PODCAST HALL

BIRDLAND , dal 2010 al 2023

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papero62
view post Posted on 1/4/2014, 13:39 by: papero62

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Chick Webb
William Henry Webb , detto “Chick”, nacque a Baltimora in una data incerta fra il 1902 e il 1909.
Affetto da tubercolosi, il suo fisico ne risultò molto menomato. Ciò non gli impedì di sviluppare una invidiabile tecnica percussiva che lo portò ad imporsi come uno degli stilisti fondamentali della batteria swing: suoi successori quali Gene Krupa, Jo Jones, fino a Buddy Rich e Louie Bellson, ne hanno riconosciuto la profonda influenza.
Ebbe come padrino Duke Ellington che gli offrì i primi ingaggi da professionista a metà anni ’20. Dal 1930 fu a capo di una propria big band che era sovente la vedette al Savoy Ballroom , dove si svolgevano delle vere e proprie battaglie tra orchestre piazzate su due palchi: alla fine della serata i ballerini decretavano la vittoria dell’una o dell’altra. Tra i meriti di Webb, tra gli altri, quello di aver lanciato una giovanissima Ella Fitzgerald.
A seguito dell’aggravarsi del suo stato di salute, Webb morì quando aveva superato da poco la trentina. Lo swing perse uno dei suoi padri e molti lo riconobbero: la stessa Fitzgerald per un certo contribuì a tenere viva l’orchestra prima di dedicarsi alla carriera di solista.
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Ellington Suites
Tra il 1958 e il 1960 Duke Ellington lavorò ad una serie di notevoli suites per la sua orchestra jazz.
In queste opere lo sforzo del Duca si concentra sull’idea di metter sullo stesso piano il jazz e la musica di tradizione eurocolta. Anche se con un altro linguaggio e con altri mezzi espressivi, è un percorso che possiamo apparentare a quello che – nello stesso momento - stavano tracciando i promotori della cosiddetta Third Stream .
La Queen’s Suite fu scritta nel 1958 dopo l’incontro tra Ellington e la regina d’Inghilterra ad una reception privata a Leeds. Fu incisa in tempi diversi e pubblicata solo dopo la morte di Ellington. La partitura restò a lungo nascosta negli scaffali dello Smithsonian Institute di Washington: solo nel 2012 il lavoro tornò a vivere grazie all’esecuzione dal vivo curata dal Marlborough International Jazz Festival, nel Wiltshire.
Più nota è la Suite Thursday, un omaggio - anche nell’assonante titolo - allo scrittore John Steinbeck e al suo romanzo Sweet Thursday, uscito nel 1954.
I due altri lavori fanno parte del repertorio più spettacolare dell’orchestra di Ellington, una sensazionale versione delle celebri pagine di Ciaikovskij (Lo schiaccianoci) e Grieg (Peer Gynt) nella quale il massimo compositore americano del Novecento ripensò in chiave personale due opere conosciute e amatissime, affidando gran parte degli arrangiamenti al suo braccio destro Billy Strayhorn, compositore tra i più autorevoli dell'intera storia del jazz. Chi conosce le opere originali si accorgerà che la musica è assolutamente lontana da un semplicistico ricalco in chiave jazz dei due balletti; chi non li ha mai sentiti, incontrerà un Ellington diverso, ma pur sempre riconoscibile, che utilizza materiali nuovi per creare la propria musica.
The Nutcracker e Peer Gynt nella versione di Ellington saranno eseguite dal vivo al prossimo XVII Festival di cultura e musica jazz di Chiasso, un’edizione dedicata proprio a Ellington a 40 anni dalla scomparsa. Appuntamento il 22 febbraio allo Spazio Officina di Chiasso con la Civica Jazz Band di Milano diretta da Enrico Intra.
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Focus su Neneh Cherry
Neneh Cherry , nata nel 1964, è una musicista che sfugge alle etichette. Svedese di nazionalità, figlia adottiva del grande trombettista jazz Don Cherry, si è sempre mossa su terreni di frontiera, tra pop, rock, rap e musica d’avanguardia. Ha debuttato nei primi anni ’80 con il gruppo inglese di post-punk Rip Rig & Panic, ha avuto subito un successo internazionale con il primo singolo - Buffalo Stance – e relativo album, ha poi collaborato con Youssou N’Dour e altre band di rock.
Spunto per parlare di Neneh Cherry sono sia la recente collaborazione della cantante con il trio di jazz The Thing, uno dei maggiori progetti del sassofonista svedese Mats Gustavsson, sia un suo nuovo album, il primo da più di cinque lustri a questa parte, intitolato The Blank Project.
01 “The Blank Project ” (Smalltown Supersound , 2014) 13-03-2014
02 “The Cherry Thing ” con il trio The Thing 14-03-2014
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Giorgio Gaslini, un ritratto
Milanese doc, Giorgio Gaslini è nato nel 1929. Pianista, compositore, direttore d’orchestra, è senz’altro da considerare uno delle figure di riferimento del jazz moderno in Italia. Nel suo originale percorso artistico è da sottolineare l’attenzione sempre viva alle tendenze più avanzate della musica di matrice afro-americana, abbinata a quella per le avanguardie eurocolte e per i materiali di radice tradizionale che spesso furono oggetto di sua rielaborazioni. Allievo al Conservatorio di Milano dalla fine degli anni ’50, ebbe tra i suoi maestri anche Carlo Maria Giulini.
Accanto all’attività di pianista e bandleader, che l’ha visto protagonista di concerti in tutto il mondo in gruppi dal trio alla bigband dove spesso apparivano i giovani talenti del jazz italiano (Gianluigi Trovesi, Enrico Rava, Massimo Urbani su tutti), Gaslini ha composto sinfonie, balletti, musica da camera, musica per film: sua, ad esempio, la firma della nota colonna sonora di Profondo Rosso di Dario Argento , interpretata dal gruppo Goblin .
Maurizio Franco in questa serie di Birdland ce ne propone un ritratto a tutto tondo che mette in evidenza soprattutto la sua variegata produzione tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80, quella più decisamente “politica” del pianista, in anni importanti per la scena jazz italiana durante i quali si affacciavano alla ribalta i musicisti di una innovativa generazione, della quale Gaslini è stato mentore.
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Incursioni blues Mike Bloomfield, una retrospettiva
Mike Bloomfield è stato uno dei protagonisti del rilancio del blues nei primi anni ’60, quel movimento che fece conoscere al grande pubblico la musica afro-americana delle radici e che contribuì a decretarne le influenze sul nascente rock.
Chicagoano di nascita, è nel Southside che Bloomfield fa le prime esperienze che contano, suonando la chitarra con i vecchi esponenti del blues che vi abitavano o che passavano di lì: appare in album di Sleepy John Estes, Yank Rachell, Big Joe Williams e in diverse antologie blues che circolano tra gli appassionati. È il trampolino di lancio per la celebrità che arriva nel 1965 quando viene ingaggiato dalla band di Paul Butterfiled e soprattutto da Bob Dylan come musicista di studio per l’incisione di uno degli album-capolavoro del rock: Highway 61 Revisited. Altre tappe fondamentali della carriera di Bloomfield, che Riccardo Bertoncelli qui ripercorre, furono il lancio del gruppo Electric Flag assieme al tastierista Barry Goldberg, la collaborazione con Al Kooper, pure tastierista, che fruttò tra l’altro il leggendario album Supersessions e una serie di dischi da solista di altalenante fortuna. Bloomfield morì di overdose a San Francisco all’età di soli 38 anni.
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Incursioni blues: Howlin' Wolh
Stavolta è il turno di Howlin’ Wolf, da molti considerato uno dei più importanti rappresentanti del moderno blues urbano. Era nato come Chester Arthur Burnett nel 1910 nel Mississippi e sin da giovane era entrato in contatto con la musica americana delle radici. Aveva imparato a suonare la chitarra e poi anche l’armonica a bocca grazie a Sonny Boy Williamson. Ma la vera carriera di musicista, dopo essere stato per lungo tempo agricoltore e aver poi servito nell’esercito statunitense durante la Seconda Guerra mondiale, la inizierà solo con la fine degli anni ’40.
Uomo dalla taglia imponente, che gli valse altri nomignoli quali Big Foot o Bull cow, Howlin’ Wolf pare abbia preso il suo nome d’arte in riferimento alle storie, spesso con i lupi quali protagonisti, che era solito raccontargli il nonno. Prime sue band alla fine degli anni ’40, un apprendistato importante come ospite fisso in una radio locale dell’Arkansas e poi il contratto con la Chess che gli avrebbe garantito la celebrità e anche la sicurezza economica a partire dalla metà degli anni ‘50. Tra i suoi pezzi più famosi ricordiamo Spoonful, Moanin’ at midnight, Little Red Rooster.
Howlin’ Wolf è stato riconosciuto quale personalità tra le più influenti per lo sviluppo del rock da artisti come Eric Clapton, Steve Winwood, i Rolling Stones che pure collaborarono con lui per lo storico disco London Sessions del 1971. Ad alcuni aspetti della vita di questo grande bluesman è dedicato in parte il film Cadillac Records del 2009 che ripercorre la storia della celebre etichetta Chess che lo rese famoso.
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Lo stato delle cose il jazz 50 anni fa
In questa serie di Birdland l’autore si immagina di tornare indietro di 50 anni, nel biennio 1963-1964, e di immergersi nel suono del jazz di allora, nelle varie tendenze del momento, tra musica di largo consumo e spinte avanguardiste.
Se da una parte Ornette Coleman e tutto il movimento della new thing stavano imponendo il free jazz come rivoluzione all’interno della musica afro-americana, dall’altra uno Stan Getz e i grandi musicisti brasiliani – Joao Gilberto e Antonio Carlos Jobim in primis - inventavano il jazz-samba, incontro tra la bossa nova e gli stilemi dell’improvvisazione jazzistica.
Tra questi due estremi cosa stavano facendo gli altri protagonisti del jazz? A che punto era la traiettoria artistica di un John Coltrane, di un Sonny Rollins o di altri nomi noti e meno noti dell’universo sonoro afro-americano? La risposta in questo bel percorso musicale di Claudio Sessa
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Novità discografiche 01
Partendo dalla recente rivisitazione dell’universo musicale di Thelonious Monk, in un cd pubblicato da Parco della Musica, da parte di uno specialista in materia qual è il pianista italiano Franco d’Andrea, Claudio Sessa ci propone in questa serie di Birdland altre novità discografiche che hanno come tela di fondo la figura del grande pianista e compositore neroamericano, come il disco Obbligato a firma del gruppo del batterista Tom Rainey o un inedito parigino del 1969, registrato live all’Olympia, dello stesso Monk.
Il nuovo camerismo nel jazz contemporaneo è il fil rouge delle altre proposte, tra cui il bel disco Flying Soul di un gruppo riunito dalla pianista Aki Takase, l’ultimo CD del contrabbassista Avishai Cohen, lo splendido recente “solo” del pianista inglese John Taylor. O ancora tre produzioni dell’interessante etichetta Songlines, con il duo clarinetto-pianoforte formato da François Houle e Havard Wiik, il gruppo del bravo trombonista svizzero Samuel Blaser e il quartetto del batterista canadese Harris Eisenstadt.
01 Franco D’Andrea “Monk And The Time Machine” 03-03-2014
02 Thelonious Monk “Paris 1969” e Tom Rainey “Obbligato” 04-03-2014
03 Aki Takase “Flying Soul” e Avishai Cohen “Almah” 05-03-2014
04 John Taylor “In Two Minds” e Duo Houle – Wiik “Aves” 06-03-2014
05 Samuel Blaser “A Mirror To Machaut” e Harris Eisenstadt “Golden State” 07-03-2014
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Novità discografiche 02
Novità discografiche 02
Maurizio Franco ci presenta questa settimana una variata serie di novità discografiche. Si parte con il sassofonista italiano Rosario Giuliani , nome ormai di primo piano del jazz europeo, con due album. Il primo è con il suo quintetto, pubblicato dalla francese Dreyfus Records; il secondo è il frutto di una collaborazione con alcuni nomi di spicco del jazz italiano, primo fra tutti il trombettista Fabrizio Bosso, ed esce per Via Veneto Jazz. È stato pubblicato in nuova ristampa rimasterizzata, con aggiunta di nuovi brani, uno dei dischi storici di Thelonious Monk : Misterioso, registrato live nel 1958 e pubblicato originariamente l’anno successivo.
Tra le novità dell’etichetta di Monaco ECM spicca il primo disco come leader del trombettista Ralph Alessi , tra i migliori specialisti dello strumento venuti alla ribalta negli ultimi decenni.
Evan è fra le più recenti pubblicazioni di Antonio Faraò , con un cast di tutto rispetto comprendente Joe Lovano ai sassofoni e Jack DeJohnette alla batteria, due musicisti che erano già apparsi in precedenti lavori del bravo pianista italiano.
Last but not least il primo album da moltissimi anni a questa parte pubblicato da Carla Bley per ECM. Si intitola semplicemente Trios e vede la Bley al pianoforte attorniata dai fidi Steve Swallow al basso elettrico e Andy Sheppard ai sassofoni: è una raccolta di classiche composizioni della musicista statunitense in una nuova veste. Registrazione effettuata all’Auditorio della RSI di Lugano in collaborazione con Rete Due.
01 Rosario Giuliani Quintetto “ Images” Giuliani-Bosso-Pietropaoli-Di Leonardo “The Golden Circle” 17-03-2014
02 Thelonious Monk “Misterioso” 18-03-2014
03 Ralph Alessi “Baida” 19-03-2014
04 Antonio Faraò Quartetto “Evan” con Lovano, De Johnette 20-03-2014
05 Carla Bley-Steve Swallow-Andy Sheppard “Trios” 21-03-2014
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Omaggio in jazz a Lucio Dalla
Lucio Dalla , scomparso improvvisamente quasi due anni fa dopo un concerto a Montreux, è stata una delle figure più in vista del cantautorato italiano dagli anni ’60.
Fu però anche un grande cultore di jazz, in gioventù debuttò negli ambienti musicali come clarinettista e ha sempre dichiarato il suo profondo amore per questa musica.
Riccardo Bertoncelli gli tributa questo breve omaggio in due puntate utilizzando sia i materiali di un bel disco registrato subito dopo la morte - sulla scorta dell’emozione suscitata dalla notizia - da alcuni dei più bei nomi del jazz italiano odierno, sia alcuni brani da un concerto del 2004 dove Dalla fece un’apparizione come clarinettista accanto al quartetto del sassofonista Stefano Di Battista .
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Percorsi di chitarra jazz
Dalla sua apparizione negli anni ’30 in sostituzione del banjo, la chitarra ha avuto nel jazz uno straordinario sviluppo che l’ha condotta a diventare in seguito strumento d’eccellenza.
Da un ruolo di secondo piano, prettamente ritmico-armonico, già con Charlie Christian la chitarra – anche grazie all’amplificazione - si emancipa per assumere pure quello solistico. Django Reinhardt ne sarà il primo grande virtuoso, Wes Montgomery uno dei più raffinati stilisti. Per arrivare con gli anni ’60 a Jim Hall - recentemente scomparso – che ne proporrà un modello finalmente alternativo al pianoforte. Il resto è storia abbastanza recente: l’esteso utilizzo dello strumento nel rock, con le nuove sonorità che se ne traggono, influenzerà la generazione dei nuovi grandi chitarristi jazz, da McLaughlin a Scofield, da Frisell a Metheny.
Mettendo in vetrina nomi noti e meno noti dell’universo chitarristico jazz, Diego Ricco ci propone un possibile percorso sull’evoluzione di questo popolare strumento nell’ambito della musica afro-americana.
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I capolavori_ Archie Shepp “The way ahead”
In vista del concerto di Archie Shepp a Chiasso il 20 febbraio nel quadro dell’edizione 2014 del Festival di cultura e musica jazz della città di confine, riproponiamo una puntata di Birdland che Riccardo Bertoncelli gli ha dedicato qualche mese fa.
In particolare verrà messo a fuoco, nella sterminata discografia di uno degli alfieri imprescindibili del nuovo jazz negli anni ’60, l’album The way ahead – anno di grazia 1968 – uno dei molti dischi del sassofonista pubblicati in quegli anni da Impulse!. In questo lavoro – registrato con Jimmy Owens alla tromba, Grachan Moncur III al trombone, Walter Davis Jr. al piano, Ron Carter al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria - spicca una particolare versione di Sophisticated Lady, brano che diventerà cavallo di battaglia nelle performances dal vivo del musicista e che verosimilmente Shepp riproporrà anche a Chiasso in un’edizione che è dedicata alla figura di Duke Ellington a quarant’anni dalla scomparsa.
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Kenny Clarke, batterista (1914-1985)
Quest’anno il batterista Kenny Clarke avrebbe compiuto 100 anni. Claudio Sessa dedica questa serie retrospettiva di Birdland a colui che – ricordiamo - è stato uno degli inventori del be-bop, al pari di Dizzy Gillespie o Charlie Parker.
Clarke ha profondamente rivoluzionato l’uso dello strumento ritmico per eccellenza del jazz, dando decisiva importanza all’uso dei piatti nella scansione del tempo. È stato in tal senso un caposcuola per tutte le successive generazioni di batteristi.
“Klook” – questo il suo nomignolo – era nato nel 1914 a Pittsburgh. Esordi come professionista negli anni ’30 accanto a Roy Eldridge, poi il decennio successivo è a New York dove frequenta regolarmente una delle fucine del be-bop, il Minton’s Playhouse, e registra innumerevoli dischi accanto ai protagonisti della nuova era del jazz.
È tra l’altro uno dei fondatori del Modern Jazz Quartet, che lascia a metà anni ’50 per trasferirsi in Europa, in particolare a Parigi, dove continua la carriera di interprete ed inizia quella , altrettanto importante, di didatta.
Da ricordare sono il trio che costituì con Bud Powell e la fondazione nel 1961 di un’importante orchestra che fu attiva per più di un decennio, la Francis Boland-Kenny Clarke Big Band, con musicisti europei di primo piano e solisti americani trasferiti in Europa. Morì a Parigi nel 1985.
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Ultime notizie dal pianeta Zorn
Tra gli artisti contemporanei più discussi della scena statunitense, John Zorn è sin dagli esordi musicista vulcanico dalle mille iniziative.
Il 2013 e quest’inizio di nuovo anno sono stati un periodo molto fecondo per il musicista. Riccardo Bertoncelli in queste tre puntate di Birdland passa in rassegna il meglio dei numerosi lavori, tra nuove produzioni e registrazioni d’annata, che il sassofonista, compositore, bandleader e agitatore sonoro nuovayorkese ha dato alle stampe di recente.
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Novità discografiche 03
È Riccardo Bertoncelli a presentarci questa settimana una manciata di novità discografiche, partendo lunedì dall’intrigante album collettivo intitolato The road to Jajoukà, viaggio sonoro nello sperduto villaggio marocchino di Jajoukà dove sopravvivono antiche tradizioni di cui i portabandiera più accreditati sono Bachir Attar e i suoi musicisti spesso fonte di ispirazione per colleghi delle più diverse tendenze. In questo disco sono presenti tra gli altri i nomi di John Zorn e Ornette Coleman per la produzione di Billy Martin, quello del trio Medeski Martin & Wood.
Shadow Man è il titolo del CD pubblicato da Tim Berne con il suo gruppo Snakeoil, una formazione che affina la propria il proprio target sonoro con questo secondo album a firma ECM.
Distribuito e promosso da ECM ma sotto la propria etichetta Watt è Into the woodwork, disco di quell’inossidabile musicista che è Steve Swallow, bassista dall’atipico strumento che ha forgiato da tempo un proprio inconfondibile sound. Assieme all’immancabile Carla Bley, completano l’organico Steve Cardenas alla chitarra, Chris Cheek al sax e Jorge Rossy alla batteria.
Di Kenny Wheeler, veterano canadese della tromba jazz, è stato presentato da poco il CD Six for six, una raccolta di sue composizioni registrate qualche anno fa con un quintetto comprendente tra gli altri l’eccellente pianista John Taylor.
A completare l’ampia paletta sonora di questa serie di Birdland il sax di Kenny Garrett, il cui più recente album Pushing the world away ha avuto un ottimo riscontro di critica e pubblico ed è stato nominato per i Grammy 2014.
01 John Zorn, Bill Laswell, Ornette Coleman e altri “The road to Jajoukà” 31-03-2014
02 Tim Berne’s Snakeoil “Shadow Man” 01-04-2014
03 Steve Swallow Quintet “Into the wood work” 02-04-2014
04 Kenny Wheeler “Six for six” 03-04-2014
05 Kenny Garrett “Pushing the world away” 04-04-2014
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Amiri Baraka
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I grandi del jazz e il loro repertorio
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Omaggio ad Adolphe Sax
Bicentenario della nascita dell'inventore del sassofono (1814-1894)

Ricorrono in questo 2014 i duecento anni dalla nascita di Adolphe Sax, l’inventore del sassofono poi familiarmente chiamato anche soltanto sax.
Lo strumento, una sorta di ibrido tra la famiglia dei legni e quella degli ottoni, non ebbe dapprima vita facile nell’ambito della musica colta e infatti non si integrò mai nella formazione dell’orchestra sinfonica.
Ebbe invece successo nel quadro delle musiche per fanfara e per banda militare, e più tardi con l’avvento del jazz.
Adolphe Sax era belga, nato a Dinant nel 1814. Suo padre era costruttore di strumenti a fiato e il giovane Adolphe seguì ben presto i suoi insegnamenti, trasferendosi pure lui a Bruxelles dove la famiglia aveva bottega. Si adoperò per tutta la vita a cercar di migliorare gli strumenti già esistenti, clarinetti e fagotti in particolare, e sperimentò nuovi strumenti tra cui i saxhorns, una intera famiglia di ottoni a pistoni. Ma la sua invenzione principale su appunto il sassofono che, dopo innumerevoli modifiche e adattamenti, fu finalmente brevettato nel 1846.
Claudio Sessa ripercorre in questa serie di Birdland la “carriera” dello strumento, naturalmente in parallelo all’evoluzione degli stili e delle tendenze del jazz.
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Steve Lacy a dieci anni dalla scomparsa
Steven Norman Lackritz, meglio noto come Steve Lacy, era nato a New York nel 1934 e lì è scomparso nel giugno del 2004.
A dieci anni dalla morte, Claudio Sessa dedica un ciclo di Birdland a questa figura centrale del jazz moderno. Da una parte per la sua specializzazione sin dagli anni ’50 su uno strumento - il sax soprano - che fino ad allora era stato soltanto strumento secondario per molti tenoristi, dall’altra perché Lacy fu uno dei primi a riconoscere l’importanza della musica di Thelonious Monk, che con le sue nuove implicazioni ritmico-armoniche stava dando nuovo impulso alla composizione in ambito jazz.
Cresciuto musicalmente come clarinettista di jazz classico (suonò con Pee Wee Russell o Red Allen), si segnalò improvvisamente dalla metà degli anni ’50 come protagonista dell’avanguardia in compagnia di Cecil Taylor. Il suo disco Reflections del 1958 fu il primo a contenere unicamente composizioni di Monk Monk, con il quale pure suonò in quartetto e nella big band tra il 1960 e il 1963.
Poco dopo scelse l’Europa come terra d’adozione, dapprima fu in Italia, poi definitivamente a Parigi. Qui diventò punto di riferimento di tutta una generazione di giovani jazzisti europei, guidando per lungo tempo un proprio sestetto e proponendosi però pure nei più svariati progetti, dove alla musica si accompagnavano la poesia e il teatro. Sua grande specialità furono pure i concerti in solitaria, di cui uno memorabile all’Aula Magna della Scuola tecnica di Lugano-Trevano alla fine degli anni ’70.
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Duke Ellington revisited - Omaggio a Duke Ellington a 40 anni dalla scomparsa
Birdland rende omaggio questa settimana al grande compositore, direttore d’orchestra e pianista statunitense Duke Ellington, una delle figure di maggior rilevanza dell’intera storia del jazz scomparso 40 anni or sono, il 24 maggio del 1974.
È Diego Ricco che cura questa serie “trasversale” messa a fuoco come uno dei possibili percorsi attraverso le rivisitazioni del vastissimo repertorio ellingtoniano. Si potranno ascoltare dapprima le originali collaborazioni di Ellington con Count Basie e Coleman Hawkins, nonché la presenza del pianista nell’inaspettato trio insieme a “modernisti” quali Max Roach e Charles Mingus. E poi soprattutto le versioni di classici e non del maestro lasciateci da Wes Montogomery o Michel Petrucciani, o le letture di gruppi antitetici quali i Sex Mob e le Puppini Sisters, e molto altro ancora.
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Lol Coxhill, sassofonista
Dedichiamo una serie di tre puntate di Birdland al sassofonista inglese, ma anche attore, Lol Coxhill. Era nato a Portsmouth ed è scomparso nel 2012 all’età di 80 anni.
Coxhill è stata un’importante figura della musica inglese sin dalla fine degli anni ’50, quando fu tra i protagonisti della wave jazz britannica dell’epoca. Dalla passione per i classici e gli innovatori del jazz, quali Pee Wee Russell, Parker e Konitz, Coxhill si avvicina ben presto alla libera improvvisazione diventando uno dei britannici più in vista accanto a solisti quali
Evan Parker e John Stevens e gruppi come la Globe Unity Orchestra e i Brotherhood of Breath. Nei primi anni ’70 è chiamato a collaborare anche con i protagonisti della cosiddetta scuola di Canterbury che stavano dando nuova linfa al progressive rock inglese: Caravan, Henry Cow, Fred Frith, Kevin Ayers e Mike Oldfield sono fra coloro che chiesero la sua collaborazione. Più tardi suonerà anche con gruppi punk come ad esempio i Damned.
Insomma: Lol Coxhill è stato un musicista che ha spaziato tra i generi, sempre però con una sua coerenza stilistica e una personale propensione allo spettacolo che l’hanno portato negli anni ’80 anche alla recitazione in film e telefilm inglesi.
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I capolavori. Wayne Shorter
“Supernova” (1970)
In queste due puntate di Birdland Riccardo Bertoncelli mette l’accento su due dischi legati alla figura di Wayne Shorter (1933).
Il primo ha per titolo Supernova ed è un classico della discografia da leader del grande sassofonista statunitense. Venuto alla ribalta come molti altri talenti della sua generazione nei Messangers di Art Blakey, entrato successivamente alla corte di Miles Davis, Wayne Shorter iniziò a registrare dischi a proprio nome molto presto – all’inizio degli anni ’60, in virtù della sua grande perizia strumentale ma anche grazie ad una personalissima vena di autore ed arrangiatore.
Supernova fa parte dell’ampio catalogo di Shorter edito dalla Blue Note e fu registrato nel 1970. Si inserisce nel filone del jazz rock inaugurato poco prima da Miles, con una strumentazione decisamente elettrica (due le chitarre presenti, di John McLaughlin e Sonny Sharrock), ed anticipa per certi versi le sonorità dei primi Weather Report che Shorter fonderà di lì a poco con Joe Zawinul. Nell’organico è da notare in questo senso la presenza di Miroslav Vitous, che sarà il bassista dei Weather Report, oltre a quella di un Chick Corea nell’inusuale ruolo di percussionista!
Dave Douglas “Stargazer”- omaggio a Wayne Shorter (1997)
Stargazer è invece il titolo di uno dei più ispirati album del trombettista Dave Douglas (1963), pubblicato nel 1997. Con un inizio di carriera folgorante – 11 album come leader pubblicati tra il 1993 e il 1998 – Douglas si segnalò come uno dei trombettisti di vaglia della sua generazione.
Il disco qui presentato è un omaggio al grande sassofonista, sia per la ripresa di tre suoi famosi brani (tra cui On the Milky Way Express) e una manciata di proprie composizioni che fanno riferimento allo stile di Shorter. Tra gli accompagnatori di Douglas, il pianista Uri Caine, un ispirato Chris Speed ai sassofoni e il sempre grande Joey Baron alla batteria.
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Eddie Lang, chitarrista
Marcello Lorrai è un profondo conoscitore del jazz contemporaneo ma da qualche tempo a questa parte in Birdland ci propone il racconto di pagine importanti del jazz delle origini. È il caso anche stavolta con questo ritratto a tutto tondo di Eddie Lang (1902-1933).
Figlio di un liutaio italiano proveniente dal Molise ed emigrato a Filadelfia, si chiamava in realtà Salvatore Massaro ed fu uno dei primi specialisti della chitarra quando il jazz era ancora in fasce.
Eddie Lang contribuì in maniera decisiva a fare della chitarra uno strumento anche del jazz, con quel suo stile che fu da esempio per i colleghi e che aveva nella spinta ritmica che originava la principale caratteristica.
Suoi partner prediletti, in una breve ma intensissima carriera che lo vide protagonista in innumerevoli orchestre e piccoli gruppi , furono il violinista Joe Venuti e il celebre cantante ed attore Bing Crosby. Fece pure parte della grande orchestra di Paul Whiteman, tra l’altro fra i protagonisti del noto film The King of Jazz.
Tra le tantissime incisioni che ci ha lasciato ricordiamo anche quelle con il grande bluesman Lonnie Johnson, realizzate sotto lo pseudonimo di “Blind” Willie Dunn: un nome che ricalcava alla perfezione quello di altri protagonisti dell’epopea del blues.
Morì giovane e in piena salute, dopo una banale operazione alle tonsille.
A Monteroduni in provincia di Isernia – piccolo borgo di origine della famiglia Massaro – si tiene dagli anni ’90 un festival jazz a lui dedicato.
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Novità discografiche 04
ECM ha messo in circolazione da poco il nuovo disco del trio di Arild Andersen, una della formazioni cui negli ultimi anni il grande contrabbassista norvegese ha dedicato grande attenzione. Con il bravo sassofonista scozzese Tommy Smith e il percussionista italiano, ormai naturalizzato norvegese, Paolo Vinaccia i tre propongono una serie di nuovi brani dove emerge la loro grande complicità musicale.
Per l’etichetta di Monaco debutta anche l’acclamato pianista indo-statunitense Vijay Iyer, uno dei nomi più chiacchierati del jazz degli ultimi tempi. Mutations è un lavoro complesso dove allo strumento del leader, che fa uso anche dell’elettronica, si affianca un quartetto d’archi.
Tra le novità ECM anche una ristampa della serie storica Re:solutions. Stavolta è il turno di un grande album a firma Sam Rivers, il multi-strumentista statunitense che al tempo della registrazione di questo Contrasts (1979) era all’apice della sua vena creativa.
L’italiana CAM ha invece appena pubblicato un eccellente album firmato dal sassofonista inglese Julian Arguelles. Si intitola Circularity e prevede un cast di primo piano con tra gli altri Dave Holland al contrabbasso e John Taylor al piano.
Il cerchio si chiude con un altro musicista norvegese, stavolta della nuova generazione. E’ Marius Neset, sassofonista, di cui la tedesca ACT pubblica un programma concepito assieme alla Trondheim Jazz Orchestra, dove emerge la verve energica, quasi selvaggia della sua musica.
01 Julian Arguelles con J.Taylor, D.Holland, M. France "Circularity" 02-06-2014
02 Arild Andersen "Mira” (ECM) 03-06-2014
03 Marius Neset & Trondheim Jazz Orchestra "Lion" 04-06-2014
04 Sam Rivers “Contrasts” (ECM, 1979 ristampa) 05-06-2014
05 Vijay Iyer “Mutations” (ECM) 06-06-2014
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Novità discografiche 05
Nella serie di dischi recentemente pubblicati che Riccardo Bertoncelli ci presenta questa settimana in Birdland spicca senz’altro il solo di Paul Bley registrato qualche anno or sono dal vivo ad Oslo e pubblicato da ECM. Il grande pianista canadese, veterano del jazz - uno dei musicisti più influenti della musica afro-americana contemporanea e tra gli “inventori” del moderno piano solo - dà ancora una volta dimostrazione della sua immensa arte.
Due album sono invece consacrati ad innovatori della chitarra. Uno è Arto Lindsay, protagonista della no wave d’inizio anni ’80 di cui viene pubblicata un’antologia di brani dai suoi album da solista.
L’altro è Nels Cline, il fantasioso musicista californiano in primo piano sulla scena alternativa statunitense e tra l’altro recente ospite dei concerti Tra jazz e nuove musiche di Rete Due quale ospite del trio Medeski Martin & Wood. Macroscope è il sesto album della formazione che guida dal 2002, i Nels Cline Singers (dove, per inciso, non ci sono cantanti…).
Dan Kinzelman è un sassofonista statunitense che si sta mettendo in luce in questi ultimi anni. Ghost è un suo progetto con musicisti della scena italiana, un quartetto con fiati e percussioni che ha fruttato recentemente un bel disco dal titolo Stonebreaker .
Pubblicato da Label Bleu Checkpoint è un ulteriore tassello del viaggio appassionante intrapreso dal clarinettista americano David Krakauer alla riscoperta delle proprie radici culturali di matrice ebraico-esteuropee. Assieme alla sua nuova band Ancestral Groove (alla quale partecipano musicisti che l’hanno comunque già attorniato in altri suoi recenti progetti) ci propone un disco che è un po’ la summa delle sue esperienze precedenti tra klezmer, jazz, funk ed elettronica. Il titolo fa evidentemente riferimento a quel mondo così profondamente cambiato oggi che era l’est europeo della Cortina di Ferro, di cui la Berlino divisa era il simbolo.
01 Paul Bley “Play Blue - Oslo Concert”, Ecm 16-06-2014
02 Arto Lindsay “Encyclopedia Of Arto”, Ponderosa 17-06-2014
03 David Krakauer “Checkpoint”, Label Bleu 18-06-2014
04 Nels Cline Singers “Macroscope”, Mack Avenue 19-06-2014
04 Dan Kinzelman's Ghost “Stonebreaker”, Parco della Musica 20-06-2014
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Ai primordi del jazz. L'universo musicale di John Philip Sousa e Arthur Pryor
Chi non conosce la Washington Post March? Anche se il titolo del brano non è così noto, di certo il suo contenuto – la musica – lo è: bastano le prime note per riconoscerla. Ebbene il compositore di questo hit di sempre del repertorio bandistico, ma anche di Stars & Stripes Forever , dell’inno Semper Fidelis e di moltissime altre marce, è John Philip Sousa. Nato a Washington nel 1854 da genitori con origini portoghesi e tedesche, è stato fra i più importanti compositori e direttori di banda statunitensi a cavallo fra 800 e 900, a capo per lunghi anni della banda dei Marines e poi leader della propria Sousa Band che tenne migliaia di concerti in tutto il mondo – tra cui anche all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 - fino alla sua scomparsa. Arthur Pryor è stato uno dei più fedeli collaboratori di Sousa, straordinario virtuoso del trombone: durante una tournée in Germania gli fu chiesto di mostrare bene il suo strumento, alcuni credevano fosse un “trucco di quello yankee…”. Anche prolifico compositore, Pryor fece parte della band di Sousa per una dozzina d’anni, fungendo anche da assistente e direttore aggiunto. In seguito, dopo il 1904, organizzò pure una sua orchestra di grande successo. Ma che rapporto, penserete, con il jazz? Basterebbe la dichiarazione a tal proposito di Louis Armstrong che Marcello Lorrai – curatore di questa serie di Birdland e ormai specialista del jazz delle origini – cita all’inizio di questo ciclo di trasmissioni. Vero è che, nel crogiuolo di musiche che nell’effervescente scenario musicale che caratterizza gli Stati Uniti tra fine Ottocento e l’inizio del nuovo Secolo, la musica per banda, popolarissima all’epoca, attirò l’attenzione – in primis per la strumentazione utilizzata e per le timbriche sonore che ne scaturivano – di coloro che furono i protagonisti iniziali della musica di matrice afroamericana.
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Peter Erskine, batterista
Maurizio Franco dedica due puntate di Birdland alla figura di Peter Erskine, percussionista statunitense nato nel New Jersey nel 1954, uno dei caposcuola della moderna batteria jazz. E’ Stan Kenton a lanciarlo nella sua orchestra nei primi anni ’70, ma decisiva per la sua carriera è l’entrata, di lì a poco, nel gruppo-faro del jazz rock, i Weather Report di Joe Zawinul dove forma una straordinaria coppia ritmica con il bassista Jaco Pastorius. Diventato richiestissimo, Erskine ha poi suonato con tutti i maggiori musicisti della fusion, da Mike Brecker a Don Grolnick, da Chick Corea a Bob Minzer. Ha fatto parte degli Steps Ahead e degli Yellowjackets, ha registrato e suonato inoltre con Pat Metheny, Jan Garbarek, Gary Burton, Joni Mitchell e moltissimi altri. Ha diretto e dirige tuttora piccole formazioni delle quali hanno fatto parte John Taylor, Palle Danielsson, Nguyen Le e numerosi giovani musicisti emergenti.
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Toots Thielemans, armonicista e chitarrista
Di recente l’armonicista e chitarrista belga Toots Thielemans, alla veneranda età di 91 anni, ha annunciato il ritiro dalle scene. In effetti solo negli ultimi anni il musicista aveva diradato un’attività fino ad allora regolare sui vari palcoscenici internazionali. Personaggio di grande comunicativa, Toots è nato a Bruxelles nel 1922. E’ il grande specialista dell’armonica a bocca, strumento che grazie a lui è entrato nell’universo jazzistico. Inizialmente chitarrista, strumento che però non ha mai del tutto abbandonato, Thielemans ha iniziato la carriera alla fine degli anni ’40, chiamato da gente come Sidney Bechet ma anche dai rivoluzionari del be-bop: Gillespie, Parker, Roach. Affermatosi poi con l’armonica a bocca, grazie al virtuosismo sullo strumento e la grande musicalità ha avuto occasione di collaborare con altri giganti del jazz come Ella Fitzgerald, Quincy Jones, Oscar Peterson, Joe Pass. Hai poi affrontato altri generi musicali, tenendo però sempre fede alle sue radici di jazzista: lo si è ascoltato accanto a Edith Piaf, Paul Simon, Elis Regina e in Italia con Mina, accompagnata nella sigla della trasmissione televisiva Milleluci negli anni ’70. Da ricordare ancora la sua collaborazione ad innumerevoli colonne sonore, la più famosa quella per il film Un uomo da marciapiede. Maurizio Franco ripercorre in Birdland la strepitosa carriera, duranta quasi 70 anni, di questo portabandiera del jazz europeo.
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Allen Toussaint e il sound di New Orleans
In due puntate di Birdland Riccardo Bertoncelli mette a fuoco la figura di Allen Toussaint, pianista, compositore, arrangiatore nato a New Orleans nel 1938. Musicista fra i più influenti della città sul Mississippi, protagonista del Rhythm & Blues, Toussaint ha lavorato con una miriade di colleghi che l’hanno spesso voluto come produttore e deus ex machina della proprie realizzazioni discografiche: Dr. John, Irma Thomas, i Meters, i fratelli Neville e poi, fuori dalla città del delta, anche B.J. Thomas, Solomon Burke, Willy DeVille, Paul McCartney, Labelle e molti altri. I suoi brani sono stati ripresi e portati al successo da grandi quali Otis Redding, i Rolling Stones, gli Yardbirds, Alex Chilton e molti altri.
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Don Pullen
Pianista e organista di derivazione free ma con radici ben piantate nella grande tradizione della black music, dal gospel al blues, Don Pullen è stato fra i musicisti di primo piano del jazz tra gli anni ’70 e ’80, soprattutto per il sensazionale quartetto co-diretto con il sassofonista George Adams di cui ricordiamo, a Lugano, uno dei più bei concerti dell’intera la storia di Estival Jazz. Nativo della Virginia, è a Chicago che Pullen verso la metà anni ’60 entra nel giro del jazz che conta. Dopo aver collaborato con Giuseppi Logan e Milford Greaves, è chiamato dal grande contrabbassista Charles Mingus a far parte dell’ultima edizione del suo quartetto. Il suo stile pianistico, apparentato a quello di Cecil Taylor ma – come si diceva – pure legato alle matrici della musica nera, si imporrà in tutta la sua energia e freschezza nel quartetto con George Adams. Innumerevoli sono le sue ulteriori collaborazioni ma anche le avventure da leader, dal piano solo al quintetto che guidò sul finire di carriera, poco prima della scomparsa nel 1995.
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Enrico Pieranunzi
Enrico Pieranunzi è senza dubbio una delle personalità più in vista del jazz italiano sin dalla metà degli anni ’70. Con una solida formazione classica alle spalle, il pianista romano – nato nel 1949 - si è ben presto interessato al jazz e all’improvvisazione, alla composizione e all’arrangiamento. In una carriera che si è allargata a livello internazionale, Pieranunzi ha registrato più di 70 CD a suo nome spaziando dal piano solo al trio, dal duo al quintetto e collaborando in concerto o in studio d’incisione musicisti quali Chet Baker, Lee Konitz, Paul Motian, Charlie Haden, Chris Potter, Marc Johnson, Joey Baron. Pluripremiato come miglior musicista italiano nel “Top Jazz”, annualmente indetto dalla rivista “Musica Jazz” (1989, 2003, 2008) e come miglior musicista europeo (Django d’Or, 1997), Pieranunzi ha portato la sua musica sui palcoscenici di tutto il mondo esibendosi nei più importanti festival. Fra le sue ultime produzioni figura un album inciso con un nuovo trio (Scott Colley al contrabbasso e Antonio Sanchez alla batteria) che ha per titolo Permutation. Claudio Sessa ripercorre in Birdland le tappe salienti della carriera di un musicista ancora in piena attività.
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Don Cherry & Ed Blackwell - ''Mu'' (1969)
Mu è invece un album doppio pubblicato nel 1969 e firmato dal trombettista Don Cherry e dal batterista Ed Blackwell, due che erano stati in tempi diversi pupilli di Ornette Coleman. Il disco è uno stupendo esempio della ricerca che Don Cherry - non a caso considerato uno dei pionieri, alla sua maniera, della world music - stava conducendo oltre il jazz: utilizzo di una ricca strumentazione, dal pianoforte alla voce, dai flauti alle percussioni; brani di ampio respiro con influenze le più diverse, dalla libera improvvisazione a melodie di derivazione indiana; un’idea di interplay aperta e nuova che sfocia in una sorta di inaudita Babele sonora. Ed Blackwell, da par suo, accompagna il collega con la straordinaria paletta ritmica e timbrica degna di uno dei grandi specialisti della batteria.
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Herbie Hancock - Empyrean Isles (1964)
“Empyrean Isles", quarto album pubblicato a proprio nome, fa parte di quella manciata di dischi che hanno marcato lo straordinario avvio di carriera di Herbie Hancock come solista. Siamo nei primi anni ’60: dopo essersi segnalato accanto al trombettista Donald Byrd, Hancock viene corteggiato ben presto da Miles ed entra nel suo storico “secondo quintetto”. Ma il pianista aveva già strappato un contratto con la Blue Note e il “decollo” discografico era stato siglato nel ’62 dall’album Takin’Off e dal suo hit Watermelon Man.
Il pianismo innovativo, accanto alla particolare vena compositiva e di armonizzatore, di Hancock si confermano in questo disco che contiene anche Cantaloupe Island, altro suo brano che diventerà famoso. La formazione è stellare: Freddie Hubbard alla cornetta, Ron Carter al basso e Tony Williams alla batteria.
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Horace Silver - ''With the Jazz Messengers'' (1955)
Il grande pianista statunitense Horace Silver è scomparso quest’estate a 86 anni. Era nato nel Connecticut nel 1928 ed è stato protagonista, sin dall’inizio degli anni ’50, del periodo hard-bop e in seguito della nascita di un nuovo genere: il soul jazz. Maurizio Franco lo ricorda in questa puntata di Birdland proponendoci uno dei suoi primi dischi da solista, quell’ Horace Silver & the Jazz Messengers pubblicato da Blue Note nel 1955 che è considerato album-manifesto del genere hard-bop. Accanto a lui evidentemente il batterista Art Blakey, leader dei Messengers, ma anche Kenny Dorham alla tromba, Hank Mobley al tenore e Doug Watkins al basso.
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Harlem's Big Three. Il periodo dello stride piano
Con Maurizio Franco ci immergiamo questa settimana nella Harlem degli anni ’20 dove nacque lo stile pianistico detto stride piano.
Derivato in parte dal ragtime e con le cadenze armoniche tipiche del blues, lo stride piano portò una ventata di novità nella maniera di suonare lo strumento, decisamente virtuosistica e molto spettacolare: mano sinistra che fa balzi veloci tra bassi e accordi d’accompagnamento, mentre la destra ricama le melodie.
I campioni del nuovo stile furono Fats Waller e James P.Johnson, cui si unì ben presto anche Willie “The Lion” Smith. Alla musica dei tre, subito additati come the Harlem’s Big Three – vista la loro netta supremazia tecnica e musicale rispetto ai colleghi, è dedicata questa serie di Birdland.
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Il jazz nell'Europa dell'Est
La vicenda del jazz al di là della Cortina di Ferro è, come si può immaginare, articolata e complessa dato che la musica di matrice afro-americana, nella concezione del regime sovietico, faceva evidentemente parte del patrimonio culturale del nemico capitalista. Ma al di là delle difficoltà, degli ostacoli e in un primo momento della repressione del fenomeno, si può delineare – grazie a questa serie di Birdland di Claudio Sessa – un percorso organico del jazz nei paesi dell’Est europeo, all’immagine del polacco Krzysztof Komeda, pianista, compositore e “agitatore musicale” da considerare capostipite di una generazione di musicisti che a partire da quel paese (la Polonia fu quello più aperto alla nuova musica proveniente d’oltre Oceano) contribuirono ad irradiarvi il verbo jazzistico.
Claudio Sessa, dopo aver ricordato alcune tappe importanti dello “sbarco” del jazz nei paesi del comunismo come il famoso concerto di Sidney Bechet a Mosca nel 1927, ci presenta alcuni dei musicisti che nei singoli paesi e poi in parte anche a livello internazionale più si sono illustrati: Miroslav Vitous in Cecoslovacchia; Tomasz Stanko e Michal Urbaniak in Polonia; il Zentralquartett est-tedesco del pianista Ulrich Gumpert e del percussionista Günter “Baby” Sommer; il noto trio Ganelin-Chekasin-Tarassov in URSS; o ancora Gabor Szabo in Ungheria, Dusko Goikovich in Jugoslavia e Johnny Raducanu in Romania.
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I capolavori. Bill Frisell - This Land
L’album This Land del chitarrista statunitense Bill Frisell, uscito nel 1994, forma con il precedente Have a little faith una sorta di dittico dedicato alla storia del “suono” americano. Quello della prima metà degli anni ’90 è un periodo di estrema creatività del musicista, nato a Baltimora nel 1951 ed impostosi sin dal decennio precedente come innovatore della chitarra elettrica contemporanea. This Land - il titolo è emblematico – è una nuova indagine e rilettura dell’enorme patrimonio musicale degli Stati Uniti. Se nel precedente Frisell si era appoggiato ad un repertorio che andava da John Phlip Sousa a Sonny Rollins, Dylan e Madonna, passando per Charles Ives e Aaron Copland, qui la musica è invece di sua firma ma abbraccia le più disparate influenze: ragtime, innodie dal sapore gospel, musica per film, melodie dai colori caraibici e molto altro. Registrato nell’ottobre del 1992 insieme a Don Byron e Billy Drewes alle ance, Curtis Fowlkes al trombone, Kermit Driscoll al basso e Joey Baron alla batteria.
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L’anima jazz di Tom Waits
La figura di Tom Waits (Pomona - Los Angeles, 1949) è centrale nel mondo della canzone d’autore statunitense sin dagli anni ’70. Musicista e poeta ma anche attore di cinema e teatro, Tom Waits ha sin dagli inizi colorato il suoi testi con una musica che è il punto di incontro delle tante espressioni che compongono il multiforme “suono” dell’America di oggi.
Nel suo universo musicale fanno capolino il blues, il country, il rock e naturalmente anche il jazz, passione giovanile con il quale si avvicinò alla musica. E’ proprio a quest’ anima jazz di Tom Waits che Riccardo Bertoncelli dedica quattro puntate di Birdland dove passano in rassegne alcune delle sue “perle” d’autore.
contiene anche la 4a puntata del 20 novembre
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Laurindo Almeida chitarrista
Nativo dello stato di San Paolo, chitarrista autodidatta, nato in una famiglia di musicisti, Laurindo Almeida è stato fra i musicisti brasiliani più autorevoli e influenti del panorama musicale tra anni ‘50 e ‘60.
Un repertorio immenso quello che ha frequentato, dalla musica classica e folklore brasiliano, per arrivare in seguito al jazz classico e moderno. La sua carriera musicale l’ha visto dapprima collaboratore in patria di show radiofonici, strumentista in orchestre di night-club, solista sulle navi da crociera in direzione dell’Europa. Su una di queste arriva in Francia e ha l’occasione di ascoltare il jazz proposto da Stéphane Grappelli e Django Reinhardt, esperienza fondamentale per lo sviluppo della sua musicalità.
In Brasile alla fine degli anni ’40 è ormai uno strumentista e compositore riconosciuto, con diversi hit all’attivo che oltrepassano i confini nazionali. Grazie ad uno di questi interpretato dalle Andrews Sisters, si trasferisce nel 1947 negli Stati Uniti dopo inizia una nuova carriera, dapprima negli studios hollywoodiani poi accanto ai nomi che stanno rivoluzionando il jazz. In particolare lavora con Stan Kenton e il suo arrangiatore preferito, Pete Rugolo, che sperimentano – parallelamente a quanto faceva Dizzy Gillespie, la fusione tra jazz e musica latina. Alcuni brani del repertorio di Kenton da lui composti o a lui dedicati prefigurano addirittura ad inizio anni ’50 quello che diventerà poi la bossa nova. Ciò sarà ancor più evidente nelle registrazioni che Almeida realizzerà poco dopo con il sassofonista Bud Shank e altri compari della compagine di Kenton. Ma il chitarrista prosegue parallelamente, e da vera star, anche la carriera di musicista classico che lo porterà a vincere ad inizio anni ’60 ben quattro Grammy Awards, sia come interprete che come compositore.
Nel 1963 con Stan Getz registrerà un album completo, pochi giorni dopo l’incisione da parte del sassofonista del famoso disco con Joao Gilberto. In ambito jazzistico di rilievo fu anche la collaborazione di Almedia con il Modern Jazz Quartet.
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Novità discografiche 06
Riccardo Bertoncelli ci propone questa settimana una serie di recenti uscite discografiche.
Dapprima un nuovo album del pianista tedesco Joachim Kühn, un doppio CD che offre sia inedite registrazioni del noto trio Kühn-JennyClarke- Humair , sia la riedizione di un lavoro del 1994, Europeana, dove Kühn appare accanto ad un’orchestra sinfonica. NAD è la sigla dietro cui si nascondono due musicisti veronesi, Roberto Zorzi e Nicola Salerno. Con questa appellativo avevano pubblicato molti anni fa un primo disco Ghost che non aveva avuto seguito. Ora improvvisamente riappaiono sulla scena con un nutrito cast di ospiti e un lavoro difficilmente etichettabile tanti sono gli spunti, anche folli, che offre. Del nuovo album di Dr.John è presto detto. Dopo aver omaggiato anni fa Duke Ellington è ora la volta del repertorio prettamente vocale della maggior icona del jazz: Louis Armstrong. Al solito produzione lussureggiante e, anche qui, lunga lista di ospiti. Due dischi dell’etichetta italiana Parco della Musica chiudono la serie. Il primo propone la registrazione dal vivo del gruppo The Bears guidato dal sassofonista e clarinettista Francesco Bearzatti; il secondo è un pregevole lavoro di tre leader come il percussionista Michele Rabbia, il bassista Giovanni Maier e il pianista Stefano Battaglia riuniti sotto la sigla Triosonic.
01 Joachim Kuhn "Birthday edition" (ACT, 2CD) 20-10-2014
02 NAD “Dangereux Exorcism” feat. H.Kaiser, Rova Sax 4tet (CKC Kutmusic) 21-10-2014
03 Dr. John “Ske-Dat-De-Dat: The Spirit of Satch” (Proper/Concord) 22-10-2014
04 Francesco Bearzatti & The Bears “Live in France” (Parco della Musica) Triosonic - Rabbia/Maier/Battaglia 23-10-2014
05 “Anything Your little Heart says” (Parco della Musica) 24-10-2014
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Novità discografiche 07
Tra le recenti pubblicazioni discografiche che Maurizio Franco ci presenta in Birdland questa settimana spicca il nuovo disco per ECM proposto da Stefano Bollani, ormai acclamata star del pianismo jazz internazionale. Affiancato dalla sua fida sezione ritmica nordica, al trio si aggiungono per questo disco registrato a New York due altri musicisti che pure pubblicano per la casa di Monaco: un “veterano” come il grande chitarrista Bill Frisell e il recentemente “adottato” sassofonista Mark Turner. Quel che qui viene presentato è un bel bouquet di composizioni dello stesso Bollani, dai sapori e dai colori molto cangianti. London Tube è una nuova bella sorpresa di un sassofonista maturo come Claudio Fasoli: con il suo quartetto elettrico ci propone una ideale passeggiata sonora attraverso le fermate del metrò di Londra. Trasferita a New York da tempo, la romanda Sylvie Courvoisier è tra le pianiste del jazz contemporaneo più originali e creative. Lo conferma in questo suo nuovo album, registrato con un quartetto in cui condivide la leadership con il marito e violinista Mark Feldman. Accanto ad una coppia ritmica affiatata come quella di Swallow e Nussbaum (erano l’ossatura del primo trio di John Scofield), si destreggia con gran maestria il sassofono di Ohad Talmor, musicista nato in Israele, cresciuto in Svizzera e ora residente a Brooklyn. Singluar Curves è il moderno ed innovativo apporto dei tre alla grande tradizione del trio “secco”, inaugurata da Sonny Rollins e Lee Konitz negli anni ’50. Il numero 3 sembra essere particolarmente congeniale al formidabile batterista di origine messicana Antonio Sanchez, entrato nel gotha del jazz contemporaneo grazie alla militanza nel trio di Pat Metheny. E questo album a suo nome, Three times Three, presenta registrazioni dove il suo fantasioso drumming viene messo al servizio di tre diversi trii, con musicisti di prima scelta: Brad Mehldau, John Scofield e Joe Lovano cui si affiancano di volta in volta i bassisti Matt Brewer, Chris McBride e John Patitucci.
01 Antonio Sanchez «Three Times Three» (CAM Jazz) 24-11-2014
02 Claudio Fasoli Four “London Tube” (Abeat) 25-11-2014
03 Stefano Bollani “Joy in spite of everything” (ECM) 26-11-2014
04 Swallow-Talmor-Nussbaum “Singular Curves” (Auand) 27-11-2014
05 Sylvie Courvoisier-Mark Feldman Quartet «Birdies for Lulu» (Intakt) 28-11-2014
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I grandi del jazz e il loro repertorio Seconda serie
Birdland si occupa di tanto in tanto di metter a confronto interpretazioni diverse di noti standards o originals incise dai protagonisti del jazz. Da qualche tempo propone anche letture comparate di quelli che possiamo definire i “cavalli di battaglia” di certi musicisti, brani che ricorrono spesso nel loro repertorio e diventati di riferimento anche nelle loro esibizioni dal vivo. Maurizio Franco prende in considerazione, in questa seconda serie di Birdland sul tema, alcuni brani diventati celebri anche grazie alle numerose interpretazioni che ne hanno dato, in fasi diverse della loro carriera, musicisti quali Dizzy Gillespie, Sonny Rollins, Gerry Mulligan e Steve Lacy. Nelle quattro puntate del ciclo, in relazione all’ordine dei grandi solisti qui sopra citati, si ascolteranno alcune versioni di A night in Tunisia, Oleo, Walkin’Shoes e Evidence con la sottolineatura delle loro specificità e varianti di forma, tempo, interplay ed altro ancora.
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Omaggio ad Adolphe Sax nel bicentenario della nascita
Ricorrono in questo 2014 i duecento anni dalla nascita di Adolphe Sax (1814-1894), l’inventore del sassofono poi familiarmente chiamato anche soltanto sax.
Lo strumento, una sorta di ibrido tra la famiglia dei legni e quella degli ottoni, non ebbe dapprima vita facile nell’ambito della musica colta e infatti non si integrò mai nella formazione dell’orchestra sinfonica.
Ebbe invece successo nel quadro delle musiche per fanfara e per banda militare, e più tardi con l’avvento del jazz.
Adolphe Sax era belga, nato a Dinant nel 1814. Suo padre era costruttore di strumenti a fiato e il giovane Adolphe seguì ben presto i suoi insegnamenti, trasferendosi pure lui a Bruxelles dove la famiglia aveva bottega. Si adoperò per tutta la vita a cercar di migliorare gli strumenti già esistenti, clarinetti e fagotti in particolare, e sperimentò nuovi strumenti tra cui i saxhorns, una intera famiglia di ottoni a pistoni. Ma la sua invenzione principale su appunto il sassofono che, dopo innumerevoli modifiche e adattamenti, fu finalmente brevettato nel 1846.
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“A Love Supreme”. Musica e spiritualità tra anni ’60 e ’70
A love supreme fu registrato 50 anni or sono, per la precisione il 9 dicembre 1964, e pubblicato nel febbraio successivo. È uno dei capolavori assoluti di John Coltrane, che chiude a grandi linee la fase iniziata con Giant Steps, punto estremo della sua ricerca melodico-armonica nell’ambito della tonalità, e proseguita con l’approfondita esplorazione modale. Dopo A love supreme tutto sarà diverso e si aprirà l’ultimo momento della sua vicenda artistica, quello più marcatamente free ed informale, al tempo stesso ascetico ed universalista. Coltrane era un uomo con molti interessi, a volte tendenti all’ossessione: le altre culture, quella Orientale in particolare, l’astronomia, ma anche la numerologia e le sue possibili implicazioni con la musica. Il mistero di vita e morte erano spesso al centro delle sue riflessioni e delle discussioni con musicisti ed amici. In un anelito di conoscenza e verità assolute, la spiritualità per Coltrane diventa a partire da un certo momento un punto fermo della sua ricerca umana e musicale. Articolata nella forma di una suite in quattro parti, ognuna con un preciso sviluppo musicale e con specifico titolo, A Love Supreme è da intendere come una sorta di percorso di ringraziamento a Dio, considerato dal sassofonista ispiratore della sua arte. Immergersi in questo emozionante capolavoro significa non solo accostarsi al convinto misticismo coltraniano ma anche ad alcuni dei temi prevalenti dell’”altra” America dell’epoca: le culture afro-americane, la cristianità, le religioni orientali nel loro complesso intreccio. Partendo da Coltrane, Riccardo Bertoncelli ci propone un tragitto, tra jazz, rock e pop, che racconta varie declinazioni della spiritualità nella musica di quegli anni: dai Beatles a Donovan, da Sun Ra ad Albert Ayler, da Carlos Santana a John McLaughlin, passando per John Fahey, i Popol Vuh, gli Electric Prunes…
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The Chicagoans: il jazz nella Windy City negli anni ‘20
Se New Orleans è la culla del jazz della prima ora, Chicago è fra le prime grandi città dove questa musica si espande e prende piede, la prima tra l’altro dove si diffonde il nuovo termine jazz per definirla.
Al flusso migratorio di lavoratori neri verso il Nord industrioso non sfuggono i musicisti che a New Orleans e nel Sud stanno sperimentando il nuovo e che vedono in una città come Chicago la possibilità di sbarcare più agevolmente il lunario. Tra le industrie che si stanno sviluppando nelle metropoli del Nord degli Stati Uniti c’è infatti anche quella della criminalità, che ha nella musica proposta nei tanti locali da essa gestiti uno dei suoi corollari.
¨Marcello Lorrai ci introduce in questa metropoli che negli anni’20 adotta il jazz e contribuisce non poco alla sua definitiva affermazione, grazie a gruppi come i New Orleans Rhythm Kings o i Louisiana Kings (nei nomi è evidente il sentore dell’esodo…), nonché musicisti lì stabilitisi quali King Oliver, Paul Mares, George Brunies, Leon Roppolo, Elmer Schoebel, Eddie Condon e gli ”indigeni” Benny Goodman e Bud Freeman.
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Edited by papero62 - 16/1/2015, 11:17
 
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