PODCAST HALL

BIRDLAND , dal 2010 al 2023

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sergiomac
view post Posted on 18/5/2016, 17:36 by: sergiomac

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I moderni arrangiatori del jazz
Con Claudio Sessa
L’arte dell’arrangiamento nasce con lo sviluppo negli anni ’20 e ’30 di orchestre jazz che, a differenza dello stile originario di New Orleans, nel loro repertorio prevedono vere e proprie parti per scritte in alternanza a quelle improvvisate. Campioni del genere furono Paul Whiteman, Don Redman, Fletcher Henderson, per arrivare poi a Duke Ellington e Count Basie.
Questa tradizione fu tenuta viva durante l’era dello swing (Goodman, Miller, Dorsey...) e si sviluppò poi nel secondo Dopoguerra parallelamente alla nascita degli stili moderni, il be-bop e il cool jazz.
In questa serie di Birdland Claudio Sessa ci introduce al moderno concetto dell’arrangiamento jazz, considerando dapprima l’influenza e il lascito di Count Basie e passando poi in rassegna le varie tendenza e le figure più rappresentative nei vari ambiti: Harry Paich, la “variabile impazzita” Stan Kenton, Jimmy Giuffré e altri tra i californiani; la raffinatezza un po’ intellettuale di Gil Evans, George Russell, Gerry Mulligan; e ancora Charles Mingus, Oliver Nelson e Quincy Jones tra gli sperimentatori o Claud Ogerman e Nelson Riddle specializzati nella collaborazione con i cantanti.
( Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/u7e9b7db...ri_del_jazz.zip
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Chiose su Pat Martino
con Diego Ricco

Il chitarrista statunitense di origini italiane Pat Martino è un musicista cult nell’ambito jazzistico. Nato a Filadelfia come Pat Azzara nel 1944, iniziò a farsi notare giovanissimo verso la fine degli anni ‘50 sulla scena nuovayorkese. Si impose per il suo inconfondibile stile nel quale sintetizzava alla sua maniera un po’ tutta la storia della chitarra jazz. Notevolissimi i suoi album degli anni ’60 e ’70 ’ pubblicati principalmente da Prestige e da Muse. Colpito da ictus nel 1980 si salvò ma perse la memoria “musicale” e dovette pian piano, con gran forza d’animo, ricominciare a suonare praticamente da zero, dando vita a partire dal 1987 a una sorta di seconda carriera.
Sarà Diego Ricco, in questa serie di Birdland, ad introdurci nell’universo artistico e umano di questo incomparabile musicista.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/s7092q8o...Pat_Martino.zip
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I capolavori , Miles Davis,Miroslav Votous e Joe Zawinul
Con Claudio Sessa

Claudio Sessa dedica tre puntate singole di Birdland ad altrettanti album che hanno segnato in modo diverso la nascita e lo sviluppo del jazz rock e della fusion.
Get up with it è composto da una serie di registrazioni realizzate da Miles Davis tra il 70 e il 74 raccolte in quello che sarà l’ultima pubblicazione del trombettista prima dei ritiro dalle scene fino al 1981. È un po’ il punto d’arrivo delle sperimentazioni “elettriche” del musicista che qui spesso utilizza le sonorità dell’organo Hammond a mo’ di legante nelle dilatate composizioni della raccolta.
Infinite Search, pubblicato successivamente anche come Mountains in the Clouds è il primo disco da leader di Miroslav Vitous, il contrabbassista cecoslovacco emigrato negli Stati Uniti che sul finire degli anni ’60 si mise in luce con Herbie Mann e soprattutto con Chick Corea. Vitous raccoglie qui grossi calibri quali Herbie Hancock, Jack DeJohnette e John McLaughlin per una registrazione che presenta composizioni e sonorità che già annunciano quelle dei Weather Report, di cui sarà di lì a poco uno dei fondatori.
Ancor più annunciatore dell’imminente sbarco sulla scena musicale dei Weather Report è Zawinul, l’album a proprio nome del pianista e compositore austriaco Joe Zawinul, pure lui emigrato negli Stati Uniti già alla fine dei ’50 che diventerà leader del grande gruppo di jazz rock. Non è il suo primo disco da solista, ma il titolo che riporta semplicemente il suo cognome sta quasi ad indicare una nuova nascita. Molti considerano in effetti questa raccolta come il primo disco non ufficiale dei Weather Report !
I capolavori. Miles Davis “Get Up With It” (1974)
I capolavori. Miroslav Vitous “Infinite Search - Mountain In The Clouds” (1970)
I capolavori. Joe Zawinul “Zawinul” (1971)
(Fonte Birlan)

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Cent'anni di jazz

Con Sergio Albertoni

"Improvviso singolare" è il titolo del volume di Claudio Sessa, storico collaboratore di Rete Due per il jazz e redattore di Birdland, che le edizioni Il Saggiatore hanno dato recentemente alle stampe.
In questo ciclo di Birdland Sergio Albertoni è a colloquio con l’autore e si ripercorrono con ascolti scelti i fili conduttori del libro. Un vivace “raccontar musica” che evoca cent’anni di storia del jazz qui ampliato dalle possibilità sonore offerte dal mezzo radiofonico.
(Fonte Birdland)s

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Il disco storico.Revolutionary Ensemble"The Psyche"(1975)
Con Claudio Sessa

Per molti critici l’album The Psyche del Revolutionary Ensemble è una pietra miliare di quello che è stato il jazz d’avanguardia degli anni ’70, quello che generalmente si indica come postfree.
Fu registrato da un trio che meriterebbe nuova considerazione, il Revolutionary Ensemble, formato dal violinista Leroy Jenkins, il bassista Sirone e il percussionista Jerome Cooper, tutti anche multistrumentisti che ampliavano con altri timbri il sound complessivo del gruppo.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/2d2211sn...%281975%29_.zip

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Staple Singers story
Con Riccardo Bertoncelli

Riccardo Bertoncelli dedica una retrospettiva ad uno dei gruppi vocali più importanti dell’America degli anni ’70, gli Staples Singers. Fondato dal patriarca della famiglia Roebuck Staples, originario del Mississippi ma emigrato a Chicago in cerca di fortuna, il gruppo era già attivo negli anni ’50 e pubblicò una serie di dischi poco commerciali nel decennio successivo. La fama arrivò finalmente nei primi anni ’70 quando gli Staples Singers iniziarono una sorta di seconda carriera, con uno stile decisamente più pop e immediato.
(Fonte Birdland)

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Dischi Storici.Nina Simone"Sings the Blues"(1967)
Con Riccardo Bertoncelli

Semplicemente imperdibile! Nina Simone all’apice della sua arte, in un album del 1967. Una manciata di brani memorabili, dal classico My Man is Gone, all’original Backlash Blues dedicato alla lotta per i diritti civili; da altre sue composizioni alla ripresa di House of the rising sun, ad altre cover di oscuri blues poco noti.
(Fonte Birland)

www.mediafire.com/download/l7ww08c1...s%281967%29.zip
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I grande Festival , Monterey 1960 e 1961
Con Marcello Lorrai

Di tanto in tanto Birdland si occupa delle grandi rassegne che hanno contribuito a rendere popolare la musica afro-americana.
Accanto a quello di Newport, un altro dei grandi festival jazz statunitensi nati sul finire degli anni ’50 è certamente quello di Monterey, in California, lanciato nel settembre del 1958. Promotore ne fu il dj radiofonico di San Francisco Jimmy Lyons, che restò poi direttore artistico della rassegna fino al 1992. Consulente musicale diventerà quel John Lewis che conosciamo come pianista del Modern Jazz Quartet.
Sulla base dell’eccellente documentazione sonora lasciataci, ci immergiamo con Marcello Lorrai nelle due edizioni 1960 e 1961 del festival che presentano un cast di rilievo, con evidenza un Duke Ellington ormai “rilanciato”, il trio Lambert, Hendricks & Ross, Dizzy Gillespie, Cannonball Adderley, Lalo Schfrin e molti altri.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/v13c175s...1960_e_1961.zip
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I Capolavori Bill Evans"Further Conversations"(1967)
Con Riccardo Bertoncelli

Le Conversations with myself è un trittico di album registrati in periodi differenti dal grande pianista Bill Evans. Si tratta di lavori speciali di piano solo nei quali Evans utilizzò la tecnica della sovraincisione, da cui il titolo della serie. Le prime sono del 1963, ma qui Riccardo Bertoncelli ci presenterà il secondo e il terzo capitolo della serie, rispettivamente del 1967 (Further Conversations) e del 1978 (New Conversations).
Forse il miglior album di questo speciale ambito della sterminata discografia di Evans, le Further Conversations non contengono brani originali del pianista ma noti standards come The Shadow of your Smile e Yesterdays, il classico natalizio Santa Claus is coming to town, nonché pagine meno note tratte anche da colonne sonore di cartoni animati degli anni ’40 (Little Lulu).
Il disco del 1978 è caratterizzato rispetto agli altri dall’uso, accanto al piano a coda, anche dello strumento elettrico, il Fender Rhodes. Nel repertorio composizioni originali del pianista ma anche standards (Cole Porter e altri) e le Reflections in D di Duke Ellington.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/9b9xakd2...s%281967%29.zip

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I Capolavori Bill Evans"New Conversations"(1978)
Con Riccardi Bertoncelli

Le Conversations with myself è un trittico di album registrati in periodi differenti dal grande pianista Bill Evans. Si tratta di lavori speciali di piano solo nei quali Evans utilizzò la tecnica della sovraincisione, da cui il titolo della serie. Le prime sono del 1963, ma qui Riccardo Bertoncelli ci presenterà il secondo e il terzo capitolo della serie, rispettivamente del 1967 (Further Conversations) e del 1978 (New Conversations).
Forse il miglior album di questo speciale ambito della sterminata discografia di Evans, le Further Conversations non contengono brani originali del pianista ma noti standards come The Shadow of your Smile e Yesterdays, il classico natalizio Santa Claus is coming to town, nonché pagine meno note tratte anche da colonne sonore di cartoni animati degli anni ’40 (Little Lulu).
Il disco del 1978 è caratterizzato rispetto agli altri dall’uso, accanto al piano a coda, anche dello strumento elettrico, il Fender Rhodes. Nel repertorio composizioni originali del pianista ma anche standards (Cole Porter e altri) e le Reflections in D di Duke Ellington.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/huvti66a...8%29%282%29.zip

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Speciale Weather Report Live
Cn Riccardo Bertoncelli

Riallacciandosi ad un box di 4 CD pubblicato di recente, Riccardo Bertoncelli ci immerge nell’universo live del leggendario gruppo dei Weather Report all’apice della loro arte. Siamo tra fine anni 70 ed inizio 80, nel gruppo era entrato lo straordinario bassista Jaco Pastorius seguito di lì a poco dal batterista Peter Erskine. Le registrazioni presentate sono tutte inedite, realizzate direttamente dal tavolo di regia sonora dal tecnico live del gruppo Brian Rysner. La formazione di base è il quartetto - con Zawinul, Shorter, Pastorius e Erskine – cui si aggiunge nei nastri del 1980 e 1981 il percussionista Bobby Thomas jr.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/b74zdcrq...Report_Live.zip

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Lester Young for Pres(ident)
Con Claudio Sessa

Lester Young, soprannominato Pres (o anche Prez) – il nomignolo che era stato coniato da Billie Holiday che lo riteneva il “presidente” del jazz – è stato il più influente sassofonista tra anni ’30 e ’40. Il suo modo di suonare, il suo fraseggio, certe particolarità del suo sound diedero una svolta decisiva allo sviluppo stilistico del sassofono, in particolare del tenore, diventando modello per la generazione successiva, quella del be-bop e del cool jazz. Claudio Sessa ripercorre la vita (eccentrica e sregolata) e la purtroppo breve carriera di un grande del jazz scomparso nel 1959 a soli 50 anni.
Cresciuto in una famiglia di musicisti, Pres debutta nell’orchestra formata con il padre, il fratello e alcuni cugini. Segnalatosi poi sulla scena di Kansas City, viene chiamato finalmente nell’orchestra di Count Basie dove resterà fino al 1940, ottenendo i primi riconoscimenti per la sua arte. Entra in contatto con Bille Holiday, con cui stringe un solido legame di amicizia e con cui collaborerà regolarmente da lì in poi, nonché con Nat King Cole e con il pianista Teddy Wilson. Dà inoltre vita a sue proprie piccole formazioni con le quali incide parecchio, fino alla chiamata alle armi. Il servizio militare - dalla metà del 1943 - sarà per lui un’esperienza traumatica, dove vengono a galla propensioni per alcool e droghe che non l’abbandoneranno più. Per diversi anni è occupato poi nelle tournée di Jazz at the Philharmonic ma in lui qualcosa si è ormai rotto: negli anni ’50 la sua musicalità subisce un certo declino benché riesca ancora, a momenti, a dar prova della sua immensa arte: è chiamato dal fenomeno nascente Oscar Peterson, incide per Norman Granz, è invitato al primo festival di Newport, spesso appare come ospite dell’orchestra di Count Basie.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/vn7balh4...%28ident%29.zip
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Woody Shaw, trombettista
Con Claudio Sessa

Woody Shaw è stato uno dei grandi specialisti dello strumento emersi negli anni '60, in piena epoca hard-bop. Venne alla ribalta dapprima con Eric Dolphy poi soprattutto nel gruppo di uno dei padri del genere, il pianista Horace Silver.
Una carriera interrotta presto la sua, quand'era ancora in piena attività e quando le sue potenzialità, messe in risalto da modernisti come Chick Corea, Andrew Hill, Jackie McLean, Joe Henderson e molti altri - con i quali collaborò, erano ancora in divenire.
Woody Shaw era nato nel 1944, originario della Carolina del Nord e morì nel 1989 a soli 45 anni. 
Claudio Sessa gli dedica questo ritratto in 3 puntate.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/w2jh7h35...rombettista.zip
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Il mondo sonoro di Stefano Bollani
Con Riccardo Bertoncelli

Stefano Bollani è fra i grandi talenti del pianoforte emersi con l’inizio del nuovo secolo ed oggi fra i personaggi più popolari del mondo del jazz italiano.
Una straordinaria musicalità abbinata ad una tecnica pianistica fuori dal comune fanno di Bollani un musicista a tutto tondo cui l’etichetta di jazzista da sempre va stretta. Ed infatti nei suoi spettacoli dal vivo, nei suoi dischi, nei suoi show (anche radiofonici e televisivi) - dove viene a galla un naturale spirito da autoironico entertainer - ha spesso manifestato la volontà di non rinchiudere entro limiti e barriere la sua espressività.
Cantante mancato – come spesso ama raccontare – è sul pianoforte che ha concentrato i suoi studi, senza però dimenticare l’importanza che ebbe per lui il song, la canzone, in generale la musica vocale di cui è stato appassionato cultore e che ancor oggi è fonte per lui di grande ispirazione.
Riccardo Bertoncelli ripercorre le fasi della sua crescita artistica e i vari progetti che l’hanno visto e lo vedono protagonista: il piano solo, il trio “italiano” e quello “danese”, l’amore per la musica brasiliana, l’omaggio a Frank Zappa e molto altro ancora.
(Fonte Birland)

www.mediafire.com/download/4433mz77...ano_Bollani.zip

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Dischi storici.Kenny Burrell-Jimmy Smith"Blue Bash!"(1963)
con Riccardo Bertoncelli

La combinazione organo Hammond-chitarra è un classico del rhythm&blues e del rock, ma anche nel jazz ha dato frutti pregevoli. Oltre ai memorabili dischi con Wes Montgomery, l’organista Jimmy Smith lavorò a lungo con Kenny Burrell. A loro nome uscì nel 1963 il disco Blue Bash! una raccolta che li vede attorniati dal batterista Mel Lewis e dai bassisti Milt Hinton e George Duvivier. E’ il blues anche qui a farla da padrone, con alcuni originals dei due titolari e, tra gli standards, una curiosa ripresa di Fever, la canzone resa celebre da Elvis Presley.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/5q1nez3k...1%281963%29.zip


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Michel Petrucciani, un ritratto
Con Maurizio Franco

Nato nel 1962, Michel Petrucciani è stato uno dei grandi pianisti jazz degli ultimi decenni. Cresciuto in una famiglia di musicisti (il padre Tony era chitarrista, i fratelli Louis e Philippe contrabbassista e pure chitarrista), era affetto da “osteogenesi imperfetta” che gli impedì lo sviluppo normale del corpo.
Sin da bambino si dedica completamente alla musica. Nei primi anni ’80 è scoperto dal batterista Aldo Romando e ben presto la sua bravura, la grande tecnica e un tocco inconfondibile gli permettono di affermarsi a livello internazionale.
Suona e registra con Lee Konitz, poi parte per gli Stati Uniti dove incontra Charles Lloyd. Grazie all’incontro con lo strabiliante giovane pianista francese, Lloyd decide di ricominciare a far musica: la loro collaborazione reciproca sarà alquanto fruttuosa.
Michel Petrucciani ha pubblicato per Blue Note e la francese Dreyfus. Ha lavorato con grandi del jazz quali Wayne Shorter, Chick Corea, Stanley Clarke. La sua discografia è corposa, con molti album di studio ed soprattutto dal vivo.
(Fonte Birdland)

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Ars longa,vita brevis, Bix Beiderbecke,trombettista
Con Marcello Lorrai

Birdland è dedicato al trombettista Bix Beiderbecke, tra i primi virtuosi di tromba nel jazz degli anni ’20, inizio ‘30.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/o3nx2lrg...rombettista.zip

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Miroslav Vitous, contrabbassista
Con Riccardo Bertoncelli

Il nome del contrabbassista cecoslovacco Miroslav Vitous è legato a filo doppio ai primi anni di attività dei Weather Report, il gruppo che diede il via al jazz rock e alla fusion da lui co-fondato nel 1971 assieme a Joe Zawinul e Wayne Shorter.
Ma il periodo assieme al Bollettino meteorologico fu tutto sommato di breve durata e la carriera del musicista prese altre strade da allora.
Siamo a metà anni ’70 e Vitous si era ormai stabilito negli Stati Uniti da un decennio, dopo avere vinto al Conservatorio di Praga una borsa di studi per il Berklee College di Boston. Aveva suonato con Clark Terry, era stato notato da Miles Davis per il suo virtuosismo sullo strumento, Chick Corea l’aveva chiamato nel suo trio. E inoltre aveva collaborato con Stan Getz, Jack DeJohnette, Herbie Mann, Roy Ayers e aveva già pubblicato due eccellenti dischi come titolare.
Dopo la chiacchierata separazione dai Weather Report, Vitous ha guidato propri gruppi e pubblicato numerosi album a proprio nome. Ha lavorato tra gli altri con Herbie Hancock, John McLaughlin, Billy Cobham, John Surman, Jan Garbarek, legandosi da metà anni ’70 all’etichetta ECM.
(Fonte Birland)

www.mediafire.com/download/zl8ra33u...rabbassista.zip

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I capolavori, Gorge Russel "Jazz in the space age" (1961)
Con Riccardo Bertoncelli

Registrato nel 1960 e pubblicato nel giugno dell’anno successivo da Decca, Jazz in the space age è una delle chicche discografiche di George Russell.
Il compositore e arrangiatore statunitense è stato fra le più influenti personalità del jazz moderno, contribuendo a gettare le basi del jazz modale, poi sviluppato da Davis e Coltrane.
In questo album, costellato da titoli che fanno riferimento all’universo e allo spazio (forse anche influenzati dalle visioni di un Sun Ra), Russell si spinge oltre ed arriva a una sorta di personale atonalità che verrà poi ulteriormente sviluppata.
Oltre ai fedeli di Russell, spiccano nel cast impegnato i pianisti Bill Evans e Paul Bley.
Da notare che l’album fu pubblicato un paio di mesi dopo il lancio della navicella spaziale con Juri Gagarin a bordo (aprile 1961). Di tre mesi successivi è invece la pubblicazione di un altro disco fondamentale del jazz moderno, Free Jazz di Ornette Coleman (settembre 1961).
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/puyj7k84...1%29%282%29.zip

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Diritti civili.L'idea di libertà nel Jazz degli anni 50 e 60

Con Maurizio Franco
Dopo la crisi del ’29 l’amministrazione statunitense adottò regole più morbide riguardo la discriminazione di tipo razziale di gran parte degli immigrati di origine europea ma il popolo neroamericano ne rimase escluso.
Tra la fine degli anni ’50 e per tutto il decennio successivo, gli USA furono scossi dalle lotte, spesso anche violente, per l’emancipazione degli afro-americani e il mondo musicale (con il jazz in prima linea) fu fortemente implicato nelle battaglie per i diritti civili.
Maurizio Franco in questa serie di Birdland analizza l’idea di libertà nel jazz dell’epoca così come fu declinata in alcune opere di primo piano. Dalla Freedom Suite di Sonny Rollins al successivo, quasi omonimo, lavoro di Max Roach, passando per note composizioni sul tema di Charles Mingus e Duke Ellington.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/qg6az0ag...nni_50_e_60.zip
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In ricordo di Paul Bley pianista(1932-2016)
Con Claudio Sessa

Scomparso all’inizio di quest’anno, il pianista canadese Paul Bley è stata una figura di primissimo piano del jazz moderno, uno dei visionari della nuova musica.
Nato a Montreal nel 1932, inizia dapprima a suonare il violino per dedicarsi al pianoforte dall’età di 8 anni. È poi studente di composizione alla Juilliard School di NY e in quegli anni suona con Charlie Parker, Sonny Rollins e molti altri. Forma un trio nei primi anni ’50 e nel 1957, dopo essersi trasferito a Los Angeles, c’è l’incontro decisivo con Ornette Coleman: Bley è stato uno dei portavoce dell’estetica colemaniana e uno dei primi a mettere in luce la qualità delle composizioni del sassofonista.
Lavora con Charles Mingus, George Russell, più tardi con Albert Ayler, dà rilevanza alla musica di Carla Bley e Annette Peacock che saranno anche sue mogli. Si esibisce negli States e in Europa con le figure di maggior spicco della scena del free e dell’improvvisazione, contemporaneamente è fra i primi a sperimentare in ambito jazz con le nuove tastiere elettriche e con il sintetizzatore Moog. Da ricordare ancora i suoi sodalizi con Jimmy Giuffré e Steve Swallow, con Gary Peacock, Charlie Haden, Paul Motian e anche quelli imprevedibili con Chet Baker, Jaco Pastorius e Pat Metheny. Diventato specialista del piano solo, dal punto di vista dell’estetica sullo strumento lo si può situare tra Bill Evans e Keith Jarrett, anche per la concezione avanzata del suo suonare in trio.
Due le sue esibizioni nella Svizzera italiana: la prima , lontanissima, in trio al Festival Jazz di Lugano del 1966 (con Mark Levinson al basso e Barry Altschul alla batteria), l’altra del 1999 per i Concerti di Rete Due con Gary Peacock al basso e Paul Motian alla batteria al Centro scolastico di Lugano-Trevano.
(Fonte Birdland)

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I grandi Festival Monterey 1962 2 1963
Con Marcello Lorrai

Birdland si occupa ogni tanto dei grandi festival che hanno contribuito a rendere popolare la musica afro-americana.
Accanto a quella di Newport, un’altra delle rassegne jazz statunitensi nate sul finire degli anni ’50 è certamente quella di Monterey, in California, lanciata nel settembre del 1958. Promotore ne fu il dj radiofonico di San Francisco Jimmy Lyons, che restò poi direttore artistico fino al 1992. Consulente musicale diventerà quel John Lewis che conosciamo come pianista del Modern Jazz Quartet.
Sulla base dell’eccellente documentazione sonora lasciataci, con Marcello Lorrai ci immergiamo stavolta nelle edizioni del 1962 e 1963 che presentarono musicisti di assoluto rilievo: Dizzy Gillespie (un habitué ormai della rassegna…) alle prese con la suite The New Continent commissionata a Lalo Schifrin, il Modern Jazz Quartet, Jack Teagarden, la strana coppia Armstrong-Brubeck che rilanciano il loro The real jazz ambassadors. Da notare pure il debutto a Monterey di Miles Dvais, con un nuovo gruppo, quello che sarà il suo secondo quintetto, con il giovanissimo Tony Williams alla batteria e Herbie Hancock al piano. Le registrazioni di Monterey anticipano quello che sarebbe stato il primo disco dello storico gruppo, Seven Steps to Heaven, pubblicato di lì a poco.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/49hnc91o...1962_2_1963.zip

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Cassandra Wilson , vocalist
Con Riccardo Bertoncelli

La voce di Cassandra Wilson è una delle più particolari emerse nel panorama del jazz a partire dagli anni ’80. Una musicalità, la sua, scevra dal virtuosismo che spesso ha caratterizzato le sue colleghe e che punta invece decisamente sull’espressività e sulla ricerca timbrica. In tal senso è evidente l’influenza che hanno esercitato su di lei Betty Carter e Abbey Lincoln.
Originaria del Mississippi, la Wilson (1955) è figlia del musicista e educatore Herman Fowlkes Jr., figura di rilievo della scena R&B del Sud del Stati Uniti negli anni ’50. La passione per la musica si manifesta presto, con studi di piano, chitarra e voce. Nei primi anni ’80 è a NY dove lavora con Dave Holland ed entra in contatto con Steve Coleman e l’M-Base Collective che allora erano i portabandiera delle tendenze più avanzate del jazz e della musica improvvisata nella Grande Mela. A metà del decennio intraprende una fortunata carriera di solista che la vede dapprima legata all’etichetta JTM/Winter & Winter poi, dal 1993, alla prestigiosa Blue Note. Jazz, blues, country e folk sono gli ingredienti oggi della sua musica.
Suo collaboratore di lunga data è il chitarrista Brandon Ross. Cassandra Wilson vanta inoltre prestigiose collaborazioni con Wynton Marsalis, Bill Frisell, Angelique Kidjo, Elvis Costello, Charlie Haden, Meshell Ndegeocello, Terence Blanchard e molti altri.
Cassandra Wilson si è esibita una sola volta nella Svizzera italiana, durante la sua prima tournée europea. Era il 1986, nella sala dell’ACP di Balerna a cura dell’Associazione Musica nel Mendrisiotto.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/o8l8hvyb...2C_vocalist.zip

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Dischi Storici.Lester Bowie's Brass Fantasy"I only have eyes for you"(ECM 1985)
Con Riccardo Bertoncelli

La Brass Fantasy del trombettista Lester Bowie è stato uno dei gruppi di punta del jazz statunitense degli anni ’80. Attiva in parallelo agli impegni del leader con gli Art Enseble of Chicago, la Brass Fantasy combinava la musica per marchin’ band tipica della Louisiana e di New Orleans, il blues, lo swing, il pop e la libera improvvisazione. Un mix esplosivo di sonorità documentata in una manciata di album di rilievo.
Uno di questi è I only have eyes for you , primo disco della formazione pubblicato da ECM nel 1985. In un gruppo di soli ottoni completato da una batteria, spiccano qui i nomi di Steve Turre al trombone, Bob Stewart al tuba e Philip Wilson alle percussioni.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/e9xc0xpr...ECM_1985%29.zip

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In ricordo di Gato Barbieri(1932-2016), sassofonista
Con Maurizio Frianco

La straordinaria “voce” del sax tenore di Gato Barbieri si è spenta per sempre all’inizio dello scorso mese di aprile. Leandro Barbieri, detto “Gato”, era nato a Rosario in Argentina nel 1932. È stato uno dei primi musicisti jazz non statunitensi a diventare una star internazionale. Il suono del suo sassofono ha fatto veramente epoca e ha stregato quella giovane generazione cresciuta tra anni ’60 e ’70 che al tempo stesso ascoltava Coltrane, Janis Joplin, Jimi Hendrix e fors’anche Karlheinz Stockhausen.
Protagonista della scena musicale di Buenos Aires insieme a Lalo Schifrin sin dalla fine dei ’50, Barbieri si trasferisce a Roma nel 1963 ed entra in contatto con la variegata realtà musicale italiana dell’epoca. In quel periodo ha la possibilità di ascoltare dal vivo per la prima volta Coltrane e Miles Davis e si accosta ai protagonisti della new thing e del free jazz. Ma sarà solo con la fine del decennio e dopo i contatti con New York, soprattutto attraverso l’amicizia e la collaborazione con Don Cherry, che troverà la sua vera cifra stilistica. L’intuizione è quella di mescolare, sulla scorta di quello che facevano lo stesso Cherry e Dollar Brand, il jazz alla musica delle sue radici dando vita ad un personalissimo latin-jazz, sorta di world music ante litteram. Fenix, El Pampero, i quattro album della serie Chapters, Bolivia e certamente la colonna sonora di Ultimo Tango a Parigi sono i dischi che gli danno enorme popolarità.
Il suo stile si alimenta dell’influenza di Coltrane e dei suoi continuatori Pharoah Sandres e Albert Ayler. A sua volta il timbro del suo tenore non mancherà di influenzare i sassofonisti della generazione successiva, ad esempio Jan Garbarek.
Gato Barbieri si è esibito per l’ultima volta nella Svizzera italiana nel 2010, al Festival di cultura e musica jazz di Chiasso.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/gatfdkmg...assofonista.zip

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Jimmy Garrison & Ron Carter
Con Claudio Sessa

Immaginatevi di stare su palco dove la stessa sera, uno dopo l’altro, suonano il “quartetto storico” di John Coltrane e quello che è passato alla storia del jazz come il “secondo quintetto” di Miles Davis. Ma siete leggermente dietro al frontline, accanto alla batteria, e la vostra prospettiva sia sonora che visiva, voi che siete seduti proprio vicino al contrabbassista, è un’altra rispetto al leader.
Claudio Sessa ci racconta la storia e il ruolo che ebbero le due figure forse meno appariscenti, ma non per questo meno importanti, di due dei principali gruppi che hanno fatto la storia del jazz negli anni ’60: i bassisti Jimmy Garrison (1933-1976) e Ron Carter (1937).
Il primo, alla corte di Trane dal 1962 assieme a McCoy Tyner e Elvin Jones, fu l’unico a restare membro fisso della formazione fino alla scomparsa del sassofonista nel 1967.
Carter dal canto suo fu assoldato da Davis nel 1963, restò con il trombettista fino al 1968 e partecipò a tutte le registrazioni del gruppo, da Seven Steps to Heaven fino a Nefertiti.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/219mafdt...Ron_Carter_.zip

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I Capolavori- J.J.Johnson "Quintergy&Standars"(1988)
Con Claudio Sessa

Questi due album del grande trombonista J.J. Johnson sono fra i più importanti della seconda fase della sua carriera. Pubblicati nel 1988 sull'etichetta Antilles, sono rappresentativi del vero rientro sulle scene del musicista, dopo un lungo periodo (dai primi anni ’70) passato a scrivere e suonare musica per il cinema e la TV, con solo sporadici concerti e alcuni album di basso profilo.
Qui il trombonista è catturato dal vivo sul palco del Village Vanguard di NY nel 1987, assieme a musicisti di generazioni diverse quali il sassofonista Ralph Moore, il pianista Stanley Cowell, il bassista Rufus Reid e il batterista Victor Lewis.
(Fonte Birdland)

www.mediafire.com/download/53lc47v4...s%281988%29.zip

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Jazz gitano e dintorni
Con Maurizio Franco

La musica gitana - al pari del jazz - è, diremmo quasi per definizione, un’arte dell’incontro. Si è sempre nutrita delle influenze delle culture alle quali il nomadismo del popolo zingaro si è esposto, integrandole in un’espressione musicale originale ed unica. Il jazz, e in particolare lo swing, non sono sfuggiti a questo processo.
Maurizio Franco tratteggia in questa serie di Birdland la “galassia” del cosiddetto jazz gitano che, a seconda dei luoghi dove si è sviluppato, ha assunto le più diverse denominazioni.
Partendo da rare registrazioni del capostipite di questo filone, il grande chitarrista belga Django Reinhardt, si potranno apprezzare anche altri pionieri del genere quali Gus Viseur, Matelo Ferret o l’italiano di origine rom emigrato in Francia Henri Crolla. Sul versante spagnolo si ricorderà il sassofonista Pedro Iturralde, precursore dell’incontro tra jazz e flamenco, che ebbe fra i suoi collaboratori Paco de Lucia. Spazio sarà dato pure a Bireli Lagrene, il jazzista gitano in attività oggi più celebrato, così come al francese Christian Escoudé o all’ungherese Babsik. Una puntata sarà pure riservata all’attualità del genere, ai musicisti che oggi tengono viva questa tradizione, con pure le recenti declinazioni del cosiddetto electro swing.
(Fonte Birdland)

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james P.Johnson, pianista e compositore
Con Marcello Lorrai

Marcello Lorrai ci propone la prossima settimana una serie di Birdland dedicata al grande pianista e compositore James P. Johnson, maestro del piano stride e autore di molti brani tra i più celebri degli anni ’20.
(Fonte Birdland)

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Phil Woods(1931-2015), tappe di una carriera
Con Maurizio Franco

Phil Woods (1931-2015), scomparso alla fine di settembre del 2015, è stato uno dei maggiori altosassofonisti dell’era post-Charlie Parker. Viene alla ribalta alla metà degli anni ’50, prima con Kenny Dorham, poi nelle orchestre di Dizzy Gillespie e Quincy Jones. Parallelamente avvia i suoi progetti da leader alla testa di piccole formazioni, imponendo il suo inconfondibile stile. Più tardi sarà in Europa dove fonda con George Gruntz la European Jazz Machine e dove sarà membro di The Band, la grande orchestra messa in piedi a Lugano dallo stesso Gruntz, da Flavio Ambrosetti e da Daniel Humair.
Maurizio Franco dedica a Phil Woods tre numeri di Birdland concentrandosi su alcuni momenti della sua lunga carriera. Dapprima la sua vena di compositore-arrangiatore nella suite Rites of Spring dei primi anni ’60, poi il pregnante sodalizio appunto con la European Rhythm Machine, da ultimo l’attualizzazione del linguaggio boppistico negli anni ’80 del suo quintetto assieme al trombettista Tom Harrell.
(Fonte Birdland)

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Montreux Jazz Festival 50(1967-2016) una retrospettiva
Con Riccardo Bertoncelli
Il fenomeno dei festival di musica jazz nasce negli anni ’50 in contemporanea con la fuoriuscita del genere dalle sale da ballo e con la divulgazione a largo spettro di una musica ormai vissuta non più unicamente come veicolo di divertimento ma come vero e proprio fenomeno culturale.
Siamo nel Dopoguerra e il prototipo di una rassegna che presenti riuniti in uno spazio-tempo limitato alcuni dei grandi protagonisti della scena del jazz d’allora è l’iniziativa del produttore Norman Granz nota con l’appellativo di Jazz at the Philharmonics, una sorta di carrozzone ambulante rappresentativo della musica afroamericana in auge. Dal 1944 negli Stati Uniti e poi dal 1952 anche in Europa,Jazz at the Philharmonics è una delle importanti vetrine di una musica che, nata negli anni ’20 essenzialmente come forma d’intrattenimento, ha ormai una storia e un ben preciso percorso evolutivo alle spalle.
Se negli Stati Uniti il primo grande festival jazz si tiene a Newport sin dal 1954 mentre un secondo viene organizzato a Monterey - sulla costa occidentale - a partire dal 1958, l’Europa non sta certo a guardare. Addirittura nel 1948 in Francia, terra dove poco prima il jazz era letteralmente “sbarcato” insieme alle truppe americane, vengono organizzati in ordine di tempo i primi due festival jazz al mondo: in febbraio a Nizza, in maggio a Parigi. Nel 1950 alla Salle Pleyel di Parigi verrà proposto il primo Salon International du Jazz al quale assistono più di 20.000 persone venute da tutta Europa. In Italia è Sanremo, a partire dal 1955, a fare da apripista al fenomeno, dal 1956 a Comblain-la-Tour in Belgio si esibiscono ogni anno i più grandi nomi del jazz d’oltreoceano, dal 1961 lo stesso avviene a Molde in Norvegia.

E in Svizzera che succede? Se a Zurigo fin dal 1951 vien proposta una rassegna che testimonia soprattutto della vitalità della scena amatoriale locale e che solo con gli anni ’70 si trasformerà in evento di portata internazionale, è a Lugano nel 1962 che, grazie al locale Jazz Club, nasce un’importante rassegna, senza tendenze o sottogeneri esclusi (vi parteciperanno anche Ornette Coleman e Paul Bley) che durerà fino alla fine del decennio.
Nel 1967 debutta sul Lago Lemano, in particolare nella cittadina di Montreux, un nuovo festival destinato a far storia e ad imporsi come uno dei più conosciuti eventi del genere al mondo. È l’anno-simbolo del decennio e punto di svolta della cultura giovanile: in California è l’estate del flower-power, i Beatles firmano il Sgt. Pepper, i Pink Floyd debuttano su 33 giri, se ne va John Coltrane. E a Monterey, in quegli stessi luoghi dove da ormai 10 anni si è sviluppato il seme del festival jazz, ha luogo il più grande raduno musicale di tutti i tempi: 200.000 persone che tra l’altro ascoltano Hendrix e lo vedono mandare in cenere la sua Stratocaster.
Debutta il Montreux Jazz Festival quindi ma, come si dice in queste occasioni, i tempi sono ormai cambiati e, benché le prime due edizioni siano interamente dedicate al jazz, già dal 1969 - con l’esibizione dei Ten Years After e dei Colosseum – la rassegna si profila come vetrina a tutto tondo della straordinaria scena musicale del momento: il jazz certo, ma anche il cugino rock e la sintesi dei due, il jazz-rock; e ancora blues, soul & black music, passando per la musica d’autore e più in là quella latina e caraibica.

È un certo Claude Nobs che si lancia nell’impresa. Ha già lavorato all’organizzazione di animazioni musicali per conto del locale ufficio turistico, in particolare legate al festival televisivo che vi si tiene, la “Rose d’Or”. Lavora talmente bene che nel ‘64 riesce a portarvi i Rolling Stones, nel loro primo concerto fuori dalla Gran Bretagna. Lavora talmente bene che nasce l’idea di creare un evento nuovo, del tutto separato dalla rassegna televisiva.
La prima edizione si tiene nel giugno del 1967, dura tre giorni, tra le têtes d’affiche c’è Charles Lloyd, il sassofonista appena eletto star emergente dalla rivistaDownbeat che si presenta con due giovani molto promettenti, Keith Jarrett al piano e Jack DeJohnette alla batteria. Già dal secondo anno la manifestazione si estende a cinque giorni, arrivano tra gli altri Nina Simone e Bill Evans con il suo trio. Ella Fitzgerald vi debutta nel 1969 e in quello stesso anno Les McCann e Eddie Harris vi presentano il progetto Swiss Movements: il festival registra già tutti i concerti e in particolare questa incisione diventerà un bestseller assoluto, il primo disco di jazz a vendere più di un milione di copie.
Anche grazie alle pubblicazioni dei live, la rassegna si fa velocemente un nome. Santana si esibisce nel 1970, Aretha Franklin l’anno successivo, nel 1973 per la prima volta è Miles Davis a suonarvi. Quella del 1977 è l’edizione più lunga, quasi tre settimane, e vi sbarca la musica brasiliana e la disco. I vari Herbie Hancock, B.B. King, Chick Corea a Montreux sono ormai di casa.
Con l’inizio degli anni ’90 il festival cambia sede. Addio al mitico Casino, quello ricostruito dopo il ben noto incendio del dicembre 1971 durante un’esibizione di Frank Zappa, e approdo al Centro dei Congressi, con l’Auditorium Stravinski e il New Q’s quali sale principali. Quincy Jones spalleggia Nobs in questo cambiamento e coproduce tre edizioni fino al 1993. Miles Davis vi si esibisce per l’ultima volta nel luglio del 1991. Il festival si apre ai nuovi generi: l’electro, l’acid jazz, il rap, l’hip-hop.
Il resto è storia recente. Nel 2013, con la scomparsa di Nobs, il festival resta improvvisamente orfano del suo fondatore, ma la macchina organizzativa è talmente rodata che la transizione è dolcissima.
Paolo Keller
(Fonte Birdland)

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Arthur Blythe , sassofonista
Con Claudio Sessa

Tra i protagonisti della cosiddetta loft generation nella New York dei secondi anni ’70, Arthur Blythe, oggi non più in attività, è un sassofonista, compositore e bandleader originario della California.
Nato nel 1940 a Los Angeles, inizia a suonare il sax alto all’età di nove anni. I suoi modelli sono Earl Bostic e Benny Carter, ma importante fu anche la figura del tenorista Harold Land.
I debutti sono con il pianista Horace Tapscott, suona poi nel New Jazz Quintet del sassofonista Lattus McNeely, nel progetto Black Music Infinity del batterista-scrittore Stanley Crouch e con un altro sassofonista, Azar Lawrence.
Dal 1974 è a New York dove collaborerà con i più diversi colleghi: Gil Evans, Jack DeJohnette, Chico Hamilton, Lester Bowie e McCoy Tyner. Ha fatto pure parte del progetto all stars The Leaders e del Wolrd Saxophone Quartet.
A suo agio nelle più disparate situazioni musicali, Blythe è stato il musicista forse più vicino alla tradizione tra quelli che furono in prima fila nell’epoca del post-free. Tipico il suo sound dal caratteristico vibrato e dal fraseggio che molto deve al be-bop. Tra i suoi gruppi si distinguono il classico quartetto con piano-basso-batteria ma anche quelli meno convenzionali, con chitarra elettrica, violoncello e tuba - che hanno dato i più originali frutti discografici del musicista californiano tra la fine dei ’70 e l’inizio del decennio successivo.
(Fonte : Birdland )

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Dischi Storici.Edward Vesala"Ode To The Death of Jazz"
Con Claudio Sessa

Edward Vesala (1945-1999) è stato un percussionista e compositore finlandese, uno dei più visionari musicisti dell’avanguardia jazz scandinava venuta alla ribalta tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70. Dopo le collaborazioni con il connazionale Juhani Aaltonen lavora nel trio di Jan Garbarek e in un gruppo con il tedesco Peter Brötzmann. Con il trombettista polacco Tomasz Stanko inizia nel 1974 un fertile sodalizio che durerà decennio. Lo stesso anno Vesala debutta su ECM con l’acclamato Nan Madol e fa il bis nel ’76 con Satu: due lavori che gli aprono le porte di una notorietà internazionale che lo condurranno a New York e alle collaborazioni con Archie Shepp, Paul Bley, Chick Corea e diversi altri. Fonda l’etichetta discografica Leo per la quale pubblicherà molti lavori suoi e di altri musicisti emergenti europei. Dal 1984 dirige un suo personale workshop con giovani musicisti finlandesi, i migliori dei quali saranno poi coinvolti nel suo gruppo Sound & Fury, citazione dal Macbeth shakespeariano. Con questo marchio tornerà ad incidere per ECM dalla metà degli anni ’80 e fino alla prematura scomparsa nel 1999.
Ode to the dead of jazz, al di là del tono polemico, è in realtà un ardito e fiero manifesto contro il conformismo che secondo Vesala (e non solo) stava marcando la scena musicale in quei secondi anni ’80. Registrato nello studio di Vesala a Helsinki, accanto al leader alle percussioni troviamo alcuni tra i nomi emergenti della scena finlandese di allora, tra gli altri i sassofonisti Jorma Tapio e Jouni Kannisto, il chitarrista Jimi Sumen, il bassista Uffe Krokfors e l’arpista e pianista Iro Haarla, sua compagna d’arte e di vita.
(Fonte Birdland)

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Jazz-rock made in Italy , Perigeo

con Riccardo Bertoncelli

Il Perigeo è stato senza dubbio, assieme agli Area, uno dei gruppi di primo piano della fusion e del progressive italiani. Nel 1972 Giovanni Tommaso (basso acustico ed elettrico), Franco D'Andrea (tastiere), Bruno Biriaco (batteria),Claudio Fasoli (sax) e Tony Sydney (chitarra) sono musicisti già formati e in carriera. Hanno esperienze diverse ma insieme decidono di dar vita un gruppo che sia al passo con la novità del periodo che sia chiama jazz-rock. La loro storia durerà fino al 1977, con una serie di pregevoli registrazioni discografiche (la prima, Azimuth, è considerata tra le migliori) e un buon successo, anche internazionale, soprattutto con le esibizioni live.
Riccardo Bertoncelli ci introduce nel mondo sonoro di questa band che molti hanno definito come il lato più mediterraneo della fusion.
(Fonte Birdland)

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Note blues, Sonny Boy Williamson II
con Riccardo Bertoncelli

Nelle incursioni nel mondo del blues che Riccardo Bertoncelli di tanto in tanto ci propone, stavolta è il turno di Sonny Boy Williamson.
La storia della musica di matrice neroamericana è piena di stranezze e il nome di questo musicista è una di queste. Sono due infatti i Sonny Boy Williamson noti nel blues, quasi coetanei, entrambi armonicisti e cantanti. Il primo, nato John Lee Curtis Williamson a Chicago, morì giovane nel 1948. Il secondo, ai tempi meno conosciuto ma che in seguito ebbe più esposizione mediatica e successo internazionale, si chiamava in origine Alex Ford, era specialista a trovare nomi d’arte (si faceva chiamare Rice Miller o Little Boy Blue) e senza pensarci troppo assunse il nome del collega alla di lui morte.
Riccardo Bertoncelli si occuperà del secondo, di cui abbiamo maggiori testimonianze discografiche e una carriera ben delineata da ripercorrere, rispetto al suo omonimo, musicista di culto che ebbe influenza nello sviluppo dello strumento e grande rinomanza, ma limitatamente ad un periodo circoscritto.
(Fonte Birdland)

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Gene Krupa , star della batteria
Con Marcello Lorrai

Tra i musicisti più popolari negli anni 30 e 40, figura di spicco dell’era dello swing, Gene Krupa è stato uno dei batteristi più influenti della storia del jazz. Polacco di origine, nasce a Chicago nel 1909 e lì si inizia alla musica, proprio negli anni in cui la Windy City sta diventando uno dei poli di attrazione per tutta una generazione di jazzisti. I debutti sono con Eddie Condon e Red McKenzie, e le incisioni con loro passano alla storia per essere le prime dove tutto il set della batteria, anche la grancassa, viene accuratamente registrato. Suona anche nella Benson Orchestra e nei Playboys della leggendaria contrabbassista Thelma Terry, contribuisce a creare il sound tipico di una schiera di musicisti definiti da allora come i Chicagoans. Si trasferisce nel 1928 a New York con un gruppo di loro per accompagnare gente come Red Nichols e Miff Mole. Ben presto notato per il suo virtuosismo e la spettacolarità del suo drumming dal grande produttore John Hammond, è reclutato nell’orchestra di Benny Goodman. È una svolta decisiva nella sua carriera: con il clarinettista, tra il ’35 e il ’38, scriverà alcune della pagine più importanti della storia dello swing, contribuirà a trasformare la batteria in uno strumento solista, diventando una vera e propria star. La loro versione del brano “Sing, sing, sing”, con la batteria ad ergersi a protagonista, rimane uno degli inni di quell’epoca folle del jazz.
In questo ciclo di “Birdland” Marcello Lorrai tratteggia il ritratto di un musicista che per lunghi anni guiderà anche una propria spettacolare orchestra e che naturalmente parteciperà, da protagonista, alle eccitanti tournée di Jazz at the Philharmonics.
(Fonte Birdland)

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Chico Freeman , sassofonista
Con Claudio Sessa

Come Arthur Blythe, trattato in precedenza, anche Chico Freeman nasce a Chicago nel 1949 in una famiglia di musicisti: il padre è il noto von Freeman, pure lui sassofonista, gli zii George e Bruz sono rispettivamente chitarrista e batterista. Ferratissimo in matematica, si consacra alla musica solo quando frequenta l’università, dedicandosi – dopo il piano e la tromba - anche al contrabbasso e al sassofono. Sarà quest’ultima la scelta definitiva. Allievo di Fred Anderson, Fred Hemke e Joe Daley, si avvicina all’AACM e entra in contatto con gente che conta: Jospeh Jarman e Roscoe Mitchell in primis. Studia teoria e composizione ed inizia a suonare con Cecil McBee e Jeanne Lee, entrando in seguito nella big band dell’AACM diretta da Muhal Richard Abrams. Dopo aver pubblicato un primo disco a suo nome nel 1976, l’anno successivo si trasferisce a New York e forma un proprio quartetto. Come il suo collega e amico Arthur Blythe diventerà a breve uno degli esponenti della cosiddetta Loft Generation, una schiera di musicisti e compositori che, terminata la temperie del free jazz, stavano dando una nuova direzione alla musica afroamericana non scevra da agganci con le radici più profonde della black music.
Il suo stile e il suo personale approccio al jazz e alla sua storia, non gli impediranno quindi di legarsi a volte a neotradizionalisti quali Wynton Marsalis, a volte a gruppi come la Special Edition di Jack DeJohnette o la all-star band deiLeaders. Nella sua vicenda musicale punto di forza sarà comunque sempre la ricerca di una continuità con le radici africane e con il mondo della tradizione jazz, senza tralasciare l’integrazione di influenze le più diverse: i colori della musica brasiliana, le sonorità e ritmi di quella caraibica.
A suo nome, in associazione a musicisti quali Arthur Blythe, Lester Bowie e David Murray e a progetti come The Leaders o Roots salutes the saxophone, Chico Freeman ha pubblicato ad oggi circa 50 album.
(Fonte Birdland)

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Wayne Shorter, i primi anni
Con Maurizio Franco

Quando il giovane Wayne Shorter viene assunto nel 1959 da Art Blakey e dai Messengers (vi resterà per 5 anni), il sassofonista è un giovane talento che ha già fatto parlare di sé, in particolare per il suo lavoro con Maynard Ferguson. A cavallo dei due decenni Shorter pubblica già i suoi primi dischi da leader ma è al momento della chiamata di Miles Davis nel 1964 che la sua carriera di solista ha una svolta. Firma per la Blue Note e fino al 1970, parallelamente al suo ingaggio con il trombettista, pubblicherà ben 11 album, alcuni dei quali a giusto titolo considerati tra i più significativi del periodo: Ju Ju, Speak No Evil, Super Nova. La prima fase di carriera, di cui ci parla Maurizio Franco in questo ciclo di “Birdland”, finisce quando Shorter, assieme a Zawinul, dà vita ai Weather Report, gruppo di successo stellare che lo occuperà a tempo pieno fino a metà anni ’80.
(Fonte Birdland)


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Il suono del jazz , Rudy Van Gelder
Con Riccardo Bertoncelli

Rudy van Gelder (1924-2016), scomparso alla fine dell’estate, è stato uno degli artefici del “sound” del jazz moderno.
Di formazione optometrico, ma con grandi interessi sin da giovane per la tecnica audio, iniziò a lavorare come tecnico del suono da semi-professionaista nei primi anni ’50. Dal 1959 si trasferì a Engelwood Cliffs e l’indirizzo divenne un must per buona parte dei jazzisti. Lì nel suo nuovo studio accolse tutti i più grandi e plasmò il suono dei dischi Blue Note e Prestige, più tardi di altre etichette quali Impulse e Verve.
Riccardo Bertoncelli ripercorre la storia di questo personaggio che ha contribuito alla crescita della musica afro-americana dagli anni ’50 in avanti.
(Fonte Birdland)


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Soul Jazz
Con Diego Ricco

Il soul jazz nasce sul finire degli anni ’50 e si sviluppa con il decennio successivo fino ai primi anni Settanta. Da una parte utilizza elementi della musica soul, genere di grande impatto commerciale che aveva a sua volta sintetizzato blues, rhythm & blues, gospel e spiritual; dall’altra, in campo più prettamente jazzistico, è debitore di quanto stavano facendo i protagonisti dell’hard bop.
Diego Ricco ci introduce in questo specifico universo musicale dove spesso in primo piano erano strumenti quali l’organo Hammond e il pianoforte, i sax tenore e contralto. Scorreranno nel suo percorso tastieristi quali Horace Silver, Ramsey Lewis, Les McCann e Jimmy Smith, nonché sassofonisti come Gene Ammons, Cannonball Adderley o Sonny Stitt. Ma anche altri musicisti che hanno contribuito a definire il genere come i trombettisti Lee Morgan e Donald Byrd, o il chitarrista George Benson.
(Fonte Birdland)

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Tony Williams, batterista
Con Marcello Lorrai

Nato a Chicago nel 1945, Tony Williams si impose come enfant prodige della batteria tra fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, dapprima con Sam Rivers poi con Jackie McLean. Nel 1962, a diciassette anni, fu ingaggiato da Miles Davis ed entrò a far parte del famoso secondo Quintetto del trombettista. Con Davis restò fino al 1969, collaborando ad una dozzina di album ufficiali, da Seven Steps to Heaven fino a In a silent way. Parallelamente agli impegni con il trombettista, fu attivissimo sulla scena jazz dell’epoca lavorando ed incidendo con Herbie Hancock, Eric Dolphy, Andrew Hill, Wayne Shorter, Grachan Moncur. Il debutto come leader avvenne nel 1964 con un album intitolato Lifetime, che diventerà poco dopo (1969) anche la sigla del suo gruppo, un trio elettrico con John McLaughlin alla chitarra e Larry Young all’organo. Verso la metà del ’70, nel pieno del periodo sabbatico di Miles, si ritrovò con i vecchi amici del gruppo (Hancock, Carter, Shorter) e, con Freddie Hubbard alla tromba, diede vita al V.S.O.P. Quintet. Ricordiamo anche le collaborazioni del batterista con Jaco Pastorius e di nuovo McLaughlin nel Trio of Doom, con Wynton e Brandon Marsalis, con Chet Baker e Dexter Gordon. Ha proseguito negli anni ’80 e 90 a produrre album e ad esibirsi con proprie band, fino alla prematura scomparsa nel 1997.
Alla stregua di un Elvin Jones, dal punto di vista stilistico Tony Williams ha sviluppato concetti come la poliritmia e la variazione metrica, diventando vero caposcuola della batteria.
(Fonte Birdland)

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Jazz al Village Vanguard
Con Claudio Sessa

Il Village Vanguard è un storico club di jazz del Greenwich Village a New York. Locale con un’aura leggendaria, ambitissimo da musicisti jazz, è ancora in piena attività. Fu aperto nel 1935 da Max Gordon (1903-1989) ed è oggi tenuto da sua moglie Lorraine, 94 anni!
Il locale dà il nome ad una big band che vi si esibisce ogni lunedì sera. Si tratta dell’ex Mel Lewis-Thad Jones Orchestra, che debuttò proprio al Village Vauguard nel 1966 e di cui sono stati celebrati quest’anno i 50 anni di presenza sulla scena del jazz moderno. Alla fine degli anni ’80 l’orchestra divenne la resident band stabile del club.
Inutile dire che tutti i grani nomi del jazz sono passati di lì e che spesso hanno inciso i propri album dal vivo. Claudio Sessa passa in rassegna la storia del locale e ci propone tutta una serie di ascolti legata alle registrazioni che vi sono state realizzate nel corso di questi gloriosi 80 anni di attività.
(Fonte Birdland)

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Bobby Hutcherson , vibrafonista
Con Maurizio Franco

Scomparso nell’estate 2016 all’età di 75 anni Bobby Hutcherson è stato, assieme a Gary Burton, uno dei maestri del vibrafono del jazz moderno.Di origine californiana, iniziò la carriera di professionista sin da giovanissimo lavorando con Charles Lloyd e Eric Dolphy, in seguito con Les McCann, Blue Mitchell e Al Grey.Dopo un ingaggio con quest’ultimi due a New York, decise di fermarsi nella Grande Mela ed iniziò ad entrare nel giro che conta. Ricordiamo negli anni ’60 i suoi importanti contribuiti a lavori di Jackie McLean, Grachan Moncur III, Dexter Gordon, Andrew Hill, Tony Williams. In seguito si legò a Joe Henderson e Lee Morgan. Come leader firmò subito con la prestigiosa Blue Note per la quale pubblicò molti suoi album. Importante pure la sua collaborazione con il pianista McCoy Tyner, iniziata nel 1966 e continuata per moltissimo tempo.Bobby Hutcherson si è esibito nella Svizzera italiana tre volte, tutte all’Estival Jazz di Lugano: dapprima con il proprio quartetto, poi in duo con Tyner, da ultimo come ospite di Herbie Hancock.
(Fonte Birdland)

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Chris McGregor, pianista e bandleader
Con Riccardo Bertoncelli

Chris McGregor è stato, assieme a Dollar Brand e Hugh Masekela, tra i musicisti più significativi della diaspora sudafricana. Con l’inizio degli anni ’60, in particolare dopo gli eventi sanguinosi del massacro di Sharpeville, tutta una schiera di artisti - in profondo contrasto con il regime dell’apartheid - decise di scegliere l’autoesilio.
McGregor era il pianista e fondatore dei Blue Notes, unico bianco in una band di neri. Con lui c’erano il trombettista Mongezi Feza, il contrabbassista e pianista Johnny Dyani, i sassofonisti Dudu Pukwana e Nikele Moyake ed il batterista Louis Moholo. Una band che ebbe inizialmente un grande successo in patria e che però poi, con l’inasprimento delle leggi razziali che impedivano agli artisti bianchi e neri di esibirsi assieme, decise dopo un concerto in Europa nel 1964 di non più fare rientro. Mc Gregor e i suoi soggiornarono dapprima in Francia, poi per un periodo in Svizzera (a Zurigo e Ginevra), a Londra, a Copenhagen, per poi stabilirsi definitivamente in Gran Bretagna.
Chris McGregor iniziò a tessere relazioni con la scena britannica, in particolare con musicisti quali John Surman, Keith Tippett, Alan Skidmore e molti altri, facendosi notare per la particolare verve di compositore ed arrangiatore, e segnando a suo modo il nuovo jazz britannico.
Tappa successiva della sua nuova vita di musicista fu la fondazione dei Brotherhood of Breath, una band mista di musicisti africani ed europei, che ebbe enorme successo e che il pianista tenne viva fino alla sua scomparsa nel 1990.
(Fonte Birdland)

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Gianluigi Trovesi , clarinettista e sassofonista
Con Claudio Sessa

Clarinettista e sassofonista, oltre che compositore e arrangiatore, Gianluigi Trovesi (nato in provincia di Bergamo) è una delle figure centrali del jazz italiano degli ultimi 40 anni. Fatti i suoi primi passi da professionista in compagnia di Franco Cerri, entra nel sestetto del pianista Giorgio Gaslini con il quale gira per l’Italia e l’Europa. È un’esperienza fondamentale perché il suo talento viene notato nel corso di esibizioni nei maggiori festival europei, ciò che gli procurerà nuovi contatti ed ingaggi in Germania, Olanda e Inghilterra. Debutta come leader formando un proprio trio, poi svilupperà le sue idee musicali con un ottetto che lo consacra a livello internazionale. Importante nella sua carriera anche la collaborazione con il fisarmonicista Gianni Coscia. Ha lavorato con alcuni tra i più importanti jazzisti italiani e stranieri, tra questi Paolo Fresu, Enrico Rava, Kenny Wheeler, Misha Mengelberg, Anthony Braxton, Keith Tippett, Cecil Taylor, Michel Portal, Louis Sclavis, ed è stato membro dell’Italian Instabile Orchestra, ensemble che riunisce i migliori musicisti dell’avanguardia italiana.
Nel suo originale percorso musicale ha mescolato le più diverse esperienze: dalla rielaborazione della musica per banda all’opera, dalla musica rinascimentale e barocca al folklore, fino all’improvvisazione totale.
(Fonte Birdland)

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Oltre la crisi del Jazz
Con Claudio Sessa

Partendo dall’interessante recente volume scritto a quattro mani dal critici musicali francesi Philippe Carles e Alexandre Pierrepont (quest’ultimo pure antropologo e sociologo), Claudio Sessa ci propone in queste due trasmissioni di “Birdland” un percorso di ascolti all’interno dello sviluppo del jazz, dalla “crisi” del free ad oggi. È questo il periodo preso in considerazione nei numerosi saggi che compongono un libro che esplora la multiforme pluralità del jazz contemporaneo da prospettive diverse.
(Fonte Birdland)

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Buddy Rich, batterista
Con Marcello Lorrai

Birdland è dedicato questa settimana da Marcello Lorrai al grande batterista Buddy Rich. Precursore dei grandi percussionisti che si sarebbero illustrati come leader a partire dagli anni ’50 - quali Art Blakey e Max Roach - è uno dei primi a diventare star assoluta dello strumento, dopo Gene Krupa. Precursore del be-bop, ha condotto una propria Big Band sin dal 1945. Dotato di raffinatissima tecnica, è stato un modello anche per alcuni di alcuni dei più importanti batteristi del rock.
(Fonte Birdland)

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Jazz gitano e dintorni : (Replica )
Con Maurizio Franco

La musica gitana - al pari del jazz - è, diremmo quasi per definizione, un’arte dell’incontro. Si è sempre nutrita delle influenze delle culture alle quali il nomadismo del popolo zingaro si è esposto, integrandole in un’espressione musicale originale ed unica. Il jazz, e in particolare lo swing, non sono sfuggiti a questo processo.
Maurizio Franco tratteggia in questa serie di Birdland la “galassia” del cosiddetto jazz gitano che, a seconda dei luoghi dove si è sviluppato, ha assunto le più diverse denominazioni.
Partendo da rare registrazioni del capostipite di questo filone, il grande chitarrista belga Django Reinhardt, si potranno apprezzare anche altri pionieri del genere quali Gus Viseur, Matelo Ferret o l’italiano di origine rom emigrato in Francia Henri Crolla. Sul versante spagnolo si ricorderà il sassofonista Pedro Iturralde, precursore dell’incontro tra jazz e flamenco, che ebbe fra i suoi collaboratori Paco de Lucia. Spazio sarà dato pure a Bireli Lagrene, il jazzista gitano in attività oggi più celebrato, così come al francese Christian Escoudé o all’ungherese Babsik. Una puntata sarà pure riservata all’attualità del genere, ai musicisti che oggi tengono viva questa tradizione, con pure le recenti declinazioni del cosiddetto electro swing.
(Fonte Birland)

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Il primo Ornette Coleman : (Replica )
Con Claudio Sessa

Il sassofonista, compositore e bandleader Ornette Coleman, gigante della musica di matrice afro-americana e tra i protagonisti assoluti del jazz moderno, è scomparso nel giugno 2015 all’età di 85 anni.
Nato a Fort Wort in Texas nel 1930, Coleman è passato alla storia come il teorico ma anche concreto inventore ad inizio anni ’60 del free-jazz, poi di altri sistemi armonico-melodici che hanno distinto e caratterizzato la sua musica nelle evoluzioni successive.
Birdland ha già sottolineato in passato l’importanza di questo musicista, dedicando alcune serie di trasmissioni ai suoi diversi periodi artistici. In omaggio alla sua arte, Claudio Sessa ritorna sul momento decisivo della carriera di Coleman: siamo a fine anni ’50 ed i contratti prima con la Contemporary poi con l’Atlantic gli permettono di diffondere anche tramite disco il suo credo, una musica nuova con strutture vicine al blues ma decisamente più aperta dal profilo melodico, armonico e ritmico, una sorta di super bebop che sconvolse l’establishment musicale. Nulla però al confronto del punto d’arrivo di questa fase, l’epocale Free Jazz (pubblicato nel settembre 1961) che sarà croce e delizia del pubblico e della critica: l’album forse più discusso in assoluto della storia della musica afro-americana.
(Fonte Birland)

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Edited by sergiomac - 11/3/2018, 10:35
 
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