com/download/qq69gbc8...scografiche.zip

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Swiss Radio Days:
Incisioni storiche di Jazz della Radio Svizzera
Con Maurizio Franco

Sin dagli anni ’90 l’etichetta discografica TCB di Montreux, in collaborazione con la SRG/SSR, pubblica regolarmente registrazioni storiche di concerti jazz tenutisi in Svizzera a partire dal secondo Dopoguerra. E’ un prezioso archivio sino a poco fa conosciuto dai soli addetti ai lavori e che a poco a poco sta ora diventando di dominio pubblico.
Dopo due serie dedicate a concerti tenuti nel nostro paese da Count Basie, Gerry Mulligan, Art Blakey, Miles Davis, Stan Getz e diversi altri, Maurizio Franco ci introduce ad altre pubblicazioni, tra le più recenti, che vedono quali protagonisti il leggendario Nat King Cole e il grande batterista Max Roach, nonché alcune registrazioni che vedono importanti solisti statunitensi e svizzeri (tra questi Dexter Gordon, Clifford Jordan, Roman Schwaller, Hans Kennel, Franco Ambrosetti) accompagnati da quella che era la formazione “in residence” alla Radio di Zurigo negli anni ’70 e ’80, il Jazz Live Trio con musicisti svizzeri di grande talento ed già grande esperienza: Klaus Koenig al piano, Peter Frei al basso e Peter Schmidlin alla batteria.
Tutti gli appuntamenti:
23.02.15 Nat King Cole & the Quincy Jones Big Band – Zurigo 1960
24.02.15 Max Roach Quintet - Losanna 1960
25.02.15 Jazz Live Trio & solisti: Shaib Shihab, Art Farmer, Clifford Jordan
26.02.15 Jazz Live Trio & Dexter Gordon + Magog Trio (4./5) – Zurigo, 1972-1975
27.02.15 Jazz Live Trio & Swiss Soloists: Ambrosetti, Scherrer, Schwaller, Kennell, Grünwald, Bourquin
Fonte ( Birdland)
www.mediafire.com/download/dp6hd561..._Radio_Days.zip

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Jimmy Lunceford : Arrangiatore e direttore d'orchestra
Con Marcello Lorrai

Offuscata dalla notorietà e dal carisma di colleghi quali Duke Ellington e Count Basie, l’importanza di Jimmie Lunceford nella storia del jazz va certamente rivalutata. Nato in Missouri nel 1902, sassofonista di formazione, fondò una prima orchestra nel 1926 con gli allievi della Manassas High Scholl di Memphis dove insegnava. La sua big band fu nella seconda metà degli anni ’30 una formidabile fabbrica di swing, da molti ritenuta la migliore dell’epoca. Della figura di Lunceford, Marcello Lorrai ripercorrerà la vicenda artistica e umana. Ci ricorderà pure i maggiori solisti che lo attorniarono, così come la geniale penna di Sy Oliver – che pure era uno dei trombettisti dell’orchestra - cui dobbiamo una parte significativa degli arrangiamenti. La partenza di quest’ultimo nel 1939 segnò un primo declino dell’orchestra, così come in seguito la defezione di numerosi dei suoi migliori strumentisti. L’orchestra sopravvisse solo qualche anno dopo la morte del suo ancor giovane leader nel 1947.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/da34jmyd..._Lunceford_.zip

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Novità Discografiche
con Maurizio Franco

Renato Sellani è stata una delle maggiori figure del pianoforte jazz italiano. Glad there is you è l’ultimo disco uscito a suo nome, una raccolta di brani in piano solo pubblicata a metà ottobre 2014, due settimane prima della scomparsa. Il trio senza strumenti armonici del sassofonista statunitense Joshua Redman è una delle formazioni più eccitanti del jazz contemporaneo, soprattutto se si ha la fortuna di ascoltarla dal vivo. Ed proprio questa dimensione è documentata dal suo recente disco, con un repertorio che spazia dagli standards a sue proprie composizioni, passando per una fantastica rilettura dei Led Zeppellin! David Virelles, cubano, è attualmente il pianista più chiacchierato della scena jazz nuovayorkese. Cresciuto in una famiglia di musicisti, si è trasferito negli Stati Uniti definitivamente nel 2009 con una borsa di studio. Si è perfezionato con Steve Coleman e Henry Threadgill, collaborando poi professionalmente con Chris Potter, Tomasz Stanko, Mark Turner. Quest’ultimi gli hanno aperto le porte della ECM, per la quale pubblica il suo terzo, ambizioso album da leader: una personale rielaborazione delle melodie e dei ritmi della tradizione religiosa afro-cubana. E proprio Mark Turner, uno degli scopritori di Virelles, è uscito anche lui con una novità presso ECM. Dopo alcune collaborazioni con i musicisti dell’etichetta e alcune belle pubblicazioni con il collettivo Fly, per il sassofonista questo è il convincente debutto da solista per la label di Monaco. Sonorità che potrebbero apparentarsi a quelle di ECM, ma in realtà stavolta dovute all’italiana CAM Jazz: sono quelle del raffinato pianista finlandese Joona Toivainen, al suo secondo lavoro in trio.
Questo è quanto ci offre la carte di Birdland questa settimana, una selezione di recenti uscite discografiche a cura di Maurizio Franco.
(Fonte Birdland)
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Jazz Composer Orchestra ieri e oggi
Con Riccardo Beroncelli

Michael Mantler, trombettista e compositore austriaco, è nato a Vienna nel 1943. Si trasferì ben presto (1962) negli Stati Uniti per completare gli studi e lì rimase, dopo essere entrato negli ambienti del jazz più avanzato. Accanto alle prestigiose collaborazioni con Cecil Taylor e i maggiori musicisti del movimento, Mantler annovera tra progetti di maggior spessore quello della Jazz Composers Orchestra: un collettivo aperto di strumentisti e compositori che potessero riunirsi in libertà, proporre la propria musica, suonarla, registrarla e eventualmente pubblicarla in maniera autonoma, senza dipendere dalle logiche delle case discografiche. Quel progetto diede ben presto pregiati frutti e oggi, dopo tanti anni, Mantler è ritornato sull’argomento aprendo gli archivi e pubblicando registrazioni fino ad oggi inedite realizzate tra il 1963 e il 1968.
(Fonte Birland)
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I Capolavori :
Jack DeJohnette "New Directions"

con Riccardo Bertoncelli

New Directions è un album a nome del batterista Jack DeJohnette che uscì nel 1978. Venuto alla ribalta con Charles Lloyd e successivamente con Davis, DeJohnette si era associato nei suoi primi lavori da leader con musicisti quali John Abercrombie, Bennie Maupin, Dave Holland. E’ nel 1977 che fonda un nuovo quartetto cui dà il nome Directions e che comprende Eddie Gomez al basso, Lester Bowie alla tromba e ancora John Abercrombie alla chitarra.Riccardo Bertoncelli ci rammenta il primo bellissimo disco di questo supergruppo che ebbe purtroppo vita breve: l’unica altra pubblicazione è un live registrato a festival di Willisau nel 1979. De Johnette si era ormai già incamminato su altri sentieri, in particolare con la sua Special Edition che terrà banco nei primi anni ’80.

Keith Tippet Group " Dedicated to You "
con Riccardo Bertoncelli

Il pianista Keith Tippett è stato – tra anni ’60 e ’70 - uno dei portabandiera della libera improvvisazione britannica ma al tempo stesso un musicista molto richiesto in ambito rock, soprattutto da quelle band che al momento stavano dando un nuovo impulso al genere. Non a caso lo ritroviamo nei primi dischi dei King Crimson, al tempo stesso accanto a musicisti come Robert Wyatt o Elton Dean. Riccardo Bertoncelli rispolvera questo vecchio LP, Dedicated to you (but you weren’t listening), secondo lavoro a suo nome che precede una serie dischi dei quali il produttore sarà nientemeno che Robert Fripp.
(Fonte Birdland)
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Marsalis Family
con Claudio Sessa

Birdland propone questa settimana la prima parte di una lunga serie di 10 puntate dedicata alla famiglia dei Marsalis, una delle più influenti del jazz contemporaneo, originaria di New Orleans. Il capostipite fu Ellis sen. (1908), potente uomo d’affari, uno dei primi coloured a far fortuna nel Sud degli Stati Uniti. Dal figlio Ellis jr. (1934), che diventerà pianista e importante didatta (suoi allievi furono tra gli altri Terence Blanchard e Harry Connick jr), nasceranno quattro figli tutti musicisti: il trombettista Wynton (1961) e il sassofonista Branford (1960) - i rampolli di maggior successo - per arrivare a Delfeayo (1965, trombonista) e a Jason (1977, batterista).
Claudio Sessa tratteggia un ritratto di ciascuno di loro, dando evidentemente maggior peso alla parte riservata al Ellis jr. e al suo secondogenito Wynton, “uno dei personaggi più influenti d’America”, come l’ha definito a suo tempo la rivista Time.
(Fonte Birdland)
Prima parte
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Seconda Parte
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Billie Hiliday : A cent' anni dalla nascita
con Riccardo Bertoncelli

Il 7 aprile 1915 - cent’anni or sono - nasceva a Baltimora Eleanora Fagan, nota in seguito con il nome d’arte di Billie Holiday.
In una carriera durata dai primi anni ’30 fino alla scomparsa nel 1959, Billie Holiday si è affermata come una delle più grandi cantanti del jazz classico, per il timbro di voce, per l’inflessione e la capacità di giocare con il tempo, per le doti di interpretazione, per l’emozione che scaturiva dalle sue performances assolutamente unica.
Infanzia molto difficile, con genitori assenti (chi volontariamente – il padre , chi per necessità – la madre, stabilità a New York per sbarcare il lunario), la giovane Billie si avvicina al mondo dei club di Harlem, prima come ballerina e subito dopo come cantante, per abbandonare quello della prostituzione in cui era entrata giovanissima. Èil grande produttore John Hammond a notarla e a lanciarla nel mondo della musica, facendola collaborare prima con Benny Goodman, poi con il pianista Teddy Wilson. Il successo definitivo arriva quando entra in contatto con Count Basie, Artie Shaw e e Lester Young, tre musicisti di prima grandezza che contribuirono non poco a farla diventare la star che conosciamo.
Un vita segnata da droga, alcool e problemi finanziari non le hanno impedito di lasciarci alcune delle pagine più belle e significative del jazz di tutti i tempi. Le sue interpretazioni di canzoni come A fine Romance, Summertime, Pennies from Heaven, più tardi di Lover Man, You go to my Head, Strange Fruit o ancora di brani per cui scrisse il testo quali God bless the child, Don’t explain, Lady sings the Blues restano di diritto nella grande storia delle musica afroamericana.
Riccardo Bertoncelli ci propone il suo personale racconto, scandito da questa grande musica, della vicenda artistica e umana di Lady Day, il “nobile” nomignolo coniato dal grande amico Lester Young per distinguere la Holiday nel difficile mondo della musica di quegli anni.
(Fonte Birdland)
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Chick Webb , batterista
Con Marcello Lorrai

William Henry Webb, detto “Chick”, nacque a Baltimora in una data incerta fra il 1902 e il 1909.
Affetto da tubercolosi, il suo fisico ne risultò molto menomato. Ciò non gli impedì di sviluppare una invidiabile tecnica percussiva che lo portò ad imporsi come uno degli stilisti fondamentali della batteria swing: suoi successori quali Gene Krupa, Jo Jones, fino a Buddy Rich e Louie Bellson, ne hanno riconosciuto la profonda influenza.
Ebbe come padrino Duke Ellington che gli offrì i primi ingaggi da professionista a metà anni ’20. Dal 1930 fu a capo di una propria big band che era sovente la vedette al Savoy Ballroom, dove si svolgevano delle vere e proprie battaglie tra orchestre piazzate su due palchi: alla fine della serata i ballerini decretavano la vittoria dell’una o dell’altra. Tra i meriti di Webb, tra gli altri, quello di aver lanciato una giovanissima Ella Fitzgerald.
A seguito dell’aggravarsi del suo stato di salute, Webb morì quando aveva superato da poco la trentina. Lo swing perse uno dei suoi padri e molti lo riconobbero: la stessa Fitzgerald per un certo contribuì a tenere viva l’orchestra prima di dedicarsi alla carriera di solista.
(Fonte Birdland)
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Clifford Brown with stringers
con Maurizio Franco

Sul modello del precedente Charlie Parker with strings registrato tra il 1949 e il 1950, il produttore discografico Bobby Shad suggerì a quel fenomenale musicista che era Clifford Brown di realizzare qualcosa di simile.
Era la fine del 1954 e Clifford Brown era ormai un talento più che affermato. Anzi, si era ormai profilato come il maggior trombettista della scena jazz del periodo. Una carriera che era iniziata poco prima, con le collaborazione con Tadd Dameron, Lionel Hampton e Art Blakey e che segnerà il punto culminante con la fondazione del celeberrimo Max Roach & Clifford Brown Quintet nel 1954. Brown si spegnerà a soli 25 anni nel giugno del 1956 a causa di un incidente stradale.
Il magnifico approccio di Brown alle ballads, il suo fraseggio ricco e ritmicamente inarrivabile, sono i caratteri che pure la moglie di Brown concordava potessero essere messi in evidenza con un progetto simile. Nel gennaio del 1955, finalmente, il trombettista è a disposizione per una seduta di registrazione con gli archi. Per gli arrangiamenti e la direzione d’orchestra viene chiamato uno che se ne intende, Neal Hefti, e finalmente la session ha luogo tra il 18 e il 20 gennaio del ’56. Il disco uscirà nel dicembre di quell’anno, in coincidenza con la nascita dell’unico figlio della coppia: a Brown restavano ormai solo sei mesi di vita.
(Fonte Birdland)
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Kip Hanrahan , l'inclassificabile
Con Marcello Lorrai

Sorta di deus ex machina di molte originali, e apparentemente impossibili, produzioni musicali da lui concepite, Kip Hanrahan - originale figura di stregone musicale, a metà strada tra il direttore d’orchestra, il produttore, il regista sonoro - è nato nel Bronx nel 1954. Lui stesso si definisce un facilitator della musica, termine intraducibile in italiano se non con un approssimativo “organizzatore musicale”.
Dal punto della formazione, oltre a quella di scultore, Hanrahan si è cimentato come percussionista, fatto tutto sommato secondario nell’ottica delle sue future concezioni estetiche.
Venuto alla ribalta nei primi anni ’80, ha prodotto album di grande impatto, preziosi lavori di studio dove si incontrano i generi e i musicisti più disparati: dal jazz d’avanguardia al rock, dalla musica latina al funky e alla musica più groovy grazie alle collaborazioni con David Murray, Sting, Robbie Ameen, Jack Bruce, Don Pullen, Milton Cardona, Paul Bley, Brandon Ross per non citarne che alcuni.
Ha tra l’altro fondato il collettivo Conjure, con il quale si è spesso esibito dal vivo, e l’etichetta discografica American Clavé con la quale ha pubblicato le proprie produzioni nonché album di artisti i più diversi quali Astor Piazzolla, Arto Lindsay, Jerry Gonzales, Silvana Deluigi, Alfredo Triff, Paul Haines e Ishmael Reed.
Marcello Lorrai ripercorre in questa serie di Birdland l’intrigante percorso artistico di un musicista assolutamente inclassificabile.
(Fonte Birdland)
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Eddie Lang , chitarrista
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai è un profondo conoscitore del jazz contemporaneo ma da qualche tempo a questa parte in Birdland ci propone il racconto di pagine importanti del jazz delle origini. E’ il caso anche stavolta, con questo ritratto a tutto tondo di Eddie Lang (1902-1933).
Figlio di un liutaio italiano proveniente dal Molise ed emigrato a Filadelfia, si chiamava in realtà Salvatore Massaro ed fu uno dei primi specialisti della chitarra quando il jazz era ancora in fasce.
Eddie Lang contribuì in maniera decisiva a fare della chitarra uno strumento anche del jazz, con quel suo stile che fu da esempio per i colleghi e che aveva nella spinta ritmica che originava la principale caratteristica.
Suoi partner prediletti, in una breve ma intensissima carriera che lo vide protagonista in innumerevoli orchestre e piccoli gruppi, furono il violinista Joe Venuti e il celebre cantante ed attore Bing Crosby. Fece pure parte della grande orchestra di Paul Whiteman, tra l’altro fra i protagonisti del noto film The King of Jazz.
Tra le tantissime incisioni che ci ha lasciato ricordiamo anche quelle con il grande bluesman Lonnie Johnson, realizzate sotto lo pseudonimo di “Blind” Willie Dunn: un nome che ricalcava alla perfezione quello di altri protagonisti dell’epopea del blues.
Morì giovane e in piena salute, dopo una banale operazione alle tonsille.
A Monteroduni in provincia di Isernia – piccolo borgo di origine della famiglia Massaro – si tiene dagli anni ’90 un festival jazz a lui dedicato.
(Fonte Birdland)
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Jazz e Cinema
con Claudio Sessa

Si è spesso osservato che il cinema e il jazz sono state le due grandi “arti nuove” del Ventesimo secolo (alle quali si può aggiungere il fumetto). Segnate entrambe dalla civiltà metropolitana e da uno stretto rapporto con gli sviluppi della tecnologia, esse hanno molto in comune e possono essere osservate in parallelo.
In questo doppio ciclo di incontri prendiamo in considerazione alcuni aspetti di una sintonia davvero affascinante. Il jazz ha spesso costituito l’argomento centrale di molti film di rilievo, e ancora più spesso è servito come colonna sonora, spesso commissionata per l’occasione a musicisti storici, da Duke Ellington a John Lewis a John Zorn; in particolare è divenuto il sottofondo privilegiato (a volte perfino stereotipato) di un genere importante come il “film noir”. Spesso l’incontro fra registi e jazzisti importanti ha sviluppato idee nuove, si pensi al rapporto fra Louis Malle e Miles Davis per “Ascensore per il patibolo” o a quello fra John Cassavetes e Charles Mingus per “Ombre”. Molte canzoni utilizzate da jazzisti d’ogni ambito stilistico sono nate specificamente per il cinema: da standard tanto diversi quanto “Laura”, “Stella By Starlight” o “I’ll Remember April” fino ai temi dei cartoni animati di Walt Disney. Altre volte sono gli stessi jazzisti (pensiamo a figure popolari come Fats Waller o Benny Goodman) ad essere immortalati nei film dalle trame più diverse. Infine, un elemento particolarmente affascinante riguarda i molti “prestiti” che le due arti si sono scambiati, dall’uso del montaggio in musica a quello dell’improvvisazione nelle pellicole sperimentali.
Questa serie speciale di Birdland è articolata in 10 puntate e proseguirà quindi la prossima settimana.
(Fonte Birdland)
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Louis Amstrong cantante
Con Maurizio Franco

La popolarità di Louis Armstrong, oltre alla sua maestria alla tromba, è certamente pure dovuta alla tecnica vocale dello scat (che introdusse nelle sue esibizioni di strumentista e che contribuì a diffondere) e all’inconfondibile timbro di voce che lo ha sempre caratterizzato. La “carriera” di cantante possiamo dire che corra parallela a quella di trombettista, addirittura che i maggiori successi commerciali “Satchmo” li abbia ottenuti proprio come cantante, anche sul finire di carriera. Di lui ricordiamo le collaborazioni con altri cantanti quali Bing Crosby (sin dagli anni ’30 e fino ai ’60) e soprattutto Ella Fitzgerald, che ha fruttato alcune immortali perle discografiche. Tra i grandi hits di questo specifico repertorio citiamo senz’altro i celeberrimi When the Saints go marchin’ in e What a wonderful World, ma anche Stardust, Stompin’ at the Savoy (con Ella), Hello Dolly, Aint’ Misbehavin’ e molti altri.
(Fonte Birland)
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Le rarità. Modern Jazz Quartet "The Comedy (1962)
Con Marcello Lorrai :

The Comedy fu pubblicato dal Modern Jazz Quartet nel 1962, con registrazioni di quello stesso anno e di due anni precedenti. È uno dei lavori dello storico quartetto di John Lewis, Milt Jackson, Percy Heat e Connie Kay più influenzato dalla musica e - più in generale - dalla cultura di matrice europea. Il riferimento alla cultura mediterranea e alla Commedia dell’Arte è evidente nei titoli della suite, con la presenza di personaggi quali Arlecchino (presente sulla copertina originale), Colombina, Pulcinella… Un album in puro stile Third Stream (il tentativo di mettere in collegamento le poetiche del jazz con quelle della musica colta occidentale) in auge all’epoca, che evidentemente fece storcere il naso ai puristi della musica afro-americana.
(Fonte Birdland)
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I capolavori Stan Getz "Focus"(1961)
Con Marcello Lorrai

È raro che un jazzista si sia espresso sul proprio lavoro nei termini entusiastici con i quali il sassofonista Stan Getz ricordava il suo album Focus. Per certi versi pure situabile nel mare magno della corrente Third Stream (la terza corrente) il disco fu pubblicato nel 1961. Fu il frutto di una commissione dello stesso Getz a Eddie Sauter, originale figura di compositore e arrangiatore cresciuta durante l’era dello swing e delle big band (in particolare fu collaboratore di Red Norvo, Tommy Dorsey, Bennie Goodman). Il disco si configura come una serie di nuove composizioni scritte appositamente da Sauter dove il sassofono del leader improvvisa su arrangiamenti per orchestra d’archi e sezione ritmica. Uno dei migliori esperimenti del genere, ben diverso dall’approccio più tradizionale ad un simile contesto sonoro, apparentemente poco adatto al jazz, che fecero, ad esempio Charlie Parker o Clifford Brown (di cui Birdland si è occupato in recenti puntate della trasmissione).
(Fonte Birdland)
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Clark Terry : Trombettista e cantante: un ricordo
con Maurizio Franco

Clark Terry è scomparso quest’anno all’età di 95 anni, dopo una lunga lotta contro il diabete. Era nato nel dicembre del 1920 a St.Louis. Maurizio Franco traccia un ricordo di questo trombettista, compositore e cantante che ha attraversato varie epoche del jazz. Da giovane lo troviamo professionista nella sua città natale, prima di essere chiamato nella banda della Marina statunitense durante la seconda Guerra mondiale. È solo dopo la fine del conflitto che ha inizio la vera carriera del musicista che durerà più di 70 anni. Vive il finale dell’era delle big band, entrando dapprima nella grande orchestra di Charlie Barnet (dal 1947), poi suonando con Count Basie e Duke Ellington. Diventa apprezzato solista ed è fra i primi ad usare regolarmente il flicorno.
Stilisticamente è situabile come musicista di collegamento tra un Roy Eldridge, che tanto aveva influenzato il be-bop, e un Miles Davis, in particolar modo per la sua parte prettamente lirica. Notevoli sono anche le sue doti di entertainer, sia per la naturale simpatia che mostra sul palco sia per la verve di cantante che spesso abbina ai suoi spunti strumentali. Dopo aver fatto parte dell’orchestra di Quincy Jones, negli anni ’60 inizia a collaborare con Oscar Peterson e Bob Brookmeyer, nonché a proporsi con sue piccole formazioni. Diventa uno dei musicisti di punta dell’etichetta Pablo e si esibisce nei grandi festival internazionali con diverse orchestre di all-stars. Negli anni ’70 lancerà pure una propria Big Band che però avrà vita breve. Clark Terry è stato attivo fino in tarda età, spesso come ospite di lusso di moltissimi colleghi.
(Fonte Birdland)
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Novità Discografiche :

con Riccardo Bertoncelli
Riccardo Bertoncelli inizia questa settimana di Birdland dedicata alle novità discografiche con una sorpresa: un nuovo album live con registrazioni fresche dei King Crimson, storica band inglese del progressive rock-jazz, dati tempo fa per definitivamente finiti dal suo padre-padrone Robert Fripp. Due dischi ECM di recente uscita hanno alimentato l’ormai già copioso catalogo dell’etichetta di Monaco registrato e prodotto all’Auditorio RSI con la collaborazione di Rete Due. Il primo è a firma di Paolo Fresu che ha scelto come compagno di viaggio in questo duo il bandoneonista Daniele di Bonaventura, già suo collaboratore in altri occasioni. Il giovane pianista umbro Giovanni Guidi invece giunge al suo secondo disco per ECM con quello che è l’ormai consolidato trio che dirige. Fa piacere ritrovare il nome di un musicista inclassificabile come Ran Blake con una nuova produzione, Cocktails at dusk, omaggio alla non dimenticata cantante Chris Connor. Il suo originalissimo pianismo, etereo e stravagante, si abbina al sax di Ricky Ford e in alcuni brani alla voce di Laika Fatien. In un impensabile incontro chitarristico al vertice il virtuoso californiano Henry Kaiser rispolvera un redivivo Ray Russell, inglese, pioniere della chitarra noizy, protagonista del primo jazz-rock britannico ma anche produttore reputato e firmatario di innumerevoli musiche per il cinema e la TV: intrigante!
King Crimson “ Live At Orpheum Theatre” (Discipline Global Mobile)
Giovanni Guidi “This is the day” (ECM, coprod. RSI Rete Due)
Ran Blake “Cocktails At Dusk” (Impulse)
Paolo Fresu & Daniele Di Bonaventura “In maggiore” (ECM, copr. RSI Rete Due)
Henry Kaiser & Ray Russell “ The Celestial Squid” (Cuneiform)
(Fonte Birdland)
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Oltre il free jazz : l'AACM di Chicago

Con Marcello Lorrai

Sul finire degli anni ’60 la musica afro-americana, per convenzione chiamata jazz, entrò in un periodo di profondo cambiamento.
Da una parte le varie nuove componenti della black music, pensiamo al soul e al funky, iniziarono ad interagire strettamente con essa. Secondariamente il jazz risentì dell’impatto che avevano avuto sul pubblico giovanile il beat e il rock, generi con un potenziale di immediatezza che, nel contesto delle avanguardie sviluppatesi in seno alla musica afro-americana, rendevano tali nuove espressioni decisamente più accattivanti: non per nulla proprio in quel periodo Miles Davis iniziò a sperimentare una possibile confluenza fra jazz e rock. Il free jazz, nato all’inizio del decennio su impulso di gente come Ornette Coleman, John Coltrane, Archie Shepp, stava inoltre mostrando la corda…
E’ in questo contesto che, fra i tanti, un gruppo di musicisti di colore basati a Chicago - stanchi del modello conformista a cui era giunto il jazz dell'epoca - si riunisce sotto l’etichetta AACM (Association for the Advancement of Creative Music) con l'intento di proporre una nuova figura di jazzista, più coinvolto nell'attivismo politico e sociale e più attento nel recupero del patrimonio culturale delle proprie radici.
Nella loro musica confluiranno elementi i più disparati, molti di essi però riconducibili alla ormai lunga tradizione della black music. All’iniziatore, il pianista Muhal Richard Abrams, si uniranno via via l’Art Ensemble of Chicago, Henry Threadgill, Leroy Jenkins e il Revolutionary Ensemble, Anthony Braxton, Leo Smith, George Lewis e molti altri.
Marcello Lorrai ricorda in questa sua serie di Birdland alcune delle tappe importanti della vicenda dell’AACM e alcuni dei suoi esiti musicali più significativi.
( Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/lomlz91y...l_free_jazz.zip

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Novità Discografiche:

con Marcello Lorrai

Jack DeJohnette, il grande batterista statunitense allievo di Davis e poi assurto a grande notorietà con Keith Jarrett, ritrova l’ambiente della sua Chicago e in particolare quello dei protagonisti del movimento dell’AACM nato sul finire degli anni ’60 (l’acronimo sta per Association for Advancement of Creative Music). Lui non ne fu direttamente partecipe, la New York musicale avendolo attratto a sé ancora giovanissimo, ma con questo disco vuol rendere omaggio a gente quali Muhal Richard Abrams, Roscoe Mitchell, Henry Thdreagill – coprotagonisti di questa registrazione. I tre sono stati tra i più attivi a Chicago nel metter in pratica quel nuovo sviluppo del jazz e della musica improvvisata che auspicavano. Made in Chicago è un disco di grande valore, anche in prospettiva storica.
Inciso live “a casa”, durante l’edizione 2013 del noto festival cittadino. Fred Hersch si riconferma pianista di grande sensibilità con questo nuovo lavoro in trio, Floating, dove accosta intriganti riletture di standards a composizione originali.
La nota etichetta tedesca Winter & Winter ho proposto di recente due dischi di valore molto diversi uno dall’altro. Il primo è del violoncellista olandese Ernst Reijseger che si presenta con un’ampia formazione composta sia da suoi abituali collaboratori che da diversi altri violoncellisti per un risultato sonoro di grande fascino. L’altro è a nome del batterista USA Jim Black che, alla testa di un trio classico classico con piano e contrabbasso, ci offre un bouquet di proprie, inconsuete composizioni. Un album con inediti completa queste scelte di Marcello Lorrai per un Birdland tutto dedicato alle novità discografiche.
Si tratta di Live in Paris che documenta, con estratti da diversi concerti tenutisi nel marzo e nell’aprile del 1960, il passaggio nella capitale francese della straordinaria Big Band di Quincy Jones nella primavera di quell’anno.
(Fonte Birdland)
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Enrico Pieranunzi

Con Claudio Sessa

Enrico Pieranunzi (Roma, 5 dicembre 1949) è un pianista, compositore, arrangiatore e jazzista italiano.
Compie studi classici di pianoforte sin da giovanissimo, diplomandosi e diventandone docente al conservatorio sin dal 1973. Si è avvicinato al jazz grazie alla passione del padre Alvaro, chitarrista jazz e appassionato di Django Reinhardt. La commistione, nella sua formazione, tra pianoforte classico e jazz, contribuisce a definirne lo stile e il linguaggio musicale, dove sono evidenti le influenze della musica di Debussy.
Pieranunzi Inizia la sua carriera jazzistica verso la metà degli anni '70. Come pianista jazz ha registrato oltre 60 CD, spaziando dal pianoforte solo a varie formazioni con pianoforte. Ha suonato e registrato con molti jazzisti di livello mondiale, tra i quali Chet Baker, Art Farmer, Irio De Paula, Lee Konitz, Marc Johnson, Joey Baron, Paul Motian, Charlie Haden, e ha partecipato ai più importanti festival italiani (Umbria Jazz, Ravenna, Milano Ciak) e internazionali (Montréal, Copenaghen, Berlino, Madrid). Nel 2004 ha compiuto una tournée in Giappone suonando con il bassista Marc Johnson e il batterista Joey Baron.
Nell'annuale referendum indetto dalla rivista "Musica Jazz" è stato votato miglior musicista italiano del 1989, mentre nel 1993 l' "Academie du jazz" francese lo ha segnalato fra i primi tre musicisti jazz europei. Come compositore jazz ha composto oltre 200 pezzi, alcuni dei quali sono diventati dei veri e propri standard e sono stati inclusi nella celebre raccolta "The New Real Book".
Nel Settembre 1977 è stato docente a Montecatini in uno dei primi seminari jazzistici italiani insieme al contrabbassista Bruno Tommaso e al batterista Andrea Centazzo.
(Fonte Wikipedia)
www.mediafire.com/download/749cc9c9..._Pieranunzi.zip

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Harlem's Big Three

Con Maurizio Franco

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Ai primordi del Jazz

Con

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I Love Supreme.Musica e spiritualità tra anni 60 e 70

Con Riccardo Bertoncelli

www.mediafire.com/download/2ro4s73s...ove_Supreme.zip

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Il Jazz nell'Europa dell'Est

Con Claudio Sessa

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Jimmie Lunceford , arrangiatore e direttore d'orchestra

con

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L'anima jazz di Tom Waits

con Riccardo Bertoncelli

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Lee Konitz Duets

con Maurizio Franco

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Randy Weston e il panafricanismo

Con Claudio Sessa

Un padre appassionato di cultura africana che gli fa abbandonare il basket per il pianoforte; una madre che lo inizia al gospel e al negro-spiritual; un’adolescenza immerso in uno stimolante contesto musicale; l’incontro con Thelonious Monk e la profonda amicizia con Duke Ellington, che considera come secondo padre. Tutta la vita di Randy Weston (1926), uno dei grandi anziani del jazz ancora in attività recentemente ospite del Festival Jazz di Chiasso 2015, è stata segnata dalla musica e dall’Africa.
Di lui ricordiamo i debutti nei primi anni ’50 con Kenny Dorham e Cecil Payne, il riconoscimento di Down Beat che nel 1955 lo nomina miglior pianista emergente, le successive collaborazioni con Booker Erwin e soprattutto con la trombonista e arrangiatrice Melba Liston, la passione per le culture africane, il lungo soggiorno in Marocco tra anni ’60 e ’70, i numerosi viaggi di studio che gli hanno permesso di approfondire le conoscenze della musica africana e di proporre - tra i primi – l’incontro fra il jazz e quelle che sono le radici più profonde dell’odierna musica afro-americana.
Oggi, più di cinquant'anni dopo, lo ritroviamo ancora ricco di vitalità creativa e ancor più ricco di un enorme bagaglio culturale fatto di esperienze, di studio, di esplorazioni musicali e geografiche. Il pianismo di Randy Weston può essere definito "monkafricano" non solo perché la lezione di uno dei suoi modelli prediletti - Monk appunto - e di Duke Ellington è evidente nel suo tocco, nel suo modo di approcciarsi allo strumento, ma anche perché più e meglio di altri ha saputo svelare l'intima essenza delle radici sonore del jazz. La sua musica incarna il più autentico humus afro-americano e continua a distillare inesauribile linfa vitale proprio da un’approfondita ricerca sugli stretti legami fra il jazz e il Continente Nero, che negli anni ha dato vita ad entusiasmanti avventure come quella con i Master Gnawa Musicians - depositari di una delle più antiche, affascinanti e misteriose tradizioni del Marocco - o quella delle varie incarnazioni dei suoi African Rhythms guidati dallo spirito mai domo di un indagatore sonoro per molti versi inimitabile.
(Fonte Birdland)
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Novità Discografiche

Con Maurizio Franco
Tra le novità discografiche dell’ultimo periodo proposteci questa settimana da Maurizio Franco spiccano le tre qui recensite riguardanti il jazz di area italiana. Innanzitutto l’album After the Rain che segna il ritorno in ambito discografico del “nostro” Franco Ambrosetti, dove il musicista luganese si esibisce di nuovo unicamente al flicorno e dove il fil rouge è rappresentato da John Coltrane, con l’imprescindibile influenza da lui esercitata sui musicisti di quella generazione a cui lo stesso Ambrosetti appartiene.
MED è l’acronimo scelto dalla pianista italiana Rita Marcotulli per siglare la sua collaborazione, nel disco pubblicato da Abeat, con due musicisti di rilievo quali il batterista USA Peter Erskine e il bassista svedese Palle Danielsson, due compagni di viaggio non nuovi per la pianista romana.
Il sassofonista Massimo Urbani, scomparso nel 1993, è stato uno dei maggiori talenti della musica jazz italiana emersi negli anni ’70. Di lui la Philology pubblica uno straordinario concerto inedito del suo quartetto inciso nel ’79, quando aveva poco più di vent’anni, che testimonia una volta ancora l’urgenza espressiva, il fuoco sacro che animava questo indimenticato musicista.
George Cables è un veterano del jazz, ancora in splendida attività. La “buona compagnia” del titolo del suo recente album è riferita sia ai due musicisti, frequentati da tempo, che qui lo spalleggiano (Essiet Essiet al basso e Victor Lewis alla batteria), sia all’amore per autori quali Ellington e Strayhorn che hanno accompagnato il pianista lungo tutto l’arco della sua lunga carriera.
Dalla morte nel 1968 a soli 45 anni erano stati pubblicate ad oggi solo due raccolte di inediti del grande chitarrista Wes Montgomery. L’etichetta Resonance amplia il catalogo con questa serie di incisioni che vanno dal suo primo periodo di attività sino a fine anni ’50.
21.09.15 Wes Montgomery In The Beginning (Resonance, 2 CD di inediti)
22.09.15 George Cables Trio In Good Company (High Note)
23.09.15 Franco Ambrosetti After The Rain (Enja)
24.09.15 Marcotulli/Erskine/Danielsson Trio MED (Abeat)
25.09.15 Massimo Urbani Quartetto con Franco D'Andrea Chieti 1979 (Philology)
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/pqjcvbv7...scografiche.zip

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Takin'Off:il primo Herbie Hancock

con Riccardo Bertoncelli

Herbie Hancock (1940) è stato al pari di Bill Evans il pianista di jazz più innovativo venuto alla ribalta tra la fine degli anni ’50 e il decennio successivo. Enfant prodige, studi di classica alle spalle, si mette in mostra dapprima accanto a Coleman Hawkins (!) e Donald Byrd.

Il suo primo disco da leader ha il titolo significativo di Takin’Off, vero e proprio decollo della carriera di un musicista che nel 1962, quando l’album viene pubblicato, ha solo 22 anni. Subito dopo viene ingaggiato da Miles Davis che sta formando il suo secondo quintetto, formazione storica che attraverserà buona parte degli anni ’60 e farà da preludio alla svolta estetica del trombettista a fine decennio.

Hancock è parte essenziale del gruppo e parallelamente sviluppa anche la propria musica testimoniata da produzioni di grande valore, da Inventions & Dimentions a Maiden Voyage, a Speak like a Child.

Gli anni ’60 si chiudono per lui con l’album Fat Albert Rotunda che prefigura, sulla scolta di quanto intrapreso da Davis, la svolta jazz rock degli anni successivi.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/o6u0fnhm...bie_Hancock.zip

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Omaggio agli anni 80 di Enrico Intra

con Maurizio Franco

Il pianista, compositore, arrangiatore italiano Enrico Intra (1935) ha festeggiato da poco gli 80 anni. Pure infaticabile animatore in ambito didattico e di organizzazione di eventi, Intra ha segnato il jazz italiano ed europeo sin dagli anni ’50 con il suo moderno stile pianistico e la sua originale vena di autore, passando per esperienze le più diverse, a volte antitetiche tra loro.
Maurizio Franco gli dedica questa retrospettiva con registrazioni che vanno dagli esordi ad oggi.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/i80ab3xc...gli_anni_80.zip

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Novità Discografiche
di Maurizio Franco

Prima di fondare il celebre Standard Trio con Peacock e DeJohnette, Keith Jarrett tra fine anni ’60 ed inizio ’70 aveva diretto un altro trio stellare con Haden e Motian. Questa formazione aveva pubblicato i propri album per Atlantic, mai per ECM.
Il CD Hamburg 72 è un inedito che fotografa il trio poco prima che terminasse la propria attività. È un straordinario documento che testimonia, con un sound decisamente migliore dei dischi precedenti, lo stato di grazia del gruppo in questa esibizione dal vivo. Di lì a poco Jarrett avrebbe sviluppato la sua musica principalmente con i quartetti: quello “americano” con l’aggiunta al trio in oggetto del sassofonista Dewey Redman, quello “europeo” con i nordici Garbarek, Danielsson e Christensen.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/n6nqykz0...scografiche.zip

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Euro Jazz Orchestra , una fucina di talenti
con Maurizio Franco

A margine del concerto che l’Euroradio Jazz Orchestra 2015 terrà all’Auditorio RSI di Lugano il 16 ottobre, nell’ambito della nuova stagione Tra jazz e nuove musiche di Rete Due, Birdland presenta una selezione di musiche dagli archivi della RSI rappresentativa di quella che è stata la storia di questo evento promosso ogni anno congiuntamente dall‘UER (Unione Europea di Radiodiffusione) e da una radio ospitante.
Sin dalla metà degli anni ’60 l’Euroradio Jazz Orchestra è una straordinaria occasione di incontro offerta a giovani musicisti provenienti dai più svariati paesi designati di volta in volta dai produttori del jazz delle varie Radio nazionali. Un’orchestra “effimera”, che si riunisce per una settimana, che lavora con un direttore prescelto su musiche scritte appositamente e che si presenta in pubblico per alcuni concerti, registrati e distribuiti in seguito sul circuito Radio internazionale. Spesso coloro che vi hanno partecipato hanno prolungato le belle complicità nate durante tale esperienza e a volte tale vetrina ha messo in mostra talenti poi affermatisi sulla scena musicale internazionale.
Per il 2015 l’incarico di ospitare l’importante manifestazione è stato affidato alla Svizzera, dove l’Euroradio Jazz Orchestra torna, sotto l’egida della SRG/SSR, per la terza volta: la prima fu nel 1974 quando a dirigerla era stato chiamato un giovane George Gruntz, poi diventato icona del jazz elvetico; la seconda nel 2004 quando l’orchestra si esibì sotto la direzione di Mathias Baumann al Festival di Sciaffusa e, per la prima volta, all’Auditorio RSI. Il direttore d’orchestra e compositore invitato quest’anno è il ginevrino/brooklyniano Ohad Talmor. Altri due svizzeri faranno parte dell’orchestra: il sassofonista Tapiwa Svoswe selezionato da SRF e il contrabbassista ticinese Simon Quinn scelto dalla RSI.
Maurizio Franco ci propone un percorso attraverso brani che hanno segnato le varie edizioni dell’orchestra, dagli anni ’90 in poi. Molti i musicisti svizzeri coinvolti nel progetto, tra cui Co Streiff, Matthias Spillmann, Rafael Woll, Patrick Lehmann, Jean Lou Treboux, Wolfgang Zwiauer e il compianto batterista Fabian Kuratli per non citarne che alcuni. Diversi anche i ticinesi, tra i quali Danilo Moccia, Guido Parini, Max Pizio, Sergio Menozzi, Emanuele Di Nardo.
( Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/qrwmcgz0...z_Orchestra.zip

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I grandi Festival : Monterey 1958 e 1959

Con Marcello Lorrai

Di tanto in tanto Birdland si occupa delle grandi rassegne che hanno contribuito a rendere popolare la musica afro-americana.
Accanto a quello di Newport, un altro dei grandi festival jazz statunitensi nati sul finire degli anni ’50 è certamente quello di Monterey, in California, lanciato nel settembre del 1958. Promotore ne fu il dj radiofonico di San Francisco Jimmy Lyons, che restò poi direttore artistico della rassegna fino al 1992!
Sulla base dell’eccellente documentazione sonora lasciataci, ci immergiamo con Marcello Lorrai nelle prime due strepitose edizioni del festival che presentavano un cast stellare. Da Louis Armstrong a Ornette Coleman, passando per Billie Holiday, Dizzy Gillespie, Gerry Mulligan, Count Basie, Sarah Vaughan, il Modern Jazz Quartet e molti altri, il festival offrì nell’occasione al suo pubblico molti degli artisti che avevano scritto e stavano scrivendo la storia del jazz.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/4vv7bwqu...di_Festival.zip

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In ricordo di John Taylor, pianista(1942-2025)
Con Claudio Sessa

Il pianista inglese John Taylor è scomparso improvvisamente quest’estate all’età di 73 anni.
Grande stilista dello strumento, elegante e raffinato nelle elaborazioni armoniche, si affermò definitivamente alla fine degli anni ’70 quando creò con la cantante Norma Winstone e il trombettista Kenny Wheeler il trio Azimuth, pregevole ensemble di jazz cameristico che ha lasciato numerose tracce discografiche. Aveva debuttato nel circuito del jazz inglese più avanzato con i sassofonisti Alan Skidmore e John Surman, aveva poi collaborato con Miroslav Vitous e altri esponenti dell’etichetta ECM quali Jan Garbarek, Ralph Towner e Enrico Rava. Numerose le formazioni da lui dirette con particolare predilezioni per il classico piano trio, in particolare quello attivo negli anni ’90 formato insieme a Peter Erskine e Palle Danielsson.
John Taylor è ricordato in questo ritratto a tutto tondo di Claudio Sessa.
( Fonet Birdland)
www.mediafire.com/download/gkwbuu29...2C_pianista.zip

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I capolavori.Bud Powell "The Scene Changes" ( 1959 )
Con Claudio Sessa

Fu registrato nel 1958 e pubblicato l’anno successivo questo album in trio di Bud Powell, da molti considerato fra le sue migliori incisioni di studio.
The scene changes è il quinto e ultimo disco realizzato dal pianista afroamericano per Blue Note e mette in risalto in particolare anche la vena di compositore. Con lui, a completare una formazione in stato di grazia, ci sono Paul Chambers al contrabbasso e Art Taylor alla batteria.
(Fonte Birland)
www.mediafire.com/download/uinv3bn5....Bud_Powell.zip

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I Capolavori.Herbie Hancock-Foday Musa Suso"Village Life"(1985)
Con Claudio Sessa

Se la world music esiste questo è da ritenere un album-manifesto del genere! Poco considerato al momento della pubblicazione nel 1985, forse perché davvero non classificabile in un ambito preciso (il seppur vago concetto di world music non aveva ancora preso piede), Village Life è un disco all’insegna del vero incontro tra culture musicali. Herbie Hancock mette sul piatto il suo enorme bagaglio tecnico e segue alla perfezione gli input ritmici del musicista proveniente dalla Gambia. Quest’ultimo da parte sua non stravolge le semplici linee melodiche del suo strumento che assumono anzi nuove valenze al cospetto delle elaborate trame armoniche proposte da Hancock. Da ri-ascoltare!
(Fonte Birland)
www.mediafire.com/download/dsfbe1po...bie_Hancock.zip

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Tributi a 4 grandi dischi:
con Riccardo Bertoncelli

01-David Torn "Only Sky" (ECM)

02-Joe Jackson "Fast Forward" [feat. B.Frisell, R.Carter, B.Blade] (ed. Earmusic)

03-AA.VV " Nina Revisited. A tribute to Nina Simone" (Columbia)

04-Frank Zappa "Dance me this" (Zappa Records, album n.100)

(Fonte Birdland)

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Il Primo Ornette Coleman
Con Claudio Sessa

Il sassofonista, compositore e bandleader Ornette Coleman, gigante della musica di matrice afro-americana e tra i protagonisti assoluti del jazz moderno, è scomparso nel giugno 2015 all’età di 85 anni.
Nato a Fort Wort in Texas nel 1930, Coleman è passato alla storia come il teorico ma anche concreto inventore ad inizio anni ’60 del free-jazz, poi di altri sistemi armonico-melodici che hanno distinto e caratterizzato la sua musica nelle evoluzioni successive.
Birdland ha già sottolineato in passato l’importanza di questo musicista, dedicando alcune serie di trasmissioni ai suoi diversi periodi artistici. In omaggio alla sua arte, Claudio Sessa ritorna sul momento decisivo della carriera di Coleman: siamo a fine anni ’50 ed i contratti prima con la Contemporary poi con l’Atlantic gli permettono di diffondere anche tramite disco il suo credo, una musica nuova con strutture vicine al blues ma decisamente più aperta dal profilo melodico, armonico e ritmico, una sorta di super bebop che sconvolse l’establishment musicale. Nulla però al confronto del punto d’arrivo di questa fase, l’epocale Free Jazz (pubblicato nel settembre 1961) che sarà croce e delizia del pubblico e della critica: l’album forse più discusso in assoluto della storia della musica afro-americana.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/x78xpbg8...tte_Coleman.zip

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Georgie Fame, il jazzista del beat
con Riccardo Bertoncelli

Georgie Fame - nome d’arte di Clive Powell, nato della zona di Manchester nel giugno del 1943 - è uno dei personaggi di punta della musica britannica d’inizio anni’60.
Stregato dal primo rock’n’roll ma con una grande passione pure per il rhythm & blues e il jazz, Fame vanta una carriera lunghissima sempre in bilico tra i generi. Fu collaboratore dei protagonisti del beat inglese e del rock’n’roll statunitense quali Eddie Cochran, Gene Vincent, Tony Sheridan, Freddie Canon, Joe Brown, Billy Fury. Con quest’ultimo guidò i Blue Flames, band che contribuì a dargli notorietà. In ambito prettamente jazzistico incise il bellissimo Sound Venture del 1966, collaborò con un debuttante John McLaughlin e fu chiamato come vocalist dell’orchestra di Count Basie nelle tournée europee. Più tardi lavorò tra gli altri anche con Annie Ross, Van Morrison, Jon Hendricks, Robben Ford, Dr. John, Phil Woods, Stanley Turrentine.
Riccardo Bertoncelli ripercorre in questa serie di Birdland i primi anni di carriera del tastierista, quelli che culminano appunto con Sound Venture inciso assieme alla Harry South Big Band.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/y8df4hy6...ta_del_beat.zip

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I Capolavori. John Surman"How Many Clouds Can You See ?" (1970)
Con Riccardo Bertoncelli

Sempre in ambito di musica britannica Riccardo Bertoncelli rispolvera questo vecchio album del 1970, il secondo a proprio nome del sassofonista inglese John Surman. Secondo molti è il vero debutto come solista del musicista, per la forza e la chiarezza d’intenti qui mostrati che per certi versi anticipano quello che saranno le linee di tendenza del jazz europeo nel decennio entrante. Per questa registrazione Surman riunì un po’ la crema della scena britannica di allora: i colleghi sassofonisti Mike Osborne, Alan Skidmore e John Warren, il bassista Barre Phillips, il batterista Tony Oxley e il pianista John Taylor in una ampia formazione che comprendeva anche tromba, trombone, basso tuba.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/ft80pz4y...%281970%29_.zip

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I Capolavori-Phil Woods(1931-2015) tappe di una carriera
Con Maurizio Franco

Phil Woods (1931-2015), scomparso alla fine dello scorso mese di settembre, è stato uno dei maggiori altosassofonisti dell’era post-Charlie Parker. Viene alla ribalta alla metà degli anni ’50, prima con Kenny Dorham, poi nelle orchestre di Dizzy Gillespie e Quincy Jones. Parallelamente avvia i suoi progetti da leader alla testa di piccole formazioni, imponendo il suo inconfondibile stile. Più tardi sarà in Europa dove fonda con George Gruntz la European Jazz Machine e dove sarà membro di The Band, la grande orchestra messa in piedi a Lugano dallo stesso Gruntz, da Flavio Ambrosetti e da Daniel Humair.
Maurizio Franco dedica a Phil Woods tre numeri di Birdland concentrandosi su alcuni momenti della sua lunga carriera. Dapprima la sua vena di compositore-arrangiatore nella suite Rites of Spring dei primi anni ’60, poi il pregnante sodalizio appunto con la European Rhythm Machine, da ultimo l’attualizzazione del linguaggio boppistico negli anni ’80 del suo quintetto assieme al trombettista Tom Harrell.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/ltadj4l6...na_carriera.zip

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I Capolavori-John Coltrane&Don Cherry"The Avant-Garde"(1966)
"Ornette Coleman on tenor" ( 1961)

Con Maurizio Franco

Sono le figure di Coltrane e Coleman, con rispettivi album-omaggio, a fare da fil rouge di queste due puntate di Birdland. Quando Ornette Coleman registra nel 1961 On Tenor , per giustificare il suo passaggio momentaneo al più diffuso dei sassofoni, dichiara che “le migliori cose che i neri americani hanno realizzato in ambito musicale per esprimere la propria anima le hanno fatte con il tenore”. E’ un non troppo celato riferimento a Coltrane, appunto, che stava dando in quegli anni un impulso decisivo alle potenzialità espressive dello strumento. Questa è anche l’ultima registrazione dello storico quartetto di Coleman, con - al posto di Charlie Haden – quel Jimmy Garrison al contrabbasso che poco dopo entrerà nel gruppo di “Trane”.
The Avant-Garde è invece il frutto della collaborazione del grande sassofonista con Don Cherry, storico trombettista di Coleman. Benché pubblicato come album ufficiale dalla Atlantic solo nel 1966, è il frutto di sessioni tenutesi negli studi della casa discografica a New York nel 1960. Qui i ruoli si invertono: è Coltrane - in compagnia dei membri del gruppo di Coleman - a tributare omaggio a quello che è considerato il padre del jazz d’avanguardia. Curiosità: Coltrane utilizza per la prima volta in assoluto il sax soprano in una registrazione di studio nel brano The Blessing.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/gu7duwyf...6Don_Cherry.zip

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I Capolavori: Ornette Coleman on tenor(1961)
Con Maurizio Franco
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/c0yq2qho...r%281961%29.zip

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Ambasciatori del Jazz
con Marcelo Lorrai

Non è un mistero che, malgrado la non celata ghettizzazione del jazz sino agli anni delle lotte per i diritti civili, l’amministrazione degli Stati Uniti abbia sfruttato la musica afroamericana – tipico frutto della cultura made in USA - e i suoi protagonisti a fini politici e di relazioni internazionali, in particolare per migliorare la propria immagine pubblica alla luce della critiche provenienti da Est, durante la Guerra Fredda, a proposito di disuguaglianza e tensioni razziali.
Il fenomeno dei "jazz ambassadors" nasce sessant'anni fa, nel 1956, con le tournée diplomatiche di Armstrong, Ellington, Gillespie, Brubeck, Goodman organizzate dal Dipartimento di Stato.
In questo ciclo di Birdland Marcello Lorrai ripercorre con dovizia di particolari quest’aspetto e la veste, politica appunto, che il jazz in parte assunse: il ruolo di Armstrong in rapporto ad Eisenhower e alla lotta negli anni Cinquanta per i diritti civili, lo stesso Armstrong accolto trionfalmente in Ghana, la polemica di quest’ultimo e di Brubeck che sfocia nell’ironico musical The Real Ambassadors, le tournée oltre la Cortina di Ferro (celebre quella di sei settimane di Bennie Goodman in URSS, nel 1962), il ruolo dei programmi di jazz di Willis Conover su Voice of America e altro ancora.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/fl36ado7...ri_del_Jazz.zip

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The Voice Frank Sinatra a cent'anni dalla nascita
con Riccardo Bertoncelli

Francis Albert Sinatra - poi conosciuto in arte semplicemente come Frank - era nato a Hoboken, New Jersey, il 12 dicembre 1915.
Per ricordare il grande cantante e crooner statunitense, a cent’anni dalla nascita, Rete Due presenta questa serie speciale di Birdland.
Grazie al consueto garbo della narrazione e alla pertinenza nelle scelte musicali, Riccardo Bertoncelli ripercorre i momenti della straordinaria carriera di un uomo-icona della società e della cultura USA: i grandi hit, le canzoni diventate grazie a lui veri e propri standards, le curiosità, le contraddizioni e le pagine in chiaroscuro di un percorso artistico terminato nel dicembre del 1994 con l’annuncio ufficiale del ritiro dai palcoscenici.
( Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/rjneo340mvn9n83/01-The_Voice.zip

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Louis Sclavis, un europeo del Jazz
Con Claudio Sessa

Al centro dell’attenzione in questa serie di Birdland è il clarinettista (soprattutto quello basso), sassofonista e compositore francese Louis Sclavis. Nato a Lione nel 1953, si è profilato giovanissimo sulla scena jazz dapprima francese e poi europea nei primi anni ’70 con il suo ensemble Workshop de Lyon. Ha in seguito lavorato con i vari Unit di Michel Portal, in associazione con il pianista sudafricano emigrato in Francia Chris McGregor, con la Compagnie del percussionista Bernard Lubat e il gruppo del contrabbassista Henri Texier. Parallelamente sviluppa i proprio progetti da leader che lo porteranno al vertice del jazz europeo grazie anche alla stretta collaborazione, sin dai primi anni ’90, con l’etichetta ECM. Dallo stile libertario e informale degli esordi, Sclavis si è progressivamente diretto verso forme musicali più strutturate dove grande valore ha assunto di nuovo la melodia. Spesso si è parlato della sua ricerca in termini di folklore immaginario, il tentativo di rielaborare con sensibilità contemporanea elementi di derivazione popolaresca.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/9m3omxt4...eo_del_Jazz.zip

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I capolavori Sam Rivers "Contours" (1965)
Con Claudio Sessa
La figura del sassofonista, flautista e compositore Sam Rivers (1923-2011) venne alla ribalta sul finire degli anni ’50 e nei primi ’60 quando iniziò a lavorare con Quincy Jones e Tadd Dameron, per poi unirsi ad un giovanissimo Tony Williams, astro nascente della batteria jazz. In quel periodo fece pure parte del gruppo di Miles Davis e si profilò al contempo come bandleader firmando per la Blue Note.
Claudio Sessa presenta in questo puntata di Birdland il suo secondo album personale, Contours (1965), un gioiellino che ben inquadra le tendenze del jazz progressive del periodo e mette in risalto il valore del Sam Rivers strumentista e compositore. Accanto al leader ci sono dei fedeli davisiani quali Herbie Hancock, Ron Carte e Freddie Hubbard nonché il batterista Joe Chambers.
(Fonte Birdland)
www.mediafire.com/download/axunuy94..._%281965%29.zip

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The Chicagoans:il jazz nella Windy City degli anni 20
Con Marcello Lorrai

Se New Orleans è la culla del jazz della prima ora, Chicago è fra le prime grandi città dove questa musica si espande e prende piede, la prima tra l’altro dove si diffonde il nuovo termine jazz per definirla. Al flusso migratorio di lavoratori neri verso il Nord industrioso non sfuggono i musicisti che a New Orleans e nel Sud stanno sperimentando il nuovo e che vedono in una città come Chicago la possibilità di sbarcare più agevolmente il lunario. Tra le industrie che si stanno sviluppando nelle metropoli del Nord degli Stati Uniti c’è infatti anche quella della criminalità, che ha nella musica proposta nei tanti locali da essa gestiti uno dei suoi corollari.
Marcello Lorrai ci introduce in questa metropoli che negli anni’20 adotta il jazz e contribuisce non poco alla sua definitiva affermazione, grazie a gruppi come i New Orleans Rhythm Kings o i Louisiana Kings (nei nomi è evidente il sentore dell’esodo…), nonché musicisti lì stabilitisi quali King Oliver, Paul Mares, George Brunies, Leon Roppolo, Elmer Schoebel, Eddie Condon e gli ”indigeni” Benny Goodman e Bud Freeman.
(Fonte Birdland)
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Edited by sergiomac - 11/3/2018, 10:43
 
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I moderni arrangiatori del jazz
Con Claudio Sessa
L’arte dell’arrangiamento nasce con lo sviluppo negli anni ’20 e ’30 di orchestre jazz che, a differenza dello stile originario di New Orleans, nel loro repertorio prevedono vere e proprie parti per scritte in alternanza a quelle improvvisate. Campioni del genere furono Paul Whiteman, Don Redman, Fletcher Henderson, per arrivare poi a Duke Ellington e Count Basie.
Questa tradizione fu tenuta viva durante l’era dello swing (Goodman, Miller, Dorsey...) e si sviluppò poi nel secondo Dopoguerra parallelamente alla nascita degli stili moderni, il be-bop e il cool jazz.
In questa serie di Birdland Claudio Sessa ci introduce al moderno concetto dell’arrangiamento jazz, considerando dapprima l’influenza e il lascito di Count Basie e passando poi in rassegna le varie tendenza e le figure più rappresentative nei vari ambiti: Harry Paich, la “variabile impazzita” Stan Kenton, Jimmy Giuffré e altri tra i californiani; la raffinatezza un po’ intellettuale di Gil Evans, George Russell, Gerry Mulligan; e ancora Charles Mingus, Oliver Nelson e Quincy Jones tra gli sperimentatori o Claud Ogerman e Nelson Riddle specializzati nella collaborazione con i cantanti.
( Fonte Birdland)

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Chiose su Pat Martino
con Diego Ricco

Il chitarrista statunitense di origini italiane Pat Martino è un musicista cult nell’ambito jazzistico. Nato a Filadelfia come Pat Azzara nel 1944, iniziò a farsi notare giovanissimo verso la fine degli anni ‘50 sulla scena nuovayorkese. Si impose per il suo inconfondibile stile nel quale sintetizzava alla sua maniera un po’ tutta la storia della chitarra jazz. Notevolissimi i suoi album degli anni ’60 e ’70 ’ pubblicati principalmente da Prestige e da Muse. Colpito da ictus nel 1980 si salvò ma perse la memoria “musicale” e dovette pian piano, con gran forza d’animo, ricominciare a suonare praticamente da zero, dando vita a partire dal 1987 a una sorta di seconda carriera.
Sarà Diego Ricco, in questa serie di Birdland, ad introdurci nell’universo artistico e umano di questo incomparabile musicista.
(Fonte Birdland)

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I capolavori , Miles Davis,Miroslav Votous e Joe Zawinul
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa dedica tre puntate singole di Birdland ad altrettanti album che hanno segnato in modo diverso la nascita e lo sviluppo del jazz rock e della fusion.
Get up with it è composto da una serie di registrazioni realizzate da Miles Davis tra il 70 e il 74 raccolte in quello che sarà l’ultima pubblicazione del trombettista prima dei ritiro dalle scene fino al 1981. È un po’ il punto d’arrivo delle sperimentazioni “elettriche” del musicista che qui spesso utilizza le sonorità dell’organo Hammond a mo’ di legante nelle dilatate composizioni della raccolta.
Infinite Search, pubblicato successivamente anche come Mountains in the Clouds è il primo disco da leader di Miroslav Vitous, il contrabbassista cecoslovacco emigrato negli Stati Uniti che sul finire degli anni ’60 si mise in luce con Herbie Mann e soprattutto con Chick Corea. Vitous raccoglie qui grossi calibri quali Herbie Hancock, Jack DeJohnette e John McLaughlin per una registrazione che presenta composizioni e sonorità che già annunciano quelle dei Weather Report, di cui sarà di lì a poco uno dei fondatori.
Ancor più annunciatore dell’imminente sbarco sulla scena musicale dei Weather Report è Zawinul, l’album a proprio nome del pianista e compositore austriaco Joe Zawinul, pure lui emigrato negli Stati Uniti già alla fine dei ’50 che diventerà leader del grande gruppo di jazz rock. Non è il suo primo disco da solista, ma il titolo che riporta semplicemente il suo cognome sta quasi ad indicare una nuova nascita. Molti considerano in effetti questa raccolta come il primo disco non ufficiale dei Weather Report !
I capolavori. Miles Davis “Get Up With It” (1974)
I capolavori. Miroslav Vitous “Infinite Search - Mountain In The Clouds” (1970)
I capolavori. Joe Zawinul “Zawinul” (1971)
(Fonte Birlan)

www.mediafire.com/download/3ea3t83o...Joe_Zawinul.zip

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Cent'anni di jazz

Con Sergio Albertoni

"Improvviso singolare" è il titolo del volume di Claudio Sessa, storico collaboratore di Rete Due per il jazz e redattore di Birdland, che le edizioni Il Saggiatore hanno dato recentemente alle stampe.
In questo ciclo di Birdland Sergio Albertoni è a colloquio con l’autore e si ripercorrono con ascolti scelti i fili conduttori del libro. Un vivace “raccontar musica” che evoca cent’anni di storia del jazz qui ampliato dalle possibilità sonore offerte dal mezzo radiofonico.
(Fonte Birdland)s

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Il disco storico.Revolutionary Ensemble"The Psyche"(1975)
Con Claudio Sessa

Per molti critici l’album The Psyche del Revolutionary Ensemble è una pietra miliare di quello che è stato il jazz d’avanguardia degli anni ’70, quello che generalmente si indica come postfree.
Fu registrato da un trio che meriterebbe nuova considerazione, il Revolutionary Ensemble, formato dal violinista Leroy Jenkins, il bassista Sirone e il percussionista Jerome Cooper, tutti anche multistrumentisti che ampliavano con altri timbri il sound complessivo del gruppo.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/2d2211sn...%281975%29_.zip

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Staple Singers story
Con Riccardo Bertoncelli

Riccardo Bertoncelli dedica una retrospettiva ad uno dei gruppi vocali più importanti dell’America degli anni ’70, gli Staples Singers. Fondato dal patriarca della famiglia Roebuck Staples, originario del Mississippi ma emigrato a Chicago in cerca di fortuna, il gruppo era già attivo negli anni ’50 e pubblicò una serie di dischi poco commerciali nel decennio successivo. La fama arrivò finalmente nei primi anni ’70 quando gli Staples Singers iniziarono una sorta di seconda carriera, con uno stile decisamente più pop e immediato.
(Fonte Birdland)

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Dischi Storici.Nina Simone"Sings the Blues"(1967)
Con Riccardo Bertoncelli

Semplicemente imperdibile! Nina Simone all’apice della sua arte, in un album del 1967. Una manciata di brani memorabili, dal classico My Man is Gone, all’original Backlash Blues dedicato alla lotta per i diritti civili; da altre sue composizioni alla ripresa di House of the rising sun, ad altre cover di oscuri blues poco noti.
(Fonte Birland)

www.mediafire.com/download/l7ww08c1...s%281967%29.zip
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I grande Festival , Monterey 1960 e 1961
Con Marcello Lorrai

Di tanto in tanto Birdland si occupa delle grandi rassegne che hanno contribuito a rendere popolare la musica afro-americana.
Accanto a quello di Newport, un altro dei grandi festival jazz statunitensi nati sul finire degli anni ’50 è certamente quello di Monterey, in California, lanciato nel settembre del 1958. Promotore ne fu il dj radiofonico di San Francisco Jimmy Lyons, che restò poi direttore artistico della rassegna fino al 1992. Consulente musicale diventerà quel John Lewis che conosciamo come pianista del Modern Jazz Quartet.
Sulla base dell’eccellente documentazione sonora lasciataci, ci immergiamo con Marcello Lorrai nelle due edizioni 1960 e 1961 del festival che presentano un cast di rilievo, con evidenza un Duke Ellington ormai “rilanciato”, il trio Lambert, Hendricks & Ross, Dizzy Gillespie, Cannonball Adderley, Lalo Schfrin e molti altri.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/v13c175s...1960_e_1961.zip
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I Capolavori Bill Evans"Further Conversations"(1967)
Con Riccardo Bertoncelli

Le Conversations with myself è un trittico di album registrati in periodi differenti dal grande pianista Bill Evans. Si tratta di lavori speciali di piano solo nei quali Evans utilizzò la tecnica della sovraincisione, da cui il titolo della serie. Le prime sono del 1963, ma qui Riccardo Bertoncelli ci presenterà il secondo e il terzo capitolo della serie, rispettivamente del 1967 (Further Conversations) e del 1978 (New Conversations).
Forse il miglior album di questo speciale ambito della sterminata discografia di Evans, le Further Conversations non contengono brani originali del pianista ma noti standards come The Shadow of your Smile e Yesterdays, il classico natalizio Santa Claus is coming to town, nonché pagine meno note tratte anche da colonne sonore di cartoni animati degli anni ’40 (Little Lulu).
Il disco del 1978 è caratterizzato rispetto agli altri dall’uso, accanto al piano a coda, anche dello strumento elettrico, il Fender Rhodes. Nel repertorio composizioni originali del pianista ma anche standards (Cole Porter e altri) e le Reflections in D di Duke Ellington.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/9b9xakd2...s%281967%29.zip

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I Capolavori Bill Evans"New Conversations"(1978)
Con Riccardi Bertoncelli

Le Conversations with myself è un trittico di album registrati in periodi differenti dal grande pianista Bill Evans. Si tratta di lavori speciali di piano solo nei quali Evans utilizzò la tecnica della sovraincisione, da cui il titolo della serie. Le prime sono del 1963, ma qui Riccardo Bertoncelli ci presenterà il secondo e il terzo capitolo della serie, rispettivamente del 1967 (Further Conversations) e del 1978 (New Conversations).
Forse il miglior album di questo speciale ambito della sterminata discografia di Evans, le Further Conversations non contengono brani originali del pianista ma noti standards come The Shadow of your Smile e Yesterdays, il classico natalizio Santa Claus is coming to town, nonché pagine meno note tratte anche da colonne sonore di cartoni animati degli anni ’40 (Little Lulu).
Il disco del 1978 è caratterizzato rispetto agli altri dall’uso, accanto al piano a coda, anche dello strumento elettrico, il Fender Rhodes. Nel repertorio composizioni originali del pianista ma anche standards (Cole Porter e altri) e le Reflections in D di Duke Ellington.
(Fonte Birdland)

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Speciale Weather Report Live
Cn Riccardo Bertoncelli

Riallacciandosi ad un box di 4 CD pubblicato di recente, Riccardo Bertoncelli ci immerge nell’universo live del leggendario gruppo dei Weather Report all’apice della loro arte. Siamo tra fine anni 70 ed inizio 80, nel gruppo era entrato lo straordinario bassista Jaco Pastorius seguito di lì a poco dal batterista Peter Erskine. Le registrazioni presentate sono tutte inedite, realizzate direttamente dal tavolo di regia sonora dal tecnico live del gruppo Brian Rysner. La formazione di base è il quartetto - con Zawinul, Shorter, Pastorius e Erskine – cui si aggiunge nei nastri del 1980 e 1981 il percussionista Bobby Thomas jr.
(Fonte Birdland)

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Lester Young for Pres(ident)
Con Claudio Sessa

Lester Young, soprannominato Pres (o anche Prez) – il nomignolo che era stato coniato da Billie Holiday che lo riteneva il “presidente” del jazz – è stato il più influente sassofonista tra anni ’30 e ’40. Il suo modo di suonare, il suo fraseggio, certe particolarità del suo sound diedero una svolta decisiva allo sviluppo stilistico del sassofono, in particolare del tenore, diventando modello per la generazione successiva, quella del be-bop e del cool jazz. Claudio Sessa ripercorre la vita (eccentrica e sregolata) e la purtroppo breve carriera di un grande del jazz scomparso nel 1959 a soli 50 anni.
Cresciuto in una famiglia di musicisti, Pres debutta nell’orchestra formata con il padre, il fratello e alcuni cugini. Segnalatosi poi sulla scena di Kansas City, viene chiamato finalmente nell’orchestra di Count Basie dove resterà fino al 1940, ottenendo i primi riconoscimenti per la sua arte. Entra in contatto con Bille Holiday, con cui stringe un solido legame di amicizia e con cui collaborerà regolarmente da lì in poi, nonché con Nat King Cole e con il pianista Teddy Wilson. Dà inoltre vita a sue proprie piccole formazioni con le quali incide parecchio, fino alla chiamata alle armi. Il servizio militare - dalla metà del 1943 - sarà per lui un’esperienza traumatica, dove vengono a galla propensioni per alcool e droghe che non l’abbandoneranno più. Per diversi anni è occupato poi nelle tournée di Jazz at the Philharmonic ma in lui qualcosa si è ormai rotto: negli anni ’50 la sua musicalità subisce un certo declino benché riesca ancora, a momenti, a dar prova della sua immensa arte: è chiamato dal fenomeno nascente Oscar Peterson, incide per Norman Granz, è invitato al primo festival di Newport, spesso appare come ospite dell’orchestra di Count Basie.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/vn7balh4...%28ident%29.zip
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Woody Shaw, trombettista
Con Claudio Sessa

Woody Shaw è stato uno dei grandi specialisti dello strumento emersi negli anni '60, in piena epoca hard-bop. Venne alla ribalta dapprima con Eric Dolphy poi soprattutto nel gruppo di uno dei padri del genere, il pianista Horace Silver.
Una carriera interrotta presto la sua, quand'era ancora in piena attività e quando le sue potenzialità, messe in risalto da modernisti come Chick Corea, Andrew Hill, Jackie McLean, Joe Henderson e molti altri - con i quali collaborò, erano ancora in divenire.
Woody Shaw era nato nel 1944, originario della Carolina del Nord e morì nel 1989 a soli 45 anni. 
Claudio Sessa gli dedica questo ritratto in 3 puntate.
(Fonte Birdland)

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Il mondo sonoro di Stefano Bollani
Con Riccardo Bertoncelli

Stefano Bollani è fra i grandi talenti del pianoforte emersi con l’inizio del nuovo secolo ed oggi fra i personaggi più popolari del mondo del jazz italiano.
Una straordinaria musicalità abbinata ad una tecnica pianistica fuori dal comune fanno di Bollani un musicista a tutto tondo cui l’etichetta di jazzista da sempre va stretta. Ed infatti nei suoi spettacoli dal vivo, nei suoi dischi, nei suoi show (anche radiofonici e televisivi) - dove viene a galla un naturale spirito da autoironico entertainer - ha spesso manifestato la volontà di non rinchiudere entro limiti e barriere la sua espressività.
Cantante mancato – come spesso ama raccontare – è sul pianoforte che ha concentrato i suoi studi, senza però dimenticare l’importanza che ebbe per lui il song, la canzone, in generale la musica vocale di cui è stato appassionato cultore e che ancor oggi è fonte per lui di grande ispirazione.
Riccardo Bertoncelli ripercorre le fasi della sua crescita artistica e i vari progetti che l’hanno visto e lo vedono protagonista: il piano solo, il trio “italiano” e quello “danese”, l’amore per la musica brasiliana, l’omaggio a Frank Zappa e molto altro ancora.
(Fonte Birland)

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Dischi storici.Kenny Burrell-Jimmy Smith"Blue Bash!"(1963)
con Riccardo Bertoncelli

La combinazione organo Hammond-chitarra è un classico del rhythm&blues e del rock, ma anche nel jazz ha dato frutti pregevoli. Oltre ai memorabili dischi con Wes Montgomery, l’organista Jimmy Smith lavorò a lungo con Kenny Burrell. A loro nome uscì nel 1963 il disco Blue Bash! una raccolta che li vede attorniati dal batterista Mel Lewis e dai bassisti Milt Hinton e George Duvivier. E’ il blues anche qui a farla da padrone, con alcuni originals dei due titolari e, tra gli standards, una curiosa ripresa di Fever, la canzone resa celebre da Elvis Presley.
(Fonte Birdland)

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Michel Petrucciani, un ritratto
Con Maurizio Franco

Nato nel 1962, Michel Petrucciani è stato uno dei grandi pianisti jazz degli ultimi decenni. Cresciuto in una famiglia di musicisti (il padre Tony era chitarrista, i fratelli Louis e Philippe contrabbassista e pure chitarrista), era affetto da “osteogenesi imperfetta” che gli impedì lo sviluppo normale del corpo.
Sin da bambino si dedica completamente alla musica. Nei primi anni ’80 è scoperto dal batterista Aldo Romando e ben presto la sua bravura, la grande tecnica e un tocco inconfondibile gli permettono di affermarsi a livello internazionale.
Suona e registra con Lee Konitz, poi parte per gli Stati Uniti dove incontra Charles Lloyd. Grazie all’incontro con lo strabiliante giovane pianista francese, Lloyd decide di ricominciare a far musica: la loro collaborazione reciproca sarà alquanto fruttuosa.
Michel Petrucciani ha pubblicato per Blue Note e la francese Dreyfus. Ha lavorato con grandi del jazz quali Wayne Shorter, Chick Corea, Stanley Clarke. La sua discografia è corposa, con molti album di studio ed soprattutto dal vivo.
(Fonte Birdland)

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Ars longa,vita brevis, Bix Beiderbecke,trombettista
Con Marcello Lorrai

Birdland è dedicato al trombettista Bix Beiderbecke, tra i primi virtuosi di tromba nel jazz degli anni ’20, inizio ‘30.
(Fonte Birdland)

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Miroslav Vitous, contrabbassista
Con Riccardo Bertoncelli

Il nome del contrabbassista cecoslovacco Miroslav Vitous è legato a filo doppio ai primi anni di attività dei Weather Report, il gruppo che diede il via al jazz rock e alla fusion da lui co-fondato nel 1971 assieme a Joe Zawinul e Wayne Shorter.
Ma il periodo assieme al Bollettino meteorologico fu tutto sommato di breve durata e la carriera del musicista prese altre strade da allora.
Siamo a metà anni ’70 e Vitous si era ormai stabilito negli Stati Uniti da un decennio, dopo avere vinto al Conservatorio di Praga una borsa di studi per il Berklee College di Boston. Aveva suonato con Clark Terry, era stato notato da Miles Davis per il suo virtuosismo sullo strumento, Chick Corea l’aveva chiamato nel suo trio. E inoltre aveva collaborato con Stan Getz, Jack DeJohnette, Herbie Mann, Roy Ayers e aveva già pubblicato due eccellenti dischi come titolare.
Dopo la chiacchierata separazione dai Weather Report, Vitous ha guidato propri gruppi e pubblicato numerosi album a proprio nome. Ha lavorato tra gli altri con Herbie Hancock, John McLaughlin, Billy Cobham, John Surman, Jan Garbarek, legandosi da metà anni ’70 all’etichetta ECM.
(Fonte Birland)

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I capolavori, Gorge Russel "Jazz in the space age" (1961)
Con Riccardo Bertoncelli

Registrato nel 1960 e pubblicato nel giugno dell’anno successivo da Decca, Jazz in the space age è una delle chicche discografiche di George Russell.
Il compositore e arrangiatore statunitense è stato fra le più influenti personalità del jazz moderno, contribuendo a gettare le basi del jazz modale, poi sviluppato da Davis e Coltrane.
In questo album, costellato da titoli che fanno riferimento all’universo e allo spazio (forse anche influenzati dalle visioni di un Sun Ra), Russell si spinge oltre ed arriva a una sorta di personale atonalità che verrà poi ulteriormente sviluppata.
Oltre ai fedeli di Russell, spiccano nel cast impegnato i pianisti Bill Evans e Paul Bley.
Da notare che l’album fu pubblicato un paio di mesi dopo il lancio della navicella spaziale con Juri Gagarin a bordo (aprile 1961). Di tre mesi successivi è invece la pubblicazione di un altro disco fondamentale del jazz moderno, Free Jazz di Ornette Coleman (settembre 1961).
(Fonte Birdland)

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Diritti civili.L'idea di libertà nel Jazz degli anni 50 e 60

Con Maurizio Franco
Dopo la crisi del ’29 l’amministrazione statunitense adottò regole più morbide riguardo la discriminazione di tipo razziale di gran parte degli immigrati di origine europea ma il popolo neroamericano ne rimase escluso.
Tra la fine degli anni ’50 e per tutto il decennio successivo, gli USA furono scossi dalle lotte, spesso anche violente, per l’emancipazione degli afro-americani e il mondo musicale (con il jazz in prima linea) fu fortemente implicato nelle battaglie per i diritti civili.
Maurizio Franco in questa serie di Birdland analizza l’idea di libertà nel jazz dell’epoca così come fu declinata in alcune opere di primo piano. Dalla Freedom Suite di Sonny Rollins al successivo, quasi omonimo, lavoro di Max Roach, passando per note composizioni sul tema di Charles Mingus e Duke Ellington.
(Fonte Birdland)

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In ricordo di Paul Bley pianista(1932-2016)
Con Claudio Sessa

Scomparso all’inizio di quest’anno, il pianista canadese Paul Bley è stata una figura di primissimo piano del jazz moderno, uno dei visionari della nuova musica.
Nato a Montreal nel 1932, inizia dapprima a suonare il violino per dedicarsi al pianoforte dall’età di 8 anni. È poi studente di composizione alla Juilliard School di NY e in quegli anni suona con Charlie Parker, Sonny Rollins e molti altri. Forma un trio nei primi anni ’50 e nel 1957, dopo essersi trasferito a Los Angeles, c’è l’incontro decisivo con Ornette Coleman: Bley è stato uno dei portavoce dell’estetica colemaniana e uno dei primi a mettere in luce la qualità delle composizioni del sassofonista.
Lavora con Charles Mingus, George Russell, più tardi con Albert Ayler, dà rilevanza alla musica di Carla Bley e Annette Peacock che saranno anche sue mogli. Si esibisce negli States e in Europa con le figure di maggior spicco della scena del free e dell’improvvisazione, contemporaneamente è fra i primi a sperimentare in ambito jazz con le nuove tastiere elettriche e con il sintetizzatore Moog. Da ricordare ancora i suoi sodalizi con Jimmy Giuffré e Steve Swallow, con Gary Peacock, Charlie Haden, Paul Motian e anche quelli imprevedibili con Chet Baker, Jaco Pastorius e Pat Metheny. Diventato specialista del piano solo, dal punto di vista dell’estetica sullo strumento lo si può situare tra Bill Evans e Keith Jarrett, anche per la concezione avanzata del suo suonare in trio.
Due le sue esibizioni nella Svizzera italiana: la prima , lontanissima, in trio al Festival Jazz di Lugano del 1966 (con Mark Levinson al basso e Barry Altschul alla batteria), l’altra del 1999 per i Concerti di Rete Due con Gary Peacock al basso e Paul Motian alla batteria al Centro scolastico di Lugano-Trevano.
(Fonte Birdland)

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I grandi Festival Monterey 1962 2 1963
Con Marcello Lorrai

Birdland si occupa ogni tanto dei grandi festival che hanno contribuito a rendere popolare la musica afro-americana.
Accanto a quella di Newport, un’altra delle rassegne jazz statunitensi nate sul finire degli anni ’50 è certamente quella di Monterey, in California, lanciata nel settembre del 1958. Promotore ne fu il dj radiofonico di San Francisco Jimmy Lyons, che restò poi direttore artistico fino al 1992. Consulente musicale diventerà quel John Lewis che conosciamo come pianista del Modern Jazz Quartet.
Sulla base dell’eccellente documentazione sonora lasciataci, con Marcello Lorrai ci immergiamo stavolta nelle edizioni del 1962 e 1963 che presentarono musicisti di assoluto rilievo: Dizzy Gillespie (un habitué ormai della rassegna…) alle prese con la suite The New Continent commissionata a Lalo Schifrin, il Modern Jazz Quartet, Jack Teagarden, la strana coppia Armstrong-Brubeck che rilanciano il loro The real jazz ambassadors. Da notare pure il debutto a Monterey di Miles Dvais, con un nuovo gruppo, quello che sarà il suo secondo quintetto, con il giovanissimo Tony Williams alla batteria e Herbie Hancock al piano. Le registrazioni di Monterey anticipano quello che sarebbe stato il primo disco dello storico gruppo, Seven Steps to Heaven, pubblicato di lì a poco.
(Fonte Birdland)

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Cassandra Wilson , vocalist
Con Riccardo Bertoncelli

La voce di Cassandra Wilson è una delle più particolari emerse nel panorama del jazz a partire dagli anni ’80. Una musicalità, la sua, scevra dal virtuosismo che spesso ha caratterizzato le sue colleghe e che punta invece decisamente sull’espressività e sulla ricerca timbrica. In tal senso è evidente l’influenza che hanno esercitato su di lei Betty Carter e Abbey Lincoln.
Originaria del Mississippi, la Wilson (1955) è figlia del musicista e educatore Herman Fowlkes Jr., figura di rilievo della scena R&B del Sud del Stati Uniti negli anni ’50. La passione per la musica si manifesta presto, con studi di piano, chitarra e voce. Nei primi anni ’80 è a NY dove lavora con Dave Holland ed entra in contatto con Steve Coleman e l’M-Base Collective che allora erano i portabandiera delle tendenze più avanzate del jazz e della musica improvvisata nella Grande Mela. A metà del decennio intraprende una fortunata carriera di solista che la vede dapprima legata all’etichetta JTM/Winter & Winter poi, dal 1993, alla prestigiosa Blue Note. Jazz, blues, country e folk sono gli ingredienti oggi della sua musica.
Suo collaboratore di lunga data è il chitarrista Brandon Ross. Cassandra Wilson vanta inoltre prestigiose collaborazioni con Wynton Marsalis, Bill Frisell, Angelique Kidjo, Elvis Costello, Charlie Haden, Meshell Ndegeocello, Terence Blanchard e molti altri.
Cassandra Wilson si è esibita una sola volta nella Svizzera italiana, durante la sua prima tournée europea. Era il 1986, nella sala dell’ACP di Balerna a cura dell’Associazione Musica nel Mendrisiotto.
(Fonte Birdland)

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Dischi Storici.Lester Bowie's Brass Fantasy"I only have eyes for you"(ECM 1985)
Con Riccardo Bertoncelli

La Brass Fantasy del trombettista Lester Bowie è stato uno dei gruppi di punta del jazz statunitense degli anni ’80. Attiva in parallelo agli impegni del leader con gli Art Enseble of Chicago, la Brass Fantasy combinava la musica per marchin’ band tipica della Louisiana e di New Orleans, il blues, lo swing, il pop e la libera improvvisazione. Un mix esplosivo di sonorità documentata in una manciata di album di rilievo.
Uno di questi è I only have eyes for you , primo disco della formazione pubblicato da ECM nel 1985. In un gruppo di soli ottoni completato da una batteria, spiccano qui i nomi di Steve Turre al trombone, Bob Stewart al tuba e Philip Wilson alle percussioni.
(Fonte Birdland)

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In ricordo di Gato Barbieri(1932-2016), sassofonista
Con Maurizio Frianco

La straordinaria “voce” del sax tenore di Gato Barbieri si è spenta per sempre all’inizio dello scorso mese di aprile. Leandro Barbieri, detto “Gato”, era nato a Rosario in Argentina nel 1932. È stato uno dei primi musicisti jazz non statunitensi a diventare una star internazionale. Il suono del suo sassofono ha fatto veramente epoca e ha stregato quella giovane generazione cresciuta tra anni ’60 e ’70 che al tempo stesso ascoltava Coltrane, Janis Joplin, Jimi Hendrix e fors’anche Karlheinz Stockhausen.
Protagonista della scena musicale di Buenos Aires insieme a Lalo Schifrin sin dalla fine dei ’50, Barbieri si trasferisce a Roma nel 1963 ed entra in contatto con la variegata realtà musicale italiana dell’epoca. In quel periodo ha la possibilità di ascoltare dal vivo per la prima volta Coltrane e Miles Davis e si accosta ai protagonisti della new thing e del free jazz. Ma sarà solo con la fine del decennio e dopo i contatti con New York, soprattutto attraverso l’amicizia e la collaborazione con Don Cherry, che troverà la sua vera cifra stilistica. L’intuizione è quella di mescolare, sulla scorta di quello che facevano lo stesso Cherry e Dollar Brand, il jazz alla musica delle sue radici dando vita ad un personalissimo latin-jazz, sorta di world music ante litteram. Fenix, El Pampero, i quattro album della serie Chapters, Bolivia e certamente la colonna sonora di Ultimo Tango a Parigi sono i dischi che gli danno enorme popolarità.
Il suo stile si alimenta dell’influenza di Coltrane e dei suoi continuatori Pharoah Sandres e Albert Ayler. A sua volta il timbro del suo tenore non mancherà di influenzare i sassofonisti della generazione successiva, ad esempio Jan Garbarek.
Gato Barbieri si è esibito per l’ultima volta nella Svizzera italiana nel 2010, al Festival di cultura e musica jazz di Chiasso.
(Fonte Birdland)

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Jimmy Garrison & Ron Carter
Con Claudio Sessa

Immaginatevi di stare su palco dove la stessa sera, uno dopo l’altro, suonano il “quartetto storico” di John Coltrane e quello che è passato alla storia del jazz come il “secondo quintetto” di Miles Davis. Ma siete leggermente dietro al frontline, accanto alla batteria, e la vostra prospettiva sia sonora che visiva, voi che siete seduti proprio vicino al contrabbassista, è un’altra rispetto al leader.
Claudio Sessa ci racconta la storia e il ruolo che ebbero le due figure forse meno appariscenti, ma non per questo meno importanti, di due dei principali gruppi che hanno fatto la storia del jazz negli anni ’60: i bassisti Jimmy Garrison (1933-1976) e Ron Carter (1937).
Il primo, alla corte di Trane dal 1962 assieme a McCoy Tyner e Elvin Jones, fu l’unico a restare membro fisso della formazione fino alla scomparsa del sassofonista nel 1967.
Carter dal canto suo fu assoldato da Davis nel 1963, restò con il trombettista fino al 1968 e partecipò a tutte le registrazioni del gruppo, da Seven Steps to Heaven fino a Nefertiti.
(Fonte Birdland)

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I Capolavori- J.J.Johnson "Quintergy&Standars"(1988)
Con Claudio Sessa

Questi due album del grande trombonista J.J. Johnson sono fra i più importanti della seconda fase della sua carriera. Pubblicati nel 1988 sull'etichetta Antilles, sono rappresentativi del vero rientro sulle scene del musicista, dopo un lungo periodo (dai primi anni ’70) passato a scrivere e suonare musica per il cinema e la TV, con solo sporadici concerti e alcuni album di basso profilo.
Qui il trombonista è catturato dal vivo sul palco del Village Vanguard di NY nel 1987, assieme a musicisti di generazioni diverse quali il sassofonista Ralph Moore, il pianista Stanley Cowell, il bassista Rufus Reid e il batterista Victor Lewis.
(Fonte Birdland)

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Jazz gitano e dintorni
Con Maurizio Franco

La musica gitana - al pari del jazz - è, diremmo quasi per definizione, un’arte dell’incontro. Si è sempre nutrita delle influenze delle culture alle quali il nomadismo del popolo zingaro si è esposto, integrandole in un’espressione musicale originale ed unica. Il jazz, e in particolare lo swing, non sono sfuggiti a questo processo.
Maurizio Franco tratteggia in questa serie di Birdland la “galassia” del cosiddetto jazz gitano che, a seconda dei luoghi dove si è sviluppato, ha assunto le più diverse denominazioni.
Partendo da rare registrazioni del capostipite di questo filone, il grande chitarrista belga Django Reinhardt, si potranno apprezzare anche altri pionieri del genere quali Gus Viseur, Matelo Ferret o l’italiano di origine rom emigrato in Francia Henri Crolla. Sul versante spagnolo si ricorderà il sassofonista Pedro Iturralde, precursore dell’incontro tra jazz e flamenco, che ebbe fra i suoi collaboratori Paco de Lucia. Spazio sarà dato pure a Bireli Lagrene, il jazzista gitano in attività oggi più celebrato, così come al francese Christian Escoudé o all’ungherese Babsik. Una puntata sarà pure riservata all’attualità del genere, ai musicisti che oggi tengono viva questa tradizione, con pure le recenti declinazioni del cosiddetto electro swing.
(Fonte Birdland)

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james P.Johnson, pianista e compositore
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai ci propone la prossima settimana una serie di Birdland dedicata al grande pianista e compositore James P. Johnson, maestro del piano stride e autore di molti brani tra i più celebri degli anni ’20.
(Fonte Birdland)

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Phil Woods(1931-2015), tappe di una carriera
Con Maurizio Franco

Phil Woods (1931-2015), scomparso alla fine di settembre del 2015, è stato uno dei maggiori altosassofonisti dell’era post-Charlie Parker. Viene alla ribalta alla metà degli anni ’50, prima con Kenny Dorham, poi nelle orchestre di Dizzy Gillespie e Quincy Jones. Parallelamente avvia i suoi progetti da leader alla testa di piccole formazioni, imponendo il suo inconfondibile stile. Più tardi sarà in Europa dove fonda con George Gruntz la European Jazz Machine e dove sarà membro di The Band, la grande orchestra messa in piedi a Lugano dallo stesso Gruntz, da Flavio Ambrosetti e da Daniel Humair.
Maurizio Franco dedica a Phil Woods tre numeri di Birdland concentrandosi su alcuni momenti della sua lunga carriera. Dapprima la sua vena di compositore-arrangiatore nella suite Rites of Spring dei primi anni ’60, poi il pregnante sodalizio appunto con la European Rhythm Machine, da ultimo l’attualizzazione del linguaggio boppistico negli anni ’80 del suo quintetto assieme al trombettista Tom Harrell.
(Fonte Birdland)

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Montreux Jazz Festival 50(1967-2016) una retrospettiva
Con Riccardo Bertoncelli
Il fenomeno dei festival di musica jazz nasce negli anni ’50 in contemporanea con la fuoriuscita del genere dalle sale da ballo e con la divulgazione a largo spettro di una musica ormai vissuta non più unicamente come veicolo di divertimento ma come vero e proprio fenomeno culturale.
Siamo nel Dopoguerra e il prototipo di una rassegna che presenti riuniti in uno spazio-tempo limitato alcuni dei grandi protagonisti della scena del jazz d’allora è l’iniziativa del produttore Norman Granz nota con l’appellativo di Jazz at the Philharmonics, una sorta di carrozzone ambulante rappresentativo della musica afroamericana in auge. Dal 1944 negli Stati Uniti e poi dal 1952 anche in Europa,Jazz at the Philharmonics è una delle importanti vetrine di una musica che, nata negli anni ’20 essenzialmente come forma d’intrattenimento, ha ormai una storia e un ben preciso percorso evolutivo alle spalle.
Se negli Stati Uniti il primo grande festival jazz si tiene a Newport sin dal 1954 mentre un secondo viene organizzato a Monterey - sulla costa occidentale - a partire dal 1958, l’Europa non sta certo a guardare. Addirittura nel 1948 in Francia, terra dove poco prima il jazz era letteralmente “sbarcato” insieme alle truppe americane, vengono organizzati in ordine di tempo i primi due festival jazz al mondo: in febbraio a Nizza, in maggio a Parigi. Nel 1950 alla Salle Pleyel di Parigi verrà proposto il primo Salon International du Jazz al quale assistono più di 20.000 persone venute da tutta Europa. In Italia è Sanremo, a partire dal 1955, a fare da apripista al fenomeno, dal 1956 a Comblain-la-Tour in Belgio si esibiscono ogni anno i più grandi nomi del jazz d’oltreoceano, dal 1961 lo stesso avviene a Molde in Norvegia.

E in Svizzera che succede? Se a Zurigo fin dal 1951 vien proposta una rassegna che testimonia soprattutto della vitalità della scena amatoriale locale e che solo con gli anni ’70 si trasformerà in evento di portata internazionale, è a Lugano nel 1962 che, grazie al locale Jazz Club, nasce un’importante rassegna, senza tendenze o sottogeneri esclusi (vi parteciperanno anche Ornette Coleman e Paul Bley) che durerà fino alla fine del decennio.
Nel 1967 debutta sul Lago Lemano, in particolare nella cittadina di Montreux, un nuovo festival destinato a far storia e ad imporsi come uno dei più conosciuti eventi del genere al mondo. È l’anno-simbolo del decennio e punto di svolta della cultura giovanile: in California è l’estate del flower-power, i Beatles firmano il Sgt. Pepper, i Pink Floyd debuttano su 33 giri, se ne va John Coltrane. E a Monterey, in quegli stessi luoghi dove da ormai 10 anni si è sviluppato il seme del festival jazz, ha luogo il più grande raduno musicale di tutti i tempi: 200.000 persone che tra l’altro ascoltano Hendrix e lo vedono mandare in cenere la sua Stratocaster.
Debutta il Montreux Jazz Festival quindi ma, come si dice in queste occasioni, i tempi sono ormai cambiati e, benché le prime due edizioni siano interamente dedicate al jazz, già dal 1969 - con l’esibizione dei Ten Years After e dei Colosseum – la rassegna si profila come vetrina a tutto tondo della straordinaria scena musicale del momento: il jazz certo, ma anche il cugino rock e la sintesi dei due, il jazz-rock; e ancora blues, soul & black music, passando per la musica d’autore e più in là quella latina e caraibica.

È un certo Claude Nobs che si lancia nell’impresa. Ha già lavorato all’organizzazione di animazioni musicali per conto del locale ufficio turistico, in particolare legate al festival televisivo che vi si tiene, la “Rose d’Or”. Lavora talmente bene che nel ‘64 riesce a portarvi i Rolling Stones, nel loro primo concerto fuori dalla Gran Bretagna. Lavora talmente bene che nasce l’idea di creare un evento nuovo, del tutto separato dalla rassegna televisiva.
La prima edizione si tiene nel giugno del 1967, dura tre giorni, tra le têtes d’affiche c’è Charles Lloyd, il sassofonista appena eletto star emergente dalla rivistaDownbeat che si presenta con due giovani molto promettenti, Keith Jarrett al piano e Jack DeJohnette alla batteria. Già dal secondo anno la manifestazione si estende a cinque giorni, arrivano tra gli altri Nina Simone e Bill Evans con il suo trio. Ella Fitzgerald vi debutta nel 1969 e in quello stesso anno Les McCann e Eddie Harris vi presentano il progetto Swiss Movements: il festival registra già tutti i concerti e in particolare questa incisione diventerà un bestseller assoluto, il primo disco di jazz a vendere più di un milione di copie.
Anche grazie alle pubblicazioni dei live, la rassegna si fa velocemente un nome. Santana si esibisce nel 1970, Aretha Franklin l’anno successivo, nel 1973 per la prima volta è Miles Davis a suonarvi. Quella del 1977 è l’edizione più lunga, quasi tre settimane, e vi sbarca la musica brasiliana e la disco. I vari Herbie Hancock, B.B. King, Chick Corea a Montreux sono ormai di casa.
Con l’inizio degli anni ’90 il festival cambia sede. Addio al mitico Casino, quello ricostruito dopo il ben noto incendio del dicembre 1971 durante un’esibizione di Frank Zappa, e approdo al Centro dei Congressi, con l’Auditorium Stravinski e il New Q’s quali sale principali. Quincy Jones spalleggia Nobs in questo cambiamento e coproduce tre edizioni fino al 1993. Miles Davis vi si esibisce per l’ultima volta nel luglio del 1991. Il festival si apre ai nuovi generi: l’electro, l’acid jazz, il rap, l’hip-hop.
Il resto è storia recente. Nel 2013, con la scomparsa di Nobs, il festival resta improvvisamente orfano del suo fondatore, ma la macchina organizzativa è talmente rodata che la transizione è dolcissima.
Paolo Keller
(Fonte Birdland)

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Arthur Blythe , sassofonista
Con Claudio Sessa

Tra i protagonisti della cosiddetta loft generation nella New York dei secondi anni ’70, Arthur Blythe, oggi non più in attività, è un sassofonista, compositore e bandleader originario della California.
Nato nel 1940 a Los Angeles, inizia a suonare il sax alto all’età di nove anni. I suoi modelli sono Earl Bostic e Benny Carter, ma importante fu anche la figura del tenorista Harold Land.
I debutti sono con il pianista Horace Tapscott, suona poi nel New Jazz Quintet del sassofonista Lattus McNeely, nel progetto Black Music Infinity del batterista-scrittore Stanley Crouch e con un altro sassofonista, Azar Lawrence.
Dal 1974 è a New York dove collaborerà con i più diversi colleghi: Gil Evans, Jack DeJohnette, Chico Hamilton, Lester Bowie e McCoy Tyner. Ha fatto pure parte del progetto all stars The Leaders e del Wolrd Saxophone Quartet.
A suo agio nelle più disparate situazioni musicali, Blythe è stato il musicista forse più vicino alla tradizione tra quelli che furono in prima fila nell’epoca del post-free. Tipico il suo sound dal caratteristico vibrato e dal fraseggio che molto deve al be-bop. Tra i suoi gruppi si distinguono il classico quartetto con piano-basso-batteria ma anche quelli meno convenzionali, con chitarra elettrica, violoncello e tuba - che hanno dato i più originali frutti discografici del musicista californiano tra la fine dei ’70 e l’inizio del decennio successivo.
(Fonte : Birdland )

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Dischi Storici.Edward Vesala"Ode To The Death of Jazz"
Con Claudio Sessa

Edward Vesala (1945-1999) è stato un percussionista e compositore finlandese, uno dei più visionari musicisti dell’avanguardia jazz scandinava venuta alla ribalta tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70. Dopo le collaborazioni con il connazionale Juhani Aaltonen lavora nel trio di Jan Garbarek e in un gruppo con il tedesco Peter Brötzmann. Con il trombettista polacco Tomasz Stanko inizia nel 1974 un fertile sodalizio che durerà decennio. Lo stesso anno Vesala debutta su ECM con l’acclamato Nan Madol e fa il bis nel ’76 con Satu: due lavori che gli aprono le porte di una notorietà internazionale che lo condurranno a New York e alle collaborazioni con Archie Shepp, Paul Bley, Chick Corea e diversi altri. Fonda l’etichetta discografica Leo per la quale pubblicherà molti lavori suoi e di altri musicisti emergenti europei. Dal 1984 dirige un suo personale workshop con giovani musicisti finlandesi, i migliori dei quali saranno poi coinvolti nel suo gruppo Sound & Fury, citazione dal Macbeth shakespeariano. Con questo marchio tornerà ad incidere per ECM dalla metà degli anni ’80 e fino alla prematura scomparsa nel 1999.
Ode to the dead of jazz, al di là del tono polemico, è in realtà un ardito e fiero manifesto contro il conformismo che secondo Vesala (e non solo) stava marcando la scena musicale in quei secondi anni ’80. Registrato nello studio di Vesala a Helsinki, accanto al leader alle percussioni troviamo alcuni tra i nomi emergenti della scena finlandese di allora, tra gli altri i sassofonisti Jorma Tapio e Jouni Kannisto, il chitarrista Jimi Sumen, il bassista Uffe Krokfors e l’arpista e pianista Iro Haarla, sua compagna d’arte e di vita.
(Fonte Birdland)

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Jazz-rock made in Italy , Perigeo

con Riccardo Bertoncelli

Il Perigeo è stato senza dubbio, assieme agli Area, uno dei gruppi di primo piano della fusion e del progressive italiani. Nel 1972 Giovanni Tommaso (basso acustico ed elettrico), Franco D'Andrea (tastiere), Bruno Biriaco (batteria),Claudio Fasoli (sax) e Tony Sydney (chitarra) sono musicisti già formati e in carriera. Hanno esperienze diverse ma insieme decidono di dar vita un gruppo che sia al passo con la novità del periodo che sia chiama jazz-rock. La loro storia durerà fino al 1977, con una serie di pregevoli registrazioni discografiche (la prima, Azimuth, è considerata tra le migliori) e un buon successo, anche internazionale, soprattutto con le esibizioni live.
Riccardo Bertoncelli ci introduce nel mondo sonoro di questa band che molti hanno definito come il lato più mediterraneo della fusion.
(Fonte Birdland)

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Note blues, Sonny Boy Williamson II
con Riccardo Bertoncelli

Nelle incursioni nel mondo del blues che Riccardo Bertoncelli di tanto in tanto ci propone, stavolta è il turno di Sonny Boy Williamson.
La storia della musica di matrice neroamericana è piena di stranezze e il nome di questo musicista è una di queste. Sono due infatti i Sonny Boy Williamson noti nel blues, quasi coetanei, entrambi armonicisti e cantanti. Il primo, nato John Lee Curtis Williamson a Chicago, morì giovane nel 1948. Il secondo, ai tempi meno conosciuto ma che in seguito ebbe più esposizione mediatica e successo internazionale, si chiamava in origine Alex Ford, era specialista a trovare nomi d’arte (si faceva chiamare Rice Miller o Little Boy Blue) e senza pensarci troppo assunse il nome del collega alla di lui morte.
Riccardo Bertoncelli si occuperà del secondo, di cui abbiamo maggiori testimonianze discografiche e una carriera ben delineata da ripercorrere, rispetto al suo omonimo, musicista di culto che ebbe influenza nello sviluppo dello strumento e grande rinomanza, ma limitatamente ad un periodo circoscritto.
(Fonte Birdland)

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Gene Krupa , star della batteria
Con Marcello Lorrai

Tra i musicisti più popolari negli anni 30 e 40, figura di spicco dell’era dello swing, Gene Krupa è stato uno dei batteristi più influenti della storia del jazz. Polacco di origine, nasce a Chicago nel 1909 e lì si inizia alla musica, proprio negli anni in cui la Windy City sta diventando uno dei poli di attrazione per tutta una generazione di jazzisti. I debutti sono con Eddie Condon e Red McKenzie, e le incisioni con loro passano alla storia per essere le prime dove tutto il set della batteria, anche la grancassa, viene accuratamente registrato. Suona anche nella Benson Orchestra e nei Playboys della leggendaria contrabbassista Thelma Terry, contribuisce a creare il sound tipico di una schiera di musicisti definiti da allora come i Chicagoans. Si trasferisce nel 1928 a New York con un gruppo di loro per accompagnare gente come Red Nichols e Miff Mole. Ben presto notato per il suo virtuosismo e la spettacolarità del suo drumming dal grande produttore John Hammond, è reclutato nell’orchestra di Benny Goodman. È una svolta decisiva nella sua carriera: con il clarinettista, tra il ’35 e il ’38, scriverà alcune della pagine più importanti della storia dello swing, contribuirà a trasformare la batteria in uno strumento solista, diventando una vera e propria star. La loro versione del brano “Sing, sing, sing”, con la batteria ad ergersi a protagonista, rimane uno degli inni di quell’epoca folle del jazz.
In questo ciclo di “Birdland” Marcello Lorrai tratteggia il ritratto di un musicista che per lunghi anni guiderà anche una propria spettacolare orchestra e che naturalmente parteciperà, da protagonista, alle eccitanti tournée di Jazz at the Philharmonics.
(Fonte Birdland)

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Chico Freeman , sassofonista
Con Claudio Sessa

Come Arthur Blythe, trattato in precedenza, anche Chico Freeman nasce a Chicago nel 1949 in una famiglia di musicisti: il padre è il noto von Freeman, pure lui sassofonista, gli zii George e Bruz sono rispettivamente chitarrista e batterista. Ferratissimo in matematica, si consacra alla musica solo quando frequenta l’università, dedicandosi – dopo il piano e la tromba - anche al contrabbasso e al sassofono. Sarà quest’ultima la scelta definitiva. Allievo di Fred Anderson, Fred Hemke e Joe Daley, si avvicina all’AACM e entra in contatto con gente che conta: Jospeh Jarman e Roscoe Mitchell in primis. Studia teoria e composizione ed inizia a suonare con Cecil McBee e Jeanne Lee, entrando in seguito nella big band dell’AACM diretta da Muhal Richard Abrams. Dopo aver pubblicato un primo disco a suo nome nel 1976, l’anno successivo si trasferisce a New York e forma un proprio quartetto. Come il suo collega e amico Arthur Blythe diventerà a breve uno degli esponenti della cosiddetta Loft Generation, una schiera di musicisti e compositori che, terminata la temperie del free jazz, stavano dando una nuova direzione alla musica afroamericana non scevra da agganci con le radici più profonde della black music.
Il suo stile e il suo personale approccio al jazz e alla sua storia, non gli impediranno quindi di legarsi a volte a neotradizionalisti quali Wynton Marsalis, a volte a gruppi come la Special Edition di Jack DeJohnette o la all-star band deiLeaders. Nella sua vicenda musicale punto di forza sarà comunque sempre la ricerca di una continuità con le radici africane e con il mondo della tradizione jazz, senza tralasciare l’integrazione di influenze le più diverse: i colori della musica brasiliana, le sonorità e ritmi di quella caraibica.
A suo nome, in associazione a musicisti quali Arthur Blythe, Lester Bowie e David Murray e a progetti come The Leaders o Roots salutes the saxophone, Chico Freeman ha pubblicato ad oggi circa 50 album.
(Fonte Birdland)

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Wayne Shorter, i primi anni
Con Maurizio Franco

Quando il giovane Wayne Shorter viene assunto nel 1959 da Art Blakey e dai Messengers (vi resterà per 5 anni), il sassofonista è un giovane talento che ha già fatto parlare di sé, in particolare per il suo lavoro con Maynard Ferguson. A cavallo dei due decenni Shorter pubblica già i suoi primi dischi da leader ma è al momento della chiamata di Miles Davis nel 1964 che la sua carriera di solista ha una svolta. Firma per la Blue Note e fino al 1970, parallelamente al suo ingaggio con il trombettista, pubblicherà ben 11 album, alcuni dei quali a giusto titolo considerati tra i più significativi del periodo: Ju Ju, Speak No Evil, Super Nova. La prima fase di carriera, di cui ci parla Maurizio Franco in questo ciclo di “Birdland”, finisce quando Shorter, assieme a Zawinul, dà vita ai Weather Report, gruppo di successo stellare che lo occuperà a tempo pieno fino a metà anni ’80.
(Fonte Birdland)


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Il suono del jazz , Rudy Van Gelder
Con Riccardo Bertoncelli

Rudy van Gelder (1924-2016), scomparso alla fine dell’estate, è stato uno degli artefici del “sound” del jazz moderno.
Di formazione optometrico, ma con grandi interessi sin da giovane per la tecnica audio, iniziò a lavorare come tecnico del suono da semi-professionaista nei primi anni ’50. Dal 1959 si trasferì a Engelwood Cliffs e l’indirizzo divenne un must per buona parte dei jazzisti. Lì nel suo nuovo studio accolse tutti i più grandi e plasmò il suono dei dischi Blue Note e Prestige, più tardi di altre etichette quali Impulse e Verve.
Riccardo Bertoncelli ripercorre la storia di questo personaggio che ha contribuito alla crescita della musica afro-americana dagli anni ’50 in avanti.
(Fonte Birdland)


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Soul Jazz
Con Diego Ricco

Il soul jazz nasce sul finire degli anni ’50 e si sviluppa con il decennio successivo fino ai primi anni Settanta. Da una parte utilizza elementi della musica soul, genere di grande impatto commerciale che aveva a sua volta sintetizzato blues, rhythm & blues, gospel e spiritual; dall’altra, in campo più prettamente jazzistico, è debitore di quanto stavano facendo i protagonisti dell’hard bop.
Diego Ricco ci introduce in questo specifico universo musicale dove spesso in primo piano erano strumenti quali l’organo Hammond e il pianoforte, i sax tenore e contralto. Scorreranno nel suo percorso tastieristi quali Horace Silver, Ramsey Lewis, Les McCann e Jimmy Smith, nonché sassofonisti come Gene Ammons, Cannonball Adderley o Sonny Stitt. Ma anche altri musicisti che hanno contribuito a definire il genere come i trombettisti Lee Morgan e Donald Byrd, o il chitarrista George Benson.
(Fonte Birdland)

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Tony Williams, batterista
Con Marcello Lorrai

Nato a Chicago nel 1945, Tony Williams si impose come enfant prodige della batteria tra fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, dapprima con Sam Rivers poi con Jackie McLean. Nel 1962, a diciassette anni, fu ingaggiato da Miles Davis ed entrò a far parte del famoso secondo Quintetto del trombettista. Con Davis restò fino al 1969, collaborando ad una dozzina di album ufficiali, da Seven Steps to Heaven fino a In a silent way. Parallelamente agli impegni con il trombettista, fu attivissimo sulla scena jazz dell’epoca lavorando ed incidendo con Herbie Hancock, Eric Dolphy, Andrew Hill, Wayne Shorter, Grachan Moncur. Il debutto come leader avvenne nel 1964 con un album intitolato Lifetime, che diventerà poco dopo (1969) anche la sigla del suo gruppo, un trio elettrico con John McLaughlin alla chitarra e Larry Young all’organo. Verso la metà del ’70, nel pieno del periodo sabbatico di Miles, si ritrovò con i vecchi amici del gruppo (Hancock, Carter, Shorter) e, con Freddie Hubbard alla tromba, diede vita al V.S.O.P. Quintet. Ricordiamo anche le collaborazioni del batterista con Jaco Pastorius e di nuovo McLaughlin nel Trio of Doom, con Wynton e Brandon Marsalis, con Chet Baker e Dexter Gordon. Ha proseguito negli anni ’80 e 90 a produrre album e ad esibirsi con proprie band, fino alla prematura scomparsa nel 1997.
Alla stregua di un Elvin Jones, dal punto di vista stilistico Tony Williams ha sviluppato concetti come la poliritmia e la variazione metrica, diventando vero caposcuola della batteria.
(Fonte Birdland)

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Jazz al Village Vanguard
Con Claudio Sessa

Il Village Vanguard è un storico club di jazz del Greenwich Village a New York. Locale con un’aura leggendaria, ambitissimo da musicisti jazz, è ancora in piena attività. Fu aperto nel 1935 da Max Gordon (1903-1989) ed è oggi tenuto da sua moglie Lorraine, 94 anni!
Il locale dà il nome ad una big band che vi si esibisce ogni lunedì sera. Si tratta dell’ex Mel Lewis-Thad Jones Orchestra, che debuttò proprio al Village Vauguard nel 1966 e di cui sono stati celebrati quest’anno i 50 anni di presenza sulla scena del jazz moderno. Alla fine degli anni ’80 l’orchestra divenne la resident band stabile del club.
Inutile dire che tutti i grani nomi del jazz sono passati di lì e che spesso hanno inciso i propri album dal vivo. Claudio Sessa passa in rassegna la storia del locale e ci propone tutta una serie di ascolti legata alle registrazioni che vi sono state realizzate nel corso di questi gloriosi 80 anni di attività.
(Fonte Birdland)

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Bobby Hutcherson , vibrafonista
Con Maurizio Franco

Scomparso nell’estate 2016 all’età di 75 anni Bobby Hutcherson è stato, assieme a Gary Burton, uno dei maestri del vibrafono del jazz moderno.Di origine californiana, iniziò la carriera di professionista sin da giovanissimo lavorando con Charles Lloyd e Eric Dolphy, in seguito con Les McCann, Blue Mitchell e Al Grey.Dopo un ingaggio con quest’ultimi due a New York, decise di fermarsi nella Grande Mela ed iniziò ad entrare nel giro che conta. Ricordiamo negli anni ’60 i suoi importanti contribuiti a lavori di Jackie McLean, Grachan Moncur III, Dexter Gordon, Andrew Hill, Tony Williams. In seguito si legò a Joe Henderson e Lee Morgan. Come leader firmò subito con la prestigiosa Blue Note per la quale pubblicò molti suoi album. Importante pure la sua collaborazione con il pianista McCoy Tyner, iniziata nel 1966 e continuata per moltissimo tempo.Bobby Hutcherson si è esibito nella Svizzera italiana tre volte, tutte all’Estival Jazz di Lugano: dapprima con il proprio quartetto, poi in duo con Tyner, da ultimo come ospite di Herbie Hancock.
(Fonte Birdland)

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Chris McGregor, pianista e bandleader
Con Riccardo Bertoncelli

Chris McGregor è stato, assieme a Dollar Brand e Hugh Masekela, tra i musicisti più significativi della diaspora sudafricana. Con l’inizio degli anni ’60, in particolare dopo gli eventi sanguinosi del massacro di Sharpeville, tutta una schiera di artisti - in profondo contrasto con il regime dell’apartheid - decise di scegliere l’autoesilio.
McGregor era il pianista e fondatore dei Blue Notes, unico bianco in una band di neri. Con lui c’erano il trombettista Mongezi Feza, il contrabbassista e pianista Johnny Dyani, i sassofonisti Dudu Pukwana e Nikele Moyake ed il batterista Louis Moholo. Una band che ebbe inizialmente un grande successo in patria e che però poi, con l’inasprimento delle leggi razziali che impedivano agli artisti bianchi e neri di esibirsi assieme, decise dopo un concerto in Europa nel 1964 di non più fare rientro. Mc Gregor e i suoi soggiornarono dapprima in Francia, poi per un periodo in Svizzera (a Zurigo e Ginevra), a Londra, a Copenhagen, per poi stabilirsi definitivamente in Gran Bretagna.
Chris McGregor iniziò a tessere relazioni con la scena britannica, in particolare con musicisti quali John Surman, Keith Tippett, Alan Skidmore e molti altri, facendosi notare per la particolare verve di compositore ed arrangiatore, e segnando a suo modo il nuovo jazz britannico.
Tappa successiva della sua nuova vita di musicista fu la fondazione dei Brotherhood of Breath, una band mista di musicisti africani ed europei, che ebbe enorme successo e che il pianista tenne viva fino alla sua scomparsa nel 1990.
(Fonte Birdland)

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Gianluigi Trovesi , clarinettista e sassofonista
Con Claudio Sessa

Clarinettista e sassofonista, oltre che compositore e arrangiatore, Gianluigi Trovesi (nato in provincia di Bergamo) è una delle figure centrali del jazz italiano degli ultimi 40 anni. Fatti i suoi primi passi da professionista in compagnia di Franco Cerri, entra nel sestetto del pianista Giorgio Gaslini con il quale gira per l’Italia e l’Europa. È un’esperienza fondamentale perché il suo talento viene notato nel corso di esibizioni nei maggiori festival europei, ciò che gli procurerà nuovi contatti ed ingaggi in Germania, Olanda e Inghilterra. Debutta come leader formando un proprio trio, poi svilupperà le sue idee musicali con un ottetto che lo consacra a livello internazionale. Importante nella sua carriera anche la collaborazione con il fisarmonicista Gianni Coscia. Ha lavorato con alcuni tra i più importanti jazzisti italiani e stranieri, tra questi Paolo Fresu, Enrico Rava, Kenny Wheeler, Misha Mengelberg, Anthony Braxton, Keith Tippett, Cecil Taylor, Michel Portal, Louis Sclavis, ed è stato membro dell’Italian Instabile Orchestra, ensemble che riunisce i migliori musicisti dell’avanguardia italiana.
Nel suo originale percorso musicale ha mescolato le più diverse esperienze: dalla rielaborazione della musica per banda all’opera, dalla musica rinascimentale e barocca al folklore, fino all’improvvisazione totale.
(Fonte Birdland)

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Oltre la crisi del Jazz
Con Claudio Sessa

Partendo dall’interessante recente volume scritto a quattro mani dal critici musicali francesi Philippe Carles e Alexandre Pierrepont (quest’ultimo pure antropologo e sociologo), Claudio Sessa ci propone in queste due trasmissioni di “Birdland” un percorso di ascolti all’interno dello sviluppo del jazz, dalla “crisi” del free ad oggi. È questo il periodo preso in considerazione nei numerosi saggi che compongono un libro che esplora la multiforme pluralità del jazz contemporaneo da prospettive diverse.
(Fonte Birdland)

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Buddy Rich, batterista
Con Marcello Lorrai

Birdland è dedicato questa settimana da Marcello Lorrai al grande batterista Buddy Rich. Precursore dei grandi percussionisti che si sarebbero illustrati come leader a partire dagli anni ’50 - quali Art Blakey e Max Roach - è uno dei primi a diventare star assoluta dello strumento, dopo Gene Krupa. Precursore del be-bop, ha condotto una propria Big Band sin dal 1945. Dotato di raffinatissima tecnica, è stato un modello anche per alcuni di alcuni dei più importanti batteristi del rock.
(Fonte Birdland)

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Jazz gitano e dintorni : (Replica )
Con Maurizio Franco

La musica gitana - al pari del jazz - è, diremmo quasi per definizione, un’arte dell’incontro. Si è sempre nutrita delle influenze delle culture alle quali il nomadismo del popolo zingaro si è esposto, integrandole in un’espressione musicale originale ed unica. Il jazz, e in particolare lo swing, non sono sfuggiti a questo processo.
Maurizio Franco tratteggia in questa serie di Birdland la “galassia” del cosiddetto jazz gitano che, a seconda dei luoghi dove si è sviluppato, ha assunto le più diverse denominazioni.
Partendo da rare registrazioni del capostipite di questo filone, il grande chitarrista belga Django Reinhardt, si potranno apprezzare anche altri pionieri del genere quali Gus Viseur, Matelo Ferret o l’italiano di origine rom emigrato in Francia Henri Crolla. Sul versante spagnolo si ricorderà il sassofonista Pedro Iturralde, precursore dell’incontro tra jazz e flamenco, che ebbe fra i suoi collaboratori Paco de Lucia. Spazio sarà dato pure a Bireli Lagrene, il jazzista gitano in attività oggi più celebrato, così come al francese Christian Escoudé o all’ungherese Babsik. Una puntata sarà pure riservata all’attualità del genere, ai musicisti che oggi tengono viva questa tradizione, con pure le recenti declinazioni del cosiddetto electro swing.
(Fonte Birland)

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Il primo Ornette Coleman : (Replica )
Con Claudio Sessa

Il sassofonista, compositore e bandleader Ornette Coleman, gigante della musica di matrice afro-americana e tra i protagonisti assoluti del jazz moderno, è scomparso nel giugno 2015 all’età di 85 anni.
Nato a Fort Wort in Texas nel 1930, Coleman è passato alla storia come il teorico ma anche concreto inventore ad inizio anni ’60 del free-jazz, poi di altri sistemi armonico-melodici che hanno distinto e caratterizzato la sua musica nelle evoluzioni successive.
Birdland ha già sottolineato in passato l’importanza di questo musicista, dedicando alcune serie di trasmissioni ai suoi diversi periodi artistici. In omaggio alla sua arte, Claudio Sessa ritorna sul momento decisivo della carriera di Coleman: siamo a fine anni ’50 ed i contratti prima con la Contemporary poi con l’Atlantic gli permettono di diffondere anche tramite disco il suo credo, una musica nuova con strutture vicine al blues ma decisamente più aperta dal profilo melodico, armonico e ritmico, una sorta di super bebop che sconvolse l’establishment musicale. Nulla però al confronto del punto d’arrivo di questa fase, l’epocale Free Jazz (pubblicato nel settembre 1961) che sarà croce e delizia del pubblico e della critica: l’album forse più discusso in assoluto della storia della musica afro-americana.
(Fonte Birland)

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Edited by sergiomac - 11/3/2018, 10:35
 
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Kenny Clarke& Francy Boland Big Band
Con Maurizio Franco

Il pianista e compositore belga Francy Boland e il batterista statunitense Kenny Clarke, da tempo stabilito a Parigi, diedero vita nel 1961 - grazie anche all’importante contributo del bassista Jimmy Woode - ad una grande orchestra jazz, la prima di rilievo ad essere fondata fuori dagli Stati Uniti. L’orchestra vera e propria si formò a poco a poco. Ad un sestetto iniziale diventato ben presto un ottetto si aggiunsero via via nuovi musicisti fino ad arrivare ben presto al pieno organico di Big Band.
Boland si era già distinto per le collaborazioni con Chet Baker e per gli arrangiamenti scritti per Basie e Gillespie. Kenny Clarke era la star della batteria che ricordiamo fra i protagonisti del primo bebop e, cosa forse meno nota, anche membro fondatore del Modern Jazz Quartet che abbandonò nel 1955 proprio per trasferirsi nella capitale francese.
Benché basata in Europa, dell’orchestra fecero parte anche musicisti dagli Stati Uniti, attratti dalla solida reputazione di live band che l’orchestra si era fatta, dalla qualità degli arrangiamenti di Boland e pure dalla nomea leggendaria di Kenny Clarke. Ricordiamo tra questi Art Farmer, Eddie "Lockjaw" Davis, Sahib Shihab e Johnny Griffin. Tra gli europei vi collaborarono gli inglesi Ronnie Scott, John Surman, Ron Mathewson, Tony Coe e i tedeschi Manfred Schoof e Albert Mangelsdorff; dai Balcani veniva Dusko Goykovich, dalla Scandinavia Ake Persson, dall’Olanda Ack van Rooyen. Insomma una sorta di “Internazionale del jazz” che invitò in molte occasioni ospiti di rilievo quali Stan Getz o Zoot Sims.
Attiva fino ai primi anni ’70, la Kenny Clarke-Francy Boland Orchestra pubblicò in poco più di 10 anni di vita una ventina di album, alcuni dei quali di eccelsa qualità musicale (All Smiles, Sax no end, Changes of scenes).
(Fonte Birland)

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Louis Armostrong- Cantante : (Replica)
Con Maurizio Franco

La popolarità di Louis Armstrong, oltre alla sua maestria alla tromba, è certamente pure dovuta alla tecnica vocale dello scat (che introdusse nelle sue esibizioni di strumentista e che contribuì a diffondere) e all’inconfondibile timbro di voce che lo ha sempre caratterizzato.
La “carriera” di cantante possiamo dire che corra parallela a quella di trombettista, addirittura che i maggiori successi commerciali “Satchmo” li abbia ottenuti proprio come cantante, anche sul finire di carriera. Di lui ricordiamo le collaborazioni con altri vocalist quali Bing Crosby (sin dagli anni ’30 e fino ai ’60) e soprattutto Ella Fitzgerald, che ha fruttato alcune immortali perle discografiche.
Tra i grandi hits di questo specifico repertorio citiamo senz’altro i celeberrimi When the Saints go marchin’ in e What a wonderful World, ma anche Stardust, Stompin’ at the Savoy (con Ella), Hello Dolly, Aint’ Misbehavin’ e molti altri.
(Fonte Birdland)

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Dylan blues...E jazz
Con Riccardo Bertoncelli

L’assegnazione del premio Nobel per la letteratura 2016 a Bob Dylan ha riportato prepotentemente alla ribalta della cronaca il cantautore statunitense. Ancora in piena attività, il suo percorso musicale l’ha visto affrontare un po’ tutti i generi della moderna pop music, dal folk al country, dal rock al blues. Proprio il blues filtrato dalla sensibilità del menestrello di Duluth nelle varie epoche della sua carriera è lo spunto di queste serie di “Birdland” presentata da un grande specialista della materia come Riccardo Bertoncelli.Accanto a ciò, nelle due ultime puntate, saranno pure presi in considerazione alcuni dei brani di Dylan che, in tempi sia lontani che recenti, sono stati oggetto di riletture in ambito jazz da parte di interpreti diversi: da Nina Simone a Cassandra Wilson, da Keith Jarrett a Bill Frisell, ad altri ancora.
(Fonte Birdland)

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Kid Ory(1886-1973), trombonista
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai ripercorre la lunga carriera di Kid Ory, una delle grandi figure del jazz della prima ora. Nato in Louisiana nel 1886, morì nel 1973 alle Hawaii dove si era ritirato pochi anni prima. Dapprima suonatore di banjo e solo in seguito di trombone, diede uno slancio decisivo allo sviluppo del secondo grazie ad uno stile e a tecniche di emissione particolari. A New Orleans diresse fino alla fine degli anni ’10 alcune delle band più popolari dove via via sfilarono alcuni dei nomi che avrebbero pure fatto la storia del jazz: King Oliver, un giovanissimo Louis Armstrong o ancora Sidney Bechet e Johnny Dodds. Negli primi anni ’20 Ory si trasferì in California dove importò il sound della città del delta grazie alla sua Creole Orchestra, un ensemble formato con diversi suoi colleghi che lo avevano seguito ad Ovest. Tappa successiva della carriera fu Chicago dove, oltre a ritrovare Oliver e le varie band di Armstrong, lavorò con Jelly Roll Morton. Dopo un periodo di ritiro negli anni ’30 (fece l’allevatore con il fratello e poi il ferroviere) tornò sulle scene in concomitanza con il New Orleans & Dixieland Revival degli anni ’40.
(Fonte Birdland)

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Herbie Hancock " Elettrico "
Con Claudio Sessa

Herbie Hancock è da considerare tra i pianisti più influenti del jazz moderno. Dopo gli esordi in ambito classico, da enfant prodige, si orienta verso la musica improvvisata e, giovanissimo, stacca un contratto con la prestigiosa Blue Note. La militanza nei gruppi di Miles Davis nei primi anni ’60 sono già una consacrazione della sua arte. Sarà anche accanto al trombettista alla fine del decennio quando inizia le prime esperienze con gli strumenti elettrici. È un punto di svolta anche della sua carriera di solita perché, di lì in poi, ai suoi progetti classicamente acustici accosterà dischi e tournée con band dal sapore via via jazz-rock e fusion, ma anche decisamente funk e pop oriented. È quest’ultimo aspetto che viene trattato in questa serie di “Birdland” grazie alla competente guida di Claudio Sessa.
(Fonte Birdland)

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L'altro Monk
Con Maurizio Franco

Tra i numerosi anniversari che il jazz celebra in questo 2017 c’è anche il centenario della nascita del pianista, compositore e bandleader Theloniuos Monk, nato nel North Carolina nell’ottobre del 1917 e scomparso nel 1982.
Maurizio Franco dedicherà alcuni cicli di “Birdland” a questo musicista centrale del jazz moderno. In questa prima serie intitolata “L’altro Monk” verranno messi a fuoco gli aspetti meno noti di un percorso artistico iniziatosi negli anni ’40 durante la rivoluzione del be-bop. Saranno prese in considerazione le collaborazioni più prestigiose con alcuni dei suoi grandi colleghi, la sua presenza come accompagnatore in album non a suo nome e alcune tra le pagine poco note della sua vasta produzione.
(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!dtwgWaZZ!3YeYMM1...YM3TXWMVPo4GLKg

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1917-2017 cent'anni di jazz su disco
Con Marcello Lorrai

Il 1917 è un anno epocale per la storia moderna, momento cruciale per le sorti della Grande Guerra e anno della Rivoluzione bolscevica in Russia. Gli Stati Uniti scendono in campo nel conflitto, con la dichiarazione di guerra alla Germania del mese di aprile che si concretizza nei mesi successivi con l’invio di milioni di soldati in Europa.
Partendo da questo quadro storico, Marcello Lorrai tratteggia in questo imperdibile ciclo di “Birdland”, l’importanza del 1917 anche per la cultura ed in particolare la musica americana. Muore Scott Joplin, il re del ragtime, e si apre un'altra epoca. Alcuni giovani pianisti come Eubie Blake e James P. Johnson stanno inaugurando nuovi stili ed incidono i loro primi rulli; un giovane George Gershwindi fa conoscere con un primo successo quale Rialto Ripples; W.C.Handy, considerato il padre di un blues non più solo rurale e compositore di quel St.Louis Blues che diventerà cavallo di battaglia di molti jazzisti, si trasferisce a New York; laOriginal Jass Dixieland Band, gruppo di musicisti bianchi pure sbarcato a NY da New Orleans, incide quello che è considerato il primo disco di jazz. In tale contesto vengono messi a fuoco tutti quegli stimoli, le tante sperimentazioni, quel lavorio estetico-stilistico che pervadono la musica americana dell’epoca e che si condensano in quel nuovo mood espressivo e in quella nuova musica da ballo di lì a poco chiamata jazz.
(Fonte Birdland)

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Dizzy Gillespie a 100 anni dalla nascita
Con Claudio Sessa

https://mega.nz/#!UpYQUY4K!gk2DlAO...JsRkFerJuGLh7UA

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Derive blues Freddie King
Con Riccardo Bertoncelli

Le “incursioni blues” che ogni tanto “Birdland” presenta vanno a scovare stavoltaFreddie King, uno dei tre “sovrani” della chitarra elettrica del blues contemporaneo, assieme a B.B. King e Albert King.
Classe 1934, scomparso nel ’76, Freddie era nato nel Texas ma cresciuto nel South Side di Chicago. Segnato dallo stile di Muddy Waters ed Elmore James, creò un suo proprio approccio alla chitarra che pare abbia fortemente influenzato alcuni fra i maggiori chitarristi rock del Sixties, Eric Clapton in primis.
(Fonte Birdland)

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Dischi Storici Freddie Hubbard "Red Clay"
Con Riccardo Bertoncelli

“Red Clay” è il titolo di un album che il trombettista Freddie Hubbard diede alle stampe nel maggio del 1970. È uno dei primi dischi dell’etichetta CTI con la produzione di Creed Taylor, che contibuì a dargli quel tono decisamente soul e funk che caratterizzerà parte della produzione jazz dei primi Seventies. Con il trombettista ritroviamo nell’organico nomi di prima grandezza quali Herbie Hancock e Ron Carter (due ex Miles), Lenny White alla batteria e Joe Henderson al tenore.
(Fonte Birdland)

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John Surman Quartet " Adventure Playground"
Con Riccardo Bertoncelli

Uno dei capolavori assoluti del sassofonista britannico. Dopo i lavori vicini al free dei primi anni ’70, le avventure in duo (con elettronica) con Jack DeJohette nel decennio successivo, John Surman ritrova qui un gruppo di star che lo affianca e che confeziona questo Adventure Playground (1991), una delle perle della ECM: al piano Paul Bley, al basso Gary Peacock e alla batteria Tony Oxley.
(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!dogyHTpD!h6hI-Y1...0uSUULyjfc22S2Q

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Anno Jazz 1967
Con Riccardo Bertoncelli

Il 1967 è l’anno dove sboccia la nuova cultura giovanile, specialmente quella americana, che fa della non violenza – il Flower Power - una delle sue bandiere. Si manifesta specialmente nell’estate di quell’anno ricordata anche come Summer of Love.
Anche per la musica è un anno importante, prima di tutto per la scomparsa di quel John Coltrane che aveva ormai segnato i destini del jazz moderno. Riccardo Bertoncelli passa in rassegna il periodo ricordando altri aspetti che fanno di quell’anno un momento cerniera per la musica: la pubblicazione di The Sorcerer di Miles Davis, la scomparsa pure di Billy Strayhorn - per lungo tempo l’alter ego di Duke Ellington; l’uscita di altri album come ad esempio Love Cry di Ayler che riassumono stimoli e tedenze della cultura musicale del periodo; la prima edizione di un festival, quello di Montreux, che farà storia e molto altro ancora.
(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!Q4xjCBSa!rwAHBmT...KSpsR6636_3x_og

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Vite parallele Coleman Hawkins e Ben Webster
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa già in altre serie di “Birdland” si era avventurato in trasmissioni che tracciavano un parallelo tra la vita e l’arte di protagonisti del jazz. Stavolta tocca aColeman Hawkins e Ben Webster, due giganti del sassofono, due stilisti – così uguali, così diversi - del tenore, che in maniera originale hanno segnato un’epoca del jazz a cavallo tra la sua era “classica” e quella moderna.

(Fonte Birdland)

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Standard Monk
Con Maurizio Franco

Si ricordano in questo 2017 i cent’anni dalla nascita di Thelonious Monk - pianista, compositore e caporchestra statunitense che ha marcato il jazz moderno sin dalla seconda metà degli anni ’40.
Maurizio Franco ha l’arduo compito di sintetizzare in alcune serie di “Birdland” l’arte di questo musicista fuori dal comune. Dopo aver già trattato in un primo ciclo gli aspetti meno noti della sua carriera, in queste trasmissioni ci si concentrerà in particolare sul Monk compositore, su alcuni di quei brani che ne tratteggiano maggiormente l’originalità e che, grazie alle innumerevoli interpretazioni di colleghi i più diversi, sono diventati veri e propri standard del repertorio jazzistico.

(Fonte Birdland)

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Nat King Cole, a cent'anni dalla nascita
Con Marcello Lorrai

Tra i tanti centenari che si ricordano quest’anno, quello di un personaggio famoso come Nat King Cole è quantomeno dubbio. La sua data di nascita infatti, a seconda delle fonti, oscilla tra il 1915 e il 1920. A noi di “Birdland” piace associarlo a suoi colleghi quali Thelonious Monk, Ella Fitzgerald, Dizzy Gillespie che abbiamo già ricordato o che ricorderemo nella nostra trasmissione.
Nat King Cole è stato una delle star assolute della musica statunitense dalla metà degli anni ’40 alla fine dei ’50. Cresciuto in una famiglia di musicisti, dalla natia Alabama si trasferì ancor giovane a Chicago dove ebbe la sua educazione musicale. Non si considerava inizialmente come cantante, preferendo di gran lunga la sua passione per il pianoforte. Ma il successo arrivò proprio con le sue canzoni sin dai primi anni ’40 quando firmò per la neonata etichetta Capitol Records di cui divenne cavallo di razza e a cui fu legato per tutta la carriera. Celebre il suo trio atipico - con pianoforte, chitarra e contrabbasso, senza batteria - che fu sviluppato da illustri colleghi quali Art Tatum e Oscar Peterson. Marcello Lorrai traccia un ritratto a tutto tondo di questa icona del jazz e del pop che ci ha lasciato numerosi immortali hit.

(Fonte Birdland)

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Anno Jazz 1967
NB:...(Seconda parte dalla sesta alla decima puntata)
Con Riccardo Bertoncelli

Il 1967 è l’anno dove sboccia la nuova cultura giovanile, specialmente quella americana, che fa della non violenza – il Flower Power - una delle sue bandiere. Si manifesta specialmente nell’estate di quell’anno ricordata anche come Summer of Love.
Anche per la musica è un anno importante, prima di tutto per la scomparsa di quel John Coltrane che aveva ormai segnato i destini del jazz moderno. Riccardo Bertoncelli passa in rassegna il periodo ricordando altri aspetti che fanno di quell’anno un momento cerniera per la musica: la pubblicazione di The Sorcerer di Miles Davis, la scomparsa pure di Billy Strayhorn - per lungo tempo l’alter ego di Duke Ellington; l’uscita di altri album come ad esempio Love Cry di Ayler che riassumono stimoli e tedenze della cultura musicale del periodo; la prima edizione di un festival, quello di Montreux, che farà storia e molto altro ancora.

(Fonte Birdland)

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Vite parallele Roland Kirk e Eric Dolphy
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa già in altre serie di “Birdland” si è avventurato in trasmissioni che tracciano un parallelo tra la vita e l’arte di protagonisti del jazz. In questo ciclo vengono messe a confronto la vita e l’arte di due polistrumentisti che vennero alla ribalta nei primi anni ’60: Eric Dolphy e Roland Kirk.
Il primo era nato nel 1928 e scomparve a soli 36 anni nel 1964, sassofonista e clarinettista dal linguaggio rivoluzionario, ci ha lasciato una impressionante discografia tra il 1960 e l’anno della scomparsa.
Il secondo, di una decina d’anni più giovane (1936-1977), era stato un enfant prodige e pure lui morì ancor giovane in piena attività. Famose le sue originali tecniche di utilizzo contemporaneo di più strumenti (i sassofoni e i flauti), che suonava pure con il naso, sviluppate anche grazie all’affinamento della respirazione circolare, espediente di cui pure Dolphy era un maestro.

(Fonte Birdland)

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Popular Monk
Con Maurizio Franco

Si chiude con una terza e ultima serie il trittico che Maurizio Franco dedica al pianista e compositore Thelonious Monk (1917-1982), figura maggiore del jazz moderno di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita.
Dopo aver rispolverato alcuni fra i momenti meno noti della carriera del musicista e aver ricordato come numerose sue composizioni sono ben presto diventate deglistandard con cui moltissimi colleghi si sono confrontati, stavolta spazieremo nell’universo più noto di Monk: piano solo, trio e quartetto erano infatti le situazioni con cui si è più spesso confrontato e con le quali ci ha lasciato le tracce più significative della sua arte.

(Fonte Birdland)

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Alle radici del Jazz , Earl Hines pianista
Con Marcello Lorrai

Earl Hines è stato uno dei più importanti pianisti jazz. Non per nulla fu soprannominato “father of the modern jazz piano”. Nato nel 1903 in Pennsylvania, morì ancora in attività nel 1983.
Inizia a suonare il piano a 9 anni, a 15 guida già una propria formazione ed entra nel giro professionistico con i Serenaders di Lois Deppe a Pittsburgh nei primi anni '20. Dopo essersi spostato a Chicago, entra in contatto con Louis Armstrong e diventa suo direttore musicale nel 1927. Inutile dire che assieme, sia con gli Hot Five che in duo, crearono alcune delle pietre miliari del jazz della prima ora. Sono anni di importante crescita per il pianista che si è già messo in luce per il suo personale uso della mano sinistra e per il procedere spesso ad ottave delle linee melodiche della destra, una tecnica da lui stesso definita “trumpet style”, un modo di suonare il piano che dà nuova vita allo strumento e che supera definitivamente icliché del ragtime.
Oltre al fervido lavoro con Armstrong, Hines registra alla fine dei '20 alcuni fondamentali brani per piano solo e dà il via alla sua big band che avrà come trampolino di lancio il famoso Grand Terrace Café. Il riconoscimento come leader e solista a livello nazionale arriva con gli anni ’30 e il successo dura fino alla fine della guerra. Nella big band, una della più importanti in circolazione e che ebbe Billy Eckstine come cantante tra il 39 e il 43, figureranno anche tre giovani che si faranno valere: Dizzy Gillespie, Charlie Parker e Sarah Vaughan. Con il declino delle big band e all’avvento dei boppers anche la carriera di Hines negli anni '50 ha un periodo di appannamento che termina a metà dei '60 quando il pianista inizia a proporsi in piccoli gruppi accanto a musicisti più giovani di lui. È qui che emerge di nuovo la sua maestria sullo strumento - per anni un po' nascosta dietro i sontuosi arrangiamenti per big band - e che l’appellativo di padre del jazz moderno si manifesta in tutta la sua pienezza.

(Fonte Birdland)

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Lester Bowie " Brass Fantasy "
Con Riccardo Bertoncelli

Il trombettista Lester Bowie è stata una delle figure prominenti del jazz statunitense a partire dalla fine degli anni ’60. Tra i fondatori della leggendaria band degli Art Ensemble of Chicago, che diede nuovo impulso alla black musicconiugando passato e presente della tradizione afro-americana, Bowie fu anche accorto e prolifico bandleader. Tra i gruppi da lui promossi la Brass Fantasy è uno di quelli più longevi e dagli esiti artistici maggiori, un ensemble dove primeggiavano gli strumenti a fiato e dove pure evidente era il riferimento alla grande tradizione delle marchin’ band e delle brass band di New Orleans.

(Fonte Birdland)

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I Capolavori.Rahsaan Roland Kirk "Volunteered Slavery"(1969)
Con Riccardo Bertoncelli

Tra i lavori discografici di Rahsaan Roland Kirk questo Volunteered Slavery del 1969 è da annoverare tra quelli più riusciti. Figura di spicco del jazz degli anni '60, polistrumentista, compositore e bandleader, Kirk era anche un grande uomo di spettacolo: leggendarie le sue esibizioni dove riusciva ad utilizzare contemporaneamente più strumenti a fiato, dai sassofoni, ai clarinetti fino addirittura ai flauti a naso.

(Fonte Birdland)

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Dizzy Gillespie a 100 anni dalla nascita
Con Claudio Sessa

NB: Seconda parte , dalla sesta puntata alla decima ; completamento
delle prime cinque puntate trasmesse in Febbraio ...

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Vita ed Arte di Ella Fitzgerald(1917-1996)
Con Marcello Lorrai

Dopo aver dedicato ad Ella Fitzgerald uno special a cent’anni esatti dal giorno della sua nascita (25 aprile 1917), Rete Due approfondisce la tematica con due serie di trasmissioni di “Birdland” a lei consacrate.
Questa prima, a cura di Marcello Lorrai, è una panoramica sulla vita e sull’arte, sulla lunga carriera di quella che in molti ritengono esser stata la più grande cantante jazz della storia.
Ella Fitzgerald ha percorso le varie epoche del jazz, dapprima - dopo aver vinto nel '34 un noto concorso vocale ad Harlem - come cantante di big band, in piena eraswing, in particolare con le orchestre di Chick Weebb e Benny Goodman. Poi dal 1942 come solista, con l’incontro fondamentale con Norman Grantz - che la introdusse nel giro di Jazz at the Philharmonics - e con la collaborazione con Dizzy Gillepsie grazie alla quale si avvicinò al nuovo verbo del be-bop e sviluppò a fondo la sua straordinaria maestria nello scat. Gli anni '50 e '60 sono segnati dalle sue imperdibili registrazioni per la Verve dedicate al grande songbook americano (Gershwin, Porter, Berlin, Ellington…) e da una popolarità ancor più accresciuta grazie alle tante tournée in giro per il mondo, spesso accompagnata dal suo trio. Gli anni '70 ed '80 la vedono infine trovare una nuova dimensione della sua vocalità, più intima e delicata, come ad esempio in diverse pubblicazioni per la Pablo con il chitarrista Joe Pass o con il pianista Oscar Peterson.

(Fonte Birdland)

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Ella Fitzgerald e il Great American Songbook
Con Claudio Sessa

Dopo aver dedicato ad Ella Fitzgerald uno special a cent’anni esatti dal giorno della sua nascita (25 aprile 1917), Rete Due approfondisce la tematica con due serie di trasmissioni di “Birdland” a lei consacrate.
Ad un ciclo che Marcello Lorrai ha dedicato settimana scorsa ad una panoramica sulla vita e sull’arte della cantante, fa seguito questo secondo nel quale Claudio Sessa si china sullo specifico periodo che la jazzista ha riservato all’interpretazione del grande repertorio della canzone americana.
Ella Fitzgerald ha percorso le varie epoche del jazz, dapprima - in piena era swinge dopo aver vinto nel '34 un noto concorso vocale ad Harlem - come cantante di big band, in particolare con le orchestre di Chick Webb e Benny Goodman. Poi dal 1942 come solista, con l’incontro fondamentale con Norman Grantz - che la introdusse nel giro di Jazz at the Philharmonics - e con la collaborazione con Dizzy Gillepsie grazie alla quale si avvicinò al nuovo verbo del be-bop e sviluppò a fondo la sua straordinaria maestria nello scat.
Gli anni '50 e '60 sono segnati dalle sue imperdibili registrazioni per la Verve - di cui si parlerà in questo ciclo di trasmissioni – dedicate al grande songbook americano (Gershwin, Porter, Berlin, Ellington…), nonché da una popolarità ancor più accresciuta grazie alle tante tournée in giro per il mondo, spesso accompagnata dal suo trio. Gli anni '70 ed '80 la vedono infine trovare una nuova dimensione della sua vocalità, più intima e delicata, come ad esempio in diverse pubblicazioni per la Pablo con il chitarrista Joe Pass o con il pianista Oscar Peterson.

(Fonte Birdland)

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Barry Altschul , batterista epocale
Con Maurizio Franco

Barry Altschul, nuovayorkese doc nato nel 1943, è un batterista che ha segnato un’epoca del jazz, quella tra la fine degli anni ’60 e tutti i ’70. Nel momento in cui molte delle attenzioni dei musicisti di prima fila si concentravano sulla commistione tra jazz e rock, Altschul partecipò in primo luogo ad alcune delle esperienze più vive dell’avanguardia, pur non tralasciando l’attività anche nel mainstream. Batterista nel trio acustico di Paul Bley a metà anni ’60, fece parte del supergruppo Circle con Chick Corea, Anthony Braxton e Dave Holland. Lavorò pure in numerosi progetti con lo stesso Braxton come leader, nonché accanto a Sam Rivers. Lo ricordiamo pure come sideman di Hampton Hawes, Lee Konitz, Pepper Adams, Dave Liebman, Andrew Hill e molti altri.
Maurizio Franco ripercorre la carriera di un musicista che dopo un lungo periodo di silenzio si è ripresentato sulle scene all’inizio del nuovo millennio, dapprima con il trio FAB e in seguito con propri gruppi.

(Fonte Birdland)

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Tony Williams , batterista ….. (Replica )
Con Marcello Lorrai

Nato a Chicago nel 1945, Tony Williams si impose come enfant prodige della batteria tra fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, dapprima con Sam Rivers poi con Jackie McLean. Nel 1962, a diciassette anni, fu ingaggiato da Miles Davis ed entrò a far parte del famoso secondo Quintetto del trombettista. Con Davis restò fino al 1969, collaborando ad una dozzina di album ufficiali, da Seven Steps to Heaven fino a In a silent way. Parallelamente agli impegni con il trombettista, fu attivissimo sulla scena jazz dell’epoca lavorando ed incidendo con Herbie Hancock, Eric Dolphy, Andrew Hill, Wayne Shorter, Grachan Moncur. Il debutto come leader avvenne nel 1964 con un album intitolato Lifetime, che diventerà poco dopo (1969) anche la sigla del suo gruppo, un trio elettrico con John McLaughlin alla chitarra e Larry Young all’organo. Verso la metà del ’70, nel pieno del periodo sabbatico di Miles, si ritrovò con i vecchi amici del gruppo (Hancock, Carter, Shorter) e, con Freddie Hubbard alla tromba, diede vita al V.S.O.P. Quintet. Ricordiamo anche le collaborazioni del batterista con Jaco Pastorius e di nuovo McLaughlin nel Trio of Doom, con Wynton e Brandon Marsalis, con Chet Baker e Dexter Gordon. Ha proseguito negli anni ’80 e 90 a produrre album e ad esibirsi con proprie band, fino alla prematura scomparsa nel 1997.
Alla stregua di un Elvin Jones, dal punto di vista stilistico Tony Williams ha sviluppato concetti come la poliritmia e la variazione metrica, diventando vero caposcuola della batteria.

(Fonte Birdland)

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Nino Rota in jazz
Con Riccardo Bertoncelli

La musica da film di Nino Rota ha spesso ispirato ed ispira tutt’ora musicisti dalle più disparate radici. Nel campo del jazz storiche sono state anni fa le rivisitazioni, tra l’ironico e il dissacratorio, curate da John Zorn.
In questa serie di “Birdland” Riccardo Bertoncelli passa in rassegna una serie di altri musicisti che si sono confrontati con le partiture cinematografiche del maestro italiano, con suoi temi noti e meno noti. Tra questi gli italiani Gianluca Petrella, Enrico Piaranunzi, Fabrizio Bosso, il grande fisarmonicista francese Richard Galliano, il gruppo Sex Mob del trombettista americano Steven Bernstein e altri ancora.

(Fonte Birdland)

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Dischi Storici Milt Jackson & Ray Charles"Soul Brothers"(1958)
Con Riccardo Bertoncelli

L’album “Soul Brothers” segna la collaborazione ad altissimo livello di due musicisti che alla fine degli anni ’50 erano orami al top della notorietà, in ambiti diversi. Sotto contratto con Atlantic dal ’52 Charles aveva messo a segno una serie di successi singoli (“I got a Woman”, tutti), ma solo nel 1957 aveva pubblicato il suo primo album. La sua musica era ancora impregnata di jazz, tant’è che il disco “The Great Ray Charles” era un puro strumentale dove si cimentava unicamente al pianoforte. Non c’è da stupirsi dunque che l’anno successivo pubblichi insieme aMilt Jackson “Soul Brothers”, raccolta che sarà poi bissata nel ’61 da “Soul Meeting”. Il vibrafonista era certo uno dei cuori pulsanti di un gruppo, il Modern Jazz Quartet, che a suo modo stava segnando un’epoca, ma ciò non gli impediva di sviluppare parallelamente un altrettanto prestigiosa attività indipendente.
A Soul Brothers, registrato tra la fine del ’57 e l’inizio del ’58, collaborarono tra gli altri Billy Mitchell al tenore e il chitarrista Kenny Burrell, con una ritmica stellare composta da Oscar Pettiford al basso e Connie Kay alla batteria. Curioso tra l’altro ascoltare Charles in un brano anche al sax alto e Milt Jackson cimentarsi pure al pianoforte.

(Fonte Birdland)

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Jaco Pastorius(1951-1987) a 30 anni dalla scomparsa
Con Claudio Sessa

Il grande bassista elettrico Jaco Pastorius morì il 21 settembre dell’87 a seguito delle gravissime ferite riportate dieci giorni prima in una rissa fuori da un locale pubblico di Fort Lauderdale (Florida).
Grazie a dei nuovi espedienti tecnici e ad un innato senso della ricerca, Pastorius rivoluzionò la maniera di suonare lo strumento e si profilò durante la breve carriera come un vero e proprio caposcuola.
Dopo il debutto nel gruppo rock dei CC Rider, fu avvicinato nel ‘74 dal pianista Paul Bley che ne intuì l’enorme potenziale invitandolo a suonare insieme a lui, a Bruce Ditmas e ad un altro giovane di belle speranze di nome Pat Metheny. Il disco che ne uscì non ebbe gran successo ma girò tra gli addetti ai lavori e da lì in avanti le cose andarono velocissime. Jaco firma per Epic un contratto discografico e pubblica un ottimo album d’esordio, nel 1975 la consacrazione con la chiamata nei Weather Report da parte di Zawinul e Shorter. Non c’è dubbio che al leggendario sound del gruppo abbia contribuito dal quel momento in avanti anche lo straordinario basso di Pastorius.
Con la fine dell’esperienza coi WR, il musicista si concentra sui suoi progetti da leader che però mostrano bene presto, dal punto di vista artistico, una parabola discendente. Ciò va di pari passo con la sua vita privata, che imboccherà una via senza uscita fino al tragico epilogo che abbiamo ricordato.

(Fonte Birdland)

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1967-2017 Il Jazz 50 anni dopo
Con Maurizio Franco

È indubbio che il 1967 sia stata un’annata straordinaria per la musica giovanile, nel suo insieme. Nel rock e nel pop, nonché nei nuovi generi che si stavano delineando. Ma anche nel jazz e, curiosamente, proprio a 50 anni esatti dalla prima storica registrazione discografica in quest’ambito.
Maurizio Franco ritorna sull’argomento, già sviluppato in altra sede, ricordando la scomparsa nel 1967 di John Coltrane ma concentrandosi poi su alcuni musicisti che caratterizzarono con i propri album quella fortunata stagione: Albert Ayler, Miles Davis, Archie Shepp, McCoy Tyner, Ella Fitzgerald, Duke Ellington e lo stesso Coltrane.

(Fonte Birdland)

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Jazz in USSR
Con Marcello Lorrai

Variazione su un celebre titolo dei Beatles, il ciclo di “Birdland” “Jazz in the USSR” è un percorso - curato da Marcello Lorrai in occasione della settimana speciale per il centenario della Rivoluzione d’ottobre - che si dipana attraverso il complesso rapporto che la musica di matrice afro-americana ebbe con i paesi del realismo socialista, in particolare con l’Unione Sovietica.
La vicenda del jazz al di là della Cortina di Ferro è, come si può immaginare, articolata e complessa dato che tale musica, nella concezione del regime sovietico, faceva evidentemente parte del patrimonio culturale del nemico capitalista.
Ma al di là delle difficoltà, degli ostacoli e dell’ostracismo che il jazz subì soprattutto dalla fine degli anni ’30, si può delineare un percorso organico di tale musica anche in Unione Sovietica, iniziato con lo storico concerto di Sidney Bechet a Mosca nel 1927 (preceduto, a dire il vero, da tour di altri musicisti USA meno noti come come Sam Wooding) e con l’affermazione tra anni ’20 e 30 di musicisti quali Valentin Parnakh, Leonid Utesov, Alexander Tsfasman, veri e propri pionieri del genere nel loro paese.

(Fonte Birdland)

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Franco d'Andrea , pianista
Con Claudio Sessa

Birdland propone questa settimana un ritratto di Franco d’Andrea, figura di spicco del pianismo jazz italiano ed europeo. Nato nel 1941 a Merano, ha attraversato da protagonista le varie fasi evolutive del jazz della Penisola, con uno sguardo costantemente rivolto in avanti. Le tappe essenziali della sua carriera comprendono gli esordi in ambito mainstream con Nunzio Rotondo ad inizio anni ’60; la fondazione a fine decennio del Modern Art Trio e, a seguire, l’esperienza in ambito jazz rock/fusion con i Perigeo; il lancio nel 1978 di un quartetto - formazione che molti reputano quella a lui più congeniale – che ha avuto numerose metamorfosi di organico ma che vive tutt’oggi. Grande tecnico della tastiera, Franco D’Andrea si distingue per un linguaggio che è evoluto nel tempo, sintesi di una tradizione amata ed assimilata e dell’interesse per le esperienze più vicine alle avanguardie colte novecentesche. Presenta Claudio Sessa.

(Fonte Birdland)

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Eddie Harris e Phineas Newborn, due dimenticati
con Maurizio Franco

A volte “Birdland”, il club serale di jazz di Rete Due, si occupa di musicisti che ebbero notevole risonanza durante la carriera ma che oggi sembrano dimenticati.
Maurizio Franco questa settimana mette in vetrina le due personalità, quasi coetanee ma piuttosto diverse dal punto di vista stilistico, di Phineas Newborn (1931-1989) e di Eddie Harris (1934-1996).
Il primo è stato un eccellente pianista, grande tecnico della tastiera. Cresciuto in una famiglia di musicisti debuttò nelle band di “Rhythm & Blues” del padre batterista, che accompagnarono B.B. King nei primi passi di carriera. Si affermò come leader nei primi anni ’50 e proseguì un’importante carriera fino a metà anni ’60. Di valore le sue registrazioni e performance in piccoli gruppi nei quali apparivano batteristi come Roy Haynes, Philly Joe Jones e Kenny Clarke, o bassisti quali Oscar Pettiford. Notevole e di grande esito poetico inoltre lo sviluppo del concetto di piano solo, raro all’epoca. Il suo pianismo affonda le radici in Art Tatum e fu influenzato pure da Bud Powell e Oscar Peterson. Alcuni critici lo ritengono oggi fra i maggiori pianisti del jazz moderno.
Il sassofonista Eddie Harris, di 3 anni più giovane di Newborn, fece i suoi debutti nella natia Chicago accanto a Gene Ammons. Fece parte della banda dell’esercito statunitense in Europa ed iniziò la carriera subito dopo, nei primi anni ’60, pubblicando il suo album d’esordio per l’etichetta Vee-Jay. “Exodus to Jazz” ebbe un successo enorme, primo disco d’oro del jazz con l’omonimo singolo nei top 100 delle classifiche pop e ai primi posti di quelle R&B. Harris sviluppò in seguito una musica che può essere considerata tra gli archetipi del jazz-rock e della fusion, con strumenti elettrici (suonava lui stesso anche il Fender Rhodes) e l’uso di uno speciale sassofono amplificato elettronicamente. È ricordato anche per aver introdotto l’utilizzo della tromba ad ancia, come quella tipica del sax. Notevolissimi i suoi album tra la metà degli anni ’60 e i primi anni ’70, tra cui lo storico “Swiss Movement”. Registrato live a Montreux nel 1969 insieme al pianista ed organista Les McCann, questo disco resta tra i più venduti in assoluto nella storia del jazz.

(Fonte Birdland)

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Alexis Korner, padrino del British Blues
Con Riccardo Bertoncelli

Alexis Andrew Nicolas Koerne era il vero nome di Alexis Korner, nato nel 1928 e scomparso nel 1984, musicista centrale di quello che, tra la fine dei ’50 e per tutti i ’60, è stato il movimento del "British Blues".

Una gioventù movimentata lo porta a Londra nel 1940, dove i genitori – padre ebreo austriaco e madre greca - fuggono dalla Parigi occupata. Impara a suonare chitarra e pianoforte, e ascolta la musica che arriva dall’altra parte dell’Oceano. Lavora nell’orchestra di Chris Barber, pioniere del jazz in Gran Bretagna, dove conosce Cyril Davies, l’armonicista con il quale inizierà la carriera di solista.

Ma è con la fondazione dei “Blues Incorporated” che Korner diventa un personaggio di grande rilevanza. La sua band sarà la culla di molti musicisti britannici che si illustreranno in seguito sia in ambito blues che rock e jazz. Tra i tanti talenti emersi accanto a Korner ricordiamo ad esempio John Mayall, Graham Bond, Long John Baldry, i futuri Cream Jack Bruce e Ginger Baker, o ancora Charlie Watts e Robert Plant, poi diventati rispettivamente batterista degli “Stones” e cantante dei “Led Zeppellin”. Spesso venivano inoltre a fare visita alla band durante i concerti live personaggi del calibro di Mick Jagger, Keith Richards, Rod Stewart o Jimmy Page. E, lontano del purismo di alcuni musicisti britannici adepti unicamente del Chicago Blues, non di rado invitava esponenti dal mondo del jazz ad unirsi a lui: Mel Collins, Dick Heckstall-Smith, Lol Coxhill, John Surman e diversi altri.

Una successiva importante esperienza nella carriera di Korner fu negli anni ’70 a creazione, con il chitarrista danese Peter Thorup, della “Collective Consciuousness Society”, meglio nota come CCS. Loro tra l’altro fu una notissima versione di “Whole Lotta Love”, hit degli Zep, diventata sigla fino ai primi anni ’80 di “Top of the Pops”, amatissima trasmissione radio della BBC.

Alexis Korner è stato molto attivo, oltre che come musicista e scopritore di talenti, anche come animatore e speaker radiofonico, proprio alla BBC, dove ad esempio intervistò Jimi Hendrix durante il suo soggiorno londinese.

(Fonte Birdland)

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Dischi storici. Jimmy Smith “Back At The Chicken Shack”
Con Riccardo Bertoncelli

Registrato nel 1960 dal mitico Rudy van Gelder e pubblicato solo qualche anno più tardi, l’album “Back at the Chicken Shack”, accreditato come da copertina all’“Incredibile Jimmy Smith” è certamente uno dei manifesti del soul jazz. Ritroviamo qui tutta la maestria dell’organista, capace di cavare le sonorità più diverse dal suo strumento, il sassofonista Stanley Turrentine al debutto, lo scafato Kenny Burrell alla chitarra - che sarà uno dei protagonisti del genere, e il batterista Donald Bailey. Uno dei tanti tasselli che fecero la fortuna della Blue Note in quel periodo

(Fonte Birdland)

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Lo sviluppo del piano jazz in Italia
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa tratteggia in questa serie di “Birdland” una piccola storia del pianismo jazz italiano, da sempre un'eccellenza nella scena continentale della musica afro-americana.

Partendo da Umberto Cesari, Armando Trovajoli e Renato Sellani il percorso, soffermandosi sui vari momenti evolutivi che l’hanno contrassegnato, arriva alla contemporaneità.

(Fonte Birdland)

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Louis Moholo,batterista.Dall'esilio alla leggenda
Con Marcello Lorrai

Nato nel 1940, il batterista sudafricano Louis Moholo è l’unico sopravvissuto del noto gruppo dei “Blue Notes” (che comprendeva Chris McGregor – il fondatore ed unico bianco - Johnny Dyani, Nikele Moyake, Mongezi Feza e Dudu Pukwana), formazione che nel 1964 scelse l’esilio in Inghilterra e che diede un contributo decisivo allo sviluppo della scena jazz britannica ed europea.
Dopo la fine dell’avventura con i “Blue Notes” nel 1969, Moholo ha fatto parte della grande orchestra Brotherhood of Breath (ancora messa insieme da McGregor) e della Dedication Orchestra. Come bandleader ha fondato l’Unrecorded Unit, l’ottetto Spirits Rejoice – con Kenny Wheeler ed Evan Parker – e per lungo tempo ha portato avanti il progetto Viva la Black. Nella lunga carriera ha intessuto un’incredibile rete di collaborazioni con musicisti inglesi, europei e americani: Elton Dean, Mike Osborne, John Surman, la nostra Irène Schweizer, Peter Brötzmann, Enrico Rava, Cecil Taylor, Archie Shepp e molti altri.
Dal sound afro-jazz dei Blue Notes, attraverso le influenze dell’hard-bop e del soul jazz, per arrivare alla new thing degli avanguardisti Moholo ne ha fatta di strada, sviluppando in particolare quel carattere melodico del suo drumming che ne è la maggiore cifra stilistica.

(Fonte Birdland)

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Fred Hersch, pianista
Con Paolo Keller

In occasione del passaggio del trio di Fred Hersch a Chiasso, ospite del ciclo di concerti “Tra jazz e nuove musiche” (giovedì 23 novembre 2017 al Cinema Teatro), Paolo Keller tratteggia in “Birdland” un profilo del grande pianista jazz americano.
Nato a Cincinnati nel 1955, studi classici dalla tenera età, Fred Hersch si diploma al Conservatorio del New England di Boston nel 1977. A New York, dove si stabilisce subito dopo, diventa velocemente uno dei pianisti più richiesti in città. All’inizio della carriera ha modo di collaborare con musicisti quali Art Farmer, Toots Thielemans, Gary Burton, Sam Jones e Charlie Haden. Quest’ultimo, insieme al batterista Joey Baron, è complice a metà degli anni ’80 del debutto del suo trio che nel corso degli anni si rinnoverà spesso e nel quale suoneranno Marc Johnson, Michael Formanek e Drew Gress tra i contrabbassisti, nonché Jeff Hirshfield, Nasheet Waits e Tom Rainey tra i batteristi. Dal 2010 questa formazione, peculiare dell’arte del pianista, comprende John Hébert al basso e Eric McPherson alla batteria.
Altra specialità del pianista è l’esibizione in solitaria, discograficamente documentata a partire dal 1993 quando esce l’eccellente live alla Maybeck Recital Hall di Boston.
Musicista di straordinario spessore e grande sensibilità, vero maestro del piano jazz contemporaneo, Hersch si afferma proprio in quegli anni ’80 nei quali, per la prima volta, si opera una riflessione e una sintesi sull’intera storia del jazz. Nel suo raffinato pianismo all’influsso di Bill Evans si unisce in maniera singolare la conoscenza di Herbie Hancock e del mondo classico. È stato descritto come “un maestro dal tocco unico” dal New York Times, come “un pianista poeta” dal New Yorker e come “uno dei pochissimi artisti eccellenti della sua generazione” da Downbeat. Ha pubblicato ad oggi una cinquantina di album come solista o come leader, alcuni dei quali hanno ricevuto la nomination al Grammy. Importante anche la sua attività di compositore in ambito contemporaneo, con lavori per pianoforte, per orchestra e per la scena (balletti) presentati in sale e centri culturali di rilevanza in tutto il mondo, nonché quella di didatta. Suoi allievi, tra i più significativi della generazione venuta alla ribalta nei primi ’90, sono stati infatti ad esempio Brad Mehldau e Ethan Iverson (dei Bad Plus).

(Fonte Birdland)

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Jazz nel tempo di guerra: i V-disc
Con Maurizio Franco

Per sollevare i soldati dalle fatiche fisiche e mentali della Seconda Guerra mondiale, l’esercito statunitense ideò uno speciale progetto discografico nel quale coinvolse la gran parte delle star della musica leggera e del jazz allora in attività.
I V-Disc, così chiamati dal nome dell’etichetta discografica che li pubblicava, divennero gradita fonte di svago per le truppe USA impegnate in Europa e altrove. V stava per “Victory”, i Dischi della Vittoria dunque! Dall’inizio della produzione ne furono stampati circa 1000 diversi, ciascuno con mediamente quattro brani. Tutti i generi musicali furono considerati e tra i jazzisti gran parte dei grandi nomi dell’epoca diedero il loro contributo, tra i principali Louis Armstrong, Fats Waller, Art Tatum, Duke Ellington, Count Basie, Jimmy e Tommy Dorsey, Glenn Miller, Billie Holiday, Ella Fitzgerald, Nat King Cole, Hoagy Carmichael, Benny Goodman, Lester Young, Benny Carter, Roy Eldridge, Dizzy Gillespie.
L’era dei V-Disc comportò, tra l’altro, l’avvento del vinile, un nuovo materiale che sostituì la gommalacca, troppo fragile per sopportare il lungo trasporto e soprattutto diventata introvabile a causa dell’invasione giapponese dell’Indocina, principale zona di produzione della preziosa resina. Curioso anche ricordare che la AFM, la Federazione americana dei musicisti, acconsentì al progetto a condizione che per nessun motivo i dischi sarebbero stati usati a fini commerciali e che, a fine conflitto, sarebbero stati interamente distrutti assieme alle matrici originali, ciò che puntualmente avvenne. La conoscenza di questo enorme patrimonio della musica americana la dobbiamo a numerosi civili e dirigenti militari illuminati, che evitarono lo scempio conservando illegalmente le copie in loro possesso. Così la Biblioteca del Congresso Americano ha potuto recuperare una serie completa di V-Disc che costituiscono un’importante testimonianza della storia della musica registrata negli USA.

(Fonte Birdland)

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John Abercombie, chitarrista(1944-2017)
Una retrospettiva , con Riccardo Bertoncelli

Nato nel 1944 nello stato di New York e cresciuto nel Connecticut, John Abercrombie è scomparso quest’estate all’età di 73 anni. Riccardo Bertoncelli gli dedica questa retrospettiva passando in rassegna le tappe essenziali di una lunga carriera iniziata professionalmente sul finire degli anni ’60.
Abercrombie è da considerare una delle figure preminenti della chitarra jazz degli ultimi cinque decenni. Appassionato di rock’n’roll ma ben presto infatuato della chitarra jazz di Tal Farlow, Barney Kessel e Jim Hall, nel suo personalissimo stile si fondono i due mondi: alle influenze del jazz di ascendenza coltraniana si abbina inizialmente la zampata à la Hendrix.
Debutta nel 1969 con i Dreams, super gruppo con i fratelli Brecker che non avrà il successo sperato ma che gli servirà da vetrina per i successivi ingaggi con Gato Barbieri, Chico Hamilton, Jeremy Steig e pure Gil Evans. Ma la collaborazione decisiva è con il batterista Jack DeJohnette nel gruppo Directions e poi, insieme anche a Dave Holland al basso, nel trio Gateway. Nel 1974 aveva già debuttato discograficamente come leader con ECM: all’etichetta tedesca sarà legato a doppio filo per tutta la carriera, con una discografia estesissima.
Abercrombie ha guidato sue proprie formazioni quali trii, quartetti e quintetti ai quali hanno collaborato musicisti come Jan Hammer, Ritchie Beirach, Marc Johnson, Peter Erskine, l’organista Dan Wall e il batterista Adam Nussbaum, il violinista Mark Feldman; negli ultimi tempi ancora il pianista Marc Copland e una ritmica con Drew Gress e Joey Baron.
Innumerevoli gli artisti che hanno chiesto i suoi servigi, tra questi Michel Petrucciani, Charles Lloyd, suoi colleghi di strumento come John Scofield o Ralph Towner (con cui firma il meraviglioso “Sargasso Sea” nel 1976), i trombettisti Enrico Rava e Kenny Wheeler.
Alla principale attività di strumentista e compositore, Abercrombie ha pure abbinato quella di didatta.

(Fonte Birdland)

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Glenn Miller Story
Con Marcello Lorrai

Con la misteriosa morte nel dicembre 1944, quando un piccolo monomotore dell’esercito americano che lo stava portando a Parigi scompare nella Manica, il maggiore Glenn Miller - musicista di fama e allora volontario nell’aviazione USA in Europa - entra nella leggenda.
Era nato nel 1904, aveva studiato musica sin da piccolo e si era dedicato al trombone. Dopo i debutti con i fratelli Dorsey e Ray Noble, aveva fondato un suo primo gruppo e dal 1937 la Glenn Miller Orchestra con la quale ebbe un successo immediato. Tra la fine dei ‘30 e l’inizio dei ’40 fu il più popolare musicista dello “Swing”, soppiantando Benny Goodman. Con lui ebbe inizio la tradizione dei Dischi d’Oro, quando la sua etichetta nel 1941 gli regalò una copia dorata di “Chattanooga Choo Choo”, singolo che aveva venduto in poco tempo più di un milione di copie.
Al di là dell’aspetto commerciale e dell’easy listening della sua musica, Glenn Miller introdusse dei nuovi equilibri tra le sezioni di fiati, mise in evidenza il trombone e utilizzò copiosamente l’effetto sordinato, ottenendo un sound orchestrale più vellutato che fu tra i segreti del suo successo. Oltre alle immortali “In the Mood” e “Moonlight Serenade” (da lui composta), tra i grandi hits ricordiamo “Tuxedo Junction”, “Pennsylvania 6-5000”, “Stardust”,” Street of Pearls”, “Sun Valley Jump”.

(Fonte Birdland)

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Dizzy Gillespie a 100 anni dalla nascita : ( Replica )
Con Claudio Sessa

Vero gigante del jazz moderno, Dizzy Gillespie ha segnato 30 anni e più di storia della musica afro-americana. Trombettista, compositore, direttore d’orchestra era nato nell’ottobre del 1917 nel New Jersey ed è scomparso nel 1993 a 76 anni.
A cent’anni dalla nascita "Birdland" – con la sapiente guida di Claudio Sessa - ripercorre la carriera, l’opera e la vita di questo straordinario musicista.
Promotore assieme a Parker ed altri del be-bop, negli anni di guerra, contribuì a dare una svolta epocale al linguaggio del jazz e a trasformarlo da musica da ballo in vera espressione artistica, non scevra da contenuti extramusicali. Il jazz diventò infatti da allora rivolta contro i cliché e i luoghi comuni del musicista nero, finalmente anche strumento che di lì a poco accompagnerà la lotta per i diritti civili e per la liberazione dalla segregazione razziale.
Diresse svariati gruppi con Charlie Parker, Bud Powell, Max Roach, esplorò per primo le commistioni con la musica latina e cubana in particolare, fu a capo di una proprio big band e compose alcuni hit epocali quali Salt Peanuts, A Night in Tunisia, Manteca, Groovin’ High, Con Alma e diversi altri.

(Fonte Birland)

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Edited by sergiomac - 7/7/2019, 11:44
 
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Nat King Cole, a cent'anni dalla nascita (Replica)
Con Marcello Lorrai

Tra i tanti centenari che si ricordano quest’anno, quello di un personaggio famoso come Nat King Cole è quantomeno dubbio. La sua data di nascita infatti, a seconda delle fonti, oscilla tra il 1915 e il 1920. A noi di “Birdland” piace associarlo a suoi colleghi quali Thelonious Monk, Ella Fitzgerald, Dizzy Gillespie che abbiamo già ricordato o che ricorderemo nella nostra trasmissione.
Nat King Cole è stato una delle star assolute della musica statunitense dalla metà degli anni ’40 alla fine dei ’50. Cresciuto in una famiglia di musicisti, dalla natia Alabama si trasferì ancor giovane a Chicago dove ebbe la sua educazione musicale. Non si considerava inizialmente come cantante, preferendo di gran lunga la sua passione per il pianoforte. Ma il successo arrivò proprio con le sue canzoni sin dai primi anni ’40 quando firmò per la neonata etichetta Capitol Records di cui divenne cavallo di razza e a cui fu legato per tutta la carriera. Celebre il suo trio atipico - con pianoforte, chitarra e contrabbasso, senza batteria - che fu sviluppato da illustri colleghi quali Art Tatum e Oscar Peterson. Marcello Lorrai traccia un ritratto a tutto tondo di questa icona del jazz e del pop che ci ha lasciato numerosi immortali.

(Fonte Birdland)

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Incontro con Dino Piana leggenda del Jazz Italiano
Con Valerio Corzani

Dino Piana è un piemontese che si è lasciato adottare da Roma, ha vissuto a Milano e girato il mondo con il suo trombone a pistoni, uno strumento particolare che gli ha permesso - come dichiara lui stesso - "di pensare al trombone con un fraseggio da tromba". Non è un caso venga considerato, fin dai primi anni sessanta, tra i portavoce più accreditati di una grammatica jazz nuova, evoluta, fortemente legata a stilemi bop, cool e hardbop. In una scena come quella italiana in cui la sbrindellata compagine jazzistica aveva riferimenti forti nel dixieland e al massimo nello swing, non è poco. Inizia la sua ascesa professionale con lo storico Quintetto di Torino, con il Basso-Valdambrini Quintet e poi inanella una serie di imprese discografiche e concertistiche (comprese le fenomenali avventure alla corte di Charles Mingus, Paco De Lucia e Kay Winding). Non si lascia scappare neppure l'occasione di diventare un volto noto della radio e della televisione, affermandosi come un pilastro dell'orchestra Rai e utilizzando le iniziative dedicate alle collaborazioni tra i vari enti radiotelevisivi europei per allacciare collaborazioni prestigiose e calcare i palchi di mezza Europa. Negli ultimi anni "mette su ditta" con il figlio Franco (trombettista e flicornista) regalando agli astanti una tornita serie di testimonianze discografiche e altre belle performance live.
La storia di Dino Piana è la storia del jazz italiano. Il grande trombonista l'ha raccontata a Valerio Corzani in cinque puntate piene di aneddoti, curiosità, riflessioni musicologiche, suoni e passione.

(Fonte Birdland)

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Il piano Jazz in Europa
Con Claudio Sessa

Sviluppatosi parallelamente è in parte indipendentemente da quello americano, un moderno pianismo jazz di stampo europeo si è imposto a partire dalla fine degli anni ’60 grazie diventando il fulcro di una concezione prettamente continentale, eurocentrica diremmo, della musica improvvisata. Claudio Sessa in questo ciclo di “Birdland” passa in rassegna tutta una serie di pianisti che hanno contributo, in maniera diversa, a tale evoluzione. Tra questi Alex von Schlippenbach, Martial Solal, Misha Mengelberg, Joachim Kühn, John Taylor, Bobo Stenson, ma anche gli svizzeri George Gruntz e Irène Schweizer, nonché gli italiani Giorgio Gaslini e Antonello Salis.

(Fonte Birdlan)

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Derive blues : Freddie King (Replica)
Con Riccardo Bertoncelli

Le “incursioni blues” che ogni tanto “Birdland” presenta vanno a scovare stavolta Freddie King, uno dei tre “sovrani” della chitarra elettrica del blues contemporaneo, assieme a B.B. King e Albert King.
Classe 1934, scomparso nel ’76, Freddie era nato nel Texas ma cresciuto nel South Side di Chicago. Segnato dallo stile di Muddy Waters ed Elmore James, creò un suo proprio approccio alla chitarra che pare abbia fortemente influenzato alcuni fra i maggiori chitarristi rock del Sixties, Eric Clapton in primis.

(Finte Birdland)

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Eddie Condon , chitarrista
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai tratteggia in questo ciclo di “Birdland” la carriera di Eddie Condon(1905-1973), inizialmente virtuoso del banjo, passato poi alla chitarra e diventato negli anni ’20 una delle figure rilevanti del jazz di Chicago insieme con Bix Beiderbecke, Jack Teagarden, Frank Teschemacher, Red McKenzie. Con quest’ultimo formò i Chicago Rhythm Makers.
A New York più tardi lavorò con Louis Armstrong, Fats Waller e Red Nichols, e organizzò numerose session di registrazione con musicisti di razza mista. Fra i suoi gruppi di primo piano ricordiamo i Footwarmers e gli Hot Shots. Frequentatore assiduo del club Nick’s a Manhattan, incrementò la sua popolarità con la serie di concerti Eddie Condon’s Jazz Concerts alla Town Hall, diffusi via radio a livello nazionale, a metà anni ’40.
Diresse a partire dal 1945 (e fino a metà anni ’60) il proprio jazz club a New York, registrò per Columbia e pubblicò alcuni libri che sono una sostanziosa testimonianza di prima mano sulle vicende del jazz dell’epoca.

( Fonte Birdland)

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Ry Cooder , affinità jazz
Con Riccardo Bertoncelli

Nel 1978 un ormai affermato Ry Cooder (Santa Monica, CA, 1947) pubblica un album dal titolo enigmatico: “Jazz”. Non pensiate si tratti di un disco di swing o dibe-bop. Tutt’altro…. Come in molte altre produzioni del suo repertorio l’interesse che lo anima in questo tipo di operazioni è il desiderio, la necessità di andare alla ricerca delle radici della musica americana, in questo particolare caso un’indagine attraverso quel crogiuolo di espressioni musicali così diverse che diedero vita, appunto, al jazz.
Tutta la carriera di Cooder, sorta di moderno etnografo della musica USA, è segnata da un personale ed originalissimo accostamento al blues e al jazz. È il tema di questo ciclo di “Birdland” presentato da Riccardo Bertocelli, profondo conoscitore del musicista californiano.

(Fonte Birdland)

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Wes Montgomery, chitarrista
Con Maurizio Franco

Quella di Wes Montgomery (1923-1968) è certamente la figura di riferimento quando si parla di chitarra jazz moderna. Un musicista che ha scritto pagine importanti della storia della musica afro-americana benché la sua sia stata una carriera relativamente breve, stroncata da un infarto a soli 45 anni.
Malgrado un importante ingaggio con Lionel Hampton tra il 1948 e il 1950, Wes non viene alla ribalta che alla fine del decennio. Era nel frattempo tornato ad Indianapolis, un lavoro di routine durante il giorno e di notte la musica, nei club della città: il 440 o la Missile Room, dove aveva potuto sviluppare la sua perizia di strumentista, in trio con i bravi fratelli Buddy e Monk. L’anno della consacrazione però è il 1959, dopo che ha già pubblicato un paio di album che non sfondano: Cannonball Adderley, in concerto ad Indianapolis, passa dal club dove Wes è di casa. Rimane folgorato dalla sua bravura e il giorno dopo lo raccomanda al produttore della Riverside. Da quel momento le cose vanno molto in fretta. Alla fine dell’anno esce un suo primo album per l’etichetta californiana seguito ad inizio 1960 da quel The Incredible Guitar of Wes Montgomery che molti reputano ancor oggi come uno dei più bei dischi di chitarra della storia del jazz. I riconoscimenti si moltiplicano, le riviste specializzate lo premiano e il successo si conferma negli anni successivi, quando si impone come “il chitarrista” jazz degli anni ’60.
Partendo dal modello di Charlie Christian, suo idolo negli anni di formazione, Montgomery ha sviluppato una tecnica e uno stile inconfondibili: fraseggio acrobatico e virtuoso ma anche molto lirico, soprattutto nelle ballads; un melodismo di assoluto equilibrio, una formidabile precisione ritmica, una tecnica del solo ad ottave o ad accordi dove non ha rivali. Grazie all’uso del pollice e non più del plettro, il suo è un sound unico, al crocevia tra lo strumento acustico e quello elettrico.

(Fonte Birdland)

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Michel Portal
Con Marcello Lorrai

In occasione del concerto che Michel Portal terrà all’Auditorio RSI di Lugano-Besso venerdì 23 febbraio, primo appuntamento del nuovo ciclo targato Tra jazz e nuove musiche, "Birdland" ripropone una serie di trasmissioni sul grande clarinettista francese realizzate nel 2010 da Marcello Lorrai.
Michel Portal è nato nel 1935 a Bayonne, nei Paesi baschi francesi. Polistrumentista, che suona i vari clarinetti, ma anche i sassofoni e con grande fuoco pure il bandoneon, è una personalità centrale nella storia del jazz europeo e porta nel suo linguaggio le molteplici esperienze che hanno caratterizzato un percorso artistico in cui troviamo le interpretazioni di classici come Mozart, Brahms, Schumann, la musica di esponenti dell'avanguardia del secondo Novecento (Berio, Stockhausen, Boulez), unitamente all'interesse per il folclore - radice popolare della sua cultura musicale - e per la musica per film, più volte affrontata con successo. Interessi che, da subito, hanno trovato nel jazz e nell'improvvisazione radicale di marca europea l'ambito privilegiato per far confluire in modo organico questa molteplicità di elementi, per soddisfare interamente la necessità di suonare una musica aperta e senza pregiudizi.

(Fonte Birdland)

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I Capolavori Herbie Hancock Empyrean Isles (1964)
Con Claudio Sessa

"Empyrean Isles", quarto album pubblicato a proprio nome, fa parte di quella manciata di dischi che hanno marcato lo straordinario avvio di carriera di Herbie Hancock come solista. Siamo nei primi anni ’60: dopo essersi segnalato accanto al trombettista Donald Byrd, Hancock viene corteggiato ben presto da Miles ed entra nel suo storico “secondo quintetto”. Ma il pianista aveva già strappato un contratto con la Blue Note e il “decollo” discografico era stato siglato nel ’62 dall’albumTakin’Off e dal suo hit Watermelon Man.
Il pianismo innovativo, accanto alla particolare vena compositiva e di armonizzatore, di Hancock si confermano in questo disco che contiene ancheCantaloupe Island, altro suo brano che diventerà famoso. La formazione è stellare: Freddie Hubbard alla cornetta, Ron Carter al basso e Tony Williams alla batteria.

(Fonte Birdland)

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Esbjorn Svensson , pianista
Con Maurizio Franco

Pianista svedese nato nel 1964 e scomparso nel pieno dell’attività a 44 anni per un incidente avvenuto durante un’immersione subacquea, Esbjörn Svensson ha diretto dai primi anni ’90 il trio E.S.T, acronimo del suo nome, assieme a Dan Berglund al contrabbasso e Magnus Öström alla batteria.
La sua attività si è concentrata essenzialmente nello sviluppo dell’originale estetica di questa formazione che abbinava ad un linguaggio jazzistico molto personale elementi di musica classica ed un parsimonioso ma significativo utilizzo dell’elettronica. Il pianismo di Svensson e la produzione discografica di E.S.T. ha influenzato non poco altri giovani pianisti europei, al punto che oggi la critica considera il musicista svedese come un vero caposcuola. Maurizio Franco, in questo ciclo di “Birdland”, ne ricorda la breve ma significativa carriera.

(Fonte Birdland)

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I capolavori.Miles Davis, Miroslav Vitous e Joe Zawinul..(Replica)
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa dedica tre puntate singole di "Birdland" ad altrettanti album che hanno segnato in modo diverso la nascita e lo sviluppo del jazz rock e della fusion.
Get up with it è composto da una serie di registrazioni realizzate da Miles Davis tra il 70 e il 74 raccolte in quello che sarà l’ultima pubblicazione del trombettista prima dei ritiro dalle scene fino al 1981. È un po’ il punto d’arrivo delle sperimentazioni “elettriche” del musicista che qui spesso utilizza le sonorità dell’organo Hammond a mo’ di legante nelle dilatate composizioni della raccolta.
Infinite Search, pubblicato successivamente anche come Mountains in the Clouds è il primo disco da leader di Miroslav Vitous, il contrabbassista cecoslovacco emigrato negli Stati Uniti che sul finire degli anni ’60 si mise in luce con Herbie Mann e soprattutto con Chick Corea. Vitous raccoglie qui grossi calibri quali Herbie Hancock, Jack DeJohnette e John McLaughlin per una registrazione che presenta composizioni e sonorità che già annunciano quelle dei Weather Report, di cui sarà di lì a poco uno dei fondatori.
Ancor più annunciatore dell’imminente sbarco sulla scena musicale dei Weather Report è Zawinul, l’album a proprio nome del pianista e compositore austriaco Joe Zawinul, pure lui emigrato negli Stati Uniti già alla fine dei ’50 che diventerà leader del grande gruppo di jazz rock. Non è il suo primo disco da solista, ma il titolo che riporta semplicemente il suo cognome sta quasi ad indicare una nuova nascita. Molti considerano in effetti questa raccolta come il primo disco non ufficiale dei Weather Report!

(Fonye Birdland)

www.mediafire.com/file/3ea3t83otao1...Joe+Zawinul.zip

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Kenny Dorham , trombettista
Con Claudio Sessa

Kenny Dorham (1924-1972) fece i suoi debutti professionali poco più che ventenne con musicisti quali Dizzy Gillespie, Billy Eckstine e Charlie Parker (nel suo quintetto dal 1948 al 49), ma si impose definitivamente all’attenzione come trombettista centrale (ma non sempre riconosciuto) del periodo successivo, quello dell’hard-bop.
Il suo primo disco da leader è del 1953, sull’etichetta di Mingus e Roach dal nome programmatico Debut Records. Dell’anno successivo è la fondazione con Art Blakey dei Jazz Messengers, gruppo trainante dell’epoca che diventerà una vera e propria fucina di talenti.
Tra le collaborazioni con i più grandi ricordiamo quelle con Sonny Rollins, Thelonious Monk, Milt Jackson. I suoi album furono pubblicati da Riverside, Pacific Jazz e soprattutto dalla Blue Note, fino a fine anni ’60. Nei suoi gruppi fece il suo debutto un giovanissimo Joe Henderson (sax tenore) e suonarono musicisti del calibro di Jackie McLean, Cedar Walton, Bobby Timmons, Tony Williams. Dorham fu anche apprezzato compositore di “originals” (tra cui “Lotus Blossom” e la celeberrima “Blue Bossa”) e di colonne sonore.

(Fonte Birdland)

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Dischi storici.Paul Motian 'Pslam'
Con Claudio Sessa

Il batterista Paul Motian, noto per essere stato membro di una delle edizioni più riuscite del trio di Bill Evans e del primo trio di Keith Jarrett, iniziò una carriera discografica da leader nei primi anni ’70 con la ECM.
“Psalm”, del 1982, è la sua quinta pubblicazione e vede nel cast due musicisti ai loro esordi: Bill Frisell e Joe Lovano. Leggenda vuole che fu Pat Metheny, che avrebbe dovuto essere della partita ma impedito da precedenti impegni presi, a consigliare a Motian il giovane chitarrista. Con Frisell e Lovano il batterista fonderà poco dopo un rivoluzionario trio che segnerà il jazz degli anni ’80.
La formazione di “Psalm”, che contiene otto composizioni dello stesso Motian, è completata da un secondo sassofonista, Billy Drewes, e dal bassista Ed Schuller.

(Fonte Birdland)

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Mahavishnu Orchestra
Con Riccardo Bertoncelli

Una serie di trasmissioni di “Birdland” per ripercorrere la storia dell’influenteMahavishnu Orchestra, gruppo fondato dal chitarrista britannico “Mahavishnu” John McLaughlin.
L’interesse del musicista per la cultura e la filosofia indiana (entrò in contatto con il guru Shri Chimnoy che lo convinse ad assumere il nome di “Grande Vishnu”) lo avevano portato all’idea di una band che mescolasse i diversi elementi delle musiche che lo avevano influenzato: il jazz, il rock, la musica classica occidentale ma anche quella indiana.
McLaughlin aveva lavorato con Miles Davis, con Miroslav Vitous, con John Surman e altri musicisti inglesi di primo piano e ad un certo punto decise di avere una propria band. La Mahavishnu Orchestra nasce nel 1971 con il batterista Billy Cobham (conosciuto da Miles Davis), il violinista Billy Goodman (al fianco di McLaughlin in precedenti album), il tastierista cecoslovacco Jan Hammer (suggerito da Vitous) e il bassista irlandese Rich Laird. Il gruppo ebbe un successo immediato, con una musica decisamente non convenzionale e di grande impatto sonoro. La Mahavishnu Orchestra sarà attiva fino al 1976, con una seconda edizione dal 1974 dove fu presente il violinista francese Jean-Luc Ponty. Dopo un lungo silenzio, McLaughlin rilanciò il marchio a metà anni ’80, assieme al tastierista Mitch Forman, il sassofonista Bill Evans, il bassista svedese Jonas Hellborg e Danny Gottlieb alla batteria.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!otQVCKha!7FtvjaD...NS6ziKISHH9-J90

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In ricordo di Roswell Rudd, trombonista
Con Marcello Lorrai

Roswell Rudd, scomparso a fine 2017 all’età di 82 anni, è stato uno dei trombonisti di riferimento del jazz degli anni ’60 e ’70. Aveva iniziato a suonare jazz tradizionale ma ben presto si indirizzò verso le tendenze avanguardiste. Fu tra i primi interpreti delle composizioni di Thelonious Monk e Herbie Nichols e lavorò con i maggiori esponenti del free jazz e della third stream. Praticamente scomparso dalle scene negli anni’80, riprese l’attività nel decennio successivo riannodando i legami artistici con colleghi quali Archie Shepp e Steve Lacy, dando nuova vita al New York Art Quartet e collaborando con musicisti di vari continenti.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!QoxUiYJD!QQ6Q7wv...6iibRoZshItMCHE

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Hank Jones, pianista(1918-2010)
Con Claudio Sessa ( In occasione del centenario della nascita )

Hank Jones, scomparso nel 2010 all’età di 92 anni, è stato un pianista che ha attraversato le epoche del jazz. Era nato nel Mississippi, primo di tre fratelli – Thad ed Elvin, oltre a lui - che pure diventeranno celebri nel mondo del jazz, e si era trasferito con la famiglia nel Michigan quand’era ancora piccolo.
Debutta nei club di Detroit e dei Grandi Laghi nei primi anni ’30 e si fa notare poi a New York accanto a Hot Lips Page nel 1944. Il suo stile, fino ad allora influenzato da Earl Hines e Art Tatum, si trasforma entrando in contatto con gli stilemi del be-bop ma non perderà mai quell’eleganza, quell’eloquenza, quella leggerezza di tocco che sono la sua maggiore cifra stilistica. Lavora con le big band di Andy Kirk e Billy Eckstine ed entra in seguito nel giro di Jazz at the Philharmonic (JATP), ciò che gli consente di suonare tra gli altri con Gillespie, Parker e Roach.
Da ricordare anche la sua lunga collaborazione con pianista di Ella Fitzgerald, le tournée in Europa con Coleman Hawkins e il lavoro continuativo, dalla fine degli anni ’50 fino al 1974, con CBS Jazz Orchestra, nonché i duetti pianistici (fino ad allora rari) con colleghi quali John Lewis e Tommy Flanagan.
Sono centinaia le registrazioni che ci ha lasciato sia come leader che come sideman di musicisti, oltre quelli citati qui sopra, quali Miles Davis, Cannonball Adderley, Lester Young, Milt Jackson.

(Fonte Birdland)

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Scott LoFaro, contrabbassista
Con Riccardo Bertoncelli

Scott LaFaro è stato uno dei contrabbassisti più influenti del jazz moderno, malgrado la breve carriera e stroncata a soli 25 anni da un incidente d’auto. Nato in una famiglia con padre violinista, Scott fu enfant prodige suonando dapprima il pianoforte, poi il clarinetto e il sax tenore. Predisposizione naturale all’arte dei suoni e perfetto orecchio musicale, fu solo a 18 anni che mise per la prima volta le mani su un contrabbasso e velocemente, da studioso e perfezionista quale era, ne divenne un virtuoso. Dopo un anno nella big band di Buddy Morrow si istallò in California, suonò nei gruppi di Chet Baker, Victor Feldman, Stan Getz e fece parte dell’organico che incise lo storico “Free Jazz” di Ornette Coleman. Ma è il sodalizio, iniziato a New York, con il pianista Bill Evans e il batterista Paul Motian che l’ha trasformato in un’icona della storia del jazz. Era il tipo di musicista che Evans cercava da tempo, qualcuno che fosse capace intendere il contrabbasso come strumento interlocutore alla pari di pianoforte e batteria. Il trio divenne il prototipo di una nuova maniera di concepire il jazz, sulla base del cosiddetto “interplay”: l’idea che non dovevano più esserci gerarchie e funzioni prestabilite all’interno di uncombo, che tutti gli strumentisti avessero pari importanza nella creazione musicale. In tal senso LaFaro è stato un caposcuola, un modello al quale i suoi colleghi e le generazioni successive di contrabbassisti si sono ispirati.

(Fonte Birdland)

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Artie Shaw, clarinettista
Con Marcello Lorrai

Personaggio fra i più chiacchierati della storia del jazz, Artie Shaw è stato uno dei maggiori clarinettisti del jazz classico. Venne alla ribalta nell’era dello swing come “rivale” di Benny Goodman e fra le decine di brani di successo che contribuirono alla vendita di milioni di dischi ricordiamo la sua leggendaria versione di Begin the Beguine. Shaw era un eccentrico in arte e nella vita: rifuggì spesso il successo commerciale che, diceva, non lo interessava per sparire di scena ripresentandosi poi con soluzioni musicali innovative e controcorrente. Fu il primo leader di big band ad utilizzare delle sezioni di archi, ad ingaggiare (nel 1938) una cantante di colore (tale Billie Holiday…), a sperimentare in piccole sotto-formazioni della sua grande orchestra l’utilizzo di strumenti inusuali come il clavicembalo o la chitarra elettrica, a tentare di trovare punti di contatto tra il jazz e la musica colta. In tal senso è considerato uno dei precursori del movimento della Third Stream sviluppatosi poi negli anni ’50. Fra i tanti musicisti che vennero alla ribalta nelle sue formazioni ricordiamo, oltre la già citata Holiday, il trombettista Roy Eldridge, il batterista Buddy Rich, i chitarristi Barney Kessel, Jimmy Raney e Tal Farlow, o ancora il cantante Mel Tormé. Abbandonò completamente il clarinetto e le scene musicali nel 1954 dopo un tour in Australia. Si ripresenterà per un certo periodo alla testa di una sua band (ma non come clarinettista) solo nei primi anni ’80.
Artie Shaw fu anche scrittore (delle novelle, dei racconti e un’autobiografia), attore in trasmissioni TV e in fiction. Si sposò otto volte ed ebbe quali mogli le attrici Ava Gardner e Lara Turner, la scrittrice Kathleen Winsor e Betty Kern, figlia del compositore Jerome Kern.

(Fonte Birdland)

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Tra jazz,blues e rock Brian Auger , tastierista
Con Riccardo Bertoncelli

Quella di Brian Auger è una figura trasversale che ha attraversato la musica britannica sin dai primi anni ’60. Pianista, specialista dell’Hammond, bandleader e rinomato musicista di studio nato a Londra nel 1939, si fece notare dapprima in ambito jazz con la prima versione del suo gruppo Trinity. Partecipò alla sua maniera al movimento del British Blues e importante fu l’incontro con la cantante Julie Driscoll con la quale lavorò per molti anni riscuotendo un buon successo anche commerciale. Fondò anche il supergruppo degli Steampacket (dove c’era anche Rod Stewart), collaborando inoltre con colleghi quali John McLaughlin, Tony Williams, Eric Burdon, i Led Zeppelin e molti altri.
La sua formazione Oblivion Express, nata nel 1970 e rilanciata nei primi anni 2000, è tuttora in attività.

(Fonte Birdland)

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L'idea del Mainstream nel jazz
Con Claudio Sessa

L’etichetta mainstream nel jazz fu coniata alla fine degli anni ’50 dal critico inglese Stanley Dance e fissata anche grazie ad una serie di dischi pubblicati in quel periodo dall’etichetta Felsted. In qualche maniera tale concetto si contrapponeva al concetto di third stream che Gunther Schuller aveva lanciato nel 1957, l’idea di una possibile convergenza di jazz e musica colta verso un nuovo tipo di espressione che ne fosse la sintesi.
Il moltiplicarsi, nel periodo, delle tendenze del jazz moderno - hard-bop, cool, jazz modale, third stream appunto e, di lì, a poco anche free jazz – aveva oscurato il lavoro di quei musicisti che mantenevano viva la tradizione di classicità pre-moderna della musica di matrice afro-americana. Il termine mainstream(letteralmente “corrente principale”) voleva così inizialmente dar diritto di cittadinanza ai quei musicisti che agivano nel solco della storia dei grandi solisti jazz venuti alla ribalta negli anni ’30.
Claudio Sessa ci aiuta in questo ciclo di Birdland a chiarire il concetto e a capire come poi si sia successivamente gradualmente trasformato.

(Fonte Birdland)

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Teo Macero, produttore

Con Marcello Lorrai

Per “Birdland”, con Marcello Lorrai questa settimana, fari puntati sul “personaggio”Teo Macero, noto in particolar modo per il suo lavoro con Miles Davis (da “Kind of Blue” a “In a Silent Way”, fino ai dischi dei primi anni ’70…), ma produttore per la Columbia anche di Mingus, Ellington, Monk, Brubeck e attivo anche in ambito di musica classica (Bernstein, New York Philharonic, London Symphonic...) e di musica per cinema e TV.
Teo Macero, nato nel 1925 e scomparso nel 2008, era sassofonista di formazione, con un diploma alla Julliard School of Music. Fu anche attivo come compositore, partecipando alla corrente della Third Stream concepita e teorizzata dal collega Gunther Schuller.

(Fonte Birdland)

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Jaki Byard, pianista
Con Maurizio Franco

Originario del Massachusetts, Jaki Byard (1922-1999) è stata una figura di riferimento del pianismo jazz degli anni ’60. Cresciuto in una famiglia di musicisti (i genitori, alcuni zii e la nonna, che musicava i film muti dal vivo al pianoforte), oltre al piano aveva imparato a suonare da autodidatta anche i sassofoni, il trombone, la batteria e il vibrafono. Importante fu il suo sodalizio a fine anni ‘40 con il sassofonista rhythm & blues Earl Bostic, conosciuto durante il servizio militare, poi nel decennio successivo quelli con Charlie Mariano e le orchestre di Herb Pomeroy e Maynard Ferguson. Da Boston si trasferisce alla soglia dei 40 anni a New York dove entra in contatto finalmente con alcuni dei musicisti che stanno facendo la storia del jazz moderno, Charles Mingus e Eric Dolphy in primis. Con questi registra diversi dischi che faranno epoca. Ingaggiato dalla Prestige, forma con Richard Davis (basso) e Alan Dawson (batteria) una delle sezioni ritmiche trainanti dei primi anni ’60 al pari di quella di Miles Dvais (Hancock-Carter-Williams). Con lui collaborano tra gli altri Roland Kirk, Phil Woods, Don Ellis e Booker Ervin. Importante nella carriera di Byard è stata anche l’attività didattica: alcuni pianisti della nuova generazione come Jason Moran e D.D. Jackson sono stati suoi allievi.

(Fonte Birdland)

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Miles & Trane , incontro tra giganti
Con Riccardo Bertoncelli

In questa serie di “Birdland” Riccardo Bertoncelli prende spunto da una recente pubblicazione: per la prima volta sono stati raccolti ufficialmente in un unico cofanetto (prima d’ora erano apparsi solo in bootleg sparsi) le registrazioni dei concerti tenuti da Miles Davis e John Coltrane durante l’ultima loro tournée comune nel 1960, con leggendarie serate a Copenaghen, Stoccolma, Parigi.
A partire da queste registrazioni si ripercorre poi la storia della magica collaborazione tra i due, iniziata nel 1955 quando Miles era già una delle stelle del jazz e Coltrane ancora un promettente debuttante, benché avessero la stessa età (nati entrambi nel 1926). Con il New Miles Davis Quintet, Coltrane collezionò tra il 55 e il 56 diverse registrazioni che l’etichetta Prestige spalmerà nel corso degli anni con pubblicazioni fino ai primi anni ’60. Ma sarà per Columbia che i due daranno il meglio in seno a quel gruppo (un sestetto con Cannonball Adderley al sax alto, Red Garland e in seguito Bill Evans al piano, Paul Chambers al basso e Philly Jo Jones alla batteria) che tra l'altro inciderà un capolavoro come Kind of Blue, album-manifesto del nuovo jazz modale e disco di jazz più venduto nella storia.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!88QnjSDa!dRSFMGA...57vRxQ_d3bkiSRA

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Sonny Stitt , sassofonista
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa traccia il percorso artistico dell’alto e tenorsassofonista Sonny Stitt, musicista venuto alla ribalta con il be-bop e cresciuto con la successiva ondata dell’hard-bop.
Nato nel 1924, originario del Massachusetts, Stitt iniziò la carriera con l’orchestra di Billy Eckstine per poi entrare a far parte di quella di Dizzy Gillespie. Agli esordi fu enormemente influenzato da Charlie Parker, ma quando iniziò ad utilizzare il tenore il suo stile diventò più personale. Collaborò tra gli altri con Dexter Gordon, Gene Ammons, Bud Powell e JJ Johnson. Diresse numerose formazioni, alcune molto originali come quella con tre sax tenori nella frontline, insieme con il già citato Ammons e con James Moody. Negli anni ’70 fece parte della all stars chiamata “Giants of Jazz” accanto a Gillespie, Monk, Blakey e molti altri. La sua notevole discografia come leader annovera produzioni per Prestige, Atlantic, Verve e, a fine carriera, per Muse Records

(Fonte Birdland).

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In ricordo di Cecil Taylor(1929-2018) pianista
Con Marcello Lorrai

Scomparso ad inizio aprile di quest’anno all’età di 89 anni, Cecil Taylor ha rivoluzionato la maniera di suonare il pianoforte, e non solo nel jazz. Tra gli architetti del jazz d’avanguardia e del free, Taylor resta noto per le sue monumentali improvvisazioni in solitaria, con le quali ha segnato la musica afro-americana dagli anni ’60 in avanti. Una tecnica sopraffina, una sensibilità straordinaria nel trarre tutti i timbri possibili dallo strumento, un’idea di costruzione dell’improvvisazione che rendeva unica la sua musica.
Marcello Lorrai ripercorre le tappe della carriera di un musicista che ha contribuito a cambiare per sempre il corso del jazz e della black music.

(Fonte Birdland)

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John Abercombie, chitarrista(1944-2017) .. (Replica)
Una retrospettiva , con Riccardo Bertoncelli

Nato nel 1944 nello stato di New York e cresciuto nel Connecticut, John Abercrombie è scomparso quest’estate all’età di 73 anni. Riccardo Bertoncelli gli dedica questa retrospettiva passando in rassegna le tappe essenziali di una lunga carriera iniziata professionalmente sul finire degli anni ’60.
Abercrombie è da considerare una delle figure preminenti della chitarra jazz degli ultimi cinque decenni. Appassionato di rock’n’roll ma ben presto infatuato della chitarra jazz di Tal Farlow, Barney Kessel e Jim Hall, nel suo personalissimo stile si fondono i due mondi: alle influenze del jazz di ascendenza coltraniana si abbina inizialmente la zampata à la Hendrix.
Debutta nel 1969 con i Dreams, super gruppo con i fratelli Brecker che non avrà il successo sperato ma che gli servirà da vetrina per i successivi ingaggi con Gato Barbieri, Chico Hamilton, Jeremy Steig e pure Gil Evans. Ma la collaborazione decisiva è con il batterista Jack DeJohnette nel gruppo Directions e poi, insieme anche a Dave Holland al basso, nel trio Gateway. Nel 1974 aveva già debuttato discograficamente come leader con ECM: all’etichetta tedesca sarà legato a doppio filo per tutta la carriera, con una discografia estesissima.
Abercrombie ha guidato sue proprie formazioni quali trii, quartetti e quintetti ai quali hanno collaborato musicisti come Jan Hammer, Ritchie Beirach, Marc Johnson, Peter Erskine, l’organista Dan Wall e il batterista Adam Nussbaum, il violinista Mark Feldman; negli ultimi tempi ancora il pianista Marc Copland e una ritmica con Drew Gress e Joey Baron.
Innumerevoli gli artisti che hanno chiesto i suoi servigi, tra questi Michel Petrucciani, Charles Lloyd, suoi colleghi di strumento come John Scofield o Ralph Towner (con cui firma il meraviglioso “Sargasso Sea” nel 1976), i trombettisti Enrico Rava e Kenny Wheeler.
Alla principale attività di strumentista e compositore, Abercrombie ha pure abbinato quella di didatta.

(Fonte Birdland)

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Glenn Miller Story.. (Replica)
Con Marcello Lorrai

Con la misteriosa morte nel dicembre 1944, quando un piccolo monomotore dell’esercito americano che lo stava portando a Parigi scompare nella Manica, il maggiore Glenn Miller - musicista di fama e allora volontario nell’aviazione USA in Europa - entra nella leggenda.
Era nato nel 1904, aveva studiato musica sin da piccolo e si era dedicato al trombone. Dopo i debutti con i fratelli Dorsey e Ray Noble, aveva fondato un suo primo gruppo e dal 1937 la Glenn Miller Orchestra con la quale ebbe un successo immediato. Tra la fine dei ‘30 e l’inizio dei ’40 fu il più popolare musicista dello “Swing”, soppiantando Benny Goodman. Con lui ebbe inizio la tradizione dei Dischi d’Oro, quando la sua etichetta nel 1941 gli regalò una copia dorata di “Chattanooga Choo Choo”, singolo che aveva venduto in poco tempo più di un milione di copie.
Al di là dell’aspetto commerciale e dell’easy listening della sua musica, Glenn Miller introdusse dei nuovi equilibri tra le sezioni di fiati, mise in evidenza il trombone e utilizzò copiosamente l’effetto sordinato, ottenendo un sound orchestrale più vellutato che fu tra i segreti del suo successo. Oltre alle immortali “In the Mood” e “Moonlight Serenade” (da lui composta), tra i grandi hits ricordiamo “Tuxedo Junction”, “Pennsylvania 6-5000”, “Stardust”,” Street of Pearls”, “Sun Valley Jump”.

(Fonte Birdland)

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Alexis Korner, padrino del British Blues..(Replica)
Con Riccardo Bertoncelli

Alexis Andrew Nicolas Koerne era il vero nome di Alexis Korner, nato nel 1928 e scomparso nel 1984, musicista centrale di quello che, tra la fine dei ’50 e per tutti i ’60, è stato il movimento del "British Blues".
Una gioventù movimentata lo porta a Londra nel 1940, dove i genitori – padre ebreo austriaco e madre greca - fuggono dalla Parigi occupata. Impara a suonare chitarra e pianoforte, e ascolta la musica che arriva dall’altra parte dell’Oceano. Lavora nell’orchestra di Chris Barber, pioniere del jazz in Gran Bretagna, dove conosce Cyril Davies, l’armonicista con il quale inizierà la carriera di solista.
Ma è con la fondazione dei “Blues Incorporated” che Korner diventa un personaggio di grande rilevanza. La sua band sarà la culla di molti musicisti britannici che si illustreranno in seguito sia in ambito blues che rock e jazz. Tra i tanti talenti emersi accanto a Korner ricordiamo ad esempio John Mayall, Graham Bond, Long John Baldry, i futuri Cream Jack Bruce e Ginger Baker, o ancora Charlie Watts e Robert Plant, poi diventati rispettivamente batterista degli “Stones”e cantante dei “Led Zeppellin”. Spesso venivano inoltre a fare visita alla band durante i concerti live personaggi del calibro di Mick Jagger, Keith Richards, Rod Stewart o Jimmy Page. E, lontano del purismo di alcuni musicisti britannici adepti unicamente del Chicago Blues, non di rado invitava esponenti dal mondo del jazz ad unirsi a lui: Mel Collins, Dick Heckstall-Smith, Lol Coxhill, John Surman e diversi altri.
Una successiva importante esperienza nella carriera di Korner fu negli anni ’70 a creazione, con il chitarrista danese Peter Thorup, della “Collective Consciuousness Society”, meglio nota come CCS. Loro tra l’altro fu una notissima versione di “Whole Lotta Love”, hit degli Zep, diventata sigla fino ai primi anni ’80 di “Top of the Pops”, amatissima trasmissione radio della BBC.
Alexis Korner è stato molto attivo, oltre che come musicista e scopritore di talenti, anche come animatore e speaker radiofonico, proprio alla BBC, dove ad esempio intervistò Jimi Hendrix durante il suo soggiorno londinese.

(Fonte Birdland)

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Kenny Dorham , trombettista. .. ( Replica )
Con Claudio Sessa

Kenny Dorham (1924-1972) fece i suoi debutti professionali poco più che ventenne con musicisti quali Dizzy Gillespie, Billy Eckstine e Charlie Parker (nel suo quintetto dal 1948 al 49), ma si impose definitivamente all’attenzione come trombettista centrale (ma non sempre riconosciuto) del periodo successivo, quello dell’hard-bop.
Il suo primo disco da leader è del 1953, sull’etichetta di Mingus e Roach dal nome programmatico Debut Records. Dell’anno successivo è la fondazione con Art Blakey dei Jazz Messengers, gruppo trainante dell’epoca che diventerà una vera e propria fucina di talenti.
Tra le collaborazioni con i più grandi ricordiamo quelle con Sonny Rollins, Thelonious Monk, Milt Jackson. I suoi album furono pubblicati da Riverside, Pacific Jazz e soprattutto dalla Blue Note, fino a fine anni ’60. Nei suoi gruppi fece il suo debutto un giovanissimo Joe Henderson (sax tenore) e suonarono musicisti del calibro di Jackie McLean, Cedar Walton, Bobby Timmons, Tony Williams. Dorham fu anche apprezzato compositore di “originals” (tra cui “Lotus Blossom” e la celeberrima “Blue Bossa”) e di colonne sonore.

(Fonte Birdland)

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Eddie Harris e Phineas Newborn , due dimenticati... (Replica)
Con Maurizio Franco

A volte “Birdland”, il club serale di jazz di Rete Due, si occupa di musicisti che ebbero notevole risonanza durante la carriera ma che oggi sembrano dimenticati.Maurizio Franco questa settimana mette in vetrina le due personalità, quasi coetanee ma piuttosto diverse dal punto di vista stilistico, di Phineas Newborn(1931-1989) e di Eddie Harris (1934-1996).Il primo è stato un eccellente pianista, grande tecnico della tastiera. Cresciuto in una famiglia di musicisti debuttò nelle band di “Rhythm & Blues” del padre batterista, che accompagnarono B.B. King nei primi passi di carriera. Si affermò come leader nei primi anni ’50 e proseguì un’importante carriera fino a metà anni ’60. Di valore le sue registrazioni e performance in piccoli gruppi nei quali apparivano batteristi come Roy Haynes, Philly Joe Jones e Kenny Clarke, o bassisti quali Oscar Pettiford. Notevole e di grande esito poetico inoltre lo sviluppo del concetto di piano solo, raro all’epoca. Il suo pianismo affonda le radici in Art Tatum e fu influenzato pure da Bud Powell e Oscar Peterson. Alcuni critici lo ritengono oggi fra i maggiori pianisti del jazz moderno.Il sassofonista Eddie Harris, di 3 anni più giovane di Newborn, fece i suoi debutti nella natia Chicago accanto a Gene Ammons. Fece parte della banda dell’esercito statunitense in Europa ed iniziò la carriera subito dopo, nei primi anni ’60, pubblicando il suo album d’esordio per l’etichetta Vee-Jay. “Exodus to Jazz” ebbe un successo enorme, primo disco d’oro del jazz con l’omonimo singolo nei top 100 delle classifiche pop e ai primi posti di quelle R&B. Harris sviluppò in seguito una musica che può essere considerata tra gli archetipi del jazz-rock e della fusion, con strumenti elettrici (suonava lui stesso anche il Fender Rhodes) e l’uso di uno speciale sassofono amplificato elettronicamente. È ricordato anche per aver introdotto l’utilizzo della tromba ad ancia, come quella tipica del sax. Notevolissimi i suoi album tra la metà degli anni ’60 e i primi anni ’70, tra cui lo storico “Swiss Movement”. Registrato live a Montreux nel 1969 insieme al pianista ed organistaLes McCann, questo disco resta tra i più venduti in assoluto nella storia del jazz.

(Fonte Birdland)

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Jaco Pastorius(1951-1987) a 30 anni dalla scomparsa.. (Replica)
Con Claudio Sessa

Il grande bassista elettrico Jaco Pastorius morì il 21 settembre dell’87 a seguito delle gravissime ferite riportate dieci giorni prima in una rissa fuori da un locale pubblico di Fort Lauderdale (Florida).
Grazie a dei nuovi espedienti tecnici e ad un innato senso della ricerca, Pastorius rivoluzionò la maniera di suonare lo strumento e si profilò durante la breve carriera come un vero e proprio caposcuola.
Dopo il debutto nel gruppo rock dei CC Rider, fu avvicinato nel ‘74 dal pianista Paul Bley che ne intuì l’enorme potenziale invitandolo a suonare insieme a lui, a Bruce Ditmas e ad un altro giovane di belle speranze di nome Pat Metheny. Il disco che ne uscì non ebbe gran successo ma girò tra gli addetti ai lavori e da lì in avanti le cose andarono velocissime. Jaco firma per Epic un contratto discografico e pubblica un ottimo album d’esordio, nel 1975 la consacrazione con la chiamata nei Weather Report da parte di Zawinul e Shorter. Non c’è dubbio che al leggendario sound del gruppo abbia contribuito dal quel momento in avanti anche lo straordinario basso di Pastorius.
Con la fine dell’esperienza coi WR, il musicista si concentra sui suoi progetti da leader che però mostrano bene presto, dal punto di vista artistico, una parabola discendente. Ciò va di pari passo con la sua vita privata, che imboccherà una via senza uscita fino al tragico epilogo che abbiamo ricordato.

(Fonte Birdland)

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In ricordo di Roswell Rudd, trombonista.. (Replica)
Con Marcello Lorrai

Roswell Rudd, scomparso a fine 2017 all’età di 82 anni, è stato uno dei trombonisti di riferimento del jazz degli anni ’60 e ’70. Aveva iniziato a suonare jazz tradizionale ma ben presto si indirizzò verso le tendenze avanguardiste. Fu tra i primi interpreti delle composizioni di Thelonious Monk e Herbie Nichols e lavorò con i maggiori esponenti del free jazz e della third stream. Praticamente scomparso dalle scene negli anni’80, riprese l’attività nel decennio successivo riannodando i legami artistici con colleghi quali Archie Shepp e Steve Lacy, dando nuova vita al New York Art Quartet e collaborando con musicisti di vari continenti.

(Fonte Birdland)

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Esbjorn Svensson, pianista (1964-2008) .. (Replica)
Con Maurizio Franco

Pianista svedese nato nel 1964 e scomparso nel pieno dell’attività a 44 anni per un incidente avvenuto durante un’immersione subacquea, Esbjörn Svensson ha diretto dai primi anni ’90 il trio E.S.T, acronimo del suo nome, assieme a Dan Berglund al contrabbasso e Magnus Öström alla batteria.
La sua attività si è concentrata essenzialmente nello sviluppo dell’originale estetica di questa formazione che abbinava ad un linguaggio jazzistico molto personale elementi di musica classica ed un parsimonioso ma significativo utilizzo dell’elettronica. Il pianismo di Svensson e la produzione discografica di E.S.T. ha influenzato non poco altri giovani pianisti europei, al punto che oggi la critica considera il musicista svedese come un vero caposcuola. Maurizio Franco, in questo ciclo di “Birdland”, ne ricorda la breve ma significativa carriera.

(Fonte Birdland)

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Teo Macero, produttore .. (Replica)
Con Marcello Lorrai

Per “Birdland”, con Marcello Lorrai questa settimana, fari puntati sul “personaggio”Teo Macero, noto in particolar modo per il suo lavoro con Miles Davis (da “Kind of Blue” a “In a Silent Way”, fino ai dischi dei primi anni ’70…), ma produttore per la Columbia anche di Mingus, Ellington, Monk, Brubeck e attivo anche in ambito di musica classica (Bernstein, New York Philharonic, London Symphonic...) e di musica per cinema e TV.
Teo Macero, nato nel 1925 e scomparso nel 2008, era sassofonista di formazione, con un diploma alla Julliard School of Music. Fu anche attivo come compositore, partecipando alla corrente della Third Stream concepita e teorizzata dal collega Gunther Schuller.

(Fonte Birdland)

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Il piano Jazz in Europa .. (Replica)
Con Claudio Sessa

Sviluppatosi parallelamente è in parte indipendentemente da quello americano, un moderno pianismo jazz di stampo europeo si è imposto a partire dalla fine degli anni ’60 grazie diventando il fulcro di una concezione prettamente continentale, eurocentrica diremmo, della musica improvvisata. Claudio Sessa in questo ciclo di “Birdland” passa in rassegna tutta una serie di pianisti che hanno contributo, in maniera diversa, a tale evoluzione. Tra questi Alex von Schlippenbach, Martial Solal, Misha Mengelberg, Joachim Kühn, John Taylor, Bobo Stenson, ma anche gli svizzeri George Gruntz e Irène Schweizer, nonché gli italiani Giorgio Gaslini e Antonello Salis.

(Fonte Birdlan)

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Hank Jones, pianista(1918-2010) .. (Replica)
Con Claudio Sessa ( In occasione del centenario della nascita )

Hank Jones, scomparso nel 2010 all’età di 92 anni, è stato un pianista che ha attraversato le epoche del jazz. Era nato nel Mississippi, primo di tre fratelli – Thad ed Elvin, oltre a lui - che pure diventeranno celebri nel mondo del jazz, e si era trasferito con la famiglia nel Michigan quand’era ancora piccolo.
Debutta nei club di Detroit e dei Grandi Laghi nei primi anni ’30 e si fa notare poi a New York accanto a Hot Lips Page nel 1944. Il suo stile, fino ad allora influenzato da Earl Hines e Art Tatum, si trasforma entrando in contatto con gli stilemi del be-bop ma non perderà mai quell’eleganza, quell’eloquenza, quella leggerezza di tocco che sono la sua maggiore cifra stilistica. Lavora con le big band di Andy Kirk e Billy Eckstine ed entra in seguito nel giro di Jazz at the Philharmonic (JATP), ciò che gli consente di suonare tra gli altri con Gillespie, Parker e Roach.
Da ricordare anche la sua lunga collaborazione con pianista di Ella Fitzgerald, le tournée in Europa con Coleman Hawkins e il lavoro continuativo, dalla fine degli anni ’50 fino al 1974, con CBS Jazz Orchestra, nonché i duetti pianistici (fino ad allora rari) con colleghi quali John Lewis e Tommy Flanagan.
Sono centinaia le registrazioni che ci ha lasciato sia come leader che come sideman di musicisti, oltre quelli citati qui sopra, quali Miles Davis, Cannonball Adderley, Lester Young, Milt Jackson.

(Fonte Birdland)

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Miles & Trane , incontro tra giganti ..(Replica)
Con Riccardo Bertoncelli

In questa serie di “Birdland” Riccardo Bertoncelli prende spunto da una recente pubblicazione: per la prima volta sono stati raccolti ufficialmente in un unico cofanetto (prima d’ora erano apparsi solo in bootleg sparsi) le registrazioni dei concerti tenuti da Miles Davis e John Coltrane durante l’ultima loro tournée comune nel 1960, con leggendarie serate a Copenaghen, Stoccolma, Parigi.
A partire da queste registrazioni si ripercorre poi la storia della magica collaborazione tra i due, iniziata nel 1955 quando Miles era già una delle stelle del jazz e Coltrane ancora un promettente debuttante, benché avessero la stessa età (nati entrambi nel 1926). Con il New Miles Davis Quintet, Coltrane collezionò tra il 55 e il 56 diverse registrazioni che l’etichetta Prestige spalmerà nel corso degli anni con pubblicazioni fino ai primi anni ’60. Ma sarà per Columbia che i due daranno il meglio in seno a quel gruppo (un sestetto con Cannonball Adderley al sax alto, Red Garland e in seguito Bill Evans al piano, Paul Chambers al basso e Philly Jo Jones alla batteria) che tra l'altro inciderà un capolavoro come Kind of Blue, album-manifesto del nuovo jazz modale e disco di jazz più venduto nella storia.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!88QnjSDa!dRSFMGA...57vRxQ_d3bkiSRA

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Il primo Charles Mingus
Con Maurizio Franco

Grande figura di compositore, organizzatore musicale e contrabbassista, Charles Mingus ha percorso il jazz moderno da protagonista. Nato in Arizona nel 1922, scomparso ancora in piena attività, malgrado il morbo incurabile che lo affliggeva, in Messico nel 1979, Mingus resta nella storia del jazz per il concetto di improvvisazione collettiva che mise a punto con i suoi gruppi sin dai gli anni ’50, combinando elementi del blues, del be-bop e del cool e prefigurando l’avvento delfree jazz (di cui non sposò mai veramente l’estetica).
Maurizio Franco si sofferma in queste cinque trasmissioni sul primo periodo creativo del musicista, dove passeranno in rassegna alcune registrazioni californiane degli anni '40, la collaborazione con i boppers della prima ora, il lavoro con il trio del vibrafonista Red Norvo, il duo e il trio con il pianista Spaulding Givens. E ancora i suoi pezzi giovanili (incisi solo nel 1960 in un album dal titolo Pre-Bird), la fondazione con Max Roach dell’etichetta Debut (1952) e le incisioni dei primiJazz Workshop, come era solito chiamare i gruppi che formava all’epoca, veri e propri laboratori di creatività ma anche di provocazione, di cui era maestro.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!I9JRjAgR!KP9eR2k...aW2FEq9GA57iRoQ

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Dr. John , flirt in Jazz dal 17 a venerdi 21 Settembre 2018
Con Riccardo Bertoncelli

Pianista, organista, cantante, compositore, produttore Dr. John incarna la straordinaria anima di una città così musicale come New Orleans. Benché la sua notorietà sia legata soprattutto ad un universo sonoro d’ambito rhythm & blues, rock e pop, il musicista nativo della città del Delta ha sempre flirtato per forza di cose anche con il jazz, musica che ha alcune delle sue radici più profonde proprio lì.
Testimonianza ne sono le sue riprese della musica di Duke Ellington, l’interpretazione di standard a firma prestigiosa (Cole Porter, Richard Rodgers e altri…) e le collaborazioni con colleghi quali Jimmy Smith, Ben Sidran, Lillian Boutté, Chris Barber, Bennie Wallace…Riccardo Bertoncelli mette in evidenza in questa serie di trasmissioni un lato poco noto della poetica del musicista.

(Fonte Birdland)

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label del jazz , Intakt Recordes
Con Claudio Sessa

Nel panorama svizzero del jazz e delle musiche improvvisate un ruolo importante l’hanno recitato e tutto lo recitano una manciata di label discografiche che danno supporto ai musicisti del nostro paese e non solo.
In questa serie di "Birdland" Claudio Sessa ci presenta l’etichetta zurighese Intakt, fondata a metà anni ’80 da Patrik Landolt in collaborazione con l’associazione culturale Fabrikjazz della Rote Fabrik. Intakt possiede un eccellente catalogo di jazz nazionale ed internazionale. Tra i musicisti elvetici legati all’etichetta ricordiamo Pierre Favre, Fredy Studer, Urs Leimgruber, Omri Ziegele, Chris Wiesendanger e la co-fondatrice Irene Schweizer, recentemente insignita del Premio svizzero per la musica; tra i nomi europei ed americani quelli di Cecil Taylor, Alex von Schlippenbach, William Parker, Ken Vandermark, Joëlle Léandre, Joey Baron e molti altri.

(Fonte Birdland)

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Stan Kenton
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai passa in rassegna in questo ciclo di “Birdland” la carriera di Stan Kenton, ad oggi fra le figure più originali, enigmatiche e fors’anche non del tutto capite della storia del jazz.
Di formazione pianista, ma poi noto soprattutto come geniale arrangiatore, compositore e direttore d’orchestra, Stan Kenton era nato nel 1911 a Los Angeles, dove scomparve nel 1979. La sua attività a partire dall’inizio degli anni ’40 mostra da subito aspetti diversi e in parte divergenti: lo straordinario ed innovativo stilista del jazz orchestrale, l’acuto avanguardista ma anche l’ammaliatore più decisamente pop.
Dopo alcuni hit commerciali che lo impongono all’attenzione del pubblico, nel 1946 firma l’album Artistry in Rhythm, la prima di una serie di raccolte che ne illustreranno lo spirito innovativo e lungimirante.

(Fonte Birdland)

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Dave Liebman , sassofonista
Con Maurizio Franco

Sassofonista specializzatosi nell’uso del soprano, nuovayorkese doc (nato a Brooklyn nel 1946), Dave Liebman è legato a doppio filo con la storia in epoca moderna del suo strumento.
Maurizio Franco passa in rassegna, in questo ciclo di "Birdland", una decennale carriera, iniziata a fine anni ’60 nei gruppi di Elvin Jones e di Miles Davis.
Da allora ha diretto ed è stato co-leader di moltissimi gruppi, tra cui l’Open Sky Trio con Bob Moses e Lookout Farm con il pianista Ritchie Beirach, negli anni ’80 il celebrato quartetto Quest, ancora con Beirach, con Ron McClure al basso e Billy Hart alla batteria, e più tardi We3 con Steve Swallow al basso e Adam Nussbaum alla batteria. Dopo una fruttuosa collaborazione con Chick Corea, ha dato vita a fine anni ’70 ad un suo quintetto che ha condotto, in varie edizioni (con la presenza di musicisti quali John Scofield, Tony Marino, Vic Juris, Ellery Eskelin e molti altri), per più di vent’anni.
Grazie al suo spirito d’apertura, Liebman è diventato ospite prediletto di molti jazzisti europei tra cui Bobo Stenson, Paolo Fresu, Joachim Kühn nonché il bassista francese Jean Paul Celea e il batterista austriaco Wolfgang Reisinger, con i quali ha dato vita ad un eccellente trio. Numerose anche le orchestra con le quali ha collaborato come quelle delle radio tedesche WRD, NDR e SWF, la Brussels Jazz e l’olandese Metropole, nonché gruppi di nuova musica quali l’Ensemble Intercontemporain e il Klangforum di Vienna.
Dave Liebman è sempre stato attivo anche in campo didattico ed ha pubblicato saggi sul jazz e sull’improvvisazione. La sua biografia "What It Is-The Life Of A Jazz Artist" è un documento di grande interesse per conoscerlo meglio, sia come artista che come uomo.

(Fonte Birdland)

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Il Jazz in Francia nel Dopoguerra
con Marcello Lorrai

Parigi, nel clima effervescente degli anni dopo la Liberazione. È il day after di immani tragedie: la guerra appena terminata, l’Europa in macerie, l’orrore della scoperta dei forni crematori nazisti… Ma tra le vie e nei caffè di Saint-Germain-des-Prés si respira un clima nuovo, un desiderio di rinascita e di rinnovamento, una voglia di riappropriarsi della capitale, quasi purificata dopo la souillure allemande e collaborazionista. La città sembra voler ritornare alla sua vocazione naturale, esplode la gioia di ricominciare a vedersi, di incontrarsi, di stare insieme, di andare a teatro e di ascoltare musica. Una ventata di creatività investe la nuova generazione.
I lunghi anni della guerra e dell’occupazione avevano abituato alla razionalità, all'ordine, alla precisione: i giovani esistenzialisti mandano all'aria queste abitudini e propongono un universo radicalmente differente, pieno di follia e di poesia, di disordine e di sorprese. I giovani philosophes vogliono contare, giudicare la storia, dire “parole sporche”, comunicare il senso di un profondo disagio esistenziale. Non si tratta di assolvere, né di condannare, ma di capire: l'assurdo, la nausea, l'angoscia e la libertà, a cui, diceva Sartre, siamo condannati. Di confrontarsi con le passioni più vere: l'amore, la follia della vita, la filosofia come esperienza quotidiana. E, naturalmente, la musica jazz, che diviene la colonna sonora del tempo.
Saint-Germain e la Rive Gauche, con i suoi protagonisti: Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, Albert Camus, Jacques Prévert. E ancora Juliette Gréco, Ferré, Brel e soprattutto Boris Vian, scrittore, poeta e pure trombettista che diventa capofila del movimento jazz parigino. Quelle ineffabili atmosfere e quegli straordinari musicisti che animavano le fumose caves di Saint-Germain saranno evocati in questa serie di “Birdland”, con la sapiente guida di Marcello Lorrai.

(Fonte Birdland)

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Soft Machine , l'altra storia
Con Riccardo Bertoncelli

Soft Machine, una etichetta leggendaria che sfida il tempo: del mese di settembre 2018 è l’annuncio dell’uscita di un nuovo disco del gruppo inglese.
È opinione comune che la storia della band, fra le protagoniste del Canterbury sound e del primo jazz-rock britannico ad inizio anni ’70, è divisa in due parti ben distinte. La prima, con i quattro straordinari album degli esordi, coincide con la leadership non ufficiale ma in realtà indiscussa di Robert Wyatt, il batterista, compositore, poeta che diede energia vitale al gruppo sin dalla fondazione. La seconda è la storia del gruppo senza Wyatt, che lasciò il gruppo dopo un tragico incidente a causa del quale restò paralizzato agli arti inferiori.
Riccardo Bertoncelli prendere in considerazione proprio la seconda lunga fase della storia del gruppo che, a dispetto di quanto considerato da una critica superficiale, oggi meglio ci rivela – grazie anche alla distanza storica – l’importanza e la grandezza di un gruppo che, proprio a causa della defezione di Wyatt e grazie all’ingresso di nuovi musicisti di alto livello, ha trovato altri spunti e stimoli per continuare il proprio originale percorso, alternativo al mainstream sia rock che jazz.

(Fonte Birdland)

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Jimmy Blanton e il moderno contrabbasso jazz
Con Claudio Sessa

Jimmy Blanton, nato cent’anni or sono nel 1918, morì di tubercolosi a soli 24 anni.Pur nella brevissima carriera diede un impulso decisivo allo sviluppo del ruolo del contrabbasso nel jazz. Lo strumento, relegato fino ad allora ad un ruolo di accompagnamento, grazie a lui si emancipò ed iniziò a dialogare alla pari con gli altri elementi dell’orchestra. Blanton rivoluzionò anche il tipo di accompagnamento tipico dello strumento, grazie all’innata musicalità e ad una tecnica prodigiosa. L’apice della sua arte lo toccò con l’orchestra di Duke Ellington, con cui realizzò anche degli storici duetti.
Claudio Sessa ripercorre la sua storia e in parte anche quella di altri importanti colleghi di strumento come Cachao, Chubby Jackson o Eddie Safranski, curiosamente tutti nati nel 1918.

(Fonte Birdland)

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Warne Marsh , sassofonista
Con Maurizio Franco

Warne Marsh (1927-1987), cresciuto in una famiglia di artisti con padre direttore della fotografia e la madre violinista, è stato un importante tenorsassofonista californiano. Dopo aver debuttato professionalmente con Hoagy Carmichael, entrò a fine anni ’40 nell’orbita di Lennie Tristano diventandone uno dei pupilli. Con il pianista suona fino al 1952 e in rare successive riunioni, collaborando in seguito con altri allievi del leggendario musicista italo-americano come Lee Konitz e Ted Brown.
Maurizio Franco ripercorre qui l’arte di Marsh e il suo stile lirico dalla forte influenza tristaniana, dal fluido melodiare e dal tono leggero, con poche inflessioni drammatiche.
Il sassofonista ha spesso diretto piccoli gruppi ed è stato anche molto attivo in ambito didattico. Fra gli imperdibili album a suo nome - in una discografia non molto ampia, considerata la lunga carriera – citiamo Jazz of two Cities del 1956 (assieme ad una squadra di tristaniani di ferro), Ne Plus Ultra del 1969 (dopo una pausa discografica che durava dal 1960!), Live in Hollywood (registrazione del 1952 con Hampton Hawes, Joe Mondragon e Shelly Manne pubblicata solo a fine anni ’70) e gli incontri con Lee Konitz del 1955 e del 1976. Pregevole anche l’album Crosscurrents del trio di Bill Evans (1978, da un titolo di Tristano…), dove figuravano sia Marsh che Konitz quali ospiti.

(Fonte Birdland)

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In ricordo di Aretha Franklin
Con Riccardo Bertoncelli

Fra le massime voci della black music, Aretha Franklin (1942–2018) è stata protagonista assoluta del soul e del rhythm & blues sin dai primi passi, a fine anni '50, quando l’impronta jazz nella sua vocalità e nella sua musica (ricordiamo che era anche un'eccellente pianista) era ancora marcata. A partire dal 1967, passata dalla Columbia Records all’Atlantic, ha inizio il periodo d’oro, con una serie di hit e di album che ne decretano anche il grande successo commerciale.
A qualche mese dalla scomparsa Riccardo Bertoncelli ripercorre la carriera di un’artista passata alla storia per la straordinaria tecnica vocale, per una musicalità davvero unica e per la travolgente energia che caratterizzava le sue performance dal vivo.

(Fonte Birdland)

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Leonard Bernstein e il Jazz
Con Claudio Sessa

Una fra le massime personalità della musica americana del ‘900, il compositore, direttore d’orchestra, pianista e divulgatore Leonard Bernstein avrebbe compiuto 100 anni lo scorso mese di agosto.
Rete Due ha già dedicato alla ricorrenza diversi suoi spazi radiofonici, ma in questa serie di "Birdland", Claudio Sessa entra nel merito del rapporto del grande musicista con il jazz, genere la cui essenza ha influenzato da vicino il suo modo di comporre e di certo anche altri aspetti della sua attività.
Fin dai primi anni il jazz è stato parte integrante della vita di Bernstein e ha avuto un impatto cruciale sulla sua musica. Negli anni’30, giovanissimo, era noto per l’abilità nel suonare il piano alle feste e dirigeva anche una vera e propria orchestra swing durante i campus estivi. Molti degli schizzi delle sue prime opere, composti durante gli anni di studio ad Harvard e al Curtis Institute di Filadelfia, sono impregnati dall’influenza del jazz che, dopo il periodo del college, imparò a conoscere sul campo, nella New York dei famosi club, vera fucina della musica afroamericana.
"Il jazz è il massimo comun denominatore della musica americana". Questa frase di Bernstein sintetizzò in maniera efficace la sua tesi di laurea in cui sosteneva che il jazz è punto di riferimento imprescindibile nello stile dei compositori americani.

(Fonte Birdland)

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I dimenticati , Julius Watkins cornista
Con Claudio Sessa

In queste due trasmissioni di "Birdland" si ricorda la figura di Julius Watkins, musicista conosciuto per essere stato uno dei primissimi ad usare il corno francese nel jazz. Nato nel 1921, dapprima dedito alla tromba, Watkins collaborò come cornista alla fine anni ’40 con Kenny Clarke e Babs Gonzales, successivamente con Thelonious Monk, John Coltrane, Gil Evans, Charles Mingus fino a Randy Weston e la Jazz Composers Orchestra. Waktins diresse propri gruppi tra cui Les Jazz Modes, assieme a Charlie Rouse, sassofonista di Monk. Fece parte anche, tra il ‘59 e il ‘61, della prestigiosa orchestra di Quincy Jones.

(Fonte Birdland)

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Clifford Jordan , sassofonista
Con Maurizio Franco

Continuatore della ricca scuola sassofonistica di Chicago, Clifford Jordan è stato fra i protagonisti del jazz dei primi anni ’60, epoca di grandi cambiamenti nella musica afro-americana.
Pupillo inizialmente di Max Roach, si mise in mostra definitivamente dopo il suo arrivo a New York a fine anni ’50 quando iniziò a collaborare con gente quale Horace Silver, Kenny Dohram, Paul Chambers e Sonny Clark. Fu anche nel gruppo di Mingus nel 1964, anno del provvisorio ritiro del grande contrabbassista.
Depositario di una ricca discografia come leader (con pregevoli dischi per Blue Note negli anni ’60), lo si ricorda anche per la militanza nel gruppo di Randy Weston e nella Eastern Rebellion del pianista Cedar Walton.

(Fonte Birdland)

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Scott Joplin
Con Marcello Lorrai

Se guardiamo alla storia del jazz primigenio, Scott Joplin è da considerare un po' come il patriarca di coloro che ne furono i protagonisti.
Nato nel 1868 in Texas, leggenda vuole che imparò a suonare il piano grazie al signor Weiss, un ricco immigrato tedesco di origine ebraica, a casa del quale la madre di Scott, portandoselo con sé, si recava a fare le pulizie. Nelle mani, sotto le dita di Scott Joplin che scivolavano sulla tastiera, grazie alle lezioni di Weiss, successe l’irreparabile: la colta e rigida tradizione europea si incontrò per la prima volta con i ritmi dell’Africa. La musica che poi Scott Joplin creò, definita ragtime, rappresenta la radice più profonda di quella che diventerà la musica afro-americana.
Marcello Lorrai ci racconta la vicenda, zeppa di colorate testimonianze e strani aneddoti, di un musicista che ci ha lasciato pagine importanti della storia della musica: da Maple Leaf Rag – il suo successo più grande – a The Entertainer(resuscitato grazie al film La stangata), la ballad Little Black Lady o il valzerBethania, su su fino agli appunti di Treemonisha, quell’opera “nera” che Scott avrebbe voluto terminare per sancire il definitivo approdo del popolo di colore alla grande musica.

(Fonte Birdland)

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Divagazioni Blues John Lee Hooker
Con Riccardo Bertoncelli

Per le divagazioni blues di Riccardo Bertoncelli, che ogni tanto fanno capolino in "Birdland", è il turno stavolta del leggendario John Lee Hooker.
Nato nel 1917 nel Mississippi e scomparso nel 2001, J.L. Hooker è uno dei maggiori rappresentanti del cosiddetto blues del Delta. Iniziò la carriera discografica con dei single a fine anni '40 ma è con l’avvento dell’LP che la sua produzione diventa significativa: dalla fine dei ’50 ad oggi sono usciti non meno di un centinaio di suoi album con registrazioni di studio, live ed inediti.
Con il suo particolare stile chitarristico e la sua declamazione tra canto e recitazione, Hooker è stato tra i musicisti di tradizione blues più influenti e osannati dai protagonisti, dagli addetti ai lavori e dai fans del rock’n’roll.

(Fonte Birdland)

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Leo Smit , Kulture jazz(1993)
Con Riccardo Bertoncelli

"Kulture Jazz" è uno dei dischi più significativi in assoluto del trombettista, multistrumentista e compositore afro-americano Leo Wadada Smith, fra i maggiori protagonisti del post-free sin dalla fine degli anni ’60.
È un album solo, dove Smith suona gli strumenti più diversi: oltre a tromba e flicorno, utilizza anche flauti, percussioni, il koto giapponese, la mbira (o kalimba) africana e la voce. È uno straordinario esempio di mescolanza di elementi diversi provenienti dal jazz, dal blues e dal folk che si sintetizzano in un lavoro unico e sorprendente. “Kulture Jazz” è stato prodotto da ECM e registrato negli Hardstudios di Winterthur nell’ottobre del 1992.

(Fonte Birdland)

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Jazz a Natale
Con Marcello Lorrai

Il repertorio delle canzoni natalizie è stato spesso oggetto, in epoche diverse ed ancora oggi, di rivisitazione da parte dei musicisti jazz.
In questo ciclo speciale di "Birdland" dedicato al tema, Marcello Lorrai ha scelto le versioni che hanno dato di temi noti - come "Jingle Bells", "Let it snow", "White Christmas"...- e meno noti le classiche firme del grande jazz: Ella Fitzgerald, Louis Armstrong, Nat King Cole, Frank Sinatra e altri.

(Fonte Birdland)

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Incontro con Dino Piana, leggenda del jazz italiano ..(Replica )
Con Valerio Corzani

Dino Piana è un piemontese che si è lasciato adottare da Roma, ha vissuto a Milano e girato il mondo con il suo trombone a pistoni, uno strumento particolare che gli ha permesso - come dichiara lui stesso - "di pensare al trombone con un fraseggio da tromba". Non è un caso venga considerato, fin dai primi anni sessanta, tra i portavoce più accreditati di una grammatica jazz nuova, evoluta, fortemente legata a stilemi bop, cool e hardbop. In una scena come quella italiana in cui la sbrindellata compagine jazzistica aveva riferimenti forti nel dixieland e al massimo nello swing, non è poco. Inizia la sua ascesa professionale con lo storico Quintetto di Torino, con il Basso-Valdambrini Quintet e poi inanella una serie di imprese discografiche e concertistiche (comprese le fenomenali avventure alla corte di Charles Mingus, Paco De Lucia e Kay Winding). Non si lascia scappare neppure l'occasione di diventare un volto noto della radio e della televisione, affermandosi come un pilastro dell'orchestra Rai e utilizzando le iniziative dedicate alle collaborazioni tra i vari enti radiotelevisivi europei per allacciare collaborazioni prestigiose e calcare i palchi di mezza Europa. Negli ultimi anni "mette su ditta" con il figlio Franco (trombettista e flicornista) regalando agli astanti una tornita serie di testimonianze discografiche e altre belle performance live.
La storia di Dino Piana è la storia del jazz italiano. Il grande trombonista l'ha raccontata a Valerio Corzani in cinque puntate piene di aneddoti, curiosità, riflessioni musicologiche, suoni e passione.

(Fonte Birdland)

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Edited by sergiomac - 7/7/2019, 11:37
 
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L'idea del Mainstream nel jazz (Replica)
Con Claudio Sessa

L’etichetta mainstream nel jazz fu coniata alla fine degli anni ’50 dal critico inglese Stanley Dance e fissata anche grazie ad una serie di dischi pubblicati in quel periodo dall’etichetta Felsted. In qualche maniera tale concetto si contrapponeva al concetto di third stream che Gunther Schuller aveva lanciato nel 1957, l’idea di una possibile convergenza di jazz e musica colta verso un nuovo tipo di espressione che ne fosse la sintesi.
Il moltiplicarsi, nel periodo, delle tendenze del jazz moderno - hard-bop, cool, jazz modale, third stream appunto e, di lì, a poco anche free jazz – aveva oscurato il lavoro di quei musicisti che mantenevano viva la tradizione di classicità pre-moderna della musica di matrice afro-americana. Il termine mainstream(letteralmente “corrente principale”) voleva così inizialmente dar diritto di cittadinanza ai quei musicisti che agivano nel solco della storia dei grandi solisti jazz venuti alla ribalta negli anni ’30.
Claudio Sessa ci aiuta in questo ciclo di Birdland a chiarire il concetto e a capire come poi si sia successivamente gradualmente trasformato.

(Fonte Birdland)

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Roy Hargrove(1969-2018) trombettista
Con Claudio Sessa

Scomparso di recente non ancora cinquantenne, Roy Hargrove è stata una figura di primo piano del jazz internazionale e uno dei trombettisti più in evidenza di quella nuova generazione di musicisti nati tra fine ’60 e inizio ’70 e affermatisi nel decennio conclusivo del secolo scorso.Nativo del Texas, fu lanciato da Wynton Marsalis, sin dai primi anni ’90 si impose con alcuni pregevoli dischi da leader (per RCA) ed ebbe l’occasione di collaborare con grandi quali Rollins, McLean, Henderson e Griffin.Accanto ad una musica che si inseriva nel modern mainstream, ebbe occasione di accostarsi alla musica latina (il suo album Habana vinse un Grammy) e ai moderni ritmi dell’hip hop grazie al progetto RH Factor.Claudio Sessa ripercorre la breve ma intensa carriera di un musicista che ha segnato il jazz nel passaggio di secolo.

(Fonte Birdland)

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Chicago Transit Autority
Con Riccardo Bertoncelli

Chicago Transit Authority è il nome originario dei Chicago, la band statunitense che tra anni ’70 e per tutti gli ’80 ebbe un successo commerciale tra i maggiori in ambito pop e rock.Già attivi a metà anni ’60, i Chicago si erano profilati inizialmente come gruppo progressive, con il proprio rock-pop-jazz intriso anche di psichedelia politicamente schierato. Un sound molto diverso da quello decisamente più annacquato che scelsero più tardi per mantenere il successo.Al trio inizialmente riunitosi attorno al trombonista James Pankow, si uniscono successivamente il chitarrista Terry Kath, il batterista Danny Seraphine, il multistrumenista Robert Lamm, più tardi Peter Cetera al basso.Sono i primi anni i più creativi, con un album di debutto che nel 1969 – partito da un circuito underground - riesce a diventare il Disco d’oro. Questa fase, di cui si occuperà Riccardo Bertoncelli in questo ciclo di “Birdland”, si conclude con la pubblicazione del pregevole album quadruplo registrato live alla Carnegie Hall e pubblicato nel 1971.

(Fonte Birdland)

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Art Blakey , out of the Messengers
Con Maurizio Franco

Art Blakey (1919-1990) è stato uno dei batteristi e bandleader più importanti della storia del jazz a partire dalla metà degli anni ’40.Dopo primi ingaggi con Fletcher Henderson e Mary Lou Williams, entra nel giro del nascente be-bop. Grazie al Billy Ekstine conosce Miles Davis, Dizzy Gillespie, Charlie Parker con i quali inizia a collaborare assiduamente. Sarà anche particolarmente vicino a Thelonious Monk: è con lui che il pianista registrerà la sua prima session da leader per Blue Note nel 1947 e anche l’ultima in assoluto nei primi anni ’70.Dalla fine dei ’40 gira con un gruppo chiamato Messengers, condotto assieme al pianista Horace Silver negli anni successivi. La band diventerà, con la guida del solo batterista, una delle formazioni di punta del jazz del decennio e dei successivi con l’appellativo Art Blakey’s Jazz Messengers. Vera fucina di talenti, per i quali Blakey aveva un innato fiuto, i Messengers saranno la palestra per giovani rampanti quali Jackie McLean, Lee Morgan, Wayne Shorter, Freddie Hubbard, su su fino a Bobby Watson, Wynton Marsalis, Wallace Rooney.In questo ciclo della trasmissione, Maurizio Franco si occuperà della corposa attività del batterista parallela a quella dei Messengers: con i già citati boppers, ma anche con Dexter Gordon, Jimmy Smith, Buddy de Franco e molti altri.

(Fonte Birdland)

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McCoy Tyner , pianista
Con Claudio Sessa

McCoy Tyner, nato a Filadelfia nel 1938, è uno dei grandi musicisti jazz in attività.Rappresenta l’anima nera di un pianismo jazz che partendo da Art Tatum e Duke Ellington, si è sviluppato successivamente con Thelonious Monk, Bud Powell e Ahmad Jamal.Nel suo stile, alternativo a quello di Bill Evans o di Herbie Hancock, spicca il potente uso della mano sinistra, l’utilizzo di scale modali e di accordi per quarte, un’energia sonora spinta spesso al parossismo.In questo ciclo di trasmissioni, Claudio Sessa ricorda una carriera iniziata, quand’era giovanissimo, accanto a Benny Golson e Art Farmer. Entrato nel 1960, a soli 22 anni, nel quartetto di John Coltrane contribuisce con il suo stile innovativo alla musica di un gruppo fondamentale nello sviluppo del jazz moderno.Lasciato Coltrane nel 1965, dà inizio ad una carriera da solista che lo vedrà leader soprattutto alla testa di propri trii e quartetti. Occasionalmente collaborerà con colleghi quali Sonny Rollins, Jackie McLean, Steve Grossman, Bobby Hutcherson.La sua discografia immensa comprende album per Impulse! Blue Note, Milestone.

(Fonte Birdland)

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Il Jazz a Cuba dopo la rivoluzione
Con Marcello Lorrai

È indubbio che la rivoluzione a Cuba segnò uno spartiacque nello sviluppo e nell'organizzazione di molti settori della società dell’isola caraibica, ivi compresa la musica.Se il jazz americano era entrato con decisione a far parte di un contesto musicale già di per sé ricchissimo, con l’avvento delle grandi formazioni di Perez Prado, Armando Romeu Gonzalez e Benny Moré che strizzavano l’occhio a Duke Ellington o Stan Kenton, dall'altra molti musicisti cubani avevano cercato fortuna a New York o vi erano stati addirittura chiamati, contribuendo da par loro alla nascita del cosiddetto latin jazz: il trombettista e poi direttore d’orchestra Mario Bauza (con Chick Webb, Ella Fitzgerald, Cab Calloway), i percussionisti Chano Pozo e Machito che lavorarono con i boppers.Con la presa di potere di Fidel Castro, questo interscambio diretto cessò. Molti musicisti scelsero la via dell’esilio ma quelli che restarono, benché inquadrati in un’organizzazione statale dell’attività musicale, diedero un nuovo impulso allo sviluppo di un originale jazz cubano, anche grazie al movimento della Nueva Trova iniziato nei primi anni ’70.Marcello Lorrai ci conduce in questo ciclo di “Birdland” sulla base di documenti noti e di altri direttamente raccolti sul posto.

(Fonte Birdland)

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Lennie Tristano(1919-2019) a cent'anni dalla nascita
Con Maurizio Franco

Leonard Joseph Tristano (Chicago 1919-New York 1978), noto semplicemente come Lennie, è stata una delle figure essenziali del jazz moderno. Pianista, compositore, didatta, cieco sin dalla tenera età, si forma dapprima con la madre, pianista pure lei, in seguito all’American Conservatory di Chicago. In gioventù si avvicina a molti altri strumenti quali sassofoni, clarinetto, chitarra, tromba, batteria.Attorno a lui, a partire dalla metà degli anni ’40, si forma una vera e propria scuola di giovani musicisti che seguono i suoi dettami: analisi rigorosa del linguaggio dei grandi improvvisatori del passato, qualità dell’ascolto, rifiuto di uniformarsi alle principali correnti del tempo, be-bop e cool jazz in primis, diffidenza rispetto al mondo dello spettacolo e della produzione discografica.In questo gruppo di allievi - diventati in parte anche suoi collaboratori musicali - figurano Lee Konitz e Bill Russo, in seguito anche i sassofonisti Warne Marsh, Ted Brown e Lenny Popkin, i pianisti Sal Mosca e Conny Crothers, il chitarrista Billy Bauer e molti altri.Tra i tratti distintivi della sua musica l’idea di totale spontaneità dell’improvvisazione che lo porterà a sviluppare sul suo strumento assoli a due mani e in contrappunto, fino a sperimentare – da vero precursore - la libera improvvisazione, sia di gruppo che in solitaria.Tristano riduce progressivamente la sua presenza sui palcoscenici dalla metà degli anni ’50, con rare apparizioni all’Half Note di New York e una breve tournée europea nel 1965. In seguito si consacrerà unicamente all’insegnamento.“Birdland” ricorda il centenario di Tristano con una doppia serie di trasmissioni curate da Maurizio Franco. A questo primo ciclo farà seguito un secondo nel corso della primavera 2019.

(Fonte Birdland)

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ECM Story
Con Claudio Sessa

L’etichetta di Monaco di Baviera ECM (Edition of Contemporary Music), fondata nel 1969 dal produttore Manfred Eicher, festeggia i 50 anni di presenza sul mercato discografico.“Free at last” del pianista Mal Waldron fu il primo album pubblicato alla fine di quell’anno, con un titolo che possiamo anche pensare riferito alla nuova etichetta: una sorta di dichiarazione di intenti. In effetti libertà ed indipendenza saranno da quel momento elementi essenziali della produzione di ECM.Con il suo immenso catalogo ECM ha contribuito a dar voce a musicisti e gruppi oggi considerati imprescindibili per la musica del nostro tempo: Keith Jarrett, Chick Corea, Jan Garbarek, Egberto Gismonti, Ralph Towner, Dave Holland, l’Art Ensemble of Chicago e – nell’ambito delle musiche scritte – Steve Reich, Meredith Monk, Arvo Pärt, György Kurtag, Giya Kancheli e molti altri.“Birdland” si occuperà in maniera approfondita dell’anniversario. In questa prima di due serie di trasmissioni organiche, Claudio Sessa illustrerà alcune delle linee estetiche e dei campi di interesse che hanno guidato l’etichetta nel corso della sua lunga storia.Più tardi nel corso dell’anno, i vari collaboratori della trasmissione presenteranno le loro “scelte del cuore”, i 5 dischi per loro più rappresentativi e personalmente più importanti del catalogo dell’etichetta.

(Fonte Birdland)

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Jazz&Rock-Rock&Jazz
Con Riccardo Bertoncelli

A cinquant’anni da "Bitches Brew" di Miles DavisNel 1969 Miles Davis registra un disco che è ancor oggi considerato l’archetipo di quello che sarà definito jazz-rock e più avanti fusion. "Bitches Brew", doppio album per Columbia, è lo sviluppo (e diretta conseguenza) di quanto solo accennato nel precedente "In a silent way": ritmiche binarie e fortemente groovy, dilatazione dei brani basati su brevi, semplici incisi tematici e su armonie modali, ampio spazio affidato ai solisti, strumentazione decisamente elettrica.Se i jazzisti coinvolti in "Bitches Brew" saranno decisivi nella crescita della fusion (Shorter e Zawinul daranno vita ai Weather Report, Corea ai Return to Forever, McLaughlin alla Mahavishnu Orchestra), soprattutto sul lato inglese numerosi gruppi del rock saranno influenzati dagli stilemi del jazz: i primissimi Pink Floyd con le loro performance improvvisate, i Colosseum, i Nucleus di Ian Carr, i Soft Machine e tutta quella galassia di band legate al giro di Canterbury, tra questi Henry Cow e Slapp Happy. Questo grande fermento contribuirà in seguito all’avvento dei gruppi del cosiddetto progressive.A 50 anni dalla pubblicazione di "Bitches Brew", Riccardo Bertoncelli indaga in questa serie di “Birdland” le dinamiche che permisero l’avvicinamento del jazz al rock e anche l’inverso.

(Fonte Birdland)

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Dischi Storici.Paul Motian "Psalm"
Con Claudio Sessa

Il batterista Paul Motian, noto per essere stato membro di una delle edizioni più riuscite del trio di Bill Evans e del primo trio di Keith Jarrett, iniziò una carriera discografica da leader nei primi anni ’70 con la ECM.“Psalm”, del 1982, è la sua quinta pubblicazione e vede nel cast due musicisti ai loro esordi: Bill Frisell e Joe Lovano. Leggenda vuole che fu Pat Metheny, che avrebbe dovuto essere della partita ma impedito da precedenti impegni presi, a consigliare a Motian il giovane chitarrista. Con Frisell e Lovano il batterista fonderà poco dopo un rivoluzionario trio che segnerà il jazz degli anni ’80.La formazione di “Psalm”, che contiene otto composizioni dello stesso Motian, è completata da un secondo sassofonista, Billy Drewes, e dal bassista Ed Schuller.Prima emissione venerdì 16 marzo 2018

(Fonte Birdland)

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I Capolavori.Art Ensemble of Chicago, "Full Force"
Con Riccardo Bertoncelli

Dopo lo straordinario florilegio discografico dei primi anni di attività (1969-1972), quando il gruppo si costituisce ufficialmente a Parigi, l’Art Ensemble of Chicago rallenta le sue pubblicazioni ma nel 1978 entra nell’orbita della ECM di Manfred Eicher. È l’inizio di una nuova fase in tal senso, grazie alla cura con cui d’ora in avanti i loro album saranno prodotti."Full Force" è il secondo, straordinario, album pubblicato per l’etichetta di Monaco. Titolo più che azzeccato per la dirompente l’energia musicale che scaturisce dai rilli, ma anche per le inaudite sonorità risultanti dalle cangianti combinazioni dei tanti strumenti utilizzati. Il lavoro è la perfetta sintesi della linea musicale scelta da un gruppo che è ormai centrale sulla scena della musica improvvisata dell’epoca: utilizzo di un linguaggio che fa tesoro di elementi del free jazz, della new thing e della musica colta contemporanea ma anche attento recupero del patrimonio culturale della black music.Nello strumentario utilizzato da Bowie, Jarman, Mitchell, Favors e Moye i tanti sassofoni, la tromba, il contrabbasso e la batteria ma poi anche flauti, clarinetti, le voci, la melodica, la celesta e un incredibile armamentario di percussioni, spesso costruite in proprio."Full Force" fu registrato nei Columbia Studios di New York nel gennaio 1980 e pubblicato il 1. Aprile di quello stesso anno.

(Fonte Birdland)

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I Capolavori Wayne Shorter ,"Schizophrenia"
Con Riccardo Bertoncelli

Entrato a fare parte dei Messengers di Art Blakey nel 1959, la fama di Wayne Shorter cresce notevolmente negli anni successivi fino a quando nel 1964 si unisce al gruppo di Miles Davis e contemporaneamente firma per la Blue Note.Per la leggendaria etichetta jazz statunitense pubblicherà undici album fino al 1970. "Schizophrenia" è l’ottavo lavoro della serie, pubblicato nel 1967. L’allusione del titolo è evidentemente musicale e si riferisce probabilmente alla doppia valenza della straordinaria musica di Shorter all’epoca: da una parte forti e decisi temi musicali che caratterizzano i brani da cui però nella improvvisazione scaturisce l’imprevedibile e la deriva verso territori sonori mai sondati.L’album fu registrato insieme ai fedeli davisiani Herbie Hancock e Ron Carter, cui si aggiunsero James Spaulding all’alto e ai flauti, nonché Joe Chambers alla batteria.

(Fonte Birdland)

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Jeanne Lee , Vocalist
Con Marcello Lorrai

Jeanne Lee è stata una delle grandi vocalist attive nell’ambito del jazz e delle musiche improvvisate dai primi anni ’60 fino alla prematura scomparsa nel 2000.Nata a New York nel 1939, si era formata al Bard College nel Massachusetts dove studiò letteratura, danza, coreografia e psicologia.Venne alla ribalta nei primi anni ’60 per l’album "The newest sound around" in duo con il pianista Ran Blake, per quello che fu uno dei manifesti della Third Stream. Si interessò successivamente ad altre espressioni dell’avanguardia artistica come la poesia sonora e le performances del gruppo Fluxus. Collaborò pure con John Cage.In ambito jazz la ricordiamo accanto ad Archie Shepp, Marion Brown, al pianista Mal Waldron (in duetti che fecero storia), nel cast di Escalator over the Hill – leggendaria opera jazz di Carla Bley. Ma anche con Anthony Braxton, con Enrico Rava, con il vibrafonista tedesco Gunter Hampel, diventato poi suo marito, e poi alla testa di suoi progetti da leader.Marcello Lorrai ci introduce nel magico universo di un’artista a tutto tondo venuta a mancare quando era ancora in piena attività.

(Fonte Birdland)

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Lennie Tristano(1919-2019) a cent'anni dalla nascita..( Seconda parte)
Con Maurizio Franco

Da lunedì 25 a venerdì 29 marzo 2019 Leonard Joseph Tristano (Chicago 1919 – New York 1978), noto semplicemente come Lennie, è stata una delle figure essenziali del jazz moderno. Pianista, compositore, didatta, cieco sin dalla tenera età, si forma dapprima con la madre, pianista pure lei, in seguito al American Conservatory di Chicago. In gioventù si avvicina a molti altri strumenti quali sassofoni, clarinetto, chitarra, tromba, batteria.Attorno a lui, a partire dalla metà degli anni ’40, si forma una vera e propria scuola di giovani musicisti che seguono i suoi dettami: analisi rigorosa del linguaggio dei grandi improvvisatori del passato, qualità dell’ascolto, rifiuto di uniformarsi alle principali correnti del tempo, be-bop e cool jazz in primis, diffidenza rispetto al mondo dello spettacolo e della produzione discografica.In questo gruppo di allievi - diventati in parte anche suoi collaboratori musicali, figurano Lee Konitz e Bill Russo, in seguito anche i sassofonisti Warne Marsh, Ted Brown e Lenny Popkin, i pianisti Sal Mosca e Conny Crothers, il chitarrista Billy Bauer e molti altri.Tra i tratti distintivi della sua musica l’idea di totale spontaneità dell’improvvisazione che lo porterà a sviluppare sul suo strumento assoli a due mani e in contrappunto, fino a sperimentare – da vero precursore - la libera improvvisazione, sia di gruppo che in solitaria.Tristano riduce progressivamente la sua presenza sui palcoscenici dalla metà degli anni ’50, con rare apparizioni all’Half Note di New York e una breve tournée europea nel 1965. In seguito si consacrerà unicamente all’insegnamento.

(Fonte Birdland)

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ECM Story-50 anni..( Seconda Parte )
Con Claudio Sessa

Da lunedì 1. a venerdì 05 aprile 2019L'etichetta di Monaco di Baviera ECM (Edition of Contemporary Music), fondata nel 1969 dal produttore Manfred Eicher, festeggia i 50 anni di presenza sul mercato discografico."Free at last" del pianista Mal Waldron fu il primo album pubblicato alla fine di quell’anno, con un titolo che possiamo anche pensare riferito alla nuova etichetta: una sorta di dichiarazione di intenti. In effetti libertà ed indipendenza saranno da quel momento elementi essenziali della produzione di ECM.Con il suo immenso catalogo ECM ha contribuito a dar voce a musicisti e gruppi oggi considerati imprescindibili per la musica del nostro tempo: Keith Jarrett, Chick Corea, Jan Garbarek, Egberto Gismonti, Ralph Towner, Dave Holland, l’Art Ensemble of Chicago e – nell’ambito delle musiche scritte – Steve Reich, Meredith Monk, Arvo Pärt, György Kurtag, Giya Kancheli e molti altri.Birdland si occuperà in maniera approfondita dell’anniversario. In questa seconda serie di trasmissioni Claudio Sessa illustrerà ulteriori campi di interesse e linee estetiche che hanno guidato l’etichetta nel corso della sua lunga storia.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!clxg0CKI!mfvf8tW...-47v_1nDt-eNXkc

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I Capolavori McCoy Tyner"Extensions"
Con Riccardo Bertoncelli

Extensions è il penultimo degli album che il grande pianista McCoy Tyner registrò tra il dicembre 1967 e l’autunno del 1970 per la Blue Note, prima di passare all’etichetta Milestone.Presenta un particolare sestetto dove ritroviamo strani incroci e riunioni: Alice Coltrane – moglie del sassofonista scomparso nell’estate di quell’anno - all’arpa; due sassofonisti molto diversi come il davisiano Wayne Shorter (che di lì a poco si lancerà nell’avventura Weather Report) e il giovane Gary Bartz all’alto, Elvin Jones alla batteria (con il quale aveva costituito la ritmica dello storico quartetto di “Trane”) e Ron Carter al contrabbasso, altro fuoriuscito dai gruppi di Davis.Il materiale è di Tyner, con quattro belle composizioni di carattere modale (su tette l’iniziale Message from the Nile) dove si mettono in evidenza tutti i componenti della formazione, con in particolare uno Shorter decisamente ispirato.

(Fonte Birdland)

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Chicago Transit Authority
Con Riccardo Bertoncelli

Chicago Transit Authority è il nome originario dei Chicago, la band statunitense che tra anni ’70 e per tutti gli ’80 ebbe un successo commerciale tra i maggiori in ambito pop e rock.Già attivi a metà dei ’60, si erano profilati inizialmente come gruppo progressive, con il proprio rock-pop-jazz intriso anche di psichedelia, politicamente schierato. Un sound molto diverso da quello decisamente più annacquato che scelsero più tardi per mantenere il successo.Al trio inizialmente riunitosi attorno al trombonista James Pankow, si affiancarono successivamente il chitarrista Terry Kath, il batterista Danny Seraphine, il multistrumenista Robert Lamm, più tardi Peter Cetera al basso. Sono i primi anni i più creativi, con un album di debutto che nel 1969 – partito da un circuito underground - riesce a diventare il disco d’oro. Questa fase si concluderà con la pubblicazione del pregevole Chicago IV, album registrato live alla Carnegie Hall (1971), e con ancora bei guizzi di genialità nel lavoro successivo.

(Fonte Birdland)

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Jazz Rock-Rock jazz.. (Seconda parte)
Con Riccardo Bertoncelli

A cinquant’anni da "Bitches Brew" di Miles Davis Nel 1969 Miles Davis registra un disco che è ancor oggi considerato l’archetipo di quello che sarà definito jazz-rock e più avanti fusion. "Bitches Brew", doppio album per Columbia, è lo sviluppo (e diretta conseguenza) di quanto solo accennato nel precedente “In a silent way”: ritmiche binarie e fortemente groovy, dilatazione dei brani basati su brevi, semplici incisi tematici e su armonie modali, ampio spazio affidato ai solisti, strumentazione decisamente elettrica.Se i jazzisti coinvolti in "Bitches Brew" saranno decisivi nella crescita della fusion (Shorter e Zawinul daranno vita ai Weather Report, Corea ai Return to Forever, McLaughlin alla Mahavishnu Orchestra), soprattutto sul lato inglese numerosi gruppi del rock saranno influenzati dagli stilemi del jazz: i primissimi Pink Floyd con le loro performance improvvisate, i Colosseum, i Nucleus di Ian Carr, i Soft Machine e tutta quella galassia di band legate al giro di Canterbury, tra questi Henry Cow e Slapp Happy. Questo grande fermento contribuirà in seguito all’avvento dei gruppi del cosiddetto progressive.A 50 anni dalla pubblicazione di "Bitches Brew", Riccardo Bertoncelli indaga anche in questa secondo ciclo di "Birdland" le dinamiche che permisero l’avvicinamento del jazz al rock e anche l’inverso.

(Fonte Birdland)

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Il mio Jazz
Con Maurizio Franco

Franco Ambrosetti a colloquio con Maurizio Franco Da lunedì 22 a venerdì 26 aprile 2019Franco Ambrosetti è tra le figure più in vista del jazz elvetico sin dagli anni ’70. Trombettista e flicornista, iniziò la carriera giovanissimo nei primi '60 accanto al padre Flavio, altosassofonista e pioniere del jazz moderno in Svizzera ed Europa.Birdland presenta questa settimana le prime cinque di dieci trasmissioni che lo vedono a colloquio con il nostro collaboratore Maurizio Franco. Spunto del programma, che ripercorre alcuni dei momenti più significativi della carriera di Ambrosetti, è il libro La scelta di non scegliere, uscito lo scorso autunno presso Vanni Editore con riflessioni, racconti, aneddoti e una ricca iconografia relativi all’originale percorso del musicista luganese, vissuto tra jazz ed industria.

(Fonte Birdland)

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Mal Waldron Free at Last(1969)
Con Marcello Lorrai

Da lunedì 29 aprile a venerdì 3 maggio 2019In occasione dei 50 anni di ECM (1969-2019) abbiamo chiesto ai collaboratori di “Birdland” di scegliere i cinque album dell’etichetta che più hanno amato e di dedicare ad ognuno di essi una trasmissione. Marcello Lorrai si è concentrato in un periodo di tempo che va dagli esordi (proprio con il primo disco in assoluto del catalogo, Free at Last del pianista Mal Waldron) alla fine degli anni ’80. Tra le scelte anche il live a Parigi del collettivo Circle, un ensemble dalla vita breve ma dai contenuti forti che vide fianco a fianco Chick Corea a Anthony Braxton; l’eccellente esordio “in solitaria” per ECM del clarinettista e sassofonista John Surman, una formula che si rivelerà di successo; un altro esordio, il magistrale Kultrum di Dino Saluzzi, che rivelerà al pubblico occidentale la straordinaria sintesi tra folklore e contemporaneità cui era giunto il multistrumentista argentino; infine il gioiellino (purtroppo destinato a restar senza seguito) a firma del collettivo AM4, registrato nel 1989 dalla vocalist USA Linda Sharrock e dai due austriaci Wolfgang Puschnig e Uli Scherer, sassofonista e membro fondatore, rispettivamente pianista originario dell’innovativa e contestataria Vienna Art Orchestra.

(Fonte Birdland)

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Joni Mitchell- Tra folk, blues e jazz
Con Riccardo Bertoncelli

Joni Mitchell, nata nel 1943 nello stato dell’Alberta, è sin dalla fine degli anni ’60 una delle maggiori cantautrici del Nord America. Una carriera, lanciata dal grande successo ottenuto al debutto al festival di Newport del 1965, che continua tuttora, anche se l’ultimo suo album di canzoni inedite risale al 2007.Nella musica di Joni Mitchell sono sempre confluiti gli elementi più diversi. Riccardo Bertoncelli si soffermerà in particolare, in questo ciclo di "Birdland", sulle influenze derivate dal blues, dal jazz, dal jazz-rock e la fusion.In particolare nella seconda metà degli anni '70 la Mitchell ebbe occasione di collaborare con musicisti quali Charles Mingus (a cui dedicò l’album omonimo, in ricordo del grande contrabbassista nel frattempo scomparso), Pat Metheny, Mike Brecker, Jaco Pastorious, Peter Erskine e molti altri per quello che resta uno dei momenti fulgidi della sua carriera.

(Fonte Birdland)

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ECM-Story-50 anni
Con Claudio Sessa

In occasione dei 50 anni di ECM (1969-2019), abbiamo chiesto ai collaboratori di "Birdland" di scegliere i cinque album dell’etichetta che più hanno amato e di dedicare ad ognuno di essi una trasmissione.Claudio Sessa parte da un pianista per arrivare…ad un altro pianista. Fra le sue scelte il rivelatore Facing You di Keith Jarrett, il musicista statunitense che sebbene già noto soprattutto per le sue collaborazioni con Charles Lloyd e per un proprio trio comprendente Paul Motian e Charlie Haden, proprio con quell’album del 1972 svela un’arte del “piano solo” del tutto personale che resterà format di riferimento nel prosieguo della sua carriera.L’album cronologicamente più recente è Rosslyn (2003), squisito lavoro in trio di John Taylor registrato con Marc Johnson e Joey Baron che resterà – accanto alle innumerevoli collaborazioni - l’unico vero album da leader per ECM del compianto pianista inglese.Tra le altre scelte di Claudio Sessa il complesso e articolato Nine to get ready (1999), capolavoro della piena maturità di Roscoe Mitchell, anima dell’Art Ensemble of Chicago e personaggio di riferimento dell’etichetta di Monaco; quell’ Angel Song firmato nel 1997 da Kenny Wheeler e con la presenza straordinaria del veterano Lee Konitz al sax alto, di Bill Frisell alla chitarra e di Dave Holland al contrabbasso, splendido esempio dell’intuito del produttore Manfred Eicher di accostare, anche per una sola volta, musicisti che mai si fossero incontrati in precedenza; o l’ancor oggi freschissimo Music for two basses, registrazione degli albori dell’etichetta (1971) nella quale troviamo riuniti in un raro, magico momento di intima comunicazione musicale lo stesso Dave Holland e Barre Phillips, i due storici contrabbassisti dell’avanguardia jazz inglese.

(Fonte Birdland)

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Herbie Nichols , a cent'anni dalla nascita
Con Marcello Lorrai

Herbie Nichols, l’incompreso. Caso dei più evidenti nella storia del jazz di potenzialità artistica non pienamente espressa, la vicenda del pianista, nato nel 1919 a New York, si svolge tra una modernità stilistica sullo strumento e nella vena compositiva - che lo pone tra Thelonious Monk e il primo Cecil Taylor - coniugata, anche in ragione della necessità di sbarcare il lunario, con una personale rilettura della tradizione del dixieland, dello swing, delle musiche caraibiche. La morte prematura, sopraggiunta nel 1963, l’aveva definitivamente relegato per lungo tempo nell’oblio, insieme ai suoi soli tre album completi pubblicati in vita.In questa serie di “Birdland” Marcello Lorrai ripercorre la carriera di un musicista la cui arte è stata poi doverosamente rivalutata a partite dagli anni '80 da musicisti illuminati quali Roswell Rudd e Steve Lacy, e da quelli del jazz d’avanguardia olandese come Misha Mengelberg, Michael Moore, Han Bennink.

(Fonte Birdland)

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Il mio Jazz....( Seconda Parte )
Con Maurizio Franco

Franco Ambrosetti a colloquio con Maurizio Franco.Franco Ambrosetti è tra le figure più in vista del jazz elvetico sin dagli anni '70. Trombettista e flicornista, iniziò la carriera giovanissimo nei primi '60 accanto al padre Flavio, altosassofonista e pioniere del jazz moderno in Svizzera ed Europa.“Birdland” presenta questa settimana la seconda parte di un ciclo di dieci trasmissioni che lo vedono a colloquio con il nostro collaboratore Maurizio Franco. Spunto del programma, che ripercorre alcuni dei momenti più significativi della carriera di Ambrosetti, è il libro "La scelta di non scegliere", uscito lo scorso autunno presso Vanni Editore con riflessioni, racconti, aneddoti e una ricca iconografia relativi all’originale percorso del musicista luganese, vissuto tra jazz ed industria.

(Fonte Birdland)

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Di padre in figlio Dewey e Joshua Redman, sassofonisti
Con Claudio Sessa

Dewey Redman, nato nel 1931 e scomparso nel 2006, con il suo suono ruvido e al tempo stesso lirico, è stato uno dei maggiori sassofonisti dell’era del post-free. Lo ricordiamo nei gruppi di Ornette Coleman tra fine ’60 ed inizio ’70, nel quartetto “americano” di Keith Jarrett con Paul Motian e Charllie Haden, nel quartetto Old and New Dreams, con Don Cherry, Ed Blackwell ed ancora Haden.Joshua Redman (nato nel 1969), uno dei suoi due figli, è pure lui sassofonista, una delle figure di maggior rilievo, assieme a Brad Mehldau, Chris Potter, Craig Taborn, James Carter, della nuova generazione statunitense venuta alla ribalta con gli anni ’90.Claudio Sessa, nel ricordare i momenti salienti delle loro proprie carriere, sottolineerà pure affinità e differenze nel loro personale approccio stilistico e tecnico al sassofono, più in generale nelle loro rispettive concezioni del jazz.

(Fonte Birdland)

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ECM Story-50 anni
Le scelte del cuore di Riccardo Bertoncelli

In occasione dei 50 anni di ECM (1969-2019), abbiamo chiesto ai collaboratori di "Birdland" di scegliere i cinque album dell’etichetta che più hanno amato e di dedicare ad ognuno di essi una trasmissione.Riccardo Bertoncelli mette dapprima l’accento su un allora giovane e rampante chitarrista norvegese, Terje Rypdal, che si era già illustrato nel gruppo di Jan Garbarek e che subito dopo firmò il suo album di debutto.Il batterista Jack DeJohnette per ECM ha prodotto diversi album della sua Special Edition, in particolare l’eccellente "Tin Can Alley" del 1980.Al di fuori del catalogo prettamente jazz di ECM, spiccano i dischi legati al minimalismo. Accanto a quelli di Steve Reich importante è stato l’apporto di Meredith Monk, la cantante, compositrice, performer che ha segnato la musica contemporanea statunitense dagli anni 60 ad oggi.Cloud Dance è uno dei dischi più belli firmati per ECM da Colin Walcott, lo specialista di strumenti etnici che lavorò con gli Oregon e nel trio Codona con Don Cherry e Nana Vasconcellos.Con il quinto album scelto Bertoncelli ritorna agli albori di ECM e a uno dei primi album in assoluto di piano solo del grande Paul Bley, "Open to Love", uscito nel 1972.

(Fonte Birdland)

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In ricordo di Arethe Franklin .. (Replica)
Con Riccardo Bertoncelli

Fra le massime voci della black music, Aretha Franklin (1942–2018) è stata protagonista assoluta del soul e del rhythm & blues sin dai primi passi, a fine anni '50, quando l’impronta jazz nella sua vocalità e nella sua musica (ricordiamo che era anche un'eccellente pianista) era ancora marcata. A partire dal 1967, passata dalla Columbia Records all’Atlantic, ha inizio il periodo d’oro, con una serie di hit e di album che ne decretano anche il grande successo commerciale. A qualche mese dalla scomparsa Riccardo Bertoncelli ripercorre la carriera di un’artista passata alla storia per la straordinaria tecnica vocale, per una musicalità davvero unica e per la travolgente energia che caratterizzava le sue performance dal vivo.

(Fonte Birdland )

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Il Jazz in Francia nel Dopoguerra ..(Replica)
con Marcello Lorrai

Parigi, nel clima effervescente degli anni dopo la Liberazione. È il day after di immani tragedie: la guerra appena terminata, l’Europa in macerie, l’orrore della scoperta dei forni crematori nazisti… Ma tra le vie e nei caffè di Saint-Germain-des-Prés si respira un clima nuovo, un desiderio di rinascita e di rinnovamento, una voglia di riappropriarsi della capitale, quasi purificata dopo la souillure allemande e collaborazionista. La città sembra voler ritornare alla sua vocazione naturale, esplode la gioia di ricominciare a vedersi, di incontrarsi, di stare insieme, di andare a teatro e di ascoltare musica. Una ventata di creatività investe la nuova generazione.
I lunghi anni della guerra e dell’occupazione avevano abituato alla razionalità, all'ordine, alla precisione: i giovani esistenzialisti mandano all'aria queste abitudini e propongono un universo radicalmente differente, pieno di follia e di poesia, di disordine e di sorprese. I giovani philosophes vogliono contare, giudicare la storia, dire “parole sporche”, comunicare il senso di un profondo disagio esistenziale. Non si tratta di assolvere, né di condannare, ma di capire: l'assurdo, la nausea, l'angoscia e la libertà, a cui, diceva Sartre, siamo condannati. Di confrontarsi con le passioni più vere: l'amore, la follia della vita, la filosofia come esperienza quotidiana. E, naturalmente, la musica jazz, che diviene la colonna sonora del tempo.
Saint-Germain e la Rive Gauche, con i suoi protagonisti: Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, Albert Camus, Jacques Prévert. E ancora Juliette Gréco, Ferré, Brel e soprattutto Boris Vian, scrittore, poeta e pure trombettista che diventa capofila del movimento jazz parigino. Quelle ineffabili atmosfere e quegli straordinari musicisti che animavano le fumose caves di Saint-Germain saranno evocati in questa serie di “Birdland”, con la sapiente guida di Marcello Lorrai.

(Fonte Birdland)

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Leonard Bernstein e il Jazz ..(Replica)
Con Claudio Sessa

Una fra le massime personalità della musica americana del ‘900, il compositore, direttore d’orchestra, pianista e divulgatore Leonard Bernstein avrebbe compiuto 100 anni lo scorso mese di agosto.
Rete Due ha già dedicato alla ricorrenza diversi suoi spazi radiofonici, ma in questa serie di "Birdland", Claudio Sessa entra nel merito del rapporto del grande musicista con il jazz, genere la cui essenza ha influenzato da vicino il suo modo di comporre e di certo anche altri aspetti della sua attività.
Fin dai primi anni il jazz è stato parte integrante della vita di Bernstein e ha avuto un impatto cruciale sulla sua musica. Negli anni’30, giovanissimo, era noto per l’abilità nel suonare il piano alle feste e dirigeva anche una vera e propria orchestra swing durante i campus estivi. Molti degli schizzi delle sue prime opere, composti durante gli anni di studio ad Harvard e al Curtis Institute di Filadelfia, sono impregnati dall’influenza del jazz che, dopo il periodo del college, imparò a conoscere sul campo, nella New York dei famosi club, vera fucina della musica afroamericana.
"Il jazz è il massimo comun denominatore della musica americana". Questa frase di Bernstein sintetizzò in maniera efficace la sua tesi di laurea in cui sosteneva che il jazz è punto di riferimento imprescindibile nello stile dei compositori americani.

(Fonte Birdland)

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Il primo Charles Mingus ..(Replica)
Con Maurizio Franco

Grande figura di compositore, organizzatore musicale e contrabbassista, Charles Mingus ha percorso il jazz moderno da protagonista. Nato in Arizona nel 1922, scomparso ancora in piena attività, malgrado il morbo incurabile che lo affliggeva, in Messico nel 1979, Mingus resta nella storia del jazz per il concetto di improvvisazione collettiva che mise a punto con i suoi gruppi sin dai gli anni ’50, combinando elementi del blues, del be-bop e del cool e prefigurando l’avvento delfree jazz (di cui non sposò mai veramente l’estetica).
Maurizio Franco si sofferma in queste cinque trasmissioni sul primo periodo creativo del musicista, dove passeranno in rassegna alcune registrazioni californiane degli anni '40, la collaborazione con i boppers della prima ora, il lavoro con il trio del vibrafonista Red Norvo, il duo e il trio con il pianista Spaulding Givens. E ancora i suoi pezzi giovanili (incisi solo nel 1960 in un album dal titolo Pre-Bird), la fondazione con Max Roach dell’etichetta Debut (1952) e le incisioni dei primiJazz Workshop, come era solito chiamare i gruppi che formava all’epoca, veri e propri laboratori di creatività ma anche di provocazione, di cui era maestro.

(Fonte Birdland)

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Scott Joplin ..(Replica)
Con Marcello Lorrai

Se guardiamo alla storia del jazz primigenio, Scott Joplin è da considerare un po' come il patriarca di coloro che ne furono i protagonisti.
Nato nel 1868 in Texas, leggenda vuole che imparò a suonare il piano grazie al signor Weiss, un ricco immigrato tedesco di origine ebraica, a casa del quale la madre di Scott, portandoselo con sé, si recava a fare le pulizie. Nelle mani, sotto le dita di Scott Joplin che scivolavano sulla tastiera, grazie alle lezioni di Weiss, successe l’irreparabile: la colta e rigida tradizione europea si incontrò per la prima volta con i ritmi dell’Africa. La musica che poi Scott Joplin creò, definita ragtime, rappresenta la radice più profonda di quella che diventerà la musica afro-americana.
Marcello Lorrai ci racconta la vicenda, zeppa di colorate testimonianze e strani aneddoti, di un musicista che ci ha lasciato pagine importanti della storia della musica: da Maple Leaf Rag – il suo successo più grande – a The Entertainer(resuscitato grazie al film La stangata), la ballad Little Black Lady o il valzerBethania, su su fino agli appunti di Treemonisha, quell’opera “nera” che Scott avrebbe voluto terminare per sancire il definitivo approdo del popolo di colore alla grande musica.

(Fonte Birdland)

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Jimmy Blanton e il moderno contrabbasso jazz .. (Replica)
Con Claudio Sessa

Jimmy Blanton, nato cent’anni or sono nel 1918, morì di tubercolosi a soli 24 anni.
Pur nella brevissima carriera diede un impulso decisivo allo sviluppo del ruolo del contrabbasso nel jazz. Lo strumento, relegato fino ad allora ad un ruolo di accompagnamento, grazie a lui si emancipò ed iniziò a dialogare alla pari con gli altri elementi dell’orchestra. Blanton rivoluzionò anche il tipo di accompagnamento tipico dello strumento, grazie all’innata musicalità e ad una tecnica prodigiosa. L’apice della sua arte lo toccò con l’orchestra di Duke Ellington, con cui realizzò anche degli storici duetti.
Claudio Sessa ripercorre la sua storia e in parte anche quella di altri importanti colleghi di strumento come Cachao, Chubby Jackson o Eddie Safranski, curiosamente tutti nati nel 1918.

(Fonte Birdland)

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Dave Liebman , sassofonista ... (Replica)
Con Maurizio Franco

Sassofonista specializzatosi nell’uso del soprano, nuovayorkese doc (nato a Brooklyn nel 1946), Dave Liebman è legato a doppio filo con la storia in epoca moderna del suo strumento.
Maurizio Franco passa in rassegna, in questo ciclo di "Birdland", una decennale carriera, iniziata a fine anni ’60 nei gruppi di Elvin Jones e di Miles Davis.
Da allora ha diretto ed è stato co-leader di moltissimi gruppi, tra cui l’Open Sky Trio con Bob Moses e Lookout Farm con il pianista Ritchie Beirach, negli anni ’80 il celebrato quartetto Quest, ancora con Beirach, con Ron McClure al basso e Billy Hart alla batteria, e più tardi We3 con Steve Swallow al basso e Adam Nussbaum alla batteria. Dopo una fruttuosa collaborazione con Chick Corea, ha dato vita a fine anni ’70 ad un suo quintetto che ha condotto, in varie edizioni (con la presenza di musicisti quali John Scofield, Tony Marino, Vic Juris, Ellery Eskelin e molti altri), per più di vent’anni.
Grazie al suo spirito d’apertura, Liebman è diventato ospite prediletto di molti jazzisti europei tra cui Bobo Stenson, Paolo Fresu, Joachim Kühn nonché il bassista francese Jean Paul Celea e il batterista austriaco Wolfgang Reisinger, con i quali ha dato vita ad un eccellente trio. Numerose anche le orchestra con le quali ha collaborato come quelle delle radio tedesche WRD, NDR e SWF, la Brussels Jazz e l’olandese Metropole, nonché gruppi di nuova musica quali l’Ensemble Intercontemporain e il Klangforum di Vienna.
Dave Liebman è sempre stato attivo anche in campo didattico ed ha pubblicato saggi sul jazz e sull’improvvisazione. La sua biografia "What It Is-The Life Of A Jazz Artist" è un documento di grande interesse per conoscerlo meglio, sia come artista che come uomo.

(Fonte Birdland)

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Il Jazz a Cuba dopo la rivoluzione..(Replica)
Con Marcello Lorrai

È indubbio che la rivoluzione a Cuba segnò uno spartiacque nello sviluppo e nell'organizzazione di molti settori della società dell’isola caraibica, ivi compresa la musica.Se il jazz americano era entrato con decisione a far parte di un contesto musicale già di per sé ricchissimo, con l’avvento delle grandi formazioni di Perez Prado, Armando Romeu Gonzalez e Benny Moré che strizzavano l’occhio a Duke Ellington o Stan Kenton, dall'altra molti musicisti cubani avevano cercato fortuna a New York o vi erano stati addirittura chiamati, contribuendo da par loro alla nascita del cosiddetto latin jazz: il trombettista e poi direttore d’orchestra Mario Bauza (con Chick Webb, Ella Fitzgerald, Cab Calloway), i percussionisti Chano Pozo e Machito che lavorarono con i boppers.Con la presa di potere di Fidel Castro, questo interscambio diretto cessò. Molti musicisti scelsero la via dell’esilio ma quelli che restarono, benché inquadrati in un’organizzazione statale dell’attività musicale, diedero un nuovo impulso allo sviluppo di un originale jazz cubano, anche grazie al movimento della Nueva Trova iniziato nei primi anni ’70.Marcello Lorrai ci conduce in questo ciclo di “Birdland” sulla base di documenti noti e di altri direttamente raccolti sul posto.

(Fonte Birdland)

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ECM Story..(Replica)
Con Claudio Sessa

L’etichetta di Monaco di Baviera ECM (Edition of Contemporary Music), fondata nel 1969 dal produttore Manfred Eicher, festeggia i 50 anni di presenza sul mercato discografico.“Free at last” del pianista Mal Waldron fu il primo album pubblicato alla fine di quell’anno, con un titolo che possiamo anche pensare riferito alla nuova etichetta: una sorta di dichiarazione di intenti. In effetti libertà ed indipendenza saranno da quel momento elementi essenziali della produzione di ECM.Con il suo immenso catalogo ECM ha contribuito a dar voce a musicisti e gruppi oggi considerati imprescindibili per la musica del nostro tempo: Keith Jarrett, Chick Corea, Jan Garbarek, Egberto Gismonti, Ralph Towner, Dave Holland, l’Art Ensemble of Chicago e – nell’ambito delle musiche scritte – Steve Reich, Meredith Monk, Arvo Pärt, György Kurtag, Giya Kancheli e molti altri.“Birdland” si occuperà in maniera approfondita dell’anniversario. In questa prima di due serie di trasmissioni organiche, Claudio Sessa illustrerà alcune delle linee estetiche e dei campi di interesse che hanno guidato l’etichetta nel corso della sua lunga storia.Più tardi nel corso dell’anno, i vari collaboratori della trasmissione presenteranno le loro “scelte del cuore”, i 5 dischi per loro più rappresentativi e personalmente più importanti del catalogo dell’etichetta.

(Fonte Birdland)

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ECM Story-50 anni ..(Replica)
Con Claudio Sessa ( Seconda Parte )

Da lunedì 1. a venerdì 05 aprile 2019L'etichetta di Monaco di Baviera ECM (Edition of Contemporary Music), fondata nel 1969 dal produttore Manfred Eicher, festeggia i 50 anni di presenza sul mercato discografico."Free at last" del pianista Mal Waldron fu il primo album pubblicato alla fine di quell’anno, con un titolo che possiamo anche pensare riferito alla nuova etichetta: una sorta di dichiarazione di intenti. In effetti libertà ed indipendenza saranno da quel momento elementi essenziali della produzione di ECM.Con il suo immenso catalogo ECM ha contribuito a dar voce a musicisti e gruppi oggi considerati imprescindibili per la musica del nostro tempo: Keith Jarrett, Chick Corea, Jan Garbarek, Egberto Gismonti, Ralph Towner, Dave Holland, l’Art Ensemble of Chicago e – nell’ambito delle musiche scritte – Steve Reich, Meredith Monk, Arvo Pärt, György Kurtag, Giya Kancheli e molti altri.Birdland si occuperà in maniera approfondita dell’anniversario. In questa seconda serie di trasmissioni Claudio Sessa illustrerà ulteriori campi di interesse e linee estetiche che hanno guidato l’etichetta nel corso della sua lunga storia.

(Fonte Birdland)

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Soft Machine , l'altra storia ..(Replica)
Con Riccardo Bertoncelli

Soft Machine, una etichetta leggendaria che sfida il tempo: del mese di settembre 2018 è l’annuncio dell’uscita di un nuovo disco del gruppo inglese.
È opinione comune che la storia della band, fra le protagoniste del Canterbury sound e del primo jazz-rock britannico ad inizio anni ’70, è divisa in due parti ben distinte. La prima, con i quattro straordinari album degli esordi, coincide con la leadership non ufficiale ma in realtà indiscussa di Robert Wyatt, il batterista, compositore, poeta che diede energia vitale al gruppo sin dalla fondazione. La seconda è la storia del gruppo senza Wyatt, che lasciò il gruppo dopo un tragico incidente a causa del quale restò paralizzato agli arti inferiori.
Riccardo Bertoncelli prendere in considerazione proprio la seconda lunga fase della storia del gruppo che, a dispetto di quanto considerato da una critica superficiale, oggi meglio ci rivela – grazie anche alla distanza storica – l’importanza e la grandezza di un gruppo che, proprio a causa della defezione di Wyatt e grazie all’ingresso di nuovi musicisti di alto livello, ha trovato altri spunti e stimoli per continuare il proprio originale percorso, alternativo al mainstream sia rock che jazz.

(Fonte Birdland)

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Jeanne Lee , Vocalist
Con Marcello Lorrai

Jeanne Lee è stata una delle grandi vocalist attive nell’ambito del jazz e delle musiche improvvisate dai primi anni ’60 fino alla prematura scomparsa nel 2000.Nata a New York nel 1939, si era formata al Bard College nel Massachusetts dove studiò letteratura, danza, coreografia e psicologia.Venne alla ribalta nei primi anni ’60 per l’album "The newest sound around" in duo con il pianista Ran Blake, per quello che fu uno dei manifesti della Third Stream. Si interessò successivamente ad altre espressioni dell’avanguardia artistica come la poesia sonora e le performances del gruppo Fluxus. Collaborò pure con John Cage.In ambito jazz la ricordiamo accanto ad Archie Shepp, Marion Brown, al pianista Mal Waldron (in duetti che fecero storia), nel cast di Escalator over the Hill – leggendaria opera jazz di Carla Bley. Ma anche con Anthony Braxton, con Enrico Rava, con il vibrafonista tedesco Gunter Hampel, diventato poi suo marito, e poi alla testa di suoi progetti da leader.Marcello Lorrai ci introduce nel magico universo di un’artista a tutto tondo venuta a mancare quando era ancora in piena attività.

(Fonte Birdland)

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1955-1965 La maturità di Dizzy Gillespie
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa mette a fuoco in questa serie di trasmissioni quello che possiamo considerare il decennio della piena maturità di uno dei grandi protagonisti del jazz moderno, il trombettista Dizzy Gillespie.Superati i furori del periodo del be bop - quando insieme a Parker, Roach, Powell e diversi altri diede fuoco alle polveri e contribuì a cambiare per sempre il corso della storia del jazz – Gillespie entra in una nuova fase creativa con la metà degli anni ’50.Nel 1956 è incaricato dal Dipartimento di stato americano di far conoscere il jazz in Medio Oriente, in Sudamerica e in alcuni paesi al di là della cortina di ferro. Inutile dire che tale attività lo trasforma in uno dei musicisti afro-americani più popolari in assoluto. Lavora con Quincy Jones, rimette in piedi una grande formazione ed entrano nel suo giro musicisti come Phil Woods, Ernie Wilkins e Benny Golson.Del 1957 è un suo concerto trionfale al Festival di Newport, mentre del 1965 è una storica esibizione a Monterey nell’orchestra di Gil Fuller.In questo periodo lavora pure con suoi piccoli gruppi e collabora con colleghi di primissimo piano quali Rollins, Ellington, Basie, Getz, Peterson.Ha inoltre la possibilità di sviluppare l’altro filone per il quale è entrato di diritto nella storia, la musica afro-cubano e latina: lavora con specialisti del genere quali Lalo Schifrin, Mongo Santamaria, Ray Barretto, Paulinho da Costa e molti altri.

(Fonte Birdland)

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Evan's heart : i temi preferiti
con Riccardo Bertoncelli

Nell’ampio repertorio affrontato in carriera dal grande pianista jazz Bill Evans figurano una serie di brani che lo “seguono” durante buona parte del suo percorso artistico, dei cosiddetti “cavalli di battaglia” o in inglese dei signature tunes che Evans ha suonato e risuonato e le cui registrazioni permettono dei confronti di stile, di mood, di sfumature interpretative a vari livelli. Riccardo Bertoncelli per questa serie di “Birdland” ha scelto due brani firmati da Evans ”Waltz for Debby” e “Blue”, due standard come “Stella by Starlight” e “My foolish Heart” nonché quella “Nardis” scritta da Miles Davis, che il trombettista non incise mai e che divenne al contrario uno dei brani più eseguiti dal pianista.

(Fonte Birdland)

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Jelly Rolì Morton
Con Marcello Lorrai

Figura centrale nello sviluppo del jazz alle sue origini, Jelly Roll Morton è un musicista controverso: alcuni ne hanno spesso sottolineato l’altezzosità e la megalomania (si proclamò senza mezzi termini l’inventore del jazz), smentiti da altri che hanno asserito quasi il contrario. Sta di fatto che il pianista e compositore, nato a New Orleans nel 1884, è stato fra coloro che meglio hanno sintetizzato tutti quegli elementi e quegli stimoli musicali peculiari dei primi decenni del secolo in America. Dalle prime gig nel quartiere di Storyville, alle lunghe tournée che tenne in seguito su tutto il territorio degli States, dalle moltissime composizioni alle registrazioni con i vari gruppi che mise in piedi, fino al grande successo a partire dal 1923 a Chicago - dove di lì a poco avrebbe fondato il suo gruppo storico, i Red Hot Peppers - la sua fu una vita travagliata sempre in bilico tra grande arte e misera condizione umana. Marcello Lorrai traccia in Birdland il percorso di un artista che poco tempo il successo, con la Grande Depressione fu velocemente dimenticato. Anche grazie alle interviste che il musicologo Alan Lomax gli fece per la Library of Congress a fine anni ’30 la memoria del suo ruolo nella storia del jazz fu salvaguardata. Trascritti e pubblicati tali documenti – al di là della storia del musicista, pure uno straordinario spaccato della storia dell’America dei primi anni del Novecento - sono stati da poco editi anche in italiano e fanno da tela di fondo di queste trasmissioni.

(Fonte Birdland)

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Giganti del Jazz , Coleman Hawkins
Con Claudio Sessa

A cinquant’anni dalla scomparsa, Claudio Sessa si china sulla figura del tenorsassofonista Coleman Hawkins, uno dei grandi protagonisti del jazz classico e caposcuola del suo strumento cui dedichiamo una serie di dieci trasmissioni. Innovatore del linguaggio del suo strumento al pari di un Lester Young, Coleman Hawkins si formò a Chicago e alla high School di Topeka, nei sobborghi di Kansas City. Fu nella band di Mamie Smith e dal 1923 al 1934 nella celebre orchestra di Fletcher Henderson grazie alla quale si mise definitivamente in luce. Trascorsi cinque anni suonando in tutta Europa, dove suonò anche con Grappelli e Reinhardt, tornò negli Stati Uniti con l’inizio della guerra. Registrò nel 1939 una versione storica di Body & Soul e si mise al lavoro con sue piccole formazioni. A differenza di altri suoi colleghi, riuscì a far suoi gli stilemi del nuovo stile emergente, il bebop, collaborando con Dizzy Gillespie, Max Roach, Thelonious Monk. Addirittura, è considerato il trait d’union fondamentale tra quel momento di sviluppo del jazz moderno e il precedente. Nell’uso e nello sviluppo di complesse progressioni armoniche, Hawkins fu precursore del linguaggio che sarà poi proprio di Sonny Rollins e John Coltrane.

(Fonte Birdland)

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Jimmy Giuffrè, tra jazz e musica colta
Con maurizio Franco

Jimmy Giuffrè è stato uno dei grandi innovatori del jazz a partire dalla fine degli anni '50. Clarinettista, ma anche sassofonista (tenore e baritono) e flautista, fu pure compositore e arrangiatore. Dopo aver fatto parte del Thundering Herd di Woody Herman - per il quale arrangiò molto e scrisse pure uno dei più grandi successi, la celeberrima Four Brothers - Giuffrè entra in contatto e diventa protagonista della scena della West Coast. In seguito, forma i primi piccoli gruppi e si avventura in sperimentazioni compositive e timbriche che lo indicano come uno dei maggiori protagonisti della cosiddetta Third Stream, il tentativo di fondere il jazz e l’improvvisazione con gli stilemi della musica eurocolta. Importanti saranno i suoi trii cameristici con la chitarra di Jim Hall e il contrabbasso di Ralph Peña, quest’ultimo sostituito in seguito dal trombone di Bob Brookmeyer. Nel 1961 fonderà un altro trio, stavolta con Paul Bley al piano e Steve Swallow al basso, un ensemble rivoluzionario che avvicinerà la libera improvvisazione da una prospettiva diversa rispetto all’idea di free jazz promossa da Ornette Coleman o da Archie Shepp. Dopo una lunga pausa creativa Giuffrè rientrerà nel giro con gli anni ’70, alle prese pure lui con formazioni che utilizzavano strumenti elettrici. Negli ultimi anni di attività rinnovò il sodalizio con Bley e Swallow, prima che una malattia degenerativa gli impedisse di continuare a suonare. Notevole è stata anche l’attività di Giuffrè come didatta e divulgatore della cultura jazz.

( Fonte Birdland)

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I Capolavori.Billie Holidy "Lady in Satin" 1958
Con Maurizio Franco

"Lady in Satin" è l’ultimo album pubblicato in vita da Billie Holiday. Edito nel 1958 da Columbia, è un disco riccamente prodotto, con uso di ampia orchestra comprendente pure gli archi.Particolarità dell’album di un’artista, sì segnata dalla vita, ma ancora con un grande desiderio di esprimersi, è la presenza di brani da lei mai registrati in precedenza tra cui celebri standard quali "It’s easy to remember", "You’ve changed", "You don’t know what love is", "For all we know" e altri ancora. Bille Holiday, con una voce ormai affaticata ma comunque straordinariamente espressiva, propone in maniera evidente quel cantato-parlato che è una delle principali cifre stilistiche del suo ultimo periodo.

(Fonte Birdland)

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Una voce( e non solo) fuori dal coro Annette Peacock
Con Riccardo Bertoncelli

Da lunedì 21 a venerdì 25 ottobre 2019Figura di culto e icona dell'avanguardia musicale sin dagli anni ’60, Annette Peacock si è sempre distinta per un tipo di espressività austera, a volte criptica. Sempre però molto singolare e a cavallo tra i generi: jazz radicale, canzone d’autore free-form, pop-rock minimalista, sperimentazione elettronica.Nata a Brooklyn nel 1941, è praticamente autodidatta dal punto musicale. Importanti nella sua formazione, al di là della musica, sono stati gli incontri con lo psicologo e scrittore Timothy Leary e il maestro spirituale Ram Dass, nonché con Michio Kushi, uno dei primi ad introdurre i concetti della macrobiotica negli Stati Uniti.Ha lavorato agli esordi con Albert Ayler, poi con Gary Peacock (diventato suo marito), in seguito con Paul Bley producendosi alla fine degli anni ’60 in un particolare spettacolo dal titolo the Bley-Peacock Synthesizer Show dove si sfruttavano le potenzialità sonore degli strumenti inventati da Robert Moog.Dei primi anni ’70 sono le prime raccolte di canzoni. Seguirà una serie di album molto diversi uno dall’altro pubblicati senza regolarità fino ad oggi, che costituiscono la sua scarna ma preziosa discografia.Tra i più bei lavori senz’altro c’è “An Acrobat’s Heart” - scritto per la sua voce e il suo pianoforte, e dai lei arrangiato per un quartetto d’archi - realizzato su invito della ECM nel 2000.Riccardo Bertoncelli ci aiuterà ad entrare nell’universo molto particolare di suoni e canzoni di un’artista che ha sempre rifuggito la popolarità e i compromessi con il business musicale.

(Fonte Birdland)

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Giganti del Jazz , Coleman Hawkins
Con Claudio Sessa , (seconda parte)

A cinquant’anni dalla scomparsa, Claudio Sessa si china sulla figura del tenorsassofonista Coleman Hawkins, uno dei grandi protagonisti del jazz classico e caposcuola del suo strumento cui dedichiamo una serie di dieci trasmissioni. Innovatore del linguaggio del suo strumento al pari di un Lester Young, Coleman Hawkins si formò a Chicago e alla high School di Topeka, nei sobborghi di Kansas City. Fu nella band di Mamie Smith e dal 1923 al 1934 nella celebre orchestra di Fletcher Henderson grazie alla quale si mise definitivamente in luce. Trascorsi cinque anni suonando in tutta Europa, dove suonò anche con Grappelli e Reinhardt, tornò negli Stati Uniti con l’inizio della guerra. Registrò nel 1939 una versione storica di "Body & Soul" e si mise al lavoro con sue piccole formazioni. A differenza di altri suoi colleghi, riuscì a far suoi gli stilemi del nuovo stile emergente, il bebop, collaborando con Dizzy Gillespie, Max Roach, Thelonious Monk. Addirittura, è considerato il trait d’union fondamentale tra quel momento di sviluppo del jazz moderno e il precedente. Nell’uso e nello sviluppo di complesse progressioni armoniche, Hawkins fu precursore del linguaggio che sarà poi proprio di Sonny Rollins e John Coltrane.

(Fonte Birdland)

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Miles Davis , ultima fase e recenti inediti
Con Marcello Lorrai

Il Miles Davis della “svolta elettrica”, tra fine anni ’60 e metà del decennio successivo, interrompe bruscamente la sua attività nel 1975, forse anche per le feroci critiche giunte da più parti. Seguono sei lunghi anni di silenzio che si chiudono nel 1981 con la pubblicazione del celebratissimo The man with the Horn, album che inaugurerà l’ultimo decennio creativo del grande trombettista scomparso nel 1991. Sulla base di un inedito di recente pubblicazione The Rubber Band, realizzato con giovani musicisti dell’aera di Chicago, Marcello Lorrai ci guida in questo percorso che getta nuova luce sul quello che è stato uno dei suoi periodi di maggior successo.

(Fonte Birdland)

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Giorgio Gaslini , musicista totale
Coan Claudio Ricordi

Le vicine coincidenze di due date ci offrono l’occasione di raccontare i momenti più importanti della vita musicale di Giorgio Gaslini, nato a Milano il 22 ottobre del 1929 e morto il 29 luglio 2014 a Borgo val di Taro. Per essere più precisi sarà lui stesso, buon oratore, a raccontarsi, grazie ad un'amicizia e ad una serie di incontri avuti dall’autore del ciclo nel corso di una ventina d’anni. Le prime due puntate tracciano gli anni della precoce passione per il pianoforte, la famiglia e i primi insegnamenti, nonché gli studi al Conservatorio milanese. Da qui nasceranno i primi incontri, le prime amicizie (con Fellegara, Castiglioni, Paccagnini ...) e i primi riconoscimenti, sia come esecutore che compositore. E come riuscì a superare la paura di esibirsi in pubblico. Nella terza puntata Gaslini racconta di un casuale ma fondamentale incontro che lo porterà ad affermarsi nel mondo del cinema: quello con Marcello Mastroianni, che lo farà incontrare con Michelangelo Antonioni. Per finire anche un commento a posteriori del suo ben noto e discusso libro "Musica totale". Il racconto si fa più episodico nella quarta trasmissione: il lavoro per la radio, l’incontro con Duke Ellington… Nella puntata conclusiva Gaslini torna ai primi anni milanesi, in particolare alla frequentazione di Cathy Berberian e Luciano Berio. Una lunga testimonianza che ci racconta passioni, amici e colleghi e la sua determinazione a creare un ponte tra jazz e musica dodecafonica, giocando la sua carta migliore sin da giovane: l’improvvisazione.

(Fonte Birdland)

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Stan Getz , i grandi incontri
Con Maurizio Franco

Quello di Stan Getz è di certo uno dei grandi nomi del sassofono jazz moderno, in particolare del tenore. Collegato stilisticamente dalla critica al cool jazz, Getz ha saputo nondimeno sviluppare un’ampia poetica nella quale convergono le influenze sul suo modo di suonare di diversi colleghi, in particolare quelle di Lester Young e di Ben Webster. E quest’ampia tavolozza stilistica e di suono del suo strumento la ritroviamo nelle sue numerosissime e feconde collaborazioni alle quali è dedicata questa speciale serie di Maurizio Franco: con i maestri Duke Ellington e Lionel Hampton, con Jerry Mulligan o Chet Baker, con le voci di Ella Fitzgerald, Joao e Astrud Gilberto, con i pianisti Bill Evans, Chick Corea, Martial Solal e molti altri.

( Fonte Birdland)

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John McLaughlin , 4th Dimension , gli anni recenti
Con Riccardo Bertoncelli

Giocando sul titolo del progetto che l’ha maggiormente occupato in anni recenti, possiamo dire che John McLaughlin è entrato nella "quarta dimensione". Inglese, nato nel South Yorkshire nel 1942, il chitarrista ha alle spalle una lunga carriera iniziata negli anni '60 quando frequentava la cerchia del British Blues: Alexis Korner, Georgie Fame, Graham Bond. Il suo primo album "Extrapolation", del 1969, lo lancia a livello planetario: fa il passo verso gli Stati Uniti, lavora con Lifetime di Tony Williams e poco dopo è chiamato da Miles Davis. Con il trombettista lavorerà in album storici quali "In a silent Way", "Bitches Brew", "Live-Evil", "Jack Johnson", ovvero l’essenza del jazz-rock. Fonderà di lì a poco la celebre Mahavishnu Orchestra e in seguito il gruppo Shatki dove mescola jazz, rock e musica indiana. Da più di dieci anni ormai ha formato il gruppo 4th Dimension, senza peraltro abbandonare altri progetti. È proprio alla recente attività del grande virtuoso della chitarra che Riccardo Bertoncelli dedica questa serie di "Birdland".

( Fonte Birdland )

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I capolavori. Gil Evans"Out of the Cool"
Con Riccardo Bertoncelli

"Out of the cool" è un prezioso album del 1961 dell’orchestra di Gil Evans, uno dei primi ad uscire per un’etichetta, la Impulse!, diventata poi centrale nello sviluppo del jazz moderno.È da molti ritenuto uno dei migliori dischi in assoluto del pianista, compositore ed arrangiatore canadese, uno dei pochi che riuscì a tenere viva la grande tradizione delle grandi orchestre jazz in un epoca di rinnovamento della musica afro-americana.Fu registrato da Rudy van Gelder subito dopo una residence dell’orchestra al "Jazz Gallery Club", durata un mese e mezzo. Fra i musicisti coinvolti citiamo Johnny Coles alla tromba, Budd Johnson al sax, Jimmy Knepper al trombone, Ron Carter al basso, Elvin Jones alla batteria.

(Fonte Birdiland)

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Fletcher Henderson, arrangiatore e direttore d'orchestra
Con Claudio Sessa

Inizialmente pianista blues, nato nel 1897, Fletcher Henderson arrivò a New York nel 1920 per un master in chimica. Ma fu finalmente la musica che divenne la sua attività principale.Direttore di produzione della "Black Swan", fra le prime storiche etichette discografiche, poco dopo, su consiglio di James Reese Europe, mise insieme la sua prima orchestra (una delle prime band “allargate” in attività, con 10 elementi e una sezione di sassofoni) che diventò presto l'attrazione principale del Club Alabama. Da metà degli anni ’20 e fino al 1936 l'orchestra di Henderson fu uno dei must delle grandi sale da ballo newyorkesi, in particolare la Roseland Ballroom, e il suo organico crebbe fino a comprendere sedici musicisti.L’arrangiatore principale della big band fu l’altosassofonista Don Redman. L’orchestra contò tra le sue fila, oltre al futuro grande Coleman Hawkins al sax, anche Buster Bailey al clarinetto, Tommy Ladnier alla tromba, Jimmy Harrison al trombone.

(Fonte Birdland)

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Il jazz dei primordi; Sidney Bechet clarinettista e sassofonista
Con Marcello Lorrai

Sidney Bechet (nato nel 1897 e scomparso nel 1959) è stato uno dei grandi protagonisti della prima era del jazz. Clarinettista di formazione, fu colui che introdusse il sax soprano nel mondo della musica afro-americana.Musicista dallo stile eloquente ed esuberante, collaborò dapprima con Will Marion e Louis Mitchell nelle prime apparizioni europee di orchestre nere (1919). Si unì poi ai gruppi di Clarence Williams, uno dei primi ad incidere brani di jazz su disco, con il quale si fece notare come solista di alto rango, e lavorò pure con Louis Armstrong e Lil Harlin nei Red Onion Jazz Babies, uno dei “supergruppi” della Jazz Age.Nel 1925 e fino al 1929 sarà di nuovo in Europa, dove a Parigi lavorerà con Josephine Baker.Dell’inizio degli anni ’30 è l’importante collaborazione con i New Orleans Feetwarmers, che entreranno in sala d’incisione una sola volta (1932) per una storica session discografica.Dopo un periodo d’appannamento, dovuto anche al suo stile fiorito non più in voga negli anni dello swing, ritorna in auge con il New Orleans revival alla fine degli anni ’30 e nei primi anni ’40. Di questa epoca sono alcune delle sue registrazioni più famose.L’ultimo decennio, dal 1949 alla morte, lo passerà di nuovo in Francia, dove si stabilisce dopo il grande successo dei suoi concerti alla Salle Pleyel di Parigi. Diventerà il jazzista “feticcio” degli Esistenzialisti.

( Fonte Birdland )

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Mal Waldron Free at last (1969)
Le scelte del cuore di Marcello Lorrai

In occasione dei 50 anni di ECM (1969-2019) abbiamo chiesto ai collaboratori di “Birdland” di scegliere i cinque album dell’etichetta che più hanno amato e di dedicare ad ognuno di essi una trasmissione. Marcello Lorrai si è concentrato in un periodo di tempo che va dagli esordi (proprio con il primo disco in assoluto del catalogo, Free at Last del pianista Mal Waldron) alla fine degli anni ’80. Tra le scelte anche il live a Parigi del collettivo Circle, un ensemble dalla vita breve ma dai contenuti forti che vide fianco a fianco Chick Corea a Anthony Braxton; l’eccellente esordio “in solitaria” per ECM del clarinettista e sassofonista John Surman, una formula che si rivelerà di successo; un altro esordio, il magistrale Kultrum di Dino Saluzzi, che rivelerà al pubblico occidentale la straordinaria sintesi tra folklore e contemporaneità cui era giunto il multistrumentista argentino; infine il gioiellino (purtroppo destinato a restar senza seguito) a firma del collettivo AM4, registrato nel 1989 dalla vocalist USA Linda Sharrock e dai due austriaci Wolfgang Puschnig e Uli Scherer, sassofonista e membro fondatore, rispettivamente pianista originario dell’innovativa e contestataria Vienna Art Orchestra.Prima emissione da lunedì 29 aprile a venerdì 03 maggio 2019

( Fonte Birdland )

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ECM Sory-50 anni
Le scelte del cuore di Riccardo Bertoncelli

In occasione dei 50 anni di ECM (1969-2019), abbiamo chiesto ai collaboratori di "Birdland" di scegliere i cinque album dell’etichetta che più hanno amato e di dedicare ad ognuno di essi una trasmissione.Riccardo Bertoncelli mette dapprima l’accento su un allora giovane e rampante chitarrista norvegese, Terje Rypdal, che si era già illustrato nel gruppo di Jan Garbarek e che subito dopo firmò il suo album di debutto.Il batterista Jack DeJohnette per ECM ha prodotto diversi album della sua Special Edition, in particolare l’eccellente "Tin Can Alley" del 1980.Al di fuori del catalogo prettamente jazz di ECM, spiccano i dischi legati al minimalismo. Accanto a quelli di Steve Reich importante è stato l’apporto di Meredith Monk, la cantante, compositrice, performer che ha segnato la musica contemporanea statunitense dagli anni 60 ad oggi.Cloud Dance è uno dei dischi più belli firmati per ECM da Colin Walcott, lo specialista di strumenti etnici che lavorò con gli Oregon e nel trio Codona con Don Cherry e Nana Vasconcellos.Con il quinto album scelto Bertoncelli ritorna agli albori di ECM e a uno dei primi album in assoluto di piano solo del grande Paul Bley, "Open to Love", uscito nel 1972.Prima emissione lunedì 10 a venerdì 14 giugno 2019

(Fonte Birdland )

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Edited by sergiomac - 30/12/2019, 13:34
 
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ECM-Story-50 anni
Le scelte del cuore di Claudio Sessa

In occasione dei 50 anni di ECM (1969-2019), abbiamo chiesto ai collaboratori di "Birdland" di scegliere i cinque album dell’etichetta che più hanno amato e di dedicare ad ognuno di essi una trasmissione.Claudio Sessa parte da un pianista per arrivare…ad un altro pianista. Fra le sue scelte il rivelatore Facing You di Keith Jarrett, il musicista statunitense che sebbene già noto soprattutto per le sue collaborazioni con Charles Lloyd e per un proprio trio comprendente Paul Motian e Charlie Haden, proprio con quell’album del 1972 svela un’arte del “piano solo” del tutto personale che resterà format di riferimento nel prosieguo della sua carriera.L’album cronologicamente più recente è Rosslyn (2003), squisito lavoro in trio di John Taylor registrato con Marc Johnson e Joey Baron che resterà – accanto alle innumerevoli collaborazioni - l’unico vero album da leader per ECM del compianto pianista inglese.Tra le altre scelte di Claudio Sessa il complesso e articolato Nine to get ready (1999), capolavoro della piena maturità di Roscoe Mitchell, anima dell’Art Ensemble of Chicago e personaggio di riferimento dell’etichetta di Monaco; quell’ Angel Song firmato nel 1997 da Kenny Wheeler e con la presenza straordinaria del veterano Lee Konitz al sax alto, di Bill Frisell alla chitarra e di Dave Holland al contrabbasso, splendido esempio dell’intuito del produttore Manfred Eicher di accostare, anche per una sola volta, musicisti che mai si fossero incontrati in precedenza; o l’ancor oggi freschissimo Music for two basses, registrazione degli albori dell’etichetta (1971) nella quale troviamo riuniti in un raro, magico momento di intima comunicazione musicale lo stesso Dave Holland e Barre Phillips, i due storici contrabbassisti dell’avanguardia jazz inglese.

(Fonte Birdland)

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L'altro Ginger Baker
Con Riccardo Bertoncelli

I batteristi jazz swingano, quelli di rock non lo sanno fare. E non è importante quanti colpi dai sui tamburi ma come li dai. È importante quello che suoni ma anche quello che non suoni. La musica ha bisogno di spazi".Ginger Baker dixit. Curioso da un batterista che ha legato il proprio nome soprattutto alla militanza nel supergruppo di rock blues dei Cream che spopolò a fine anni ’60.Nato a Londra nel 1939 come Peter Edward Baker e scomparso nell’ottobre del 2019, divenne per tutti «Ginger» per via della capigliatura rossa e pure per il caratterino che era tutto un programma. Proverbiali le aspre discussioni con i giornalisti, con i produttori e con i suoi colleghi musicisti, soprattutto le furibonde liti con gli "altri" Cream, con Jack Bruce in primis (anche per questo, malgrado il vasto successo, il gruppo ebbe vita breve). Tra i commenti alla notizia del suo decesso anche questo: "… se esiste un paradiso del rock, alla notizia della morte di Baker, probabilmente Bruce avrà chiesto asilo politico all’inferno".Ma Riccardo Bertoncelli sfiorerà soltanto questi aspetti della personalità di Baker per proporci invece un tragitto completo nella carriera, anche quella "collaterale", non troppo nota ai più, del batterista che considerava l’avventura di grande successo con i Cream solo un episodio nel suo percorso artistico.Importanti gli studi che si ispirarono a grandi colleghi del jazz quali Elvin Jones, Art Blakey, Tony Williams, e gli esordi nella Londra del British Blues accanto ad Alexis Korner e Graham Bond. Parteciperà ai Blind Faith di Steve Winwood e fonderà i suoi Air Force, per infatuarsi in seguito della musica africana e collaborare con un Fela Kuti ancora da tutto scoprire. Negli anni ’80 lavora con Bill Laswell e Peter Brötzmann (!) nei No Material, esplorando territori sonori ancora vergini. Nei ’90 ed oltre le migliori tracce lasciate portano di nuovo al suo primo amore, il jazz: si associa a due giganti come Bill Frisell e Charlie Haden, ma anche alla tromba di Ron Miles e ai sax James Carter. Le sue ultime registrazioni lo vedono accanto Pee Wee Ellis, altro collega dal glorioso passato.

( Fonte Birdland )

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Keith Jarret La produzione Americana
Con maurizio Franco

Accanto all’estesissimo catalogo pubblicato da ECM, Keith Jarrett, tra fine anni '60 e fino alla metà dei '70, tenne viva una produzione con etichette statunitensi quali Atlantic, Impulse! e solo in un’occasione Columbia. In particolare i suoi primi dischi in trio, subito successivi alla fuoriuscita dal gruppo di Charles Lloyd, e poi la quasi integralità delle pubblicazioni del cosiddetto "quartetto americano", insieme a Dewey Redman ai sax, Charlie Haden al basso e Paul Motian alla batteria. È a questa parte della discografia del pianista statunitense – iniziata nel ‘67 con l’album in trio "Life between the exit signs" e chiusa nel ’76 con Bop-Be in quartetto, che fa rifermento la presente serie di “Birdland” curata da Maurizio Franco.

( Fonte Birdland )

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I Capolavori , Joe Lovano Quartes- Live at Village Vanguard (1995)
Con Claudio Sessa

ra le produzioni di maggior rilievo del sassofonista Joe Lovano, un musicista tra i più influenti degli ultimi 20 anni del jazz internazionale, Claudio Sessa ha scelto il doppio album Quartets, registrato live al Blue Note di New York in due diverse occasioni tra il 1994 e l’anno successivo.Del cast fanno parte Tom Harrell alla tromba, Mulgrew Miller al piano, i bassisti Anthony Cox e Christian McBride, i batteristi Billy Hart e Lewis Nash."Quartets" vinse il premio di miglior disco dell’anno della rivista Downbeat.

(Fonte Birdland)

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I capolavori. Gil Evans"Out of the Cool" ... (Replica)
Con Riccardo Bertoncelli

"Out of the cool" è un prezioso album del 1961 dell’orchestra di Gil Evans, uno dei primi ad uscire per un’etichetta, la Impulse!, diventata poi centrale nello sviluppo del jazz moderno.È da molti ritenuto uno dei migliori dischi in assoluto del pianista, compositore ed arrangiatore canadese, uno dei pochi che riuscì a tenere viva la grande tradizione delle grandi orchestre jazz in un epoca di rinnovamento della musica afro-americana.Fu registrato da Rudy van Gelder subito dopo una residence dell’orchestra al "Jazz Gallery Club", durata un mese e mezzo. Fra i musicisti coinvolti citiamo Johnny Coles alla tromba, Budd Johnson al sax, Jimmy Knepper al trombone, Ron Carter al basso, Elvin Jones alla batteria.

(Fonte Birdiland)

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I Capolavori.Billie Holidy "Lady in Satin" (1958) ..(Replica)
Con Maurizio Franco

"Lady in Satin" è l’ultimo album pubblicato in vita da Billie Holiday. Edito nel 1958 da Columbia, è un disco riccamente prodotto, con uso di ampia orchestra comprendente pure gli archi.Particolarità dell’album di un’artista, sì segnata dalla vita, ma ancora con un grande desiderio di esprimersi, è la presenza di brani da lei mai registrati in precedenza tra cui celebri standard quali "It’s easy to remember", "You’ve changed", "You don’t know what love is", "For all we know" e altri ancora. Bille Holiday, con una voce ormai affaticata ma comunque straordinariamente espressiva, propone in maniera evidente quel cantato-parlato che è una delle principali cifre stilistiche del suo ultimo periodo.

(Fonte Birdland)

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I Capolavori.Art Ensemble of Chicago, "Full Force" ... (Replica)
Con Riccardo Bertoncelli

Dopo lo straordinario florilegio discografico dei primi anni di attività (1969-1972), quando il gruppo si costituisce ufficialmente a Parigi, l’Art Ensemble of Chicago rallenta le sue pubblicazioni ma nel 1978 entra nell’orbita della ECM di Manfred Eicher. È l’inizio di una nuova fase in tal senso, grazie alla cura con cui d’ora in avanti i loro album saranno prodotti."Full Force" è il secondo, straordinario, album pubblicato per l’etichetta di Monaco. Titolo più che azzeccato per la dirompente l’energia musicale che scaturisce dai rilli, ma anche per le inaudite sonorità risultanti dalle cangianti combinazioni dei tanti strumenti utilizzati. Il lavoro è la perfetta sintesi della linea musicale scelta da un gruppo che è ormai centrale sulla scena della musica improvvisata dell’epoca: utilizzo di un linguaggio che fa tesoro di elementi del free jazz, della new thing e della musica colta contemporanea ma anche attento recupero del patrimonio culturale della black music.Nello strumentario utilizzato da Bowie, Jarman, Mitchell, Favors e Moye i tanti sassofoni, la tromba, il contrabbasso e la batteria ma poi anche flauti, clarinetti, le voci, la melodica, la celesta e un incredibile armamentario di percussioni, spesso costruite in proprio."Full Force" fu registrato nei Columbia Studios di New York nel gennaio 1980 e pubblicato il 1. Aprile di quello stesso anno.

(Fonte Birdland)

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The jazz Age.Sguardi sulla prima era del jazz
Con Marcello Lorrai

Per Jazz Age si intende quel periodo compreso tra la seconda metà degli anni ’10 e la crisi del ’29, quando il jazz, come musica, parola, fenomeno sociale, emerge con prepotenza sulla scena culturale statunitense. Questa nuova musica, chiamata inizialmente in varie maniere: jas, jass o già anche jazz, diventa moda già prima che essa prenda per davvero forma e si annuncia sin da subito come nuovo eccitante ballo. Ne è un esempio il brano (e il suo titolo) That Jazz Dance Everybody is Crazy 'Bout che l’orchestra di W.C. Handy pubblica nel 1917, un pezzo che in realtà è ancora definibile come ragtime. Marcello Lorrai si è spesso occupato in "Birdland" delle figure di primo piano di tale straordinario momento storico che coincise con lo sbocciare di questa nuova musica. In questa serie passa invece in rassegna i maggiori snodi, l’emergere di solisti e gruppi, incisioni discografiche di rilievo, particolarità delle specifiche scene cittadine, ecc. che hanno segnato i primi anni del jazz.

(Fonte Birdland)

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Dexter Gordon , sassofonista
Con Claudio Sessa

Tra le grandi voci del sax tenore venute alla ribalta nel Dopoguerra, Dexter Gordon è, per il suo suono potente e caloroso, uno dei jazzisti inconfondibili della storia del jazz moderno. Nato nel 1923 a Los Angeles e scomparso nel 1990, aveva iniziato la carriera con Lionel Hampton, per poi lavorare tra il 44 e il 45 nelle grandi formazioni di Louis Armstrong e Billy Eckstine. Si avvicina al nuovo jazz quando è ingaggiato da Parker e Davis, e inizia a proporsi come leader del proprio quartetto. Le sue formazioni variano spesso e diventa imprescindibile in particolare quella con il suo collega di strumento Wardell Gray, con cui ingaggia delle infuocate chases a due tenori. Con gli anni ’50 la sua fama è ormai consolidata nel novero dei grandi soliti del nuovo jazz. Privilegia le esibizioni live piuttosto che l’attività discografica. Importante nella sua carriera il lungo periodo trascorso in Europa, in Danimarca specialmente, a partire dal 1962, interrotto solo da sporadici ritorni a New York. Richiestissimo in tutte le maggiori rassegne e nei principali club mondiali, gli ultimi anni sono segnati dalla partecipazione come attore protagonista al film di Tavernier Round Midnight (1987) e da una ultima trionfale tournée l’anno successivo. Maestro delle ballad, specialista pure delle improvvisazioni “in crescendo”, Dexter Gordon era un animale da palcoscenico. È stato uno dei primi grandi sax tenori del be-bop e ha segnato con il suo strumento anche l’epoca successiva, esercitando la sua influenza su gente come Coltrane e Sonny Rollins.

( Fonte Birdland )

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Dirty Dozen Brass Band
Con Riccardo Bertoncelli

Riccardo Bertoncelli dedica questo ciclo di "Birdland" alla Dirty Dozen Brass Band. È un ensemble nato sul finire degli anni ’70 che incarna perfettamente il rinnovamento della musica di New Orleans in atto in quegli anni. Dopo un lungo periodo durante il quale il gruppo si fece le ossa suonando un po’ dappertutto e nelle situazioni più diverse nell’aera del Delta, la Dirty Dozen Brass Band pubblica un primo disco nel 1994. È il trampolino per un successo inatteso. Con un sound che si richiama alle radici della musica della città (e a quello delle marchin’ band in particolare), al quale però si mescolano anche il funk e incandescenti ritmi di danza, il gruppo, anche grazie all’interessamento di un certo George Wein, il noto produttore – non fatica ad affermarsi in tutto il paese e pure in Europa. Sbarcata al Festival di Montreux nel 1986, l’orchestra della “Sporca Dozzina”(il nome è tratto dall’omonimo famoso film di guerra di fine anni ’60) pubblica di lì a poco quella registrazione con il titolo Mardi Gras in Montreux. Diventata ormai molto popolare, sarà una major come la Columbia Records a produrre i suoi dischi fino a metà degli anni ’90. Ancora attiva oggi, la band ha nel suo curriculum una quindicina di album e una serie di collaborazioni prestigiose con, tra gli altri, David Bowie, Elvis Costello, Norah Jones, Dizzy Gillespie, Branford Marsalis e le leggende di New Orleans Dr. John e Danny Barker.

( Fonte Birdland )

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Famiglie del jazz. I fratelli Heath , Jimmy , Percy e Albert
Con Maurizio Franco

Sono diverse le famiglie di musicisti che hanno fatto la storia del jazz. Una di queste è quella degli Heath, con i tre fratelli Percy, Albert e Jimmy originari di Filadelfia. Percy, il più anziano (1923-2005), era contrabbassista e lo ricordiamo soprattutto per la militanza nel leggendario Modern Jazz Quartet. Jimmy Heath, sassofonista, compositore, arrangiatore recentemente scomparso (1926-2020), è ricordato dapprima per le sue grandi formazioni di fine anni ’40 dove militarono tra gli altri Coltrane, Benny Golson, Ray Bryant. Fu legato a Miles Davis, Gil Evans, Chet Baker e formò in seguito suoi eccellenti piccoli gruppi. Il più giovane dei tre, il batterista Albert Heath (1935), iniziò la sua attività nei secondi anni ’50 ed è considerato uno dei grani batteristi dell’hard-bop. Lavorò con Sonny Rollins, Dexter Gordon, Benny Golson, Johnny Griffin, Herbie Hancock e molti altri. Solo nel 1975 i tre fratelli decisero di formare una band tutti insieme, gli Heath Brothers appunto, attiva fino a pochi anni or sono. Maurizio Franco passa in rassegna in questa serie di “Birdland” sia le singole carriere dei tre che le vicende della band “famigliare”, un quartetto che venne regolarmente completato dal pianista Stanley Cowell.

(Fonte Birdland)

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I nipotini dimenticati di Jimmy Smith
Con Riccardo Bertoncelli

Jimmy Smith è stato uno dei grandi specialisti dell’organo Hammond nel jazz a partire dalla seconda metà degli anni ’50, contribuendo in maniera decisiva a lanciare lo strumento nell’ambito della musica afroamericana. Sono molti i suoi discepoli, i suoi emuli che a partire già dagli anni ’60 ne hanno ripreso il discorso e tentato di emularne il successo. In questo ciclo di “Birdland” di Riccardo Bertoncelli sfileranno musicisti quali Big John Patton, Jack McDuff, una meteora quale Baby Face Willette e poi due organiste, Shirley e Rhoda Scott.

( Fonte Birdland )

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L'avventura del be-bop ... ( Prima parte )
Con Claudio Sessa

In concomitanza con l’anniversario di Charlie Parker (1920-1955), a cui sarà dedicato un doppio ciclo di trasmissioni, “Birdland” propone, con la sapiente guida di Claudio Sessa, anche una riflessione sul fenomeno del be-bop, rivoluzionario movimento nato nei primi anni ’40 di cui Parker fu protagonista insieme a colleghi quali Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach, Thelonious Monk, per non citare che i più noti. In reazione a quello che era all’epoca il dominio delle grandi orchestre swing, Parker e Co. iniziarono a pensare ad una musica liberata da certe strutture formali, dalle troppo sfruttate formule armoniche, dai canonici accompagnamenti ritmici, un jazz che si contrapponesse a quella che era considerata ormai una musica troppo commerciale. Il be-bop sarà così il primo tipo di jazz a nascere ai margini e contro lo show-business. A partire dai primi anni ’40, in coincidenza con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, un drappello di giovani musicisti, finito il lavoro ordinario in big band, si ritrovava tardi la notte in alcuni oscuri locali di Harlem quali il Minton’s Playhouse o il Monroe’s Uptown House, per sperimentare nuovi tipi di brani caratterizzati da grande virtuosismo e serrata competizione fra i solisti, uso degli strumenti al limite delle loro possibilità, tempi spesso vertiginosi, un utilizzo quasi sistematico del “levare” e delle accentuazioni dei tempi deboli. Anche il recording ban, il boicotto indetto dal forte sindacato dei musicisti dall’agosto del ’42 al novembre del ‘44 delle sale di registrazione - per ottenere dalle case discografiche migliori condizioni di pagamento delle royalties, contribuì in parte allo sviluppo sotterraneo del nuovo genere, che si manifestò in tutta la sua evidenza nel 1945 quando in poco tempo il mercato discografico fu stravolto dalle prime registrazioni ufficiali di Gillespie, Parker e gli altri. Il be-bop iniziò a diffondersi su una più larga scala e si “ufficializzò” con l’apertura degli storici locali a Manhattan, sulla 52.a strada, nella zona di Broadway: il Bop City, il Birdland, il Royal Roost.

(Fonte Birdland)

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Incursioni blues , Howlin'Wolf
Con Riccardo Bertoncelli

Ogni tanto Riccardo Bertoncelli dedica i suoi programmi di “Birdland” al blues e ai suoi maggiori esponenti. Stavolta è il turno di Howlin’ Wolf, da molti considerato uno dei più importanti rappresentanti del moderno blues urbano. Era nato come Chester Arthur Burnett nel 1910 nel Mississippi e sin da giovane era entrato in contatto con la musica americana delle radici. Aveva imparato a suonare la chitarra e poi anche l’armonica a bocca grazie a Sonny Boy Williamson. Ma la vera carriera di musicista, dopo essere stato per lungo tempo agricoltore e aver poi servito nell’esercito statunitense durante la Seconda Guerra mondiale, la inizierà solo con la fine degli anni ’40. Uomo dalla taglia imponente, che gli valse altri nomignoli quali Big Foot o Bull cow, Howlin’ Wolf pare abbia preso il suo nome d’arte in riferimento alle storie, spesso con i lupi quali protagonisti, che era solito raccontargli il nonno. Prime sue band alla fine degli anni ’40, un apprendistato importante come ospite fisso in una radio locale dell’Arkansas e poi il contratto con la Chess che gli avrebbe garantito la celebrità e anche la sicurezza economica a partire dalla metà degli anni ‘50. Tra i suoi pezzi più famosi ricordiamo Spoonful, Moanin’ at midnight, Little Red Rooster. Howlin’ Wolf è stato riconosciuto quale personalità tra le più influenti per lo sviluppo del rock da artisti come Eric Clapton, Steve Winwood, i Rolling Stones che pure collaborarono con lui per lo storico disco London Sessions del 1971. Ad alcuni aspetti della vita di questo grande bluesman è dedicato in parte il film Cadillac Records del 2009 che ripercorre la storia della celebre etichetta Chess che lo rese famoso. Prima emissione dal 14 al 16 gennnaio 2014

(Fonte Birdland)

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Steve Lacy, sassofonista, compositore, performer
Con Marcello Lorrai

Nel jazz moderno quella di Steve Lacy è una figura di riferimento per il rilievo che ha dato, nelle proprie incisioni ed esibizioni dal vivo, alla musica di Thelonious Monk, una dedizione che ha aperto la via al riconoscimento del pianista fra le personalità più influenti della musica afroamericana del Dopoguerra. Secondo aspetto rilevante del musicista statunitense è stato quello di essersi dedicato alla pratica esclusiva del sax soprano, il cui suono e le cui possibilità tecniche Lacy ha esplorato a tutto campo, dalle esibizioni in solitaria (di cui fu pioniere) a quelle in ampi ensembles. Nato Steven Lanckitz a New York nel 1934, si era distinto dapprima in formazioni di jazz tradizionale, per poi essere catapultato nel jazz d’avanguardia grazie a Cecil Taylor nella seconda metà degli anni ’50. Un ambito che Lacy non abbandonerà più, soprattutto quando si stabilirà in Europa dal 1965 (e fino a due anni prima della scomparsa). Fu dapprima a Copenhagen, poi a Roma, dove suonò con Enrico Rava, Gato Barbieri e con Musica Elettronica Viva di Frederic Rzewski, finalmente dal 1970 a Parigi. Punto di riferimento della sua attività europea fu il sestetto cui diede vita, una formazione che si poteva ampliare o ridurre a seconda delle occasioni ma il cui nucleo rimase praticamente invariato nel corso degli anni. Musicista tra i più amati e popolari della scena avanguardista, Lacy vanta una discografia sterminata e una serie di collaborazioni altrettanto impressionante: con Gil Evans, Miles Davis, Max Roach, con Carla Bley e la Jazz Composers Orchestra, con la Globe Unit, la Company di Derek Bailey, con i liberi improvvisatori tedeschi e olandesi, Giorgio Gaslini e gli Area di Demetrio Stratos. È scomparso a New York nel 2004.

(Fonte Birdland)

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Charlie Parker Story, a cent'anni dalla nascita .... (Prima parte)
Con Maurizio Franco

Charlie Parker (1920-1955), che avrebbe compiuto cent’anni il prossimo mese di agosto, è stato uno dei protagonisti del rivoluzionario movimento del be-bop, nato nei primi anni ’40 grazie alla spinta anche di colleghi quali Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach, Thelonious Monk, per non citare che i più noti.Originario di una delle mecche statunitensi del jazz, Kansas City, Parker si fece le ossa con locali traveling bands, in particolare con quella di Jay McShann che suonava in uno stile tradizionale. Fu a New York, dove si era trasferito sul finire degli anni ’30, che sul suo sax alto sviluppò quel linguaggio che sarebbe diventato fondamentale per l’evoluzione verso una moderna concezione del jazz e della musica afroamericana.Decisiva fu la presenza di Parker per circa un anno nella band del pianista Earl Hines, dove incontrò il trombettista Dizzy Gillespie, proprio durante il noto sciopero dei musicisti legati al potente sindacato statunitense di categoria indetto come protesta contro le misere royalties che ricevevano per le registrazioni discografiche.Il resto è storia nota, con le leggendarie session notturne nei locali di Harlem e le prime registrazioni della nuova, sconvolgente musica che furono pubblicate a partire dal 1945. Una storia che ci racconterà Maurizio Franco in questa prima serie di trasmissioni dedicata al grande altosassofonista statunitense, scomparso nel 1955 a soli 35 anni.

(Fonte Birdland)

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L'avventura del be-bop .... (Prima parte)
Con Claudio Sessa

n concomitanza con l’anniversario di Charlie Parker (1920-1955), a cui sarà dedicato un doppio ciclo di trasmissioni, “Birdland” propone, con la sapiente guida di Claudio Sessa, anche una riflessione sul fenomeno del be-bop, rivoluzionario movimento nato nei primi anni ’40 di cui Parker fu protagonista insieme a colleghi quali Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach, Thelonious Monk, per non citare che i più noti.

In reazione a quello che era all’epoca il dominio delle grandi orchestre swing, Parker e Co. iniziarono a pensare ad una musica liberata da certe strutture formali, dalle troppo sfruttate formule armoniche, dai canonici accompagnamenti ritmici, un jazz che si contrapponesse a quella che era considerata ormai una musica troppo commerciale. Il be-bop sarà così il primo tipo di jazz a nascere ai margini e contro lo show-business.

A partire dai primi anni ’40, in coincidenza con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, un drappello di giovani musicisti, finito il lavoro ordinario in big band, si ritrovava tardi la notte in alcuni oscuri locali di Harlem quali il Minton’s Playhouse o il Monroe’s Uptown House, per sperimentare nuovi tipi di brani caratterizzati da grande virtuosismo e serrata competizione fra i solisti, uso degli strumenti al limite delle loro possibilità, tempi spesso vertiginosi, un utilizzo quasi sistematico del “levare” e delle accentuazioni dei tempi deboli.

Anche il recording ban, il boicotto indetto dal forte sindacato dei musicisti dall’agosto del ’42 al novembre del ‘44 delle sale di registrazione - per ottenere dalle case discografiche migliori condizioni di pagamento delle royalties, contribuì in parte allo sviluppo sotterraneo del nuovo genere, che si manifestò in tutta la sua evidenza nel 1945 quando in poco tempo il mercato discografico fu stravolto dalle prime registrazioni ufficiali di Gillespie, Parker e gli altri. Il be-bop iniziò a diffondersi su una più larga scala e si “ufficializzò” con l’apertura degli storici locali a Manhattan, sulla 52.a strada, nella zona di Broadway: il Bop City, il Birdland, il Royal Roost.

(Fonte Birdland)

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Lo swing della West Cost ; Shelly Manne , batterista
Con Riccardo Bertoncelli

Shelly Manne è stata un’importante figura di batterista del jazz moderno, ma non solo. Era nato a New York nel 1920, ma la sua carriera di musicista è legata a doppio filo con la il jazz della West Coast. Fondamentali nella sua formazione furono le collaborazioni con Stan Kenton e con Woody Herman. Fu anche prolifico bandleader, arrangiatore e compositore, nonché apprezzato musicista di studio per registrazioni di musica commerciale e di colonne sonore. Dal punto di vista stilistico fu certamente influenzato da Jo Jones, poi dai batteristi del bop quali Roach e Clarke, infine pure dal robusto drumming di Elvin Jones. Lo ricordiamo, oltre che a capo di innumerevoli proprie formazioni, anche al fianco di colossi come Bill Evans, Sonny Rollins, Art Pepper, Jimmy Giuffré e molti altri.

(Fonte Birdland)

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Herbie Nichols , a cent'anni dalla nascita
Con Marcello Lorrai

Da lunedì 20 a venerdì 24 maggio 2019 Herbie Nichols, l’incompreso. Caso dei più evidenti nella storia del jazz di potenzialità artistica non pienamente espressa, la vicenda del pianista, nato nel 1919 a New York, si svolge tra una modernità stilistica sullo strumento e nella vena compositiva - che lo pone tra Thelonious Monk e il primo Cecil Taylor - coniugata, anche in ragione della necessità di sbarcare il lunario, con una personale rilettura della tradizione del dixieland, dello swing, delle musiche caraibiche. La morte prematura, sopraggiunta nel 1963, l’aveva definitivamente relegato per lungo tempo nell’oblio, insieme ai suoi soli tre album completi pubblicati in vita.In questa serie di “Birdland” Marcello Lorrai ripercorre la carriera di un musicista la cui arte è stata poi doverosamente rivalutata a partite dagli anni '80 da musicisti illuminati quali Roswell Rudd e Steve Lacy, e da quelli del jazz d’avanguardia olandese come Misha Mengelberg, Michael Moore, Han Bennink.

(Fonte Birdland)

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Art Blakey , out of the Messengers
Con Maurizio Franco

Art Blakey (1919-1990) è stato uno dei batteristi e bandleader più importanti della storia del jazz a partire dalla metà degli anni ’40.Dopo primi ingaggi con Fletcher Henderson e Mary Lou Williams, entra nel giro del nascente be-bop. Grazie al Billy Ekstine conosce Miles Davis, Dizzy Gillespie, Charlie Parker con i quali inizia a collaborare assiduamente. Sarà anche particolarmente vicino a Thelonious Monk: è con lui che il pianista registrerà la sua prima session da leader per Blue Note nel 1947 e anche l’ultima in assoluto nei primi anni ’70.Dalla fine dei ’40 gira con un gruppo chiamato Messengers, condotto assieme al pianista Horace Silver negli anni successivi. La band diventerà, con la guida del solo batterista, una delle formazioni di punta del jazz del decennio e dei successivi con l’appellativo Art Blakey’s Jazz Messengers. Vera fucina di talenti, per i quali Blakey aveva un innato fiuto, i Messengers saranno la palestra per giovani rampanti quali Jackie McLean, Lee Morgan, Wayne Shorter, Freddie Hubbard, su su fino a Bobby Watson, Wynton Marsalis, Wallace Rooney.In questo ciclo della trasmissione, Maurizio Franco si occuperà della corposa attività del batterista parallela a quella dei Messengers: con i già citati boppers, ma anche con Dexter Gordon, Jimmy Smith, Buddy de Franco e molti altri.

(Fonte Birdland)

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1955-1965 la maturità di Dizzy Gillespie
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa mette a fuoco in questa serie di trasmissioni quello che possiamo considerare il decennio della piena maturità di uno dei grandi protagonisti del jazz moderno, il trombettista Dizzy Gillespie.Superati i furori del periodo del be bop - quando insieme a Parker, Roach, Powell e diversi altri diede fuoco alle polveri e contribuì a cambiare per sempre il corso della storia del jazz – Gillespie entra in una nuova fase creativa con la metà degli anni ’50.Nel 1956 è incaricato dal Dipartimento di stato americano di far conoscere il jazz in Medio Oriente, in Sudamerica e in alcuni paesi al di là della cortina di ferro. Inutile dire che tale attività lo trasforma in uno dei musicisti afro-americani più popolari in assoluto. Lavora con Quincy Jones, rimette in piedi una grande formazione ed entrano nel suo giro musicisti come Phil Woods, Ernie Wilkins e Benny Golson.Del 1957 è un suo concerto trionfale al Festival di Newport, mentre del 1965 è una storica esibizione a Monterey nell’orchestra di Gil Fuller.In questo periodo lavora pure con suoi piccoli gruppi e collabora con colleghi di primissimo piano quali Rollins, Ellington, Basie, Getz, Peterson.Ha inoltre la possibilità di sviluppare l’altro filone per il quale è entrato di diritto nella storia, la musica afro-cubano e latina: lavora con specialisti del genere quali Lalo Schifrin, Mongo Santamaria, Ray Barretto, Paulinho da Costa e molti altri.

(Fonte Birdland)

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Jazz&Rock-Rock&Jazz
Con Riccardo Bertoncelli

A cinquant’anni da "Bitches Brew" di Miles DavisNel 1969 Miles Davis registra un disco che è ancor oggi considerato l’archetipo di quello che sarà definito jazz-rock e più avanti fusion. "Bitches Brew", doppio album per Columbia, è lo sviluppo (e diretta conseguenza) di quanto solo accennato nel precedente "In a silent way": ritmiche binarie e fortemente groovy, dilatazione dei brani basati su brevi, semplici incisi tematici e su armonie modali, ampio spazio affidato ai solisti, strumentazione decisamente elettrica.Se i jazzisti coinvolti in "Bitches Brew" saranno decisivi nella crescita della fusion (Shorter e Zawinul daranno vita ai Weather Report, Corea ai Return to Forever, McLaughlin alla Mahavishnu Orchestra), soprattutto sul lato inglese numerosi gruppi del rock saranno influenzati dagli stilemi del jazz: i primissimi Pink Floyd con le loro performance improvvisate, i Colosseum, i Nucleus di Ian Carr, i Soft Machine e tutta quella galassia di band legate al giro di Canterbury, tra questi Henry Cow e Slapp Happy. Questo grande fermento contribuirà in seguito all’avvento dei gruppi del cosiddetto progressive.A 50 anni dalla pubblicazione di "Bitches Brew", Riccardo Bertoncelli indaga in questa serie di “Birdland” le dinamiche che permisero l’avvicinamento del jazz al rock e anche l’inverso.

(Fonte Birdland)

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Jazz Rock-Rock jazz....(Seconda parte)
Con Riccardo Bertoncelli

A cinquant’anni da "Bitches Brew" di Miles Davis Nel 1969 Miles Davis registra un disco che è ancor oggi considerato l’archetipo di quello che sarà definito jazz-rock e più avanti fusion. "Bitches Brew", doppio album per Columbia, è lo sviluppo (e diretta conseguenza) di quanto solo accennato nel precedente “In a silent way”: ritmiche binarie e fortemente groovy, dilatazione dei brani basati su brevi, semplici incisi tematici e su armonie modali, ampio spazio affidato ai solisti, strumentazione decisamente elettrica.Se i jazzisti coinvolti in "Bitches Brew" saranno decisivi nella crescita della fusion (Shorter e Zawinul daranno vita ai Weather Report, Corea ai Return to Forever, McLaughlin alla Mahavishnu Orchestra), soprattutto sul lato inglese numerosi gruppi del rock saranno influenzati dagli stilemi del jazz: i primissimi Pink Floyd con le loro performance improvvisate, i Colosseum, i Nucleus di Ian Carr, i Soft Machine e tutta quella galassia di band legate al giro di Canterbury, tra questi Henry Cow e Slapp Happy. Questo grande fermento contribuirà in seguito all’avvento dei gruppi del cosiddetto progressive.A 50 anni dalla pubblicazione di "Bitches Brew", Riccardo Bertoncelli indaga anche in questa secondo ciclo di "Birdland" le dinamiche che permisero l’avvicinamento del jazz al rock e anche l’inverso.

(Fonte Birdland)

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Di padre in figlio Dewey e Joshua Redman, sassofonisti
Con Claudio Sessa

Dewey Redman, nato nel 1931 e scomparso nel 2006, con il suo suono ruvido e al tempo stesso lirico, è stato uno dei maggiori sassofonisti dell’era del post-free. Lo ricordiamo nei gruppi di Ornette Coleman tra fine ’60 ed inizio ’70, nel quartetto “americano” di Keith Jarrett con Paul Motian e Charllie Haden, nel quartetto Old and New Dreams, con Don Cherry, Ed Blackwell ed ancora Haden.Joshua Redman (nato nel 1969), uno dei suoi due figli, è pure lui sassofonista, una delle figure di maggior rilievo, assieme a Brad Mehldau, Chris Potter, Craig Taborn, James Carter, della nuova generazione statunitense venuta alla ribalta con gli anni ’90.Claudio Sessa, nel ricordare i momenti salienti delle loro proprie carriere, sottolineerà pure affinità e differenze nel loro personale approccio stilistico e tecnico al sassofono, più in generale nelle loro rispettive concezioni del jazz.

(Fonte Birdland)

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Jelly Rolì Morton
Con Marcello Lorrai

Figura centrale nello sviluppo del jazz alle sue origini, Jelly Roll Morton è un musicista controverso: alcuni ne hanno spesso sottolineato l’altezzosità e la megalomania (si proclamò senza mezzi termini l’inventore del jazz), smentiti da altri che hanno asserito quasi il contrario. Sta di fatto che il pianista e compositore, nato a New Orleans nel 1884, è stato fra coloro che meglio hanno sintetizzato tutti quegli elementi e quegli stimoli musicali peculiari dei primi decenni del secolo in America. Dalle prime gig nel quartiere di Storyville, alle lunghe tournée che tenne in seguito su tutto il territorio degli States, dalle moltissime composizioni alle registrazioni con i vari gruppi che mise in piedi, fino al grande successo a partire dal 1923 a Chicago - dove di lì a poco avrebbe fondato il suo gruppo storico, i Red Hot Peppers - la sua fu una vita travagliata sempre in bilico tra grande arte e misera condizione umana. Marcello Lorrai traccia in Birdland il percorso di un artista che poco tempo il successo, con la Grande Depressione fu velocemente dimenticato. Anche grazie alle interviste che il musicologo Alan Lomax gli fece per la Library of Congress a fine anni ’30 la memoria del suo ruolo nella storia del jazz fu salvaguardata. Trascritti e pubblicati tali documenti – al di là della storia del musicista, pure uno straordinario spaccato della storia dell’America dei primi anni del Novecento - sono stati da poco editi anche in italiano e fanno da tela di fondo di queste trasmissioni.

(Fonte Birdland)

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McCoy Tyner , pianista
Con Claudio Sessa

McCoy Tyner, nato a Filadelfia nel 1938, è uno dei grandi musicisti jazz , scomparso da poco
( Marzo 2020 ).
Rappresenta l’anima nera di un pianismo jazz che partendo da Art Tatum e Duke Ellington, si è sviluppato successivamente con Thelonious Monk, Bud Powell e Ahmad Jamal.Nel suo stile, alternativo a quello di Bill Evans o di Herbie Hancock, spicca il potente uso della mano sinistra, l’utilizzo di scale modali e di accordi per quarte, un’energia sonora spinta spesso al parossismo.In questo ciclo di trasmissioni, Claudio Sessa ricorda una carriera iniziata, quand’era giovanissimo, accanto a Benny Golson e Art Farmer. Entrato nel 1960, a soli 22 anni, nel quartetto di John Coltrane contribuisce con il suo stile innovativo alla musica di un gruppo fondamentale nello sviluppo del jazz moderno.Lasciato Coltrane nel 1965, dà inizio ad una carriera da solista che lo vedrà leader soprattutto alla testa di propri trii e quartetti. Occasionalmente collaborerà con colleghi quali Sonny Rollins, Jackie McLean, Steve Grossman, Bobby Hutcherson.La sua discografia immensa comprende album per Impulse! Blue Note, Milestone.

(Fonte Birdland)

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Il Jazz a Cuba dopo la rivoluzione
Con Marcello Lorrai

È indubbio che la rivoluzione a Cuba segnò uno spartiacque nello sviluppo e nell'organizzazione di molti settori della società dell’isola caraibica, ivi compresa la musica.Se il jazz americano era entrato con decisione a far parte di un contesto musicale già di per sé ricchissimo, con l’avvento delle grandi formazioni di Perez Prado, Armando Romeu Gonzalez e Benny Moré che strizzavano l’occhio a Duke Ellington o Stan Kenton, dall'altra molti musicisti cubani avevano cercato fortuna a New York o vi erano stati addirittura chiamati, contribuendo da par loro alla nascita del cosiddetto latin jazz: il trombettista e poi direttore d’orchestra Mario Bauza (con Chick Webb, Ella Fitzgerald, Cab Calloway), i percussionisti Chano Pozo e Machito che lavorarono con i boppers.Con la presa di potere di Fidel Castro, questo interscambio diretto cessò. Molti musicisti scelsero la via dell’esilio ma quelli che restarono, benché inquadrati in un’organizzazione statale dell’attività musicale, diedero un nuovo impulso allo sviluppo di un originale jazz cubano, anche grazie al movimento della Nueva Trova iniziato nei primi anni ’70.Marcello Lorrai ci conduce in questo ciclo di “Birdland” sulla base di documenti noti e di altri direttamente raccolti sul posto.

(Fonte Birdland)

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Il piano Jazz in Europa
Con Claudio Sessa

Sviluppatosi parallelamente è in parte indipendentemente da quello americano, un moderno pianismo jazz di stampo europeo si è imposto a partire dalla fine degli anni ’60 grazie diventando il fulcro di una concezione prettamente continentale, eurocentrica diremmo, della musica improvvisata. Claudio Sessa in questo ciclo di “Birdland” passa in rassegna tutta una serie di pianisti che hanno contributo, in maniera diversa, a tale evoluzione. Tra questi Alex von Schlippenbach, Martial Solal, Misha Mengelberg, Joachim Kühn, John Taylor, Bobo Stenson, ma anche gli svizzeri George Gruntz e Irène Schweizer, nonché gli italiani Giorgio Gaslini e Antonello Salis.
(Fonte Birdlan)

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Mahavishnu Orchestra
Con Riccardo Bertoncelli

Una serie di trasmissioni di “Birdland” per ripercorrere la storia dell’influenteMahavishnu Orchestra, gruppo fondato dal chitarrista britannico “Mahavishnu” John McLaughlin.
L’interesse del musicista per la cultura e la filosofia indiana (entrò in contatto con il guru Shri Chimnoy che lo convinse ad assumere il nome di “Grande Vishnu”) lo avevano portato all’idea di una band che mescolasse i diversi elementi delle musiche che lo avevano influenzato: il jazz, il rock, la musica classica occidentale ma anche quella indiana.
McLaughlin aveva lavorato con Miles Davis, con Miroslav Vitous, con John Surman e altri musicisti inglesi di primo piano e ad un certo punto decise di avere una propria band. La Mahavishnu Orchestra nasce nel 1971 con il batterista Billy Cobham (conosciuto da Miles Davis), il violinista Billy Goodman (al fianco di McLaughlin in precedenti album), il tastierista cecoslovacco Jan Hammer (suggerito da Vitous) e il bassista irlandese Rich Laird. Il gruppo ebbe un successo immediato, con una musica decisamente non convenzionale e di grande impatto sonoro. La Mahavishnu Orchestra sarà attiva fino al 1976, con una seconda edizione dal 1974 dove fu presente il violinista francese Jean-Luc Ponty. Dopo un lungo silenzio, McLaughlin rilanciò il marchio a metà anni ’80, assieme al tastierista Mitch Forman, il sassofonista Bill Evans, il bassista svedese Jonas Hellborg e Danny Gottlieb alla batteria.

(Fonte Birdland)

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Wes Montgomery , chitarrista
Con Maurizio Franco

Quella di Wes Montgomery (1923-1968) è certamente la figura di riferimento quando si parla di chitarra jazz moderna. Un musicista che ha scritto pagine importanti della storia della musica afro-americana benché la sua sia stata una carriera relativamente breve, stroncata da un infarto a soli 45 anni.

Malgrado un importante ingaggio con Lionel Hampton tra il 1948 e il 1950, Wes non viene alla ribalta che alla fine del decennio. Era nel frattempo tornato ad Indianapolis, un lavoro di routine durante il giorno e di notte la musica, nei club della città: il 440 o la Missile Room, dove aveva potuto sviluppare la sua perizia di strumentista, in trio con i bravi fratelli Buddy e Monk. L’anno della consacrazione però è il 1959, dopo che ha già pubblicato un paio di album che non sfondano: Cannonball Adderley, in concerto ad Indianapolis, passa dal club dove Wes è di casa. Rimane folgorato dalla sua bravura e il giorno dopo lo raccomanda al produttore della Riverside. Da quel momento le cose vanno molto in fretta. Alla fine dell’anno esce un suo primo album per l’etichetta californiana seguito ad inizio 1960 da quel The Incredible Guitar of Wes Montgomery che molti reputano ancor oggi come uno dei più bei dischi di chitarra della storia del jazz. I riconoscimenti si moltiplicano, le riviste specializzate lo premiano e il successo si conferma negli anni successivi, quando si impone come “il chitarrista” jazz degli anni ’60.

Partendo dal modello di Charlie Christian, suo idolo negli anni di formazione, Montgomery ha sviluppato una tecnica e uno stile inconfondibili: fraseggio acrobatico e virtuoso ma anche molto lirico, soprattutto nelle ballads; un melodismo di assoluto equilibrio, una formidabile precisione ritmica, una tecnica del solo ad ottave o ad accordi dove non ha rivali. Grazie all’uso del pollice e non più del plettro, il suo è un sound unico, al crocevia tra lo strumento acustico e quello elettrico.

( Fonte Birdland )

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Hank Jones, pianista(1918-2010) .. ( Replica)
Con Claudio Sessa

Hank Jones, scomparso nel 2010 all’età di 92 anni, è stato un pianista che ha attraversato le epoche del jazz. Era nato nel Mississippi, primo di tre fratelli – Thad ed Elvin, oltre a lui - che pure diventeranno celebri nel mondo del jazz, e si era trasferito con la famiglia nel Michigan quand’era ancora piccolo.
Debutta nei club di Detroit e dei Grandi Laghi nei primi anni ’30 e si fa notare poi a New York accanto a Hot Lips Page nel 1944. Il suo stile, fino ad allora influenzato da Earl Hines e Art Tatum, si trasforma entrando in contatto con gli stilemi del be-bop ma non perderà mai quell’eleganza, quell’eloquenza, quella leggerezza di tocco che sono la sua maggiore cifra stilistica. Lavora con le big band di Andy Kirk e Billy Eckstine ed entra in seguito nel giro di Jazz at the Philharmonic (JATP), ciò che gli consente di suonare tra gli altri con Gillespie, Parker e Roach.
Da ricordare anche la sua lunga collaborazione con pianista di Ella Fitzgerald, le tournée in Europa con Coleman Hawkins e il lavoro continuativo, dalla fine degli anni ’50 fino al 1974, con CBS Jazz Orchestra, nonché i duetti pianistici (fino ad allora rari) con colleghi quali John Lewis e Tommy Flanagan.
Sono centinaia le registrazioni che ci ha lasciato sia come leader che come sideman di musicisti, oltre quelli citati qui sopra, quali Miles Davis, Cannonball Adderley, Lester Young, Milt Jackson.

(Fonte Birdland)

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Jaki Byard, pianista
Con Maurizio Franco

Originario del Massachusetts, Jaki Byard (1922-1999) è stata una figura di riferimento del pianismo jazz degli anni ’60. Cresciuto in una famiglia di musicisti (i genitori, alcuni zii e la nonna, che musicava i film muti dal vivo al pianoforte), oltre al piano aveva imparato a suonare da autodidatta anche i sassofoni, il trombone, la batteria e il vibrafono. Importante fu il suo sodalizio a fine anni ‘40 con il sassofonista rhythm & blues Earl Bostic, conosciuto durante il servizio militare, poi nel decennio successivo quelli con Charlie Mariano e le orchestre di Herb Pomeroy e Maynard Ferguson. Da Boston si trasferisce alla soglia dei 40 anni a New York dove entra in contatto finalmente con alcuni dei musicisti che stanno facendo la storia del jazz moderno, Charles Mingus e Eric Dolphy in primis. Con questi registra diversi dischi che faranno epoca. Ingaggiato dalla Prestige, forma con Richard Davis (basso) e Alan Dawson (batteria) una delle sezioni ritmiche trainanti dei primi anni ’60 al pari di quella di Miles Dvais (Hancock-Carter-Williams). Con lui collaborano tra gli altri Roland Kirk, Phil Woods, Don Ellis e Booker Ervin. Importante nella carriera di Byard è stata anche l’attività didattica: alcuni pianisti della nuova generazione come Jason Moran e D.D. Jackson sono stati suoi allievi.

(Fonte Birdland)

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In ricordo di Cecil Taylor(1929-2018) pianista
Con Marcello Lorrai

Scomparso ad inizio aprile di quest’anno all’età di 89 anni, Cecil Taylor ha rivoluzionato la maniera di suonare il pianoforte, e non solo nel jazz. Tra gli architetti del jazz d’avanguardia e del free, Taylor resta noto per le sue monumentali improvvisazioni in solitaria, con le quali ha segnato la musica afro-americana dagli anni ’60 in avanti. Una tecnica sopraffina, una sensibilità straordinaria nel trarre tutti i timbri possibili dallo strumento, un’idea di costruzione dell’improvvisazione che rendeva unica la sua musica.
Marcello Lorrai ripercorre le tappe della carriera di un musicista che ha contribuito a cambiare per sempre il corso del jazz e della black music.

(Fonte Birdland)

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Scott LoFaro, contrabbassista
Con Riccardo Bertoncelli

Scott LaFaro è stato uno dei contrabbassisti più influenti del jazz moderno, malgrado la breve carriera e stroncata a soli 25 anni da un incidente d’auto. Nato in una famiglia con padre violinista, Scott fu enfant prodige suonando dapprima il pianoforte, poi il clarinetto e il sax tenore. Predisposizione naturale all’arte dei suoni e perfetto orecchio musicale, fu solo a 18 anni che mise per la prima volta le mani su un contrabbasso e velocemente, da studioso e perfezionista quale era, ne divenne un virtuoso. Dopo un anno nella big band di Buddy Morrow si istallò in California, suonò nei gruppi di Chet Baker, Victor Feldman, Stan Getz e fece parte dell’organico che incise lo storico “Free Jazz” di Ornette Coleman. Ma è il sodalizio, iniziato a New York, con il pianista Bill Evans e il batterista Paul Motian che l’ha trasformato in un’icona della storia del jazz. Era il tipo di musicista che Evans cercava da tempo, qualcuno che fosse capace intendere il contrabbasso come strumento interlocutore alla pari di pianoforte e batteria. Il trio divenne il prototipo di una nuova maniera di concepire il jazz, sulla base del cosiddetto “interplay”: l’idea che non dovevano più esserci gerarchie e funzioni prestabilite all’interno di uncombo, che tutti gli strumentisti avessero pari importanza nella creazione musicale. In tal senso LaFaro è stato un caposcuola, un modello al quale i suoi colleghi e le generazioni successive di contrabbassisti si sono ispirati.

(Fonte Birdland)

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The jazz Age.Sguardi sulla prima era del jazz
Con Marcello Lorrai

Per Jazz Age si intende quel periodo compreso tra la seconda metà degli anni ’10 e la crisi del ’29, quando il jazz, come musica, parola, fenomeno sociale, emerge con prepotenza sulla scena culturale statunitense. Questa nuova musica, chiamata inizialmente in varie maniere: jas, jass o già anche jazz, diventa moda già prima che essa prenda per davvero forma e si annuncia sin da subito come nuovo eccitante ballo. Ne è un esempio il brano (e il suo titolo) That Jazz Dance Everybody is Crazy 'Bout che l’orchestra di W.C. Handy pubblica nel 1917, un pezzo che in realtà è ancora definibile come ragtime. Marcello Lorrai si è spesso occupato in "Birdland" delle figure di primo piano di tale straordinario momento storico che coincise con lo sbocciare di questa nuova musica. In questa serie passa invece in rassegna i maggiori snodi, l’emergere di solisti e gruppi, incisioni discografiche di rilievo, particolarità delle specifiche scene cittadine, ecc. che hanno segnato i primi anni del jazz.

(Fonte Birdland)

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Dexter Gordon , sassofonista
Con Claudio Sessa

Tra le grandi voci del sax tenore venute alla ribalta nel Dopoguerra, Dexter Gordon è, per il suo suono potente e caloroso, uno dei jazzisti inconfondibili della storia del jazz moderno. Nato nel 1923 a Los Angeles e scomparso nel 1990, aveva iniziato la carriera con Lionel Hampton, per poi lavorare tra il 44 e il 45 nelle grandi formazioni di Louis Armstrong e Billy Eckstine. Si avvicina al nuovo jazz quando è ingaggiato da Parker e Davis, e inizia a proporsi come leader del proprio quartetto. Le sue formazioni variano spesso e diventa imprescindibile in particolare quella con il suo collega di strumento Wardell Gray, con cui ingaggia delle infuocate chases a due tenori. Con gli anni ’50 la sua fama è ormai consolidata nel novero dei grandi soliti del nuovo jazz. Privilegia le esibizioni live piuttosto che l’attività discografica. Importante nella sua carriera il lungo periodo trascorso in Europa, in Danimarca specialmente, a partire dal 1962, interrotto solo da sporadici ritorni a New York. Richiestissimo in tutte le maggiori rassegne e nei principali club mondiali, gli ultimi anni sono segnati dalla partecipazione come attore protagonista al film di Tavernier Round Midnight (1987) e da una ultima trionfale tournée l’anno successivo. Maestro delle ballad, specialista pure delle improvvisazioni “in crescendo”, Dexter Gordon era un animale da palcoscenico. È stato uno dei primi grandi sax tenori del be-bop e ha segnato con il suo strumento anche l’epoca successiva, esercitando la sua influenza su gente come Coltrane e Sonny Rollins.

( Fonte Birdland )

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Dirty Dozen Brass Band
Con Riccardo Bertoncelli

Riccardo Bertoncelli dedica questo ciclo di "Birdland" alla Dirty Dozen Brass Band. È un ensemble nato sul finire degli anni ’70 che incarna perfettamente il rinnovamento della musica di New Orleans in atto in quegli anni. Dopo un lungo periodo durante il quale il gruppo si fece le ossa suonando un po’ dappertutto e nelle situazioni più diverse nell’aera del Delta, la Dirty Dozen Brass Band pubblica un primo disco nel 1994. È il trampolino per un successo inatteso. Con un sound che si richiama alle radici della musica della città (e a quello delle marchin’ band in particolare), al quale però si mescolano anche il funk e incandescenti ritmi di danza, il gruppo, anche grazie all’interessamento di un certo George Wein, il noto produttore – non fatica ad affermarsi in tutto il paese e pure in Europa. Sbarcata al Festival di Montreux nel 1986, l’orchestra della “Sporca Dozzina”(il nome è tratto dall’omonimo famoso film di guerra di fine anni ’60) pubblica di lì a poco quella registrazione con il titolo Mardi Gras in Montreux. Diventata ormai molto popolare, sarà una major come la Columbia Records a produrre i suoi dischi fino a metà degli anni ’90. Ancora attiva oggi, la band ha nel suo curriculum una quindicina di album e una serie di collaborazioni prestigiose con, tra gli altri, David Bowie, Elvis Costello, Norah Jones, Dizzy Gillespie, Branford Marsalis e le leggende di New Orleans Dr. John e Danny Barker.

( Fonte Birdland )

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I capolavori.Bill Frisell , "Before we were born"
Con Riccardo Bertoncelli

Dopo i tre dischi d'esordio nei primi anni '80 per ECM, con "Before we were born" Bill Frisell, una delle maggiori personalità della chitarra tout-court venute alla ribalta in quegli anni, inizia nel 1989 una lunga collaborazione con l’etichetta Nonesuch che durerà vent’anni.

Il gruppo di base di questa eccellente prova discografica è l’allora quartetto stabile del chitarrista, con Kermit Driscoll al basso, Hank Roberts al cello e Joey Baron alla batteria. Un colore aggiuntivo ad una musica già originale e frizzante è dato dagli ospiti presenti: Arto Lindsay, con la voce e la sua chitarra, Julius Hemphill al sax alto, Peter Scherer con tastiere e altri strumenti elettronici.

( Fonte Birdland)

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Charlie Parker Story, a cent'anni dalla nascita .... (Prima parte) Replica
Con Maurizio Franco

Charlie Parker (1920-1955), che avrebbe compiuto cent’anni il prossimo mese di agosto, è stato uno dei protagonisti del rivoluzionario movimento del be-bop, nato nei primi anni ’40 grazie alla spinta anche di colleghi quali Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach, Thelonious Monk, per non citare che i più noti.Originario di una delle mecche statunitensi del jazz, Kansas City, Parker si fece le ossa con locali traveling bands, in particolare con quella di Jay McShann che suonava in uno stile tradizionale. Fu a New York, dove si era trasferito sul finire degli anni ’30, che sul suo sax alto sviluppò quel linguaggio che sarebbe diventato fondamentale per l’evoluzione verso una moderna concezione del jazz e della musica afroamericana.Decisiva fu la presenza di Parker per circa un anno nella band del pianista Earl Hines, dove incontrò il trombettista Dizzy Gillespie, proprio durante il noto sciopero dei musicisti legati al potente sindacato statunitense di categoria indetto come protesta contro le misere royalties che ricevevano per le registrazioni discografiche.Il resto è storia nota, con le leggendarie session notturne nei locali di Harlem e le prime registrazioni della nuova, sconvolgente musica che furono pubblicate a partire dal 1945. Una storia che ci racconterà Maurizio Franco in questa prima serie di trasmissioni dedicata al grande altosassofonista statunitense, scomparso nel 1955 a soli 35 anni.

(Fonte Birdland)

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Hal Willner , le riletture
Con Marcello Lorrai

Hal Willner, nato nel 1956 e scomparso nell’aprile 2020 a causa del Covid-19, è stato un produttore statunitense attivo nell’ambito dell’industria discografica, nel campo del cinema e della TV, nonché come promotore di concerti ed eventi dal vivo.

Fra gli album da lui diretti e firmati spiccano soprattutto i cinque che pubblicò tra i primi anni ’80 e l’inizio del decennio successivo, dedicati a riletture di autori i più diversi. Dietro questi progetti, concepiti con dei cast che raggruppavano musicisti di varia estrazione, c’era l’intuizione del produttore di unire mondi che fino ad allora erano restati separati.

Marcello Lorrai ci presenterà una selezioni da questi dischi che Willner dedicò, nell’ordine, a Nino Rota e alle musiche per Fellini, a Thelonious Monk, a Kurt Weill, alle musiche dei film di Walt Disney e infine a Charles Mingus.

Furono invitati ed accostati uno all’altro musicisti i più diversi: Donald Fagen degli Steely Dan e il pianista d’avanguardia Muhal Richard Abrams, Carla Bley e Peter Frampton, Ringo Starr e Sun Ra, Sting e John Zorn o ancora Keith Richards, Diamanda Galas, Elvis Costello, Yma Sumac, Wynton Marsalis e molti altri.

( Fonte Birdland )

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5 fotografie del jazz svizzero
Con Maurizio Franzo

In relazione ai premi svizzeri di musica, che verranno consegnati il 17 settembre, e alla successiva Giornata della musica Svizzera cui parteciperanno il giorno dopo tutte le reti radio della SSR/SRG, "Birdland" offre su Rete Due une serie speciale dedicata ad alcuni protagonisti dell'attuale scena jazz del nostro paese.

In particolare, ci si soffermerà su cinque figure di musicisti che negli ultimi decenni hanno contribuito a dar lustro alla musica d'improvvisazione elvetica, segnalandosi sulla ribalta europea ed internazionale.

Una delle trasmissioni sarà doverosamente dedicata a Erika Stucky, vincitrice del Gran premio svizzero di musica 2020. La cantante, strumentista e straordinaria performer vallesana si è imposta sin dagli anni '90 per una vena musicale con forti legami con la tradizione e al tempo stesso del tutto eccentrica e libertaria.

Le altre puntate vedranno in primo piano il cantante, vocalist e beatboxer Andreas Schaerer, messosi in evidenza una decina abbondante di anni or sono con il suo gruppo-feticcio Hildegard lernt fliegen; il percussionista Lucas Niggli, allievo e in parte continuatore del grande Pierre Favre; il raffinato pianista romando Colin Vallon con la sua line-up d'elezione, il trio piano-basso-batteria declinato in una moderna ed innovativa accezione; il giurassiano Samuel Blaser, virtuoso del trombone e musicista dalla spiccata progettualità in contesti europei ed internazionali.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/okonjAiC#COJjWz8e40mH...evUk47o0lVl3ji4

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L'avventura del be-bop
Con Claudio Sessa

In concomitanza con l’anniversario di Charlie Parker (1920-1955), a cui sarà dedicato un doppio ciclo di trasmissioni, “Birdland” propone, con la sapiente guida di Claudio Sessa, anche una riflessione sul fenomeno del be-bop, rivoluzionario movimento nato nei primi anni ’40 di cui Parker fu protagonista insieme a colleghi quali Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach, Thelonious Monk, per non citare che i più noti.

In reazione a quello che era all’epoca il dominio delle grandi orchestre swing, Parker e Co. iniziarono a pensare ad una musica liberata da certe strutture formali, dalle troppo sfruttate formule armoniche, dai canonici accompagnamenti ritmici, un jazz che si contrapponesse a quella che era considerata ormai una musica troppo commerciale. Il be-bop sarà così il primo tipo di jazz a nascere ai margini e contro lo show-business.

A partire dai primi anni ’40, in coincidenza con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, un drappello di giovani musicisti, finito il lavoro ordinario in big band, si ritrovava tardi la notte in alcuni oscuri locali di Harlem quali il Minton’s Playhouse o il Monroe’s Uptown House, per sperimentare nuovi tipi di brani caratterizzati da grande virtuosismo e serrata competizione fra i solisti, uso degli strumenti al limite delle loro possibilità, tempi spesso vertiginosi, un utilizzo quasi sistematico del “levare” e delle accentuazioni dei tempi deboli.

Anche il recording ban, il boicotto indetto dal forte sindacato dei musicisti dall’agosto del ’42 al novembre del ‘44 delle sale di registrazione - per ottenere dalle case discografiche migliori condizioni di pagamento delle royalties - contribuì in parte allo sviluppo sotterraneo del nuovo genere, che si manifestò in tutta la sua evidenza nel 1945 quando in poco tempo il mercato discografico fu stravolto dalle prime registrazioni ufficiali di Gillespie, Parker e gli altri. Il be-bop iniziò a diffondersi su una più larga scala e si “ufficializzò” con l’apertura degli storici locali a Manhattan, sulla 52.a strada, nella zona di Broadway: il Bop City, il Birdland, il Royal Roost.

( Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/YtRVFCRD#WjTrs_q02PNJ...F6cVKx--Ht0NEWc

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Divagazioni blues , Jimmy Reed
Con Riccardo Bertoncelli

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/40RHBYoC#ayPikZAxQXx_...UQs6g_32hOBIs88

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Riletture e trasfigurazioni "Las Vegas Tango"(Gil Evans)
Con Riccardo Bertoncelli

In questa puntata singola di “Birdland” Riccardo Bertoncelli prende in considerazione il tema Las Vegas Tango, scritto da Gil Evans e presente nel leggendario album “The Individualism of G.E.” del 1964.

È un brano visionario, costruito su una semplicissima sequenza armonica che spesso si carica di forti dissonanze. Propone dei colori ovattati che solo di tanto in tanto si schiariscono, e delle ricercate tensioni interne che vengono ben messe in evidenza dalla magistrale orchestrazione.

L’incedere ipnotico del pezzo, il suo sound sensuale sono ben messi in evidenza nella lettura del 1969 del vibrafonista Gary Burton, nel pieno del suo periodo elettrico, e ancor di più da quella allucinata, stravolta di Robert Wyatt compresa nel suo primo disco da solista del 1970.

( Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/50YkkJYK#ae8ceF5KdJ7V...mfJ1uGBDlHsrsWw


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Herbie Mann , flautista
Con Marcello Lorrai

Nel jazz il flauto, anche forse per le caratteristiche del suo particolare suono, per timbro e ampiezza dinamica, ha ricoperto e ricopre un ruolo secondario. Al di là di ciò, alcuni musicisti si sono profilati come veri e propri specialisti dello strumento, soprattutto a partire dagli anni Sessanta.

Fra questi Herbie Mann, forse il primo a concentrarsi esclusivamente sul flauto. Nuovayorkese doc, nato nel 1930 e scomparso nel 2003, Mann ha contribuito a dare un nuovo ruolo al suo strumento profilandosi pure come pioniere della world music. Sperimentò infatti, sin dai suoi esordi come leader, commistioni tra il jazz e le musiche africane (emblematico il suo primo album, "African Suite” del 1959), quelle mediorientali e brasiliane, collaborando fra l’altro con Joao Gilberto e A.C. Jobim.

Marcello Lorrai in questa serie di “Birdland” narra l’originale vicenda artistica di un musicista spesso criticato dai puristi del jazz.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/gpwEjKQa#6zFJXxs42DVf...tkzyQZxpUG88MVw

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In ricordo di Jon Christensen, batterista
Con Maurizio Franco

Jon Christensen ha segnato con il suo drumming un’epoca del jazz scandinavo. Venuto alla ribalta nella seconda metà degli anni ’60, come molti suoi colleghi del Nord quale accompagnatore degli americani di passaggio, si mise poi in evidenza in vari gruppi di quelli che sarebbero diventati i più influenti jazzisti norvegesi: Jan Garbarek, Terje Rypdal, Arild Andersen. Lo ricordiamo più tardi, nel pieno degli anni ’70, nel quartetto europeo di Keith Jarrett e poi accompagnatore scelto, sia dal vivo che sui tanti dischi ECM, da illustri colleghi quali Bobo Stenson, John Abercrombie, Charles Lloyd, Dino Saluzzi, Ralph Towner per non citarne che alcuni.
Una carriera esemplare la sua, che verrà ripercorsa da Maurizio Franco.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/14AgxJCa#vYvT9fjPLGgT...5zVu61O0FP7eCs0

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Attila Zoller , chitarrista
Con Maurizio Franco

Chitarrista ungherese nato nel 1927 e scomparso nel 1998, Attila Zoller fuggì dal suo paese alla fine degli anni ’40 quando l’Unione Sovietica iniziava ad esercitare in maniera autoritaria la propria influenza.

Europeo di nascita, certo, ma statunitense d’adozione visto che, dopo aver soggiornato in Austria e Germania, si trasferì definitivamente negli States nel 1959 e lì sviluppò la propria carriera di apprezzato jazzista. Da giovane aveva suonato il violino, alcuni strumenti a fiato, il contrabbasso, ma sarà la chitarra il suo strumento d’elezione che continuerà a studiare anche dopo l’arrivo in America con illustri maestri come Jim Hall.

Tra le sue collaborazioni importanti ricordiamo quelle con il flautista Herbie Mann, con Lee Konitz (che lo aveva incoraggiato a partire), con Stan Getz o ancora Ron Carter e il pianista Don Friedman.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/t4xEABSQ#-5ko2HtApW8v...i5NG2omyuOPXWJs

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John Lewis, pianista e compositore.A cent'anni dalla nascita
Con Claudio Sessa

Tra i centenari celebrati in questo sfortunato 2020 anche quello di John Lewis (1920-2001), pianista, compositore e protagonista del jazz sin dagli anni ’50.

Figura centrale del jazz moderno, Lewis lo ricordiamo innanzitutto come fondatore nel 1952 del Modern Jazz Quartet, gruppo che aveva le sue radici già come band “satellite” dell’orchestra di Dizzy Gillespie, che fu attivo fino agli anni ’90 e che propose sin dagli esordi una concezione del jazz unica, spesso lontana dai canoni estetici di moda.

Claudio Sessa lo ricorderà anche per l’importanza che ebbe nello sviluppo della Third Stream, movimento che mirava a sintetizzare il jazz con la musica colta di matrice europea, e per gli innumerevoli progetti come solista.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/AhJHXaDC#0MtlVjUEZDyA...Kv6ydCE7sJhF-D4

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The " Montreal Tapes "
Con Riccardo Bertoncelli

The Montreal Tapes è una raccolta di registrazioni a nome di Charlie Haden realizzate durante l’edizione del 1989 del Festival Jazz di Montreal.

Riccardo Bertoncelli ci guida per mano in questo che è uno straordinario spaccato della carriera del contrabbassista statunitense, qui abbinato a musicisti che in varie epoche sono stati fondamentali nella sua carriera. Don Cherry e Ed Blackwell, stretti collaboratori pure loro di Ornette Coleman nei ’60 e 70; Paul Motian, il batterista cui fu legato a doppio filo in varie situazioni musicali; il brasiliano Egberto Gismonti, di cui si ricordano le meravigliose registrazioni ECM; la Liberation Music Orchestra, il grande ensemble con forti connotazioni politiche e sociali cui diede vita nei primi anni ’70; il pianista cubano Gonzalo Rubalcaba, che Haden contribuì a far conoscere nei secondi anni ’80.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/Nt5h0QID#LpEDSN0Q15Vf...S6B-sjOpkqSffOo

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Mary Lou Williams, pianista e compositrice
Con Marcello Lorrai

Mary Lou Williams è una delle prime donne importanti del jazz, non cantanti.

Pianista, arrangiatrice, compositrice, fu attiva giovanissima sin dagli anni ’30 a Kansas City, poi sotto la guida di Art Blakey nel decennio successivo, fino a flirtare in seguito con le avanguardie: free jazz e new thing. Ricordiamo le collaborazioni importanti con Bennie Goodman (1937), con Duke Ellington (Trumpet No End, 1946), con il Dizzy Gillespie della Zodiac Suite (1957).

Marcello Lorrai rievoca la lunga carriera di una figura leggendaria della musica afro-americana.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/pg5zXKqL#O_JqNYTqa8Oe...pNaS3a1ux5cIpBk

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Wayne Shorter , dagli anni 90 in poi
Con Claudio Sessa

Uno dei grandi vecchi del jazz moderno, nato nel 1933, Wayne Shorter venne alla ribalta con i Jazz Messengers, fu consacrato nel quintetto di Miles Davis negli anni ’60 e celebrato pure nel periodo di militanza nei Weather Report nei due decenni successivi.

Claudio Sessa si concentra stavolta però sulla corposa ed interessantissima produzione del sassofonista e compositore dopo la chiusura dell’esperienza dei Weather Report, a partire dai dischi di fine anni ’80, ancora sulla linea elettrica del gruppo che guidava con Zawinul. E del ritorno successivo ad una concezione di nuovo acustica della sua musica, e più decisamente basata in senso jazzistico su una profonda idea dell’interplay e su una sorta di intesa telepatica con i musicisti dei suoi gruppi.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/IspmhaKb#A6ERIux5h-SE...4ac_LNWJiehaD6k


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Jan Johansson , un ritratto
Con Maurizio Franco

In queste tre puntate di Birdland, Maurizio Franco ci aiuta a riscoprire la figura del pianista, compositore, arrangiatore svedese Jan Johansson, uno dei musicisti più in vista del jazz scandinavo nei pirmi anni ’60, prima del fiorire della successiva generazione comprendente i vari Garbarek, Stenson, Rypdal…

Nato nel 1931, morì in giovane età nel 1968 per un incidente d’auto.

Il suo nome è legato tra l’altro ad una serie di album nei quali propose riarrangiamenti di canzoni popolari (svedesi, russe, ungheresi). Il primo di questi - Jazz på svenska - dedicato al folklore del suo paese Natale, è ancor oggi il bestseller dei dischi jazz in Svezia.

Jan Johansson è anche ricordato come il compositore del tema principale e delle musiche di contorno della fortunata serie televisiva Pippi Calzelunghe

( Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/45hQRDrC#7UypRxqZcg44..._ysdE9FxG7-DJoQ

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Americani in Europa Ben Webster"Live at Jazzhus Montmartre 1965"
Con Maurizio Franco

Un album spettacolare quello che Maurizio Franco ricorda oggi, una serie di registrazioni dal vivo che un già ultracinquantenne Ben Webster realizzò dal vivo a Copenaghen a metà anni ’60.

Il tenorsassofonista era accompagnato nell’occasione da una ritmica locale comprendente due campioni come Niels-Henning Oersted Pedersen (non ancora ventenne) al contrabbasso e Alex Riel alla batteria, nonché da Kenny Drew sen. Al piano, musicista con passati accanto altri grandi tenoristi come Young, Hawkins, Rolllins, Coltrane, che si era stabilito dall’anno precedente in Danimarca.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/1ggXECqa#xLskCSchcztF...pIQMxS6UFTN1ZOY

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Americani in Europa Dexter Gordon " Oun Man in Paris "
Con Maurizio Franco

Pubblicato da Blue Note nel 1963, Our Man in Paris è il primo album di Dexter Gordon registrato durante il suo autoesilio nel Vecchio Continente, che durerà fino al 1976. All’apice della sua maturità stilistica, è considerato da molti come uno dei suoi lavori più riusciti. Accanto a lui due altri connazionali espatriati come Bud Powell al piano (pure lui al meglio della sua arte) e Kenny Clarke alla batteria, con in più l’eccellente Pierre Michelot al contrabbasso

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/tsR1AC6I#B_nA7IADb5Vq...6K8cVnW94QxXJpI

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Albert Ayler, un ricordo. A 50 anni dalla morte
Con Riccardo Bertoncelli

Albert Ayler fu ritrovato morto nell’East River a New York il 25 novembre del 1970. Non aveva più dato notizie di sé da 20 giorni, le circostanze della morte non furono mai del tutto chiarite.In poco più di una decina d’anni di carriera, il sassofonista nativo dell’Ohio, che aveva iniziato a suonare rhythm’n’blues, si impose come una delle figure più anticonvenzionali del free jazz e della new thing.Nella sua estetica, tra le più radicali dell’epoca, accanto a quella di Cecil Taylor, convivevano musiche di strada, marce militari, motivetti semplici e canticchiabili, tutto quel tessuto di influenze che si incanalarono a poco a poco nella grande corrente del jazz, accanto alle furiose esplosioni sonore che diventarono un vero e proprio marchio di fabbrica. Semplicità/complessità: la musica di Ayler si è sempre mossa tra questi due opposti. Molti hanno reso omaggio alla sua influenza, da Ornette Coleman a Eric Dolphy, a John Coltrane, sia per le idee proposte che per una perizia strumentale che contribuì ad estendere i limiti del suo strumento, il sax tenore. Molti i musicisti che lavorarono con lui: Gary Peacock, Henry Grimes, Sunny Murray, Don Cherry, Ruswell Rudd, John Tchicai, Alan Silva.Riccardo Bertoncelli, collezionista dei dischi di Ayler, ci guida nella riscoperta della sua vicenda artistica.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/J0hwHaqB#OTx7QNzMCIVs...Ynl2KfuA8vf0IDg

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Vite parallele: Clark Terry e Paul Gonsalves 100 !
Con Claudio Sessa

In questa serie di "Birdland" Claudio Sessa ci offre un parallelismo tra le carriere di due grandi specialisti di strumenti differenti: il trombettista e flicornista Clark Terry e il sassofonista Paul Gonsalves. Solisti affermati ma anche musicisti richiestissimi in orchestra. Il primo con Count Basie, Duke Ellington e Quincy Jones; il secondo fisso pure con Basie, poi nell’orchestra di Gillespie, in seguito leggio fisso nella sezione delle ance dell’orchestra di Ellington dal 1950 alla scomparsa nel 1974.Occasione pure di ricordarli nel centenario della nascita, essendo entrambi classe 1920.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/1pgwEKRR#zVZ_29GsEgXm...4s8oGopJQqhi5PU

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Fela Anikulapo Kuti (1038-1997), artista africano
Con Marcello Lorrai

Incursione nella musica africana con la serie di Birdland di questa settimana.E non con un musicista da poco: Fela Kuti è stato probabilmente il più importante artista africano tra anni 70 e 80, musicista la cui arte ha travalicato i confini del Continente per imporsi – per la prima volta – a livello mondiale.Sassofonista, cantante, compositore, attivista politico, Fela Kuti ha saputo creare un sound che era un crogiolo di elementi da musiche le più diverse: la tradizione della sua Nigeria e dell’Africa centrale, i ritmi del rock e del funk, l’improvvisazione e i suoni del jazz.Marcello Lorrai ripercorre la storia di un musicista che è stato fra i grandi pionieri della world music.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/As4ETALD#fv1B98F0cFEy...T0x6CP1U83ewj0w

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Keith Jarret piano solo , gli anni Duemila
Con Claudio Sessa

Proprio in concomitanza con la pubblicazione di Budapest Concert nell’ottobre scorso, aveva fatto scalpore la notizia che Keith Jarrett non sarebbe più tornato sui palcoscenici. La notizia era nell’aria ma non ancora ufficiale. È diventata tale dopo un’intervista apparsa sul New York Times, nella quale il grande pianista statunitense confessava che a causa di due ictus ravvicinati l’uso della mano sinistra era ormai compromesso e ciò non gli permetteva più di suonare.Claudio Sessa ripercorre in questa serie di “Birdland” l’ultima fase creativa del pianista per quanto attiene ai suoi recital in solo, in particolare gli album pubblicati dall’inizio del nuovo secolo ad oggi, da “Radiance” (2002) alla registrazione live a Budapest (del 2016). Una serie di lavori dove emerge una concezione radicalmente diversa da quella del periodo 1970-90: allora lunghe suites ininterrotte dove le idee musicali si fondevano una nell’altra, più di recente l’idea di brani brevi, spesso con strutture “chiuse”.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/ks5w2LCI#wXIPclFjNJzu...qxdcH5jY9SysgQM

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Hal Willner , le riletture
Con Marcello Lorrai

Hal Willner, nato nel 1956 e scomparso nell’aprile 2020 a causa del Covid-19, è stato un produttore statunitense attivo nell’ambito dell’industria discografica, nel campo del cinema e della TV, nonché come promotore di concerti ed eventi dal vivo.

Fra gli album da lui diretti e firmati spiccano soprattutto i cinque che pubblicò tra i primi anni ’80 e l’inizio del decennio successivo, dedicati a riletture di autori i più diversi. Dietro questi progetti, concepiti con dei cast che raggruppavano musicisti di varia estrazione, c’era l’intuizione del produttore di unire mondi che fino ad allora erano restati separati.

Marcello Lorrai ci presenterà una selezioni da questi dischi che Willner dedicò, nell’ordine, a Nino Rota e alle musiche per Fellini, a Thelonious Monk, a Kurt Weill, alle musiche dei film di Walt Disney e infine a Charles Mingus.

Furono invitati ed accostati uno all’altro musicisti i più diversi: Donald Fagen degli Steely Dan e il pianista d’avanguardia Muhal Richard Abrams, Carla Bley e Peter Frampton, Ringo Starr e Sun Ra, Sting e John Zorn o ancora Keith Richards, Diamanda Galas, Elvis Costello, Yma Sumac, Wynton Marsalis e molti altri.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/xsgCDQbZ#fdjOJQcMld3x...Tun8uEc7sSim4lY

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5 fotografie del jazz svizzero
Con Maurizio Franzo

In relazione ai premi svizzeri di musica, che verranno consegnati il 17 settembre, e alla successiva Giornata della musica Svizzera cui parteciperanno il giorno dopo tutte le reti radio della SSR/SRG, "Birdland" offre su Rete Due une serie speciale dedicata ad alcuni protagonisti dell'attuale scena jazz del nostro paese.

In particolare, ci si soffermerà su cinque figure di musicisti che negli ultimi decenni hanno contribuito a dar lustro alla musica d'improvvisazione elvetica, segnalandosi sulla ribalta europea ed internazionale.

Una delle trasmissioni sarà doverosamente dedicata a Erika Stucky, vincitrice del Gran premio svizzero di musica 2020. La cantante, strumentista e straordinaria performer vallesana si è imposta sin dagli anni '90 per una vena musicale con forti legami con la tradizione e al tempo stesso del tutto eccentrica e libertaria.

Le altre puntate vedranno in primo piano il cantante, vocalist e beatboxer Andreas Schaerer, messosi in evidenza una decina abbondante di anni or sono con il suo gruppo-feticcio Hildegard lernt fliegen; il percussionista Lucas Niggli, allievo e in parte continuatore del grande Pierre Favre; il raffinato pianista romando Colin Vallon con la sua line-up d'elezione, il trio piano-basso-batteria declinato in una moderna ed innovativa accezione; il giurassiano Samuel Blaser, virtuoso del trombone e musicista dalla spiccata progettualità in contesti europei ed internazionali.

(Fonte Birdland)

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Edited by sergiomac - 2/1/2021, 10:46
 
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view post Posted on 9/1/2021, 12:02

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01-Dexter Gordon , sassofonista
Con Claudio Sessa

Tra le grandi voci del sax tenore venute alla ribalta nel Dopoguerra, Dexter Gordon è, per il suo suono potente e caloroso, uno dei jazzisti inconfondibili della storia del jazz moderno. Nato nel 1923 a Los Angeles e scomparso nel 1990, aveva iniziato la carriera con Lionel Hampton, per poi lavorare tra il 44 e il 45 nelle grandi formazioni di Louis Armstrong e Billy Eckstine. Si avvicina al nuovo jazz quando è ingaggiato da Parker e Davis, e inizia a proporsi come leader del proprio quartetto. Le sue formazioni variano spesso e diventa imprescindibile in particolare quella con il suo collega di strumento Wardell Gray, con cui ingaggia delle infuocate chases a due tenori. Con gli anni ’50 la sua fama è ormai consolidata nel novero dei grandi soliti del nuovo jazz. Privilegia le esibizioni live piuttosto che l’attività discografica. Importante nella sua carriera il lungo periodo trascorso in Europa, in Danimarca specialmente, a partire dal 1962, interrotto solo da sporadici ritorni a New York. Richiestissimo in tutte le maggiori rassegne e nei principali club mondiali, gli ultimi anni sono segnati dalla partecipazione come attore protagonista al film di Tavernier Round Midnight (1987) e da una ultima trionfale tournée l’anno successivo. Maestro delle ballad, specialista pure delle improvvisazioni “in crescendo”, Dexter Gordon era un animale da palcoscenico. È stato uno dei primi grandi sax tenori del be-bop e ha segnato con il suo strumento anche l’epoca successiva, esercitando la sua influenza su gente come Coltrane e Sonny Rollins.

( Fonte Birdland )


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Abbey Lincoln,cantante,attrice attivista , i primi anni
Con Marcello Lorrai

Abbey Lincoln è stata una figura di primo piano della vocalità jazz dalla metà degli anni ’50 fino ai primi anni del nuovo secolo. Una carriera lunghissima la sua, che l’ha vista pure impegnata come attrice e, tra fine Cinquanta e inizio Sessanta, diventare una della personalità femminili di riferimento del Movimento per i Diritti Civili.Marcello Lorrai in questo ciclo di “Birdland” mette l’accento sui primi fondamentali anni di carriera dove la Lincoln, superata l’immagine di cantante sexy che il business musicale aveva tentato di cucirle addosso, si impone con i primi suoi album (quattro tra il ‘57 e il ‘59) ed entra in contatto con Max Roach (di cui diventerà in seguito la moglie) registrando assieme a lui diversi album. Tra questi il basilare e fortemente impegnato “We Insist! Freedom Now Suite” del 1960 e i successivi “Percussion Bitter Sweet” e “It’s Time”.

( Fonte Birdland )

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Tra jazz, rock e progressive i Colosseum
Con Riccardo Bertoncelli

I Colosseum è stata una delle formazioni di primo piano del jazz rock e della fusion inglese della prima ora.In poco più di 4 anni di attività, dal ‘68 al ‘71 (senza considerare la seconda versione della band Colosseum II, dal 1975, e le successive reunion) segnarono un’epoca con quella loro musica unica.Il gruppo fu fondato dal batterista Jon Hiseman e dal sassofonista Dick Heckstall-Smith, che uscivano fuori dalla fiorente scena del blues britannico e da quella jazz con collaborazioni con John Mayall, Georgie Fame, Graham Bond. Del gruppo fece parte anche l’eccellente pianista e tastierista Dave Greenslade.Tra i dischi storici lasciatici la bella “Valentine Suite” e lo straordinario “Colosseum Live” che cattura un concerto di quegli anni a Manchester.

( Fonte Birdland )

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Per i 75 anni di dave HOlland.Bassista, compositore, bandleader
Con Claudio Sessa

Britannico di origine, Dave Holland ha costruito la propria lunga carriera negli Stati Uniti dove si era trasferito a fine anni ’60 su chiamata di Miles Davis.Contrabbassista tra i più influenti del jazz degli ultimi 50 anni, si è messo in luce anche per la sua vena di compositore e per una progettualità che l’ha visto leader di formazioni più diverse, dal quartetto alla big band.Dopo essersi illustrato giovanissimo sulla scena inglese accanto a John McLaughlin, John Surman, Kenny Wheeler, Chris McGregor, Holland iniziò a lavorare con Miles per l’album Filles du Kilimandjaro e restò nel suo gruppo fino al 1970: album storici come In a silent Way e Bitches Brew vedono la sua presenza. Altre tappe della suo percorso sono quelle col supergruppo Circle con Corea e Braxton, la proficua associazione con Sam Rivers, l’entrata col botto nella cerchia ECM con la pubblicazione del magnifico album Conference of the Birds (1972) e la fondazione del trio Gateway con John Abercrombie e Jack DeJohnette. Da quel momento ha sempre guidato proprie formazioni dove sono sfilati giovani virgulti del jazz contemporaneo quali ad esempio Steve Coleman, Chris Potter, Robin Eubanks.Claudio Sessa passa in rassegna in questa serie di Birdland la luminosa carriera di Dave Holland che compirà nel 2021 i 75 anni.

( Fonte Birdland )

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Johnny Hodges (1907-!970) , sassofonista
Con Maurizio Franco

Quella di Johnny Hodges è stata per lunghissimo tempo una delle personalità di riferimento dell’orchestra di Duke Ellington e una delle maggiori figure del sax alto dell’epoca delle big band. Nato nel 1907, cresciuto nei quartieri sud di Boston, fu essenzialmente un autodidatta.A parte un breve periodo ad inizio anni ’50, è stato uno dei più longevi collaboratori di Ellington, dal 1928 fino alla morte. Molte composizioni del grande maestro sono state pensate proprio per il sound caldo e morbido del suo strumento, tra queste Prelude to a Kiss, Bloodcount, Jeep Blues.Accanto al lavoro con Ellington, ricordiamo Hodges anche leader di propri gruppi, spesso con partner di peso quali Gerry Mulligan, Earl Hines, Wild Bill Davis.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/IkhmAaRJ#VRKctshR8Luu...A3JIFTFtf-d1ulc

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Manu Dibango ( 1993-"020 ) , un ritratto
Con Marcello Lorrai

Dopo una recente serie di trasmissioni dedicate a Fela Kuti, Birdland propone stavolta questo sentito omaggio a Manu Dibango, alfiere pure lui dell’afro-jazz scomparso nel marzo 2020 a causa del Covid.Nato nel 1933, il sassofonista, compositore e bandleader di origine camerunese ha segnato un’epoca con quella sua musica inaudita che catturò le passioni di molti occidentali. Un incontro di rara energia tra funk, jazz e ritmi tradizionali della sua Africa che il maestro costruì in Francia, dove si stabilì nel 1949 inizialmente per completare i suoi studi medio-superiori.La musica divenne ben presto il suo principale interesse: il suo album Saxy Party del 1969 e poco dopo il superhit Soul Makossa (1972) furono l’inizio di una strepitosa carriera. Marcello Lorrai ci aiuta a ripercorrerla.

( Fonte Birdland )

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Jazz Composers Orchestra story
Con Riccardo Bertoncelli

La Jazz Composers Orchestra, nata negli Stati Uniti nel 1965 su iniziativa di Carla Bley e Michael Mantler, è un po’ l’antesignana delle grandi formazioni di jazz d’avanguardia nate a partire dal quel periodo, al di là e al di qua dell’Atlantico.Il multistrumentista Bill Dixon aveva dato vita poco prima ad una breve esperienza analoga, alla quale avevano partecipato - durante quella che fu chiamata la Rivoluzione d’ottobre del jazz del 1964 - anche la Bley e Mantler. Nel 65 la coppia ne prese le redini e il nome si trasformò da subito in quello che conosciamo, un’esperienza che durò fina a metà degli anni 70.La Jazz Composers Orchestra divenne ricettacolo di parte della creatività nell’ambito del jazz d’avanguardia nuovayorkese e per diversi anni fu attiva in parallelo alla Liberation Music Orchestra di Charlie Haden.Fra i musicisti che vi parteciparono ricordiamo Don Cherry, Gato Barbieri, Cecil Taylor, Pharoah Sanders, Grachan Moncur III, Leroy Jenkins. L’orchestra fu protagonista anche del lavoro più importante e ambizioso di Carla Bley, la jazz-opera Escalator Over the Hill.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/k9oViIiZ#BbUNMB7_J_5F...ge7yH3F0kHEYuLE

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Henry Threadgill , multistrumentista e compositore
Con Claudio Sessa

Una personalità davvero unica quella di Henry Threadgill nel panorama del jazz nero-americano degli ultimi 50 anni, alla quale ci avvicineremo grazie alla sapiente guida di Claudio Sessa in questa serie di "Birdland".

Multistrumentista, suona vari tipi di sassofono e il flauto, e compositore, Threadgill è nato a Chicago nel 1944. Ha contribuito in maniera essenziale alla definizione della scuola del jazz d'avanguardia chicagoano dagli anni '70 in poi. Ha fondato gruppi eterogenei e spesso dalla inusuale strumentazione come il trio Air (1971), il proprio sestetto/settetto con violoncello, la band Very Very Circus (con due chitarre elettriche e due basso tuba), il quintetto Make a Move (con fisarmonica o vibrafono, chitarre e basso elettrici), più di recente gli ensemble Zooid e Double Up.
Nell’arte di Threadgill, che trascende i confini stilistici, convergono in una originalissima sintesi elementi di tradizioni diverse: il ragtime, la musica di strada e da circo, il be-bop, la nuova musica di matrice eurocolta, il free jazz. La sua cifra di compositore è stata riconosciuta grazie alla commissioni di enti importanti quali la Carnegie Hall, la Columbia University, l’ensemble Bang on a Can, la Biennale Musica di Venezia, il Festival jazz di Saalfelden. Nel 2016 ha vinto il Premio Pulitzer per la musica con il disco In for a penny, in for a pound del suo gruppo Zooid.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/RooV0KgL#pBxoYhPmGkO4...ri0FzQ8Z12TVVjE

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Errol Garner (1921-1977 ) a cent'anni dalla nascita
Con maurizio Franco

Da lunedì 1 a venerdì 5 marzo 2021A cent’anni dalla nascita, Maurizio Franco si china in questa serie di Birdland sulla figura di Erroll Garner, straordinario pianista venuto alla ribalta dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.A metà strada tra la tradizione del ragtime e dello swing da una parte, l’avanguardismo del bop dall’altra, il suo indefinibile stile e le sue straordinarie doti di improvvisatore divennero molto popolari con la seconda metà degli anni ’40, riconosciute da un gran successo di pubblico. Scrisse alcuni temi diventati veri e propri standard del jazz.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/VpxQjYIQ#BnY_A-anLSGE...duJlftk7ReL1oXs

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Bill Evans, il trio dimenticato.Con Eddie Gomez e Jack DeJohnette
Con Claudio Sessa

Il trio di Bill Evans, straordinaria figura di stilista dello strumento che ha dato un impulso decisivo al jazz moderno, ha avuto una notevole serie di “incarnazioni”, da quello con Scott LaFaro e Paul Motian fino all’ultimo con Marc Johnson e Joe LaBarbera.Una edizione che forse non tutti ricordano è quella con Eddie Gomez e Jack DeJohnette, la cui unica registrazione ufficiale fino a poco fa era il live del ‘68 alla seconda edizione del Festival di Montreux, disco che vinse il Grammy.A partire da questo storico disco Claudio Sessa ci presenta in questa serie di “Birdland” altre registrazioni del trio finora inedite che negli ultimi anni la Resonance ha pubblicato (due doppi CD ed un singolo).

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/ssAXBQJS#lZ2mk8ofO-7P...C9Egt61L1I13c9U


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Louis Amrstrong, a 50 anni dalla scomparsa
Con maurizio Franco

Ad inizio agosto del 1971 scompariva quello che è certamente stato il jazzista più popolare, musicista che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi l’essenza della musica afroamericana: Louis Armstrong.Nativo di New Orleans, la citta per antonomasia del jazz, Armstrong fu protagonista con la sua tromba e con la sua voce dei primi ruggenti anni del jazz, si proiettò poi nell’era dello swing e seppe reinventarsi anche al momento dello sviluppo in senso moderno del jazz a partire dagli anni ’50.Un musicista straordinario la cui lunghissima carriera viene ricordata in questa serie organica in dieci puntate di Maurizio Franco.
Le prime cinque ve le presentiamo questa settimana.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/AggRUIwY#6Z7M8PrHOthq...EPpLgx-VYkbcoPo


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Nina Simone
Con Marcello Lorrai

Nina Simone è stata una delle grandi voci della black music dalla metà degli anni ’50 alla sua scomparsa, nel 2003, in una lunga carriera segnata da molti alti e bassi.I loves you Porgy, singolo di debutto nella sua straordinaria versione del 1958, e il successivo album dove è compreso anche il superhit My Baby just cares for me (che diventerà negli anni ‘80 brano per la pubblicità di una grande casa di moda) la proietta subito ai vertici della musica afro-americana. Con la sua acclamatissima apparizione alla seconda edizione del Festival Jazz di Montreux del 1968 diventerà definitivamente beniamina anche del pubblico europeo.Nina Simone - con la sua musica a cavallo tra jazz, blues, pop, soul – sarà anche personaggio pubblico schierato nella battaglia per i Diritti Civili.Marcello Lorrai tratteggia l’arte e la carriera di una della grandi artiste del Novecento.

(Fonte Birdland)


https://mega.nz/file/BpoV1a4Y#R04xGNe6QUI3...DwR22p39wXkJ-rQ


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In ricordo di Peter Green(1946-2020),chitarrista
Con Riccardo Bertoncelli

Riccardo Bertoncelli ricorda in questa serie di trasmissioni la figura di Peter Green, chitarrista centrale dapprima del British Blues accanto tra l’altro a John Mayall e poi del blues rock britannico grazie al successo della band di cui fu co-fondatore, i Fleetwood Mac.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/poZUBbyL#Dixhfu0ZX6F2...QSKMNna_1tbRTao


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Louis Armstrong a 50 anni dalla scomparsa
Seconda parte , con Maurizio Franco

Ad inizio agosto del 1971 scompariva quello che è certamente stato il jazzista più popolare, musicista che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi l’essenza della musica afroamericana: Louis Armstrong.Nativo di New Orleans, la citta per antonomasia del jazz, Armstrong fu protagonista con la sua tromba e con la sua voce dei primi ruggenti anni del jazz, si proiettò poi nell’era dello swing e seppe reinventarsi anche al momento dello sviluppo in senso moderno del jazz a partire dagli anni ’50.Un musicista straordinario la cui lunghissima carriera viene ricordata in questa serie organica in dieci puntate di Maurizio Franco. Questa settimana la seconda parte del ciclo.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/Uwo22ZbY#CreiVOa2J-9M...PLNqU0ssRcMWZ-g

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Mary Lou Williams, pianista e compositrice
Con Marcello Lorrai

Quella di Mary Lou Williams è una figura femminile di assoluta preminenza nella storia del jazz, se non consideriamo le molte importanti cantanti che si affacciarono alla ribalta della musica afro-americana sin dalla Golden Age.Nata ad Atlanta nel 1910 e cresciuta a Pittsburgh, talento precocissimo, fondamentalmente autodidatta, si fece un nome già in tenera età con concerti ed esibizioni in città nelle situazioni le più diverse.Diventata la signora Williams dopo aver sposato a 16 anni il caporchestra John Williams, iniziò a scrivere arrangiamenti, a comporre e a sviluppare la sua musicalità al pianoforte.Entrò nel 1930 nella band di Andy Kirk e fu quello il palcoscenico che la rivelò al grande pubblico. In quel contesto poté esprimere le sue qualità di strumentista e di arrangiatrice, che le valsero le successive collaborazioni con i grandi dello swing: Louis Armstrong, Benny Goodman, Tommy Dorsey. E soprattutto la nomea di First Lady del jazz strumentale.L’innato senso musicale la portò ad avvicinarsi al nascente be-bop, successivamente allo sviluppo del jazz degli anni ’50, fino alle esperienze più radicali. Uno spirito aperto, in perenne divenire, il suo: sempre attento alle novità che la musica afro-americana ha saputo esprimere.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/04JhUKLK#-YEj4Njw_veZ...YZBTusm10eLhM70

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Sonny Rollins, registrazioni live anni 50 e 60
Con Claudio Sessa

Oggi 91.enne, Sonny Rollins è uno degli ultimi grandi protagonisti del jazz moderno ancora in vita, anche se ormai non più in attività.Claudio Sessa si concentra in questa serie su alcune registrazioni dal vivo fondamentali nella discografia del “Saxophone Colossus” tra anni ’50 e ’60, partire da quel A night at the Village Vaunguard del 1957 che in pratica inaugurava il trio sassofono-basso-batteria, senza strumento d’accompagnamento quindi, intuizione rivoluzionaria all’epoca.

( Fonte Birland )

https://mega.nz/file/J1Z12QyB#rqrusSiX3SWs...2fDhCKaHlcZOQ_A

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Howard Johnson , tubista e baritonista
Con Riccardo Bertoncelli

Howard Johnson, scomparso di recente all’età di 80 anni, è stato sin dalla fine degli anni ’60 lo specialista del basso tuba di riferimento per il jazz più avanzato. La grande padronanza dei suoi strumenti (suonava anche il sax baritono) e una innata facilità a trovare il giusto spazio nelle situazioni musicali più diverse, gli aprirono le porte per collaborazioni a tutto campo.Johnson si mise in evidenza dapprima nel soul jazz di Hank Crawford, nelle formazioni inconsuete di Charles Mingus, nei progetti per grande orchestra Charlie Haden e di Carla Bley. Tra gli altri arrangiatori-direttori d’orchestra di rilievo con cui lavorò assiduamente ricordiamo Gil Evans e George Gruntz (per quasi un ventennio). Lo troviamo inoltre in dischi di Gato Barbieri, Archie Shepp, Gary Burton, Pharoah Sanders.E la sua bravura fu messa in risalto anche in ambito blues, rock e pop. Collaborò con John Lennon, Muddy Waters, Taj Mahal, The Band di Robbie Robertson, James Taylor.Howard Johnson ha guidato anche proprie formazioni, la più interessante delle quali – negli anni ’90 - è stata Gravity.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/8h422CIa#qRgw6DFT8hwN...muBLDfZYcT43FcQ

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Jazz dal Sudafrica.Jonas Gwanga, trombonista , autore , produttore
Con Marcello Lorrai

Se pensiamo a Abdullah Ibrahim o a Hugh Masekela, Jonas Gwangwa non è tra le figure di maggior spicco di quella che è stata la diaspora dei jazzisti sudafricani poi impostisi a livello internazionale.Marcello Lorrai contribuisce a delinearne un profilo comunque centrale nello sviluppo del jazz nel suo paese natale, a poca distanza dalla morte avvenuta ad inizio anno.Venuto alla ribalta accanto a Dollar Brand, poi nel gruppo dei Jazz Epistels, ebbe la possibilità di viaggiare e di farsi conoscere all’estero, specie negli Stati Uniti dove partecipò a importanti eventi riguardanti il Sudafrica accanto a Miriam Makeba e Hugh Masekela.Multistrumentista di vaglia, soprattutto trombonista, molto attivo anche come produttore e compositore, scelse anche lui la via dell’esilio nei primi anni ’70.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/og52GChT#GIuFsA4m9Yw-...nk-5jI7pKDIlrzc

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In ricordo di Wardell Gray , sassofonista(1921-1955)
Con Maurizio Franco

Tra gli anniversari del jazz che si ricordano in questo 2021, anche il centenario dalla nascita di Wardell Gray, brillante tenorsassofonista la cui carriera fu però di breve durata. Scomparve a Las Vegas nel 1955, a soli 34 anni, in circostanze mai del tutto chiarite.Fu legato nei primi anni ’40 all’orchestra di Earl Hines, poi a quella di Billy Eckstine dove figuravano buona parte dei “modernisti” del bop. Stabilitosi sulla West Coast, a Los Angeles in particolare, si mise in mostra quale uno dei musicisti più brillati che si esibivano nei molti locali: leggendarie divennero le sue sfide musicali, le cosiddette “chases”, con il suo famoso collega di strumento Dexter Gordon. Collaborò in seguito con Benny Goodman e Count Basie, e fu sempre più richiesto in studio di registrazione. Con gli anni ’50 inizio precocemente un declino che molti collegano ai suoi problemi di tossicodipendenza.Maurizio Franco ricorda in Birdland la vicenda di un musicista che avrebbe avuto ancora molto da dire.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/4wxnDSrA#YqxLWhGkskT4...ZI7kif8RudTCU2U

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Antichi Strumenti , la Cornetta.Freddie Keppard e King Oliver
Con Claudio Sessa

Un tuffo nel jazz delle origini con l’accento messo sulla cornetta, molto utilizzato all’epoca ma che poi perse smalto a favore della tromba.I due cornettisti considerati in questa serie di Claudio Sessa, King Oliver e Freddie Keppard, furono tra i protagonisti di quella preistoria del jazz avvolta ancora in parte nella leggenda. Entrambi erano eredi di quel Buddy Bolden, loro collega di strumento, che molti considerano come l’iniziatore del jazz.Joe Oliver (1885-1938), noto in seguito come “King”, venne alla ribalta a New Orleans ma poi si trasferì a Chicago, come moltissimi musicisti di colore, al momento della chiusura nel 1917 di Storyville, il quartiere a luci rosse della città del delta. Il successo lo ottenne con la King Oliver's Creole Jazz Band per la quale ebbe l’intuizione di chiamare come secondo cornettista un tale Louis Armstrong. Nel 1926 si rilanciò con i Savannah Syncopators, l’ultima sua orchestra di grido. La Grande Depressione, un jazz che ormai aveva sviluppato altri e più moderni stili, nonché motivi di salute contribuirono al suo declino e cadde nell’oblio.Freddie Keppard (1890-1933) era anche lui un creolo di New Orleans, grande rivale di King Olvier. Insieme a Bill Johnson diede vita alla Original Creole Orchestra, che suonava quella musica che di lì a poco sarebbe diventata popolare con l’appellativo di jazz. Sfumata l’occasione di passare alla storia per l’incisione del primo disco di jazz dopo aver rifiutato un’offerta dell’etichetta Victor, nel 1917 Keppard si trasferì pure lui a Chicago. Guidò varie orchestre tra cui i Jazz Cardinals e collaborò con gente quale Jimmy Noone e Johnny Dodds. Morì, anche lui dimenticato, a soli 43 anni.

(Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/lpo2DapT#SpQYZhQOiRLS...q_2pqHVmqvbxmyY

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5 Chitarristi di culto del jazz e dintorni
Con Riccardo Bertoncelli

Bill Connors

Gli altri tre musicisti considerati sono tutti statunitensi. Bill Connors (1949) si è distinto per una musica che mescola a suo modo elementi acustici ed elettrici. Ha fatto parte dei Return to Forever, ha registrato per la ECM e lavorato con gente diversa quale Paul Bley, Jimmy Giuffre, Jan Garbarek, Stanley Clarke. Nel 2004, dopo lungo silenzio, ha pubblicato un nuovo album a suo nome.

Ray Russell

è un produttore e chitarrista britannico, richiestissimo come sideman, con collaborazioni a tutti i livelli sin dai secondi anni ’60: Andy Williams, Phil Spector, Simon Phillips, David Bowie, Paul McCartney, Jack Bruce, Michael Gibbs, Freddy Mercury. Ha prodotto dischi a suo nome tra rock, jazz, blues sin dalla fine degli anni ’60.

Steve Tibbets

cita spesso Bill Connors tra le sue influenze e come lui usa chitarre acustiche ed elettriche. Nella sua musica confluiscono jazz, ambient, world-music, new age. È legato da tempo alla ECM con la quale ha pubblicato un primo lavoro nel 1982 e l’ultimo, ad oggi, nel 2018.

Allan Holdsworth

era noto per l’estremo virtuosismo, un fraseggio e un suono personalissimo. Jazz-rock e fusion i suoi ambiti di attività, con partecipazione anche ai gruppi del batterista Bill Bruford e band quali Soft Machine, Tempest, Gong.

Gary Lucas

Considerato da certa critica tra i chitarristi più influenti del nostro tempo, Gary Lucas (1952) ha avuto e ha tuttora un’ampia attività con proprie formazioni, collaborazioni ad ampio raggio, musica per cinema e TV (anche colonne sonore originali per film muti), conferenze e corsi master. Ha lavorato inizialmente con Captain Beefheart, montando anche band-tributo al musicista, per poi collaborare tra gli altri con Tim Buckley, Lou Reed, John Cale, Patti Smith, Allen Ginsberg, Leonard Bernstein, Peter Gordon, in ambito jazz con Joe Lovano, Tim Berne, Ruswell Rudd…

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/M1ZR0aZA#bqLEiYfSLolD...P6uOVsv9KCgvyj0

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Chico O'Farril , principe dell'Afro-Cubana
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai ricorda in questa serie di trasmissioni vita e opera di Chico O'Farrill (1921-2001), uno dei padrini del jazz afro-cubano.Dapprima trombettista, svilupperà poi il suo talento di compositore e arrangiatore, nonché di bandleader. Nel 1948 è a New York, dove studia con Hall Overton e Bernd Wagenaar. Compone e arrangia per Benny Goodman, per Machito (1950, Afro-Cuban Jazz Suite con Charlie Parker), per Stan Kenton, Dizzy Gillespie (1954, Manteca Suite) e Art Farmer. Dopo aver diretto proprie formazioni, nel 1955 torna all'Avana per poi trasferirsi a Città del Messico, dove scrive colonne sonore e musica da concerto. Dal 1965 è di nuovo a New York dove collabora con Count Basie, Cal Tjader, Clark Terry, Candido, Frank Wess, Gato Barbieri, Mario Bauza e produce i propri album, tra cui quelli per la sua Afro-Cuban Jazz Big Band.Oltre ad aver scritto per teatro e televisione, ha firmato un concerto per tromba per Wynton Marsalis.Il disco Pure Emotion (1996) è stato nominato per un Grammy.

( Fonte Birdland )

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Un italiano a Parigi , Aldo Romano
Con Maurizio Franco

Batterista, compositore, ma anche autore e cantante, chitarrista nel tempo libero, Aldo Romano è nato a Belluno nel 1941. Ancora giovane arriva a Parigi per diventare musicista e per restarci tutta la vita.Ha suonato il free jazz e cantato il pop, mantenendo sempre un legame con la canzone, scrivendo in particolare per Henri Salvador o Claude Nougaro, sorta di suo fratello maggiore.Dal bebop al free jazz, inclusa la fusion, Romano ha suonato con Don Cherry, Gato Barbieri, Enrico Rava, Steve Lacy, Bud Powell, Bill Evans, Michel Petrucciani, Carla Bley, Michel Portal, Joachim Kühn, Jean ‐Luc Ponty, Frank Zappa, Keith Jarrett, Didier Lockwood e molti altri. Ricordiamo anche il suo gruppo “italiano”, dove ha riunito Paolo Fresu, Franco D'Andrea e Furio Di Castri; il trio di successo con Louis Sclavis e Henri Texier che ha dato origine ai meravigliosi album Carnets de Route e Suite Africaine. O ancora il gruppo Palatino che lo vedeva al fianco di Glenn Ferris, Paolo Fresu e Michel Benita.Maurizio Franco ripercorre la carriera di una figura di primissimo piano del jazz francese ed europeo.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/945yABwS#4fk_1mkXgmfb...s-O--uxqWGyKE-Q

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Anno 1971 . cinque capolavori

Con Paolo Keller

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/99pwmZDA#QECRaI83qM7R...66nQhVNkE3d5nGI

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Herbie Mann , flautista
Con Marcello Lorrai

(Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/M0IhhaQK#JqXkUx4nOo4Y...izsD2xsd_5iQFm0

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The " Montreal Tapes "
Con Riccardo Bertoncelli

The Montreal Tapes è una raccolta di registrazioni a nome di Charlie Haden realizzate durante l’edizione del 1989 del Festival Jazz di Montreal.Riccardo Bertoncelli ci guida per mano in questo che è uno straordinario spaccato della carriera del contrabbassista statunitense, qui abbinato a musicisti che in varie epoche sono stati fondamentali nella sua carriera. Don Cherry e Ed Blackwell, stretti collaboratori pure loro di Ornette Coleman nei ’60 e 70; Paul Motian, il batterista cui fu legato a doppio filo in varie situazioni musicali; il brasiliano Egberto Gismonti, di cui si ricordano le meravigliose registrazioni ECM; la Liberation Music Orchestra, il grande ensemble con forti connotazioni politiche e sociali cui diede vita nei primi anni ’70; il pianista cubano Gonzalo Rubalcaba, che Haden contribuì a far conoscere nei secondi anni ’80.
(Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/c8ZBiYJR#XxP8PNbG5J6C...O3XajIJAqkWwOLI

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Louis Amrstrong, a 50 anni dalla scomparsa
Con Maurizio Franco ( Prima Parte )

Ad inizio agosto del 1971 scompariva quello che è certamente stato il jazzista più popolare, musicista che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi l’essenza della musica afroamericana: Louis Armstrong.Nativo di New Orleans, la citta per antonomasia del jazz, Armstrong fu protagonista con la sua tromba e con la sua voce dei primi ruggenti anni del jazz, si proiettò poi nell’era dello swing e seppe reinventarsi anche al momento dello sviluppo in senso moderno del jazz a partire dagli anni ’50.Un musicista straordinario la cui lunghissima carriera viene ricordata in questa serie organica in dieci puntate di Maurizio Franco.
Le prime cinque ve le presentiamo questa settimana.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/AggRUIwY#6Z7M8PrHOthq...EPpLgx-VYkbcoPo


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Louis Armstrong a 50 anni dalla scomparsa
Con Maurizio Franco ( Seconda Parte )

Ad inizio agosto del 1971 scompariva quello che è certamente stato il jazzista più popolare, musicista che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi l’essenza della musica afroamericana: Louis Armstrong.Nativo di New Orleans, la citta per antonomasia del jazz, Armstrong fu protagonista con la sua tromba e con la sua voce dei primi ruggenti anni del jazz, si proiettò poi nell’era dello swing e seppe reinventarsi anche al momento dello sviluppo in senso moderno del jazz a partire dagli anni ’50.Un musicista straordinario la cui lunghissima carriera viene ricordata in questa serie organica in dieci puntate di Maurizio Franco. Questa settimana la seconda parte del ciclo.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/Uwo22ZbY#CreiVOa2J-9M...PLNqU0ssRcMWZ-g

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Fela Anikulapo Kuti (1038-1997), artista africano
Con Marcello Lorrai

Incursione nella musica africana con la serie di Birdland di questa settimana.E non con un musicista da poco: Fela Kuti è stato probabilmente il più importante artista africano tra anni 70 e 80, musicista la cui arte ha travalicato i confini del Continente per imporsi – per la prima volta – a livello mondiale.Sassofonista, cantante, compositore, attivista politico, Fela Kuti ha saputo creare un sound che era un crogiolo di elementi da musiche le più diverse: la tradizione della sua Nigeria e dell’Africa centrale, i ritmi del rock e del funk, l’improvvisazione e i suoni del jazz.Marcello Lorrai ripercorre la storia di un musicista che è stato fra i grandi pionieri della world music.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/As4ETALD#fv1B98F0cFEy...T0x6CP1U83ewj0w

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Keith Jarret piano solo , gli anni Duemila
Con Claudio Sessa

Proprio in concomitanza con la pubblicazione di Budapest Concert nell’ottobre scorso, aveva fatto scalpore la notizia che Keith Jarrett non sarebbe più tornato sui palcoscenici. La notizia era nell’aria ma non ancora ufficiale. È diventata tale dopo un’intervista apparsa sul New York Times, nella quale il grande pianista statunitense confessava che a causa di due ictus ravvicinati l’uso della mano sinistra era ormai compromesso e ciò non gli permetteva più di suonare.Claudio Sessa ripercorre in questa serie di “Birdland” l’ultima fase creativa del pianista per quanto attiene ai suoi recital in solo, in particolare gli album pubblicati dall’inizio del nuovo secolo ad oggi, da “Radiance” (2002) alla registrazione live a Budapest (del 2016). Una serie di lavori dove emerge una concezione radicalmente diversa da quella del periodo 1970-90: allora lunghe suites ininterrotte dove le idee musicali si fondevano una nell’altra, più di recente l’idea di brani brevi, spesso con strutture “chiuse”.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/Z9YhWIiD#6rGIy1AbtFK8...K6woWMeUD6voXYw

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Tra jazz, rock e progressive i Colosseum
Con Riccardo Bertoncelli

I Colosseum è stata una delle formazioni di primo piano del jazz rock e della fusion inglese della prima ora.In poco più di 4 anni di attività, dal ‘68 al ‘71 (senza considerare la seconda versione della band Colosseum II, dal 1975, e le successive reunion) segnarono un’epoca con quella loro musica unica.Il gruppo fu fondato dal batterista Jon Hiseman e dal sassofonista Dick Heckstall-Smith, che uscivano fuori dalla fiorente scena del blues britannico e da quella jazz con collaborazioni con John Mayall, Georgie Fame, Graham Bond. Del gruppo fece parte anche l’eccellente pianista e tastierista Dave Greenslade.Tra i dischi storici lasciatici la bella “Valentine Suite” e lo straordinario “Colosseum Live” che cattura un concerto di quegli anni a Manchester.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/BlQhXYSL#zQkXC9OfLZNK...1mYQxrXDuE_l8EQ

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Johnny Hodges (1907-!970) , sassofonista
Con Maurizio Franco

Quella di Johnny Hodges è stata per lunghissimo tempo una delle personalità di riferimento dell’orchestra di Duke Ellington e una delle maggiori figure del sax alto dell’epoca delle big band. Nato nel 1907, cresciuto nei quartieri sud di Boston, fu essenzialmente un autodidatta.A parte un breve periodo ad inizio anni ’50, è stato uno dei più longevi collaboratori di Ellington, dal 1928 fino alla morte. Molte composizioni del grande maestro sono state pensate proprio per il sound caldo e morbido del suo strumento, tra queste Prelude to a Kiss, Bloodcount, Jeep Blues.Accanto al lavoro con Ellington, ricordiamo Hodges anche leader di propri gruppi, spesso con partner di peso quali Gerry Mulligan, Earl Hines, Wild Bill Davis.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/IkhmAaRJ#VRKctshR8Luu...A3JIFTFtf-d1ulc

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Howard Johnson , tubista e baritonista
Con Riccardo Bertoncelli

Howard Johnson, scomparso di recente all’età di 80 anni, è stato sin dalla fine degli anni ’60 lo specialista del basso tuba di riferimento per il jazz più avanzato. La grande padronanza dei suoi strumenti (suonava anche il sax baritono) e una innata facilità a trovare il giusto spazio nelle situazioni musicali più diverse, gli aprirono le porte per collaborazioni a tutto campo.Johnson si mise in evidenza dapprima nel soul jazz di Hank Crawford, nelle formazioni inconsuete di Charles Mingus, nei progetti per grande orchestra Charlie Haden e di Carla Bley. Tra gli altri arrangiatori-direttori d’orchestra di rilievo con cui lavorò assiduamente ricordiamo Gil Evans e George Gruntz (per quasi un ventennio). Lo troviamo inoltre in dischi di Gato Barbieri, Archie Shepp, Gary Burton, Pharoah Sanders.E la sua bravura fu messa in risalto anche in ambito blues, rock e pop. Collaborò con John Lennon, Muddy Waters, Taj Mahal, The Band di Robbie Robertson, James Taylor.Howard Johnson ha guidato anche proprie formazioni, la più interessante delle quali – negli anni ’90 - è stata Gravity.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/8h422CIa#qRgw6DFT8hwN...muBLDfZYcT43FcQ

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Bill Evans, il trio dimenticato.Con Eddie Gomez e Jack DeJohnette
Con Claudio Sessa

Il trio di Bill Evans, straordinaria figura di stilista dello strumento che ha dato un impulso decisivo al jazz moderno, ha avuto una notevole serie di “incarnazioni”, da quello con Scott LaFaro e Paul Motian fino all’ultimo con Marc Johnson e Joe LaBarbera.Una edizione che forse non tutti ricordano è quella con Eddie Gomez e Jack DeJohnette, la cui unica registrazione ufficiale fino a poco fa era il live del ‘68 alla seconda edizione del Festival di Montreux, disco che vinse il Grammy.A partire da questo storico disco Claudio Sessa ci presenta in questa serie di “Birdland” altre registrazioni del trio finora inedite che negli ultimi anni la Resonance ha pubblicato (due doppi CD ed un singolo).

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/ssAXBQJS#lZ2mk8ofO-7P...C9Egt61L1I13c9U

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Sonny Rollins, registrazioni live anni 50 e 60
Con Claudio Sessa

Oggi 91.enne, Sonny Rollins è uno degli ultimi grandi protagonisti del jazz moderno ancora in vita, anche se ormai non più in attività.Claudio Sessa si concentra in questa serie su alcune registrazioni dal vivo fondamentali nella discografia del “Saxophone Colossus” tra anni ’50 e ’60, partire da quel A night at the Village Vaunguard del 1957 che in pratica inaugurava il trio sassofono-basso-batteria, senza strumento d’accompagnamento quindi, intuizione rivoluzionaria all’epoca.

( Fonte Birland )

https://mega.nz/file/J1Z12QyB#rqrusSiX3SWs...2fDhCKaHlcZOQ_A

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Il genio di Michel Legrand, pianista compositore , arrangiatore
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai rende omaggio al genio di un musicista la cui notorietà è uscita dallo stretto ambito del jazz per abbracciare la musica per film, quella di varietà, la canzone francese, la musica colta.Michel Legrand, parigino verace, era nato nel 1932 ed è scomparso nel gennaio 2019.Cresciuto in una famiglia molto musicale, dopo gli studi al Conservatorio si innamora del jazz e inizia ventenne la sua lunga carriera, accanto ad Henri Salvador.Subito dopo, siamo a metà dei ‘50, compone l’album I love Paris, pubblicato da un’etichetta statunitense, Sarà un incredibile successo che lo farà conoscere anche al pubblico americano. E di lì a poco è chiamato a lavorare con i grandi del jazz, Miles Davis in primis.Poco prima dei trent’anni entra nel giro che sarà decisivo per l’altra parte della sua carriera, quella di compositore per il cinema. Scrive per Godard, Demy e tantissimi altri registi per un repertorio complessivo di oltre 200 colonne sonore. Tre gli Oscar vinti (1968, 1971 e 1983) e 5 i Grammy (tre nel 1972 e due nel 1975).E accanto a tutto ciò non dobbiamo dimenticare la sua prolifica attività di pianista (anche classico), di arrangiatore, di direttore d’orchestra e di big band!

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/UgwyHCSB#FmIkxspq5nQh...TVtXl7Z0YWNn_7Y

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Little Walter jacobs , lo sfortunato re dell'armonica
Con Riccardo Bertoncelli

Nativo della Louisiana (1930) ed arrivato a Chicago nel ’46, Little Walter – malgrado la breve vita – è da considerare uno dei grandi del blues urbano. Chitarrista dapprima, è però con l’armonica a bocca che dà il meglio di sé spingendo lo strumento a limiti sonori impensabili prima, grazie anche all’amplificazione dello strumento, pure con uso di effetti estremi come la distorsione, che fu il primo ad introdurre.Fedelissimo nel gruppo di Muddy Waters negli anni ’50, iniziò in seguito una carriera di successo come solista che lo portò ad avere una quindicina di singles nella top 10 delle classifiche R&B di Bilboard.Fu comunque ancora richiestissimo ospite di musicisti come Bo Diddley, Otis Rush, Rocky Fuller ed altri del giro della Chess Records.La sua carriera fu purtroppo segnata, dagli anni ’60 in avanti, da crescenti problemi di alcoolismo che furono la causa della morte intervenuta nel febbraio del 1968 (subito dopo il suo secondo tour europeo), per le conseguenze di una rissa fuori da un locale di Chicago dove si era esibito la sera precedente.
( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/V4AD1YrB#sakrPe5ztpol...atJxpKkr6s1MwZo

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Jimmy Smith, i singoli del periodo Verve
Con Riccardo Bertoncelli

L’organo Hammond di Jimmy Smith ha segnato un’epoca. Il musicista, originario della Pennsylvania dove nacque nel 1925, contribuì in maniera decisiva alla popolarità dello strumento, fino ad allora quasi esclusivamente relegato nelle chiese americane dove non era disponibile uno strumento canonico.Fu uno dei jazzisti di maggior successo commerciale e la sua sterminata discografia, in parte, lo sta a dimostrare: non meno di 15 album pubblicati tra il suo debutto nel ’56 e la fine del decennio, e una lotta infinita (che il musicista abilmente sfruttò) tra le due major Blue Note e Verve per accaparrarselo.Alla seconda fu legato con continuità dal 1963 ai primi anni ’70, pubblicando accanto agli album tutta una serie di singles di successo, specifico repertorio dell’organista qui ricordato da Riccardo Bertoncelli.
( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/QwIzFYAT#e1Kxt9RKkmnM...Ky7sYkgizNOMx2k

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Curtis Fuller(1934-2021) vita ed arte di un grande del trombone
Con Claudio Sessa

“Birdland” rende omaggio a Curtis Fuller, uno dei grandi trombonisti del jazz moderno, scomparso di recente.Nato nel 1934 a Detroit, Fuller entrò nel giro che conta dopo il servizio militare (dove tra l’altro aveva incrociato i fratelli Adderley, collaborando con altri musicisti della città che stavano contribuendo al lancio dell’hard bop; Jusef Lateef, Donald Byrd, Tommy Flanagan e altri.Poi la sua strada incrociò quella di Miles Davis, di John Coltrane e dell’eccellente pianista Sonny Clark, con cui collaborò assiduamente.Momenti importanti della sua carriera, dopo l’esordio come leader nel 1957, furono la partecipazione al Jazztet di Art Farmer e Benny Golson, e poco dopo (1961) l’entrata nei Jazz Messengers di Art Blakey.Trombonista richiestissimo, legò il suo nome anche (ma non solo) alla Blue Note, sia come leader sia come sideman di spicco: è presente nel famoso Blue Train di Coltrane e in dischi di Jimmy Smith, Lee Morgan, Hank Mobley, Joe Henderson per non citarne che alcuni.
( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/ZtoFEYzI#HEm5r02KSEab...afbkvMMQkcV7YMY

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Renè Thomas e Philippe Catherine. la scuola chitarristica belga
Con Maurizio Franco

Django Reinhardt e Toots Thielemans sono gli esponenti più in vista di una scuola chitarristica belga che annovera, oltre ad alcuni musicisti minori, anche due altre figure di primo piano.Grazie al “patrocinio” di Reinhardt, René Thomas (1927-1975) ha avuto un ruolo di protagonista a partire dai primi anni ’50 sulla scena parigina. Si trasferì poi negli Stati Uniti, rientrando in Europa verso la metà di ’60. Influenzato da un maestro dello strumento come Jimmy Rainey, Thomas ha segnato l’evoluzione dello strumento nel jazz e l’approccio allo stesso di musicisti della successiva generazione quali Larry Coryell o John McLaughlin. Molto stimato tra i colleghi, fu uno dei chitarristi preferiti di Sonny Rollins.Possiamo considerare per certi versi anche Philip Catherine (Londra, 1942) un continuatore dell’estetica di Thomas. Messosi in luce sulla scena internazionale nella seconda metà anni ’60 accanto a Dexter Gordon, Niels-Henning Ørsted Pedersen, Charles Mingus, Charlie Mariano, Carla Bley, Catherine ha iniziato a proporsi come leader con l’album Stream del 1971. Lo ricordiamo attivo in uno duo di successo di chitarre acustiche con Larry Coryell e poi anche in ambito jazz-rock, genere che affrontò con proprie formazioni e soprattutto in seno al gruppo del violinista Jean-Luc Ponty.
( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/UgRVmKRR#rTCuJ1XUE4QN...SAMV6f6OR9S1-ME

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Joe Farrel , sassofonista e flautista
Con Claudio Sessa

Un brillante musicista, sassofonista e flautista, scomparso giovane in piena attivitˆ (nel 1986 a 49 anni) e oggi un poÕ dimenticato: Joe Farrell, nome dÕarte di Joseph Carl Firrantello, lo ricordiamo anche ma non solo per la feconda collaborazione con Chick Corea, nei Return to Forever ma anche in altre formazioni del grande pianista.Ha lavorato nella prima parte di carriera con Mingus, Jaki Byard, Maynard Ferguson, Thad Jones. Ascoltato in seguito accanto a musicisti del calibro Elvin Jones, Aretha Franklin, George Benson, Lalo Schifrin e moltissimi altri, nonchŽ richiesto sideman in ambito pop da star quali Santana, James Brown, Bee Gees. Nella sua sterminata discografia spiccano una quindicina di album a suo nome, molti dei quali pubblicati dalla CTI.
( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/5lp0wIiR#KZBoiWeyfqfz...dTHwHf9Qq3chs1c

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Cherlie Watts in jazz
Con Riccardo Bertoncelli

Charlie Watts, batterista dei Rolling Stones e icona del rock, scomparso alla fine dello scorso mese di agosto. In questa serie di tre puntate di Birdland Riccardo Bertoncelli documenta quello che stato il suo primo amore dichiarato: il jazz. Una musica che Watts non ha mai abbandonato, che suonava regolarmente nei momenti di pausa dagli impegni della band, che ritroviamo in alcuni progetti discografici suoi e di illustri colleghi.
(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/xxgxHAwB#KrfrnPQxyNiY...EIbOWFK7s48KnPU


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Blues harmonica , Slim Harpo
Con Riccardo Bertoncelli

Dopo aver ricordato la figura di Little Walter, Riccardo Bertoncelli ci offre un ulteriore ritratto di un armonicista del blues: Slim Harpo. é il nome dÕarte di James Moore (1924 Ð 1970), musicista che inizi˜ a farsi notare, dapprima nel Tennessee e poi a livello pi ampio, dalla fine degli anni Õ50 per uno stile davvero personale. Ebbe un ottimo successo commerciale e alcuni singles arrivarono in cima alle classifiche di vendita. Nei primi anni Õ60 le sue registrazioni iniziarono a circolare diffusamente anche in Europa. Molti gruppi del beat britannico quali Stones, Yardbirds, Them, Kinks ne realizzarono delle cover contribuendo alla sua notorietˆ anche da questa parte dellÕAtlantico.
( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/hwhRSYBS#r17NVyFSgooa...W3Y_oJ4sBz42YtY


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Abbey Lincln, la seconda parte di carriera
Con Marcello Lorrai

Abbey Lincoln è stata una figura di primo piano della vocalità jazz dalla metà degli anni 50 fino ai primi anni del nuovo secolo. Una carriera lunghissima la sua, che lÕha vista pure impegnata come attrice e, tra fine Cinquanta e inizio Sessanta, diventare una della personalità femminili di riferimento del Movimento per i Diritti Civili.Marcello Lorrai in questo ciclo di Birdland mette l 'accento sulla seconda parte della sua carriera. Dopo il periodo di fine anni 50 inizio 60 che l 'aveva vista emergere ed entrare in contatto con Max Roach, si concentra per diversi anni sull'attività cinematografica per tornare poi decisamente alla musica con i primi Settanta e i decenni successivi. Si legherà discograficamente alle etichette Philips, Enja e soprattutto Verve.

( Fonte Birdland )
https://mega.nz/file/clwBTA5C#jlyNp6xODOLC...n_Xr0JK8q0nBse4

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Gerry Mulligan a 25 anni dalla scomparsa .... ( Prima Parte)
Con Maurizio Franco

Maurizio Franco fa il punto sullÕarte di un musicista che ha fatto la storia del jazz moderno. Gerry Mulligan (1927-1996) fu tra i primi sassofonisti a specializzarsi e ad eccellere con il baritono e contribuì alla svolta del cool jazz. Di lui ricordiamo il legame artistico con Chet Baker e Lee Konitz e le pagine immortali che ci ha lasciato grazie alle registrazioni con formazioni che andavano dal piccolo gruppo alla big band.Uno spaccato esaustivo della sua lunga carriera in questa prima parte di un ciclo che prevede dieci puntate.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/t1B3SawR#qWJEmPfM_G3H...Tcww8Q9emn8YHZg

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Il clarinetto nel jazz moderno
Con Claudio Sessa

Il clarinetto è uno strumento che ha avuto un ruolo fondamentale nel jazz delle origini, con solisti del calibro di Johnny Dodds, Artie Shaw, Pee Wee Russell, Sidney Bechet e finalmente Benny Goodman che hanno contribuito alla sua affermazione. Ma con l'evolversi del linguaggio e l'avvento del jazz moderno la sua importanza è in parte scemata a favore del sassofono.In questa serie di Birdland si vuol sfatare comunque il luogo comune che vuole il clarinetto a partire dagli anni 40 come uno strumento desueto, vecchio, non adatto ai dettami del nuovo jazz. Claudio Sessa ci conduce in un mondo solo in parte noto, ricco di sorprese, tutto da scoprire.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/QkoT3I4Z#vEa7Cs7EdNcX...pCQXXYsuJIvXcQo


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Jack Teagarden , trombonista e cantante
Con Marcello Lorrai

Jack Teagarden, scomparso nel 1964 a soli 58 anni, è considerato uno dei maestri del trombone jazz: per la straordinaria tecnica assimilata quasi esclusivamente da autodidatta e per una musicalità fuori dal comune. Lo si ricorda anche come apprezzatissimo cantante. È stato uno dei primi musicisti bianchi ad assimilare la tradizione del blues, in un momento in cui i puristi consideravano che quella musica potesse essere resa appieno solo da interpreti di colore. Fu in tal senso stimato da colleghi i più diversi, esponenti del jazz classico e modernisti: da Louis Armstrong a Thelonious Monk per non citarne che due.Marcello Lorrai ripercorre la carriera di un musicista per il quale è stato spesso usato l’appellativo di genio, riservato di solito a gente come Armstrong o Ellington. Iniziata l’attività giovanissimo nella natia Texas e in Messico, grazie alla madre e insieme anche ai due fratelli e alla sorella – che saranno tutti musicisti professionisti - si trasferì a New York nel 1927. Fu strumentista e cantante subito molto richiesto da leader quali Paul Whiteman, Roger Wolfe Kahn e Ben Pollack, suonando accanto solisti che andavano per la maggiore come Benny Goodman o Bud Freeman. Fu molto attivo anche in piccoli gruppi, spesso con il cornettista Red Nichols. Dal 1939 al ‘47 diresse una sua eccellente big band con cui fu spesso in tournee e che produsse dischi di pregio. Chiusa quest’esperienza entrò a far parte dei piccoli gruppi di Louis Armstrong, con cui restò fino al 1951, e al culmine della notorietà diresse in seguito diverse sue all stars.

(fonte Birdland)

https://mega.nz/file/p05m0aiQ#oX76SeptVJKT...Ee1iDqpfZbSxajo

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Delmark Records. un'etichetta non come le altre
Con Riccardo Bertoncelli

Bob Koester, scomparso qualche mese fa a 89 anni, è stato il fondatore della Delmark Records, una delle più significative etichette discografiche americane.La triste circostanza ci dà lo spunto per ricordare, grazie alla sapiente guida di Riccardo Bertoncelli, la storia di questa label nata nel 1953 con base prima a St. Louis poi a Chicago, che ha documentato soprattutto - ma non solo - la frizzante scena del blues urbano e del jazz d’avanguardia della Windy City.Nel suo sterminato catalogo appaiono – tra i tanti – i nomi di Sleepy John Estes, Big Joe Williams, Arthur Crudup, Otis Rush, Luther Allison, Buddy Guy, Magic Sam. Più avanti quelli di Byther Smith, Michael Coleman, Little Arthur Duncan, Eddie C. Campbell.In ambito jazz hanno registrato per la label Donald Byrd, Bud Powell, Barney Bigard, Sonny Stitt, Ira Sullivan nonché moltissimi esponenti del jazz più avanzato quali Sun Ra, Archie Shepp, Art Ensemble of Chicago, Muhal Richard Abrams, Roscoe Mitchell, Anthony Braxton e in tempi più recenti Ken Vandermark, Rob Mazurek, Nicole Mitchell , l’Ethnic Heritage Ensemble.

(Fonte Birdland )
https://mega.nz/file/kopygA6T#otWAfue5VR0J...dhb0WyaIY8gWbm8

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Gerry Mulligan a 25 anni dalla scomparsa ....(Seconda Parte)
Con Maurizio Franco

Maurizio Franco fa il punto sull’arte di un musicista che ha fatto la storia del jazz moderno. Gerry Mulligan (1927-1996) fu tra i primi sassofonisti a specializzarsi e ad eccellere con il baritono e contribuì alla svolta del cool jazz. Di lui ricordiamo il legame artistico con Chet Baker e Lee Konitz e le pagine immortali che ci ha lasciato grazie alle registrazioni con formazioni che andavano dal piccolo gruppo alla big band.Uno spaccato esaustivo della sua lunga carriera in questa seconda parte del ciclo.

(Fonte Birdland)
https://mega.nz/file/lwxBwQDB#yvz2UIiwIXnk...GWfJpo6BpCQuDbM

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Louis Armstrong , i discussi anni 30...(Prima parte)
Con Claudio Sessa

Ad inizio agosto del 1971 scompariva quello che è certamente stato il jazzista più popolare, musicista che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi l’essenza della musica afroamericana: Louis Armstrong.Nativo di New Orleans, la città per antonomasia del jazz, Armstrong fu protagonista con la sua tromba e con la sua voce dei primi ruggenti anni del jazz, si proiettò poi nell’era dello swing e seppe reinventarsi anche al momento dello sviluppo in senso moderno del jazz a partire dagli anni ’50.A 50 anni dalla scomparsa, in questa serie di trasmissioni Claudio Sessa si soffermerà in particolare sugli anni ’30 di Armstrong, periodo discusso e criticato per la sua scelta di abbandonare i piccoli gruppi con cui era venuto alla ribalta e presentarsi a partire da quel momento e fino ai primi anni ’40 come star alla testa di una grande orchestra.

(Fonte Birdland)
https://mega.nz/file/V8AX3KYZ#YXzyO_kaQ8DQ...YIOF50SF8iVjAzc


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Louis Armstrong , i discussi anni 30...(Seconda Parte)
Con Claudio Sessa

Ad inizio agosto del 1971 scompariva quello che è certamente stato il jazzista più popolare, musicista che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi l’essenza della musica afroamericana: Louis Armstrong.Nativo di New Orleans, la città per antonomasia del jazz, Armstrong fu protagonista con la sua tromba e con la sua voce dei primi ruggenti anni del jazz, si proiettò poi nell’era dello swing e seppe reinventarsi anche al momento dello sviluppo in senso moderno del jazz a partire dagli anni ’50.A 50 anni dalla scomparsa, in questa serie di trasmissioni Claudio Sessa si soffermerà in particolare sugli anni ’30 di Armstrong, periodo discusso e criticato per la sua scelta di abbandonare i piccoli gruppi con cui era venuto alla ribalta e presentarsi a partire da quel momento e fino ai primi anni ’40 come star alla testa di una grande orchestra.

( Fonte Birdaland )
https://mega.nz/file/NkomHSbJ#7KnW83ZrHk-r...oWhYAbdyjKN6Kzo


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Standard a confronto "Prelude to a Kiss ".
Con Riccadrdo Bertoncelli

Prelude to a Kiss è una splendida ballata, in origine uno strumentale, scritta e registrata la prima volta da Duke Ellington nel 1938. Poco dopo fu aggiunto un testo che contribuì al successo del brano.Riccardo Bertoncelli ci propone una selezione di interpretazioni di epoche e stili diversi. Tra le versioni strumentali quelle di Jim Hall, Keith Jarrett, Archie Shepp. Nella versione cantata, oltre alla prima registrazione con la dimenticata Mary McHugh del ‘38, potremo apprezzare tra le altre quelle di Billie Holiday ed Ella Fitzgerald.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/choimb6K#6HgMoNG4sECd...MgWMGvxOCX5c9RY

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La chitarra eccentrica di David Torn.
Con Riccardo Bertoncelli

Basta scorrere la discografia di David Torn (1953), tra pubblicazioni come leader e collaborazioni, per intuire che sia un musicista poco etichettabile: Jan Garbarek, David Sylvian, David Bowie, Don Cherry, Ryūichi Sakamoto, Ravi Shankar, Bill Bruford sono solo alcuni dei musicisti con cui ha lavorato.Statunitense, originario dello stato di New York, è considerato come uno dei massimi chitarristi sperimentali, stilisticamente situabile ad un ipotetico punto d’incontro tra Robert Fripp, Henry Kaiser e Bill Frisell.Riccardo Bertoncelli ci guida in un possibile percorso dentro la sua affascinante, sfaccettata musica.

( Fonte Birdland )
https://mega.nz/file/V1Z2WDgZ#SRmBHDV8rjbm...k0A-BD1EoiHfxJY


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La fine degli anni 60 .
Con Paolo Keller

La fine degli anni ’60 e l’inizio del decennio successivo è un periodo nel quale si assiste ad una serie di trasformazioni e rivolgimenti del mondo musicale che favorisce la nascita di nuove forme di espressione, anche a livello discografico, in molti ambiti.Questa serie di trasmissioni vuole mettere in evidenza, a cinquant’anni di distanza, la straordinaria annata che fu il 1971 per il jazz.Saranno considerati due album di piano solo realizzati da chi la storia sancirà poi maestri del pianismo jazz moderno. "Facing You" di Keith Jarrett e il primo volume delle Piano Improvisations" di Chick Corea sono lavori che tra l’altro inaugurano la fortunata serie di ECM in questo particolare format. Joe Zawinul e Wayne Shorter da una parte, John McLaughlin dall’altra – fatto tesoro della loro esperienza con l’estetica rivoluzionaria proposta da Miles Davis in quegli anni – propongono in quel 1971 i visionari esordi di due gruppi che illumineranno il jazz-rock nascente: i Weather Report e la Mahavishnu Orchestra.Uno spazio sarà infine dedicato a Oliver Nelson, in relazione alla prestigiosa serie di registrazioni live realizzate a Montreux che contribuirono sin dai primi anni alla diffusione del nome del festival nel mondo. Nella quinta ed ultima edizione al vecchio Casinò, che sarà distrutto per il noto incendio nel dicembre di quell’anno, l’esperto sassofonista, arrangiatore e direttore d’orchestra si presentò sul palco ospitando Gato Barbieri, il cui nome sboccerà definitivamente proprio in quel 1971 grazie anche al concerto con il suo gruppo sullo stesso palco di Montreux, ben presto pubblicato su disco con il titolo "El Pampero".


(Fonte Birdland )
https://mega.nz/file/1hYy2BKY#66Q5SmouFly0...IQlHYN10yDxhup0


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Erroll Garner(1921-1977) a cent'anni dalla nascita.
Con Maurizio Franco

A cent’anni dalla nascita, Maurizio Franco si china in questa serie di "Birdland" sulla figura di Erroll Garner, straordinario pianista venuto alla ribalta dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.A metà strada tra la tradizione del ragtime e dello swing da una parte, l’avanguardismo del bop dall’altra, il suo indefinibile stile e le sue straordinarie doti di improvvisatore divennero molto popolari con la seconda metà degli anni '40, riconosciute da un gran successo di pubblico. Scrisse alcuni temi diventati veri e propri standard del jazz.

(Fonte Birdland)
https://mega.nz/file/8hxWiAqB#lcJ89k1nVfSG...GeebD5nlXjGoMSc


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Edited by sergiomac - 2/1/2022, 19:20
 
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Mary Lou Williams, pianista e compositrice
Con Marcello Lorrai

Quella di Mary Lou Williams è una figura femminile di assoluta preminenza nella storia del jazz, se non consideriamo le molte importanti cantanti che si affacciarono alla ribalta della musica afro-americana sin dalla Golden Age.Nata ad Atlanta nel 1910 e cresciuta a Pittsburgh, talento precocissimo, fondamentalmente autodidatta, si fece un nome già in tenera età con concerti ed esibizioni in città nelle situazioni le più diverse.Diventata la signora Williams dopo aver sposato a 16 anni il caporchestra John Williams, iniziò a scrivere arrangiamenti, a comporre e a sviluppare la sua musicalità al pianoforte.Entrò nel 1930 nella band di Andy Kirk e fu quello il palcoscenico che la rivelò al grande pubblico. In quel contesto poté esprimere le sue qualità di strumentista e di arrangiatrice, che le valsero le successive collaborazioni con i grandi dello swing: Louis Armstrong, Benny Goodman, Tommy Dorsey. E soprattutto la nomea di First Lady del jazz strumentale.L’innato senso musicale la portò ad avvicinarsi al nascente be-bop, successivamente allo sviluppo del jazz degli anni ’50, fino alle esperienze più radicali. Uno spirito aperto, in perenne divenire, il suo: sempre attento alle novità che la musica afro-americana ha saputo esprimere.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/04JhUKLK#-YEj4Njw_veZ...YZBTusm10eLhM70


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Antichi strumenti, la cornetta.Freddie Keppard e King Oliver
Con Claudio Sessa

Un tuffo nel jazz delle origini con l’accento messo sulla cornetta, molto utilizzato all’epoca ma che poi perse smalto a favore della tromba.I due cornettisti considerati in questa serie di Claudio Sessa, King Oliver e Freddie Keppard, furono tra i protagonisti di quella preistoria del jazz avvolta ancora in parte nella leggenda. Entrambi erano eredi di quel Buddy Bolden, loro collega di strumento, che molti considerano come l’iniziatore del jazz.Joe Oliver (1885-1938), noto in seguito come “King”, venne alla ribalta a New Orleans ma poi si trasferì a Chicago, come moltissimi musicisti di colore, al momento della chiusura nel 1917 di Storyville, il quartiere a luci rosse della città del delta. Il successo lo ottenne con la King Oliver's Creole Jazz Band per la quale ebbe l’intuizione di chiamare come secondo cornettista un tale Louis Armstrong. Nel 1926 si rilanciò con i Savannah Syncopators, l’ultima sua orchestra di grido. La Grande Depressione, un jazz che ormai aveva sviluppato altri e più moderni stili, nonché motivi di salute contribuirono al suo declino e cadde nell’oblio.Freddie Keppard (1890-1933) era anche lui un creolo di New Orleans, grande rivale di King Olvier. Insieme a Bill Johnson diede vita alla Original Creole Orchestra, che suonava quella musica che di lì a poco sarebbe diventata popolare con l’appellativo di jazz. Sfumata l’occasione di passare alla storia per l’incisione del primo disco di jazz dopo aver rifiutato un’offerta dell’etichetta Victor, nel 1917 Keppard si trasferì pure lui a Chicago. Guidò varie orchestre tra cui i Jazz Cardinals e collaborò con gente quale Jimmy Noone e Johnny Dodds. Morì, anche lui dimenticato, a soli 43 anni.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/owpUjahQ#97gYJ193k7yE...bZukxry5j0JO3pU

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03-Poesia e jazz, Langston Hughes
Con Riccardo Bertoncelli

Langston Hughes è stato un importante poeta e scrittore afroamericano. Nato nel 1901, la sua vena lirica si manifestò sin da giovanissimo, ancora prima degli studi accademici alla Università di Columbia e successivamente alla Lincoln University di Pennsylvania, dove si laureò nel 1929. Ha pubblicato raccolte di poesie sin dal 1926, nonché pièce teatrali, romanzi e racconti, saggi, libri per bambini.La poetica di Hughes è strettamente connessa al jazz. Possiamo attribuirgli lo sviluppo di quella che sarà chiamata jazz poetry, stile poetico in cui il ritmo dei componimenti, pronunciati ad alta voce, riflette quello del musica afroamericana e dell’improvvisazione.Riccardo Bertoncelli ricorda la carriera di questa figura centrale della cultura dei neri d’America, ricordando tra le altre cose le sue collaborazioni con Randy Weston, Charles Mingus, il musical Black Nativity (1961), gli omaggi che gli sono stati resi da musicisti quali Taj Mahal (Mule bone, 1991), da Eric Mingus, David Amram e altri nel progetto The Dream Keeper (2017).

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/t5gBwQSS#s2ibu9Pnz7fj...iz5PXUW_naB8g6Y

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04-Franco Cerri , una vita per il Jazz (1926-2021)
Con Maurizio Franco

Scomparso da poco a 95 anni, personaggio popolarissimo anche al di là degli ambienti musicali, Franco Cerri ha segnato la moderna musica e il jazz italiani sin dal primo Dopoguerra.Milanese doc, nato nel 1926, persona dalla squisita gentilezza, iniziò la carriera da professionista accanto a Gorni Kramer. Dotato di grande tecnica e musicalità vennero subito gli incontri con grandi quali Django Reinhardt e Stephane Grappelli, la formazione di propri gruppi con tra gli altri Flavio Ambrosetti, l’attività accanto agli americani di passaggio in Italia.Impossibile elencare tutte le collaborazioni nella sua lunga carriera, ricordando almeno quelle con Chet Baker, Gerry Mulligan, Lee Konitz, Billie Holiday, Mina, il quartetto Cetra, Carosone, Nicola Arigliano, Enrico Intra.Anche uomo di televisione e esimio didatta, cofondatore dei Civici corsi di jazz di Milano, Cerri viene ricordato in questa sentita serie di "Birdland" dell’amico Maurizio Franco.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/I4hGURZC#BEaRGncf19lx...BCKpbZV0K6-MEv0

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01-In ricordo di Candido Camero(1921-2020)

Con Marcello Lorrai

Percussionista cubano, tra i grandi animatori in gioventù a l’Avana del club Tropicana, Candido Camero è scomparso a 99 anni nel novembre del 2020.Arrivato a New York alla fine degli anni ’40, pioniere del latin jazz con le collaborazioni con Dizzy Gillespie, Stan Kenton e molti altri, fu il primo ad usare la conga nella musica afroamericana e anche a suonare più strumenti di questo tipo contemporaneamente. Marcello Lorrai ricorda la sua straordinaria carriera in questa serie di “Birdland”.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/gk4W1I7T#WquMey2E0BQd...n9Zu2JLkFVp37_0

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02-Il Suono del Jazz (Prima Serie)
Con Claudio Sessa

In questa particolare doppia serie di “Birdland” in dieci puntate, Claudio Sessa traccia una breve storia del jazz delle piccole formazioni, una specie di bignami del "suono jazzistico", dagli Hot Five di Louis Armstrong ai giorni nostri, dal trio al sestetto. Un percorso che terrà in considerazione tra gli altri Benny Goodman e il Modern Jazz Quartet, Jimmy Giuffrè e Jimmy Smith, su su fino ai gruppi di Davis, Coltrane, Wayne Shorter.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/9gom2A5b#UHMyTr-RJLpE...zoc4gM9BYtI3CIQ

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03-Sun Ra raro ; piano solo , i duetti, il sideman
con Riccardo Bertoncelli

Grande appassionato e collezionista dei dischi Sun Ra, Riccardo Bertoncelli ci invita in queste quattro puntate di Birdland ad un viaggio in ambiti poco noti della produzione del visionario pianista, compositore e bandleader statunitense: quello dei suoi album di piano solo, quello dei rari duetti (in primis quello col vibrafonista Walt Dickerson), quello delle sue collaborazioni come sideman.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/Yh4lxKzK#DS4RBm3Si7PT...ONw_9rtW0ApL5VI

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04-Enrico Intra ; il mio jazz
Con Maurizio Franco

Enrico Intra, nato nel 1935, è una importante figura del jazz moderno italiano.
È pianista, compositore, arrangiatore, ma anche organizzatore e ideatore di eventi e situazioni che hanno inciso nel tessuto socioculturale italiano, come il lancio del notissimo Derby Club a Milano.
Ha attraversato da protagonista oltre mezzo secolo di vita musicale sviluppando una poetica tesa all’incontro tra il linguaggio più squisitamente jazzistico e la musica europea contemporanea di matrice colta elaborando un concetto “europeo” di jazz pervaso però da un autentico legame le radici afroamericane.
Da sottolineare, nella sua attività, anche quella di didatta legata da tempo ai Civici corsi di jazz della città di Milano, istituzione dove ha pure fondato la Civica Jazz Band.
Maurizio Franco gli dedica questa serie di Birdland.

(Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/8oYzFYjC#SSwomXkM4HEw...-c60IqkBY5u_PHA

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01-1949/1991 Miles in Paris
Con Marcello Lorrai

In questa serie di Marcello Lorrai è considerato il Miles Davis “parigino”: la prima visita nel '49, quando si innamora di Juliette Greco, le apparizioni live nella seconda metà degli anni Cinquanta e la registrazione della colonna sonora per Ascensore per il patibolo (1958), i vari concerti successivi con Coltrane nel '60 e col suo celebre quintetto dell’epoca. Fino alle riprese del film Dingo nel 1990 (Davis anche attore, colonna sonora sua e di Michel Legrand) e all'ultimo concerto nel luglio '91 con Jackie McLean e molti altri vecchi amici, di cui adesso è stata ristampata la registrazione uscita in un primo tempo come bootleg.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/g1wEjRDC#Ps2f5q6j4Z_5...HNrYEYIzGBxc9p8

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02-Il Suono del Jazz (Seconda Serie)
Con Claudio Sessa

In questa particolare doppia serie di “Birdland” in dieci puntate, Claudio Sessa traccia una breve storia del jazz delle piccole formazioni, una specie di bignami del "suono jazzistico", dagli Hot Five di Louis Armstrong ai giorni nostri, dal trio al sestetto. Un percorso che terrà in considerazione tra gli altri Benny Goodman e il Modern Jazz Quartet, Jimmy Giuffrè e Jimmy Smith, su su fino ai gruppi di Davis, Coltrane, Wayne Shorter.
(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/IsQhmKKY#sf62XOnL6zSV...O2rs-intIZ4yLyk

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03-Standards a confronto , Lonely Woman
Con Riccardo Bertoncelli

Ispirato da un dipinto di una donna bianca visto in una galleria d’arte – come rivelato da Ornette Coleman stesso – Lonely Woman è forse il brano più noto del sassofonista americano. Pezzo dalla forma e dalla struttura molto libera, armonicamente “aperto”, fu pensato - come peraltro gran parte del suo repertorio di fine anni ’50 - per il suo storico quartetto dove militavano Don Cherry, Charlie Haden e Billy Higgins.Riccardo Bertoncelli in queste due puntate di Birdland ce ne fa ascoltare alcune versioni molto diverse una dall’altra: dal Modern Jazz Quartet a Lester Bowie, da quella cantata con testo aggiunto di un Chris Connor (una chicca, 1962) su su fino ai Naked City di Zorn.In questa particolare doppia serie di Birdland in dieci puntate, Claudio Sessa traccia una breve storia del jazz delle piccole formazioni, una specie di bignami del "suono jazzistico", dagli Hot Five di Louis Armstrong ai giorni nostri, dal trio al sestetto. Un percorso che terrà in considerazione tra gli altri Benny Goodman e il Modern Jazz Quartet, Jimmy Giuffrè e Jimmy Smith, su su fino ai gruppi di Davis, Coltrane, Wayne Shorter.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/J8oBwRAQ#eu3jpv1okztu...OEmTuNHRUHuXleY

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04-Son House, il bluesman che visse due volte
Con Riccardo Bertoncelli

Nelle sue divagazioni blues, Riccardo Bertoncelli ci fa incontrare il leggendario Son House, chitarrista e cantante che molti indicano come il maestro di un gigante del genere quale è stato Robert Johnson.Dopo un periodo di marcata attività – pur se interrotto qua e là da noie giudiziarie – tra la metà dei ’20 e fino ai primi anni della Seconda Guerra mondiale, Son House sparì poi completamente dalle scene musicale per riapparire e riaffermarsi soltanto più di vent’anni dopo, nel 1964. Durante questa vera e propria rinascita incise per la CBS e fu invitato a grandi festival in America - tra i quali Newport - e in Europa: l’American Folk Blues Festival, che circolò nel Vecchio Continente nei secondi ’60, a Londra e Montreux nel 1970.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/x0IjQbrK#voaMGbsstd3a...IoRDUzdVNSAQ5WI


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05-Charles Mingus(1922-1979) a cent'anni dalla nascita (Prima parte)
Con Maurizio Franco

Nato in Arizona nell’aprile del 1922 e scomparso ancora in piena attività nel 1979, Charles Mingus è stata una delle personalità di primissimo piano del jazz moderno sin dalla seconda metà degli anni ’40.Personalità forte, vulcanica, a volte decisamente scontrosa, Mingus è stato il leader di innumerevoli formazioni dove svolgeva il ruolo di catalizzatore e centro di gravità, e con cui praticava una sorta di composizione/arrangiamento istantanei frutto del continuo lavoro comune. Da queste band sono fuoriusciti numerosi campioni del jazz degli anni ’60 e ’70.Nell’anno del centenario dalla nascita, Maurizio Franco dedica un’ampia e completa retrospettiva in dieci puntate sull’arte del grande contrabbassista e compositore. Questa settimana vi proponiamo la prima parte.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/I0ASWQDI#LcpDGfSu-7-X...QqnJ6l5LbI6Wt8c


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06-Joe Venuti, padre del violino jazz
Con Marcello Lorrai

Giuseppe Venuti (1903-1978) detto “Joe”, di chiare origini italiane, è stato il pioniere del violino jazz.Fu notissimo a cavallo tra anni ’20 e ’30, quando si esibiva soprattutto con il chitarrista Eddie Lang ma anche con gente quale Bing Crosby, Bix Beiderbecke, Jack Teagarden, Benny Goodman.Gli anni ’40 e ’50 lo videro poco attivo, mentre tornò in auge sul finire dei Sessanta, tra l’altro con le collaborazioni con Zoot Sims. Si stabilì per un certo periodo a Milano nel decennio successivo e fece visita in alcune occasioni alla RSI.Marcello Lorrai ripercorre una carriera straordinaria proponendoci anche inedite chicche.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/IsBHWSwI#nF_IYgsti3a7...JgaCpzn88bCryOw


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01-Ingombranti!Storia del basso tuba nel Jazz
Con Claudio Sessa

Sulla scorta delle marchin’ band, ma non solo, nel periodo del pre-jazz, il basso tuba entrò da subito nella strumentazione della musica di matrice afro-americana. Fu essenziale anche nelle piccole formazioni ma piano piano fu sostituita dal contrabbasso, per certi versi più maneggevole, che per il suo suono pizzicato più vellutato meglio espletava la funzione di “legante” della musica.Il basso tuba ha avuto importanti solisti che nel jazz della prima ora agirono in orchestre come quelle di Louis Armstrong, Jelly Roll Morton, Clarence Williams, Fletcher Henderson. Malgrado la perdita di velocità dovuta all’emergere del contrabbasso, il basso tuba è restato presente nella strumentazione del jazz, avendo in seguito addirittura una sorta di rilancio - grazie anche a solisti come Howard Johnson - in epoca contemporanea, presente ad esempio nelle orchestre e nei gruppi di Gil Evans, Lester Bowie, Mike Westbrook, Henry Threadgill, o ancora nella funambolica Dirty Dozen Brass Band.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/0phVARSY#Ky_m5NB5osjK...4tIoMMg8tN7rt3o


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02-Charles Mingus(1922-1979) a cent'anni dalla nascita (Seconda parte)
Con Maurizio Franco

Nato in Arizona nell’aprile del 1922 e scomparso ancora in piena attività nel 1979, Charles Mingus è stata una delle personalità di primissimo piano del jazz moderno sin dalla seconda metà degli anni ’40.Personalità forte, vulcanica, a volte decisamente scontrosa, Mingus è stato il leader di innumerevoli formazioni dove svolgeva il ruolo di catalizzatore e centro di gravità, e con cui praticava una sorta di composizione/arrangiamento istantanei frutto del continuo lavoro comune. Da queste band sono fuoriusciti numerosi campioni del jazz degli anni ’60 e ’70.Nell’anno del centenario dalla nascita, Maurizio Franco dedica un’ampia e completa retrospettiva in dieci puntate sull’arte del grande contrabbassista e compositore. Questa settimana vi proponiamo la seconda parte.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/B0BjCJQb#arbKsCRkA-5J...Knqjsx5UyzNfHj4


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03- Dischi Storici , Charlie Haden -The Golden Number
Con Riccardo Bertoncelli

Un eccellente disco un po’ dimenticato per Birdland questa sera. Riccardo Bertoncelli rievoca Golden Number di Charlie Haden, pubblicato nel 1977 nel periodo in cui il contrabbassista faceva parte del quartetto “americano” di Jarrett. Album dal format particolare, raccoglie quattro duetti con quattro musicisti diversi. Due con noti compagni di viaggio quali Ornette Coleman (che tra l’altro suona la tromba e non l’abituale sax alto) e Don Cherry, gli altri con il sax tenore di Archie Shepp e con il pianoforte di Hampton Hawes.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/J852XIoQ#45ZGVtKq_aTM...4CPy5BqkjEty3cQ


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04-Art Ensemble of Chicago , gli anni parigini
Con Riccardo Bertoncelli

Rievocazione in questa serie di Birdland della vera e propria nascita del celebre gruppo dell’avanguardia jazz statunitense anni ’60 e ‘70‘.A partire dal 1965, sotto l’impulso di Muhal Richard Amrams, i futuri membri dell'Art Ensemble of Chicago si erano già esibiti e avevano registrato in numerosi gruppi sotto vari nomi. Dopo il plauso della critica sulla stampa nazionale e internazionale per le loro innovative esibizioni, Roscoe Mitchell, Joseph Jarman, Lester Bowie e Malachi Favors decisero di continuare insieme la loro avventura musicale e si recarono a Parigi nel 1969 dove assunsero il nome definitivo di Art Ensemble of Chicago, un'estensione dell'originale Roscoe Mitchell Art Ensemble. Furono subito invitati ad esibirsi per un mese al leggendario Theatre Lucernaire a Montparnasse. Seguirono numerosi concerti in tutta la Francia e la registrazione di diversi album di gruppo ma pure in collaborazione con i tanti musicisti americani della scena parigina di quel periodo.Nel 1970 composero la colonna sonora del film Les Stances à Sophie, un classico di culto con la voce di Fontella Bass e anche la prima registrazione che vede la partecipazione del batterista Don Moye.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/E4Y0RSgT#34xw6Ldec22P...0qV1_o_1jLpUoGc

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05-On Fire!George Adams e Don Pullen
Con Marcello Lorrai

Il sassofonista George Adams e il pianista Don Pullen, con il batterista Dannie Richmond – tutti fedeli partner dell’ultima fase creativa di Charles Mingus – danno vita dopo la scomparsa del loro mentore ad uno straordinario quartetto (Cameron Brown sarà al contrabbasso) che infuocherà i palcoscenici di festival, sale da concerto e club di tutto il mondo.Una musica di straordinaria potenza ed energia la loro, una delle storie più pregnanti del jazz degli anni ’80 che ci è raccontata da Marcello Lorrai in questa serie di “Birdland”.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/kxYSxQYQ#LHaMyDhh6nfF...rQjkcEJkjgD60n8

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01-Per una storia del piano trio ...( Prima Parte )
Con Claudio Sessa

La tipica formazione jazz piano-contrabbasso-batteria nasce nella seconda metà degli anni ’40 e si svilupperà nei decenni seguenti fino a diventare una delle più classiche del jazz moderno.Dopo che il pianoforte aveva avuto un ruolo in trii di altra natura (con strumenti a fiato, chitarra, batteria…) grazie all’impulso che diedero Jelly Roll Morton e Teddy Wilson (con Benny Goodman), in seguito in maniera più decisa Nat Cole e Art Tatum, fu Erroll Garner che - dopo aver preso il posto di Tatum nel di lui trio con il chitarrista “Tiny" Grimes e il bassista "Slam" Stewart – per primo sperimentò alla fine del 1944 la line-up con contrabbasso e batteria. Tra i giovani “modernisti” fu Bud Powell il primo pianista a cogliere le potenzialità del nuovo format nel contesto del be-bop nascente.Le cose poi andarono veloci. Nella linea “classica” di Garner si profilarono i trii dello stesso Teddy Wilson, di Duke Ellington, poi di un grande stilista quale Oscar Peterson.Su quella di Bud Powell si innestarono i trii di Horace Silver e poco dopo di Bill Evans, vero e proprio caposcuola che farà di questa formazione il suo maggiore veicolo espressivo diventando modello di quanti seguiranno: Hancock, in un’altra accezione McCoy Tyner, Corea, Jarrett.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/Y8pEhAiJ#Z-rzeXaGGOKH...Zyzr5JtNsWZvtb0


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02-Claudio Fasoli , sassofonista
Con Maurizio Franco

Di origine veneziana, ma milanese d’adozione, Claudio Fasoli è una delle grandi figure del jazz italiano, non del tutto riconosciuta, sin dagli anni’70.Si mise in evidenza dapprima nel gruppo di jazz-rock Perigeo, con il quale lavorò dal 1972 al ’77, per poi indirizzare la sua ricerca (passando anche dal sax alto al tenore) in un ambito più prettamente jazzistico con la direzione di piccoli gruppi.Di rilievo la sua vena di compositore, sviluppata sin dagli anni ’70, dove convergono influenze del jazz modale ma anche della musica novecentesca e contemporanea.Ha lavorato tra gli altri con Lee Konitz, Kenny Wheeler, Dave Holland, Bobo Stenson, Manfred Schoof, Henri Texier, Aldo Romano. In Italia ricordiamo la sua partecipazione al quintetto di Giorgio Gaslini, alla Grande orchestra nazionale, alla Lydian Sound Orchestra, nonché le collaborazioni con Enrico Pieranunzi, Stefano Battaglia e molti altri.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/w9QxRZgQ#EV_w6BZH3uFq...YdGbUedSS-V5ZHA

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03-Miles Electric Show 1969-1975
Con Riccardo Bertoncelli

Dopo il recente ciclo dedicato alle visite e all’attività di Miles Davis a Parigi, un altro ciclo “trasversale” dedicato al grande trombettista. Stavolta è Riccardo Bertoncelli a guidarci nell’intricata giungla di registrazioni dal vivo, ufficiali e non, di Davis durante il suo cosiddetto periodo elettrico.Si partirà dalle registrazioni di Antibes del luglio 1969 del quintetto (con Wayne Shorter, Chick Corea, Dave Hollend e Jack DeJohnette) che sarà la formazione-base delle leggendarie registrazioni in studio di Bitches Brew, di un mese successivo. Per arrivare – attraverso i live del Fillmore East, le sessions Cellar Doors di Washington, quelle di New York del ’74 per l’album Dark Magus e diverse altre – all’ultima apparizione di Davis in concerto (al Festival di Newport nel luglio 1975) prima del temporaneo ritiro, che durerà fino al 1981.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/ZgBSGSbI#LdDhY8wgITkX...SqyWQrjl7gUcyIw

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04-Chico Hamilton batterista, compositore e bandleader
Con Marcello Lorrai

Quella di Chico Hamilton (1921-2013) è stata una originale figura nell’ambito del jazz moderno. Non molti altri colleghi hanno riunito in sé le peculiarità di questo artista che, da dietro piatti e tamburi, si è profilato anche come innovativo compositore e direttore di propri gruppi.
Già ai tempi del liceo a Los Angeles aveva suonato con gente come Dexter Gordon e Charles Mingus, per poi andare in tour con Lionel Hampton e Billy Berg. Dopo la guerra lavorò tra gli altri con Count Basie, Lester Young, Lena Horne e nel quartetto di Gerry Mulligan.
Nel 1955 fondò un proprio quintetto che resterà nella storia per la particolare line-up (con, oltre alla batteria, flauto/sax, chitarra, cello, contrabbasso – poi trombone) e una peculiare proposta al crocevia di avanguardia, Third Stream e ultra hard-bop. Fucina di talenti - dove sfileranno tra gli altri giovani virgulti come Jim Hall, Buddy Collette, Eric Dolphy, Charles Lloyd, Gregor Szabo, il gruppo sarà attivo fino a metà anni ’60.
Lo ritroveremo in seguito molto impegnato come musicista di studio e per la TV, ma senza rinunciare a propri gruppi dove troveranno spazio gente come il chitarrista Larry Coryell e i sassofonisti Arthur Blythe, Steve Potts, più tardi Eric Person. Registrerà negli anni ’90 diversi album per l’italiana Soul Note e sarà presente sui palcoscenici e in studio di registrazione sin nel primo decennio del nuovo secolo.

(Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/c5IWkTII#AW-vMCV16Q8w...ursYFnhwrSYmcmQ

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05-Per una storia del piano trio (Seconda Parte)
Con Claudio Sessa

La tipica formazione jazz piano-contrabbasso-batteria nasce nella seconda metà degli anni ’40 e si svilupperà nei decenni seguenti fino a diventare una delle più classiche del jazz moderno.Dopo che il pianoforte aveva avuto un ruolo in trii di altra natura (con strumenti a fiato, chitarra, batteria…) grazie all’impulso che diedero Jelly Roll Morton e Teddy Wilson (con Benny Goodman), in seguito in maniera più decisa Nat Cole e Art Tatum, fu Erroll Garner che - dopo aver preso il posto di Tatum nel di lui trio con il chitarrista “Tiny" Grimes e il bassista "Slam" Stewart – per primo sperimentò alla fine del 1944 la line-up con contrabbasso e batteria. Tra i giovani “modernisti” fu Bud Powell il primo pianista a cogliere le potenzialità del nuovo format nel contesto del be-bop nascente.Le cose poi andarono veloci. Nella linea “classica” di Garner si profilarono i trii dello stesso Teddy Wilson, di Duke Ellington, poi di un grande stilista quale Oscar Peterson.Su quella di Bud Powell si innestarono i trii di Horace Silver e poco dopo di Bill Evans, vero e proprio caposcuola che farà di questa formazione il suo maggiore veicolo espressivo diventando modello di quanti seguiranno: Hancock, in un’altra accezione McCoy Tyner, Corea, Jarrett.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/g8oXSYxa#MFovwvNT4QvR...6zvTFECNViUi6k4

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01-Steve Lacy visioni di Monk
Con Riccardo Bertoncelli

Il grande specialista del sax soprano Steve Lacy è stato il primo, verso la fine degli anni 50, a rileggere le composizioni di Thelonious Monk in un momento dove la musica di Monk la suonava solo…Monk!È da quel momento, dallo storico album Reflections, che il mondo del jazz ha finalmente certificato quanto le composizioni del pianista neroamericano stavano influenzando il jazz moderno, un repertorio che è poi diventato una miniera di standard con cui tutti avrebbero in seguito dovuto fare i conti.Partendo proprio da quel disco Riccardo Bertoncelli ci propone una ricognizione nell’universo monkiano riletto da parte del suo primo grande interprete, un percorso che spazierà poi attraverso i tanti altri lavori discografici del sassofonista - in gruppo o in solitaria con il suo sax, monografici ma non soltanto – dove la musica di “Sphere” grazie a Lacy assume nuova luce.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/NthCmBSC#D07RU8Wlih-6...EdTGpsoXHKXpZeY

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02-Charles Lloyd e Bill Frisell, visioni di Big Sur
Con Riccardo Bertoncelli

La regione di Big Sur in California - a sud di Monterey, vera meraviglia della natura – fu per lungo tempo un luogo impenetrabile ed inesplorato. Malgrado la colonizzazione da parte spagnola nel secondo ‘700 (loro è il nome del luogo, El país grande del sur ), un certo uso industriale nell’800 (per il legname) e una maggior accessibilità dagli anni’40 con la costruzione di una grande strada, il luogo mantenne parte i suoi caratteri primigeni, restò pochissimo abitato e con gli anni ’50 e ’60 iniziò ad attirare scrittori, artisti, adepti delle filosofie orientali e della nascente New Age, mistici e bohémiens di ogni genere. Bref: Big Sur divenne posto di riferimento della controcultura negli USA.Charles Lloyd (che vi si fissò negli anni ’70) e Bill Frisell hanno dedicato alla regione una propria visione musicale. Il primo con l’introvabile album Big Sur Tapestry del 1979 (per flauti e oboe solo) e il classico ECM in quartetto Notes from Big Sur del 1992, il secondo con un omonimo album del 2013 al crocevia dei più diversi generi della musica americana.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/94pQhIIK#BK0iFrJceqBm...EdO0jWxTaJC-rT8

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03-Mike Breker, la discografia personale
Con Claudio Sessa

Nove album a proprio nome tra il 1987 e il 2003, quasi tutti per Impulse!, a parte gli ultimi per Verve e un decimo postumo, Pilgrimage, uscito per HeadsUp nel maggio 2007 a qualche mese dalla scomparsa.È il lascito come leader del grande sassofonista Mike Brecker, che Claudio Sessa ha isolato - nel mare di una discografia ben più ampia, se consideriamo i tanti album come co-leader, quelli con i Brecker Brothers, con gli Steps Ahead e altro ancora – per dare vita a questa intensa serie di Birdland dedicata ad uno dei più influenti stilisti del sax tenore del post Coltrane.

( Fonte Birdland )


https://mega.nz/file/514UDByY#0Rlxg93dId6x...J5qAfsvKR420oUc


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04-Jerry Bergonzi , sassofonista
Con Paolo Keller

Dedichiamo questa serie di Birdland a Jerry Bergonzi, uno dei più influenti didatti del sassofono dagli anni ’80. Insieme a George Garzone e Larry Schneider, fa parte della cosiddetta scuola di Boston che ha avuto importanza centrale nell’era post-coltraniana.Nato nella capitale del Massachusetts nel 1947, Bergonzi ha acquisto notorietà nei primi anni ’70 grazie alle feconda collaborazione con Dave Brubeck, con tour internazionali e molti album pubblicati. Ha al suo attivo una corposissima discografia da leader (più di 40 pubblicazioni a partire da metà anni ’80) e pure come sideman. Ha pubblicato pure diversi libri didattici (spesso accoppiati a CD e video), tra questi la serie a più volumi Inside Improvisation.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/o4RHkSDR#DZxyAIqYeBA2...HG-yBtATKPnag_w

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05-Dischi Storici.Keith Jarret Trio Standards vol. 1 e 2
Con Maurizio Franco

Maurizio Franco rilegge i primi due storici album del trio di Keith Jarrett, a cui il pianista statunitense diede vita nei primi anni ’80, con Gary Peacock al contrabbasso e Jack DeJohnette alla batteria.Standards vol. 1 & 2, usciti per ECM, sono il fondamento di una lunga avventura che ha contribuito a riscrivere la storia del piano trio, una storia interrotta in anni recenti dopo la scomparsa di Peacock e il ritiro forzato dalle scene del pianista.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/lg5yXLZJ#iCbJxxLKOeEA...wa00aIOM5yRkA4w

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06-Il genio di M.Legrand,pianista, compositore e arrangiatore
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai rende omaggio al genio di un musicista la cui notorietà è uscita dallo stretto ambito del jazz per abbracciare la musica per film, quella di varietà, la canzone francese, la musica colta.Michel Legrand, parigino verace, era nato nel 1932 ed è scomparso nel gennaio 2019.Cresciuto in una famiglia molto musicale, dopo gli studi al Conservatorio si innamora del jazz e inizia ventenne la sua lunga carriera, accanto ad Henri Salvador.Subito dopo, siamo a metà dei ‘50, compone l’album I love Paris, pubblicato da un’etichetta statunitense, Sarà un incredibile successo che lo farà conoscere anche al pubblico americano. E di lì a poco è chiamato a lavorare con i grandi del jazz, Miles Davis in primis.Poco prima dei trent’anni entra nel giro che sarà decisivo per l’altra parte della sua carriera, quella di compositore per il cinema. Scrive per Godard, Demy e tantissimi altri registi per un repertorio complessivo di oltre 200 colonne sonore. Tre gli Oscar vinti (1968, 1971 e 1983) e 5 i Grammy (tre nel 1972 e due nel 1975).E accanto a tutto ciò non dobbiamo dimenticare la sua prolifica attività di pianista (anche classico), di arrangiatore, di direttore d’orchestra e di big band!

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/p45HTIhS#YiBu8V3gj-SW...VdOKXfYUlKTvT9o

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01-L'avventura del be-bop (Prima parte ) ... Replica
Con Claudio Sessa

In concomitanza con l’anniversario di Charlie Parker (1920-1955), a cui sarà dedicato un doppio ciclo di trasmissioni, “Birdland” propone, con la sapiente guida di Claudio Sessa, anche una riflessione sul fenomeno del be-bop, rivoluzionario movimento nato nei primi anni ’40 di cui Parker fu protagonista insieme a colleghi quali Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach, Thelonious Monk, per non citare che i più noti. In reazione a quello che era all’epoca il dominio delle grandi orchestre swing, Parker e Co. iniziarono a pensare ad una musica liberata da certe strutture formali, dalle troppo sfruttate formule armoniche, dai canonici accompagnamenti ritmici, un jazz che si contrapponesse a quella che era considerata ormai una musica troppo commerciale. Il be-bop sarà così il primo tipo di jazz a nascere ai margini e contro lo show-business. A partire dai primi anni ’40, in coincidenza con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, un drappello di giovani musicisti, finito il lavoro ordinario in big band, si ritrovava tardi la notte in alcuni oscuri locali di Harlem quali il Minton’s Playhouse o il Monroe’s Uptown House, per sperimentare nuovi tipi di brani caratterizzati da grande virtuosismo e serrata competizione fra i solisti, uso degli strumenti al limite delle loro possibilità, tempi spesso vertiginosi, un utilizzo quasi sistematico del “levare” e delle accentuazioni dei tempi deboli. Anche il recording ban, il boicotto indetto dal forte sindacato dei musicisti dall’agosto del ’42 al novembre del ‘44 delle sale di registrazione - per ottenere dalle case discografiche migliori condizioni di pagamento delle royalties, contribuì in parte allo sviluppo sotterraneo del nuovo genere, che si manifestò in tutta la sua evidenza nel 1945 quando in poco tempo il mercato discografico fu stravolto dalle prime registrazioni ufficiali di Gillespie, Parker e gli altri. Il be-bop iniziò a diffondersi su una più larga scala e si “ufficializzò” con l’apertura degli storici locali a Manhattan, sulla 52.a strada, nella zona di Broadway: il Bop City, il Birdland, il Royal Roost.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/#!c9RiXaAS!uhQ9ZNI...gL8dcSzv4zY5o_o

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02-L'avventura del be-bop.( Seconda parte ) ... Replica
Con Caudio Sessa


In concomitanza con l’anniversario di Charlie Parker (1920-1955), a cui sarà dedicato un doppio ciclo di trasmissioni, “Birdland” propone, con la sapiente guida di Claudio Sessa, anche una riflessione sul fenomeno del be-bop, rivoluzionario movimento nato nei primi anni ’40 di cui Parker fu protagonista insieme a colleghi quali Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach, Thelonious Monk, per non citare che i più noti.

In reazione a quello che era all’epoca il dominio delle grandi orchestre swing, Parker e Co. iniziarono a pensare ad una musica liberata da certe strutture formali, dalle troppo sfruttate formule armoniche, dai canonici accompagnamenti ritmici, un jazz che si contrapponesse a quella che era considerata ormai una musica troppo commerciale. Il be-bop sarà così il primo tipo di jazz a nascere ai margini e contro lo show-business.

A partire dai primi anni ’40, in coincidenza con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, un drappello di giovani musicisti, finito il lavoro ordinario in big band, si ritrovava tardi la notte in alcuni oscuri locali di Harlem quali il Minton’s Playhouse o il Monroe’s Uptown House, per sperimentare nuovi tipi di brani caratterizzati da grande virtuosismo e serrata competizione fra i solisti, uso degli strumenti al limite delle loro possibilità, tempi spesso vertiginosi, un utilizzo quasi sistematico del “levare” e delle accentuazioni dei tempi deboli.

Anche il recording ban, il boicotto indetto dal forte sindacato dei musicisti dall’agosto del ’42 al novembre del ‘44 delle sale di registrazione - per ottenere dalle case discografiche migliori condizioni di pagamento delle royalties - contribuì in parte allo sviluppo sotterraneo del nuovo genere, che si manifestò in tutta la sua evidenza nel 1945 quando in poco tempo il mercato discografico fu stravolto dalle prime registrazioni ufficiali di Gillespie, Parker e gli altri. Il be-bop iniziò a diffondersi su una più larga scala e si “ufficializzò” con l’apertura degli storici locali a Manhattan, sulla 52.a strada, nella zona di Broadway: il Bop City, il Birdland, il Royal Roost.

( Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/YtRVFCRD#WjTrs_q02PNJ...F6cVKx--Ht0NEWc

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03-Charles Mingus(1922-1979) a cent'anni dalla nascita (Prima parte) ... Replica
Con Maurizio Franco

Nato in Arizona nell’aprile del 1922 e scomparso ancora in piena attività nel 1979, Charles Mingus è stata una delle personalità di primissimo piano del jazz moderno sin dalla seconda metà degli anni ’40.Personalità forte, vulcanica, a volte decisamente scontrosa, Mingus è stato il leader di innumerevoli formazioni dove svolgeva il ruolo di catalizzatore e centro di gravità, e con cui praticava una sorta di composizione/arrangiamento istantanei frutto del continuo lavoro comune. Da queste band sono fuoriusciti numerosi campioni del jazz degli anni ’60 e ’70.Nell’anno del centenario dalla nascita, Maurizio Franco dedica un’ampia e completa retrospettiva in dieci puntate sull’arte del grande contrabbassista e compositore. Questa settimana vi proponiamo la prima parte.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/I0ASWQDI#LcpDGfSu-7-X...QqnJ6l5LbI6Wt8c


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04-Charles Mingus(1922-1979) a cent'anni dalla nascita (Seconda parte) ... Replica
Con Maurizio Franco

Nato in Arizona nell’aprile del 1922 e scomparso ancora in piena attività nel 1979, Charles Mingus è stata una delle personalità di primissimo piano del jazz moderno sin dalla seconda metà degli anni ’40.Personalità forte, vulcanica, a volte decisamente scontrosa, Mingus è stato il leader di innumerevoli formazioni dove svolgeva il ruolo di catalizzatore e centro di gravità, e con cui praticava una sorta di composizione/arrangiamento istantanei frutto del continuo lavoro comune. Da queste band sono fuoriusciti numerosi campioni del jazz degli anni ’60 e ’70.Nell’anno del centenario dalla nascita, Maurizio Franco dedica un’ampia e completa retrospettiva in dieci puntate sull’arte del grande contrabbassista e compositore.

(Fonte Birdland)
https://mega.nz/file/B0BjCJQb#arbKsCRkA-5J...Knqjsx5UyzNfHj4

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01- Dischi Storici , Charlie Haden -The Golden Number) .... Replica
Con Riccardo Bertoncelli

Un eccellente disco un po’ dimenticato per Birdland questa sera. Riccardo Bertoncelli rievoca Golden Number di Charlie Haden, pubblicato nel 1977 nel periodo in cui il contrabbassista faceva parte del quartetto “americano” di Jarrett. Album dal format particolare, raccoglie quattro duetti con quattro musicisti diversi. Due con noti compagni di viaggio quali Ornette Coleman (che tra l’altro suona la tromba e non l’abituale sax alto) e Don Cherry, gli altri con il sax tenore di Archie Shepp e con il pianoforte di Hampton Hawes.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/J852XIoQ#45ZGVtKq_aTM...4CPy5BqkjEty3cQ


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02-Art Ensemble of Chicago , gli anni parigini .... Replica
Con Riccardo Bertoncelli

Rievocazione in questa serie di Birdland della vera e propria nascita del celebre gruppo dell’avanguardia jazz statunitense anni ’60 e ‘70‘.A partire dal 1965, sotto l’impulso di Muhal Richard Amrams, i futuri membri dell'Art Ensemble of Chicago si erano già esibiti e avevano registrato in numerosi gruppi sotto vari nomi. Dopo il plauso della critica sulla stampa nazionale e internazionale per le loro innovative esibizioni, Roscoe Mitchell, Joseph Jarman, Lester Bowie e Malachi Favors decisero di continuare insieme la loro avventura musicale e si recarono a Parigi nel 1969 dove assunsero il nome definitivo di Art Ensemble of Chicago, un'estensione dell'originale Roscoe Mitchell Art Ensemble. Furono subito invitati ad esibirsi per un mese al leggendario Theatre Lucernaire a Montparnasse. Seguirono numerosi concerti in tutta la Francia e la registrazione di diversi album di gruppo ma pure in collaborazione con i tanti musicisti americani della scena parigina di quel periodo.Nel 1970 composero la colonna sonora del film Les Stances à Sophie, un classico di culto con la voce di Fontella Bass e anche la prima registrazione che vede la partecipazione del batterista Don Moye.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/E4Y0RSgT#34xw6Ldec22P...0qV1_o_1jLpUoGc

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03-Poesia e jazz, Langston Hughes ... Replica
Con Riccardo Bertoncelli

Langston Hughes è stato un importante poeta e scrittore afroamericano. Nato nel 1901, la sua vena lirica si manifestò sin da giovanissimo, ancora prima degli studi accademici alla Università di Columbia e successivamente alla Lincoln University di Pennsylvania, dove si laureò nel 1929. Ha pubblicato raccolte di poesie sin dal 1926, nonché pièce teatrali, romanzi e racconti, saggi, libri per bambini.La poetica di Hughes è strettamente connessa al jazz. Possiamo attribuirgli lo sviluppo di quella che sarà chiamata jazz poetry, stile poetico in cui il ritmo dei componimenti, pronunciati ad alta voce, riflette quello del musica afroamericana e dell’improvvisazione.Riccardo Bertoncelli ricorda la carriera di questa figura centrale della cultura dei neri d’America, ricordando tra le altre cose le sue collaborazioni con Randy Weston, Charles Mingus, il musical Black Nativity (1961), gli omaggi che gli sono stati resi da musicisti quali Taj Mahal (Mule bone, 1991), da Eric Mingus, David Amram e altri nel progetto The Dream Keeper (2017).

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/t5gBwQSS#s2ibu9Pnz7fj...iz5PXUW_naB8g6Y

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04-On Fire!George Adams e Don Pullen ... Replica
Con Marcello Lorrai

Il sassofonista George Adams e il pianista Don Pullen, con il batterista Dannie Richmond – tutti fedeli partner dell’ultima fase creativa di Charles Mingus – danno vita dopo la scomparsa del loro mentore ad uno straordinario quartetto (Cameron Brown sarà al contrabbasso) che infuocherà i palcoscenici di festival, sale da concerto e club di tutto il mondo.Una musica di straordinaria potenza ed energia la loro, una delle storie più pregnanti del jazz degli anni ’80 che ci è raccontata da Marcello Lorrai in questa serie di “Birdland”.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/kxYSxQYQ#LHaMyDhh6nfF...rQjkcEJkjgD60n8

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05-Paisà Jazz , il contributo italiano al Jazz classico
Con Marcello Lorrai

’idea del jazz come una musica storicamente sviluppatasi grazie al contributo di musicisti sia bianchi che neri risulta a ben vedere piuttosto superficiale. La nascita e l’evoluzione del jazz dai primordi agli anni ’30 fu in realtà una questione di minoranze. Quella nero-americana, certo, ma sul lato “bianco” si distinsero artisti che facevano parte di comunità le più diverse: irlandese, polacca, tedesca e, con un contributo determinante, quelle ebraica e italiana, quest’ultima fra le più in basso nella scala sociale dell’America dei primi decenni del ‘900.Marcello Lorrai ci propone un percorso che tiene in considerazione l’apporto italiano negli anni fondativi della musica afro-americana, partendo dalla Original Dixieland Jazz Band di Nick LaRocca e Tony Sbarbaro (che nel 1917 pubblicarono quello che è considerato il primo disco di jazz) su su fino al violinista Joe Venuti e al chitarrista Salvatore Massaro (vero nome di Eddie Lang), passando per nomi noti e meno noti come quelli del pianista Jimmy Durante, del clarinettista Leon Roppolo, del vibrafonista e sassofonista Adrian Rollini, di un altro pianista come Frank Signorelli e di molti altri.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/V4ZzhRRQ#pjK9fis00C1i...Nbxtcdr1fxN5FMc

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01-I pianisti del Bop
Con Maurizio Franco

Accanto a Thelonious Monk e Bud Powell altri pianisti - oggi meno ricordati, ma non per questo meno importanti musicalmente - hanno contribuito negli anni ’40 alla definizione dello specifico linguaggio del pianoforte be-bop. Maurizio Franco in questa serie di Birdland passa in rassegna le peculiarità di alcune figure del pianismo bop quali George Wallington, Dodo Marmarosa, Al Haig, Duke Jordan e Tadd Dameron.

( Fonte Birdland )

https://mega.nz/file/VgQ11Y7A#Lbk-astEUqxx...nr2YKVywKoQm8zQ

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01-Oliver Nelson , sassofonista,compositore e arrangiatore
Con Maurizio Franco

Oliver Nelson è stato uno dei grandi arrangiatori del jazz moderno ma non bisogna dimenticare anche il suo apporto allo sviluppo del linguaggio del suo proprio strumento, il sassofono. Esordi con Louis Jordan, poi con Louie Bellson e Quincy Jones; dal 1959 leader di proprie formazioni con le quali pubblica una serie di dischi che restano nella storie del jazz dell’epoca, fra questi il sublime Blues & the abstract Truth e il successivo Straight Ahead (entrambi con Eric Dolphy); contemporaneamente arrangia per molti colleghi quali ad esempio Charles Mingus, Wes Montgomery, Sonny Rollins e molti altri; per quanto riguarda le produzioni con big band importanti saranno le pubblicazioni di Fantaboulos, Happenings, Sound Pieces, Tribute to JF Kennedy, Three dimensions, Black Brown & Beautiful e la Swiss Suite registrata a Montreux nel 1971, nonché i dischi che testimoniano il suo intenso lavoro di arrangiatore per la TV e il cinema.Maurizio Franco ripercorrerà la carriera di questo musicista con, da una parte, le radici ben piantate nel blues e, dall’altra, con uno spiccato senso del colore orchestrale.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/cgZzlRbY#IXjdvkN9mb2j...apqlqptm2oYRkTQ

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02-Harry Sweets Edison , una tromba tutta classica
Con Maurizio Franco

Nato nel 1915 e scomparso ancora in piena attività nel 1999, il suono caldo e classico della tromba di Harry “Sweets” Edison ha accompagnato in pratica tutte le principali tappe della storia del jazz. In queste due puntate di Birdland si parlerà della sua lunga e centrale partnership con Count Basie ma si ricorderanno i sodalizi con Eddie “Lockjaw” Davis e Ben Webster e alcune delle sue collaborazioni di prestigio con, tra gli altri, Billie Holiday, Johnny Hodges, Duke Ellington.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/4w51hRhD#BhSEkt9ZWWfm...utPwYJN0MZKvvIY

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03-Buddy Collette , flautista e sassofonista
Con Marcello Lorrai

William Marcell, detto “Buddy”, Collette (classe 1921) è una figura di primo piano del jazz della West Coast. Affermato anche come compositore e arrangiatore, Collette è uno fra i rari veri multistrumentisti del jazz moderno, a suo agio ai vari sassofoni (alto e tenore innanzitutto), al clarinetto e soprattutto al flauto, di cui è uno dei maggiori specialisti in ambito jazz.Marcello Lorrai ne ripercorre la lunghissima carriera, mettendo in evidenza le innumerevoli collaborazioni (su tutte quelle con Chico Hamilton, che gli diede una prima notorietà, e Shelly Manne), i purtroppo rari ma preziosi dischi da leader (alcuni dei quali realizzati in Italia), il suo lavoro nel cinema e alla TV (fece parte del cast musicale del Groucho Marx Show), il suo impegno - nei difficili tempi del Maccartismo - per l’integrazione tra musicisti bianchi e neri e nelle lotte per i diritti civili.Completato con materiale registrato dal gruppo di Coltrane nell’ottobre del 1960, sessions dalle quali scaturiranno anche altri dischi quali “My favorite Things” e “Coltrane’s Sound”, Coltrane plays the Blues può essere letto come un punto d’arrivo e al tempo stesso una sorta di addio ad un genere che tanto ha dato al jazz e allo stesso Coltrane ma che da quel momento non troverà spazio, se non marginalmente, nella ricerca di nuovi orizzonti musicali che il sassofonista stava per intraprendere.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/B4wCiSQI#RV26-9CpI8OE...mnCTAQ5Qxv2bUkY

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01-I Capolavori. John Coltrane -Play the Blues-
Con Marcello Lorrai

Compliato con materiale registrato dal gruppo di Coltrane nell’ottobre del 1960, sessions dalle quali scaturiranno anche altri dischi quali "My favorite Things e Contrane’s Sound", Coltrane plays the Blues può essere letto come un punto d’arrivo e al tempo stesso una sorta di addio ad un genere che tanto ha dato al jazz e allo stesso Coltrane ma che da quel momento non troverà spazio, se non marginalmente, nella ricerca di nuovi orizzonti musicali che il sassofonista stava per intraprendere.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/psJT2Ihb#Zxe3_5UvObVR...X_Nl1seQ3fswVzE

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02-New Orleans ieri e oggi
Con Claudio Sessa

Al di là del mito, un percorso di Claudio Sessa su storia e attualità del New Orleans sound, alle radici della grande musica afroamericana. Sfileranno nomi noti e meno noti della saga di New Orleans, che ha dato un contributo fondamentale alla straordinaria avventura del jazz: Jelly Roll Morton, Louis Armstrong, King Oliver, Bix Beiderbecke, Johnny Dodds, Kid Ory, Sam Morgan, Oscar Celestin e molti altri.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/Fx5RmYSY#lSPLa23lK1-j...m3QDvuDkGX3w_k0

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Edited by sergiomac - 6/3/2023, 19:13
 
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01-I moderni Arrangiatori del Jazz
Con Claudio Sessa

L’arte dell’arrangiamento nasce con lo sviluppo negli anni ’20 e ’30 di orchestre jazz che, a differenza dello stile originario di New Orleans, nel loro repertorio prevedono vere e proprie parti per scritte in alternanza a quelle improvvisate. Campioni del genere furono Paul Whiteman, Don Redman, Fletcher Henderson, per arrivare poi a Duke Ellington e Count Basie.Questa tradizione fu tenuta viva durante l’era dello swing (Goodman, Miller, Dorsey...) e si sviluppò poi nel secondo Dopoguerra parallelamente alla nascita degli stili moderni, il be-bop e il cool jazz.In questa serie di Birdland Claudio Sessa ci introduce al moderno concetto dell’arrangiamento jazz, considerando dapprima l’influenza e il lascito di Count Basie e passando poi in rassegna le varie tendenza e le figure più rappresentative nei vari ambiti: Harry Paich, la “variabile impazzita” Stan Kenton, Jimmy Giuffré e altri tra i californiani; la raffinatezza un po’ intellettuale di Gil Evans, George Russell, Gerry Mulligan; e ancora Charles Mingus, Oliver Nelson e Quincy Jones tra gli sperimentatori o Claud Ogerman e Nelson Riddle specializzati nella collaborazione con i cantanti.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/EoonlZ6J#SQS7_6Nio7bS...hWHBs75RCU6eNSM



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Phil Woods(1931-2015) tappe di una carriera
Con Maurizio Franco


(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/g54xkAoD#jsblfVOhPGOA...Vzjcd0FvoBPIvyQ


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Pharoah Sanders , sassofonista
Di Lorenzo De Finti con Claudio Sessa

Nato in Arkansas nel 1940, Farrell “Pharoah” Sanders è una delle leggende viventi del moderno sax tenore.Pupillo di John Coltrane negli ultimi anni della vicenda artistica del grande maestro (1965-67), aveva debuttato in band di rhythm & blues e rock’n’roll nell’area di San Francisco a fine anni ’50. Ma l’ascolto dei pionieri della "new thing" sposta ben presto i suoi interessi verso il jazz: si stabilisce a New York e inizia a suonare con Billy Higgins, Don Cherry e soprattutto con Sun Ra cui dobbiamo il nome con il quale è diventato famoso: Pharaoh, il faraone, poi diventato Pharoah, contrazione e variazione dell’originale Farrell ma anche riferimento alla cultura dell’antico Egitto di cui il visionario pianista era invasato.La consacrazione arriva però con Coltrane di cui diventa vero e proprio alter ego, suonando il suo stesso strumento nel quintetto degli ultimi anni, adottando ben presto anche il sax soprano e formandosi alla sua scuola musicale e spirituale.Con la scomparsa del maestro, Sanders spingerà al limite estremo le possibilità sonore dei suoi strumenti.Toni rauchi e grevi nei registri bassi, liberi voli in quelli sovracuti, suoni doppi e tripli cui si aggiunge la voce sono le caratteristiche principali del sound di Sanders, sempre teso verso un bisogno dell’assoluto.Lo spiritualismo, cui anche Coltrane faceva riferimento, diventerà tratto centrale della sua opera, già nelle collaborazioni con Alice Coltrane, poi nella produzione di successo come leader: album come "Karma", "Black Unity", "Thembi" saranno tra i più venduti in assoluto nei primi anni ’70. Dopo un periodo di eclissi nei secondi anni ’80 , Sanders ha ritrovato una nuova verve creativa dove la straordinaria vicinanza con Coltrane emerge ancor di più, ad esempio nella ripresa della splendido repertorio delle ballads.

(Fonte Birdland )

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01-Jazz e Cinema (Prima Parte )
Con Claudio Sessa

Si è spesso osservato che il cinema e il jazz sono state le due grandi “arti nuove” del Ventesimo secolo (alle quali si può aggiungere il fumetto). Segnate entrambe dalla civiltà metropolitana e da uno stretto rapporto con gli sviluppi della tecnologia, esse hanno molto in comune e possono essere osservate in parallelo.In questo doppio ciclo di incontri prendiamo in considerazione alcuni aspetti di una sintonia davvero affascinante. Il jazz ha spesso costituito l’argomento centrale di molti film di rilievo, e ancora più spesso è servito come colonna sonora, spesso commissionata per l’occasione a musicisti storici, da Duke Ellington a John Lewis a John Zorn; in particolare è divenuto il sottofondo privilegiato (a volte perfino stereotipato) di un genere importante come il “film noir”. Spesso l’incontro fra registi e jazzisti importanti ha sviluppato idee nuove, si pensi al rapporto fra Louis Malle e Miles Davis per “Ascensore per il patibolo” o a quello fra John Cassavetes e Charles Mingus per “Ombre”. Molte canzoni utilizzate da jazzisti d’ogni ambito stilistico sono nate specificamente per il cinema: da standard tanto diversi quanto “Laura”, “Stella By Starlight” o “I’ll Remember April” fino ai temi dei cartoni animati di Walt Disney. Altre volte sono gli stessi jazzisti (pensiamo a figure popolari come Fats Waller o Benny Goodman) ad essere immortalati nei film dalle trame più diverse. Infine, un elemento particolarmente affascinante riguarda i molti “prestiti” che le due arti si sono scambiati, dall’uso del montaggio in musica a quello dell’improvvisazione nelle pellicole sperimentali.

(Fonte Birdland)

https://mega.nz/file/sgJniRAB#5LsKpGYWqON4...1UkxZmDw[size=7]


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01-I moderni Arrangiatori del Jazz ... Replica
Con Claudio Sessa

L’arte dell’arrangiamento nasce con lo sviluppo negli anni ’20 e ’30 di orchestre jazz che, a differenza dello stile originario di New Orleans, nel loro repertorio prevedono vere e proprie parti per scritte in alternanza a quelle improvvisate. Campioni del genere furono Paul Whiteman, Don Redman, Fletcher Henderson, per arrivare poi a Duke Ellington e Count Basie.Questa tradizione fu tenuta viva durante l’era dello swing (Goodman, Miller, Dorsey...) e si sviluppò poi nel secondo Dopoguerra parallelamente alla nascita degli stili moderni, il be-bop e il cool jazz.In questa serie di Birdland Claudio Sessa ci introduce al moderno concetto dell’arrangiamento jazz, considerando dapprima l’influenza e il lascito di Count Basie e passando poi in rassegna le varie tendenza e le figure più rappresentative nei vari ambiti: Harry Paich, la “variabile impazzita” Stan Kenton, Jimmy Giuffré e altri tra i californiani; la raffinatezza un po’ intellettuale di Gil Evans, George Russell, Gerry Mulligan; e ancora Charles Mingus, Oliver Nelson e Quincy Jones tra gli sperimentatori o Claud Ogerman e Nelson Riddle specializzati nella collaborazione con i cantanti.

(Fonte Birdland)

[size=7]https://mega.nz/file/EoonlZ6J#SQS7_6Nio7bS...hWHBs75RCU6eNSM



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Edited by sergiomac - 2/7/2023, 19:43
 
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