PODCAST HALL

BIRDLAND , dal 2010 al 2023

« Older   Newer »
  Share  
papero62
view post Posted on 2/3/2012, 12:51 by: papero62

papero

Group:
Member
Posts:
5,684

Status:


2010h




Albert Mangelsdorff trombonista d'avanguardia nasce il 5 settembre, 1928 a Francoforte (Meno), in Germania. La leggenda vuole che Mangelsdorff abbia ottenuto il primo trombone di sua proprietà in cambio di un paio di sigarette al mercato nero nell'immediato dopoguerra. All'inizio erano soprattutto i soldati americani ad ascoltare il crescente fermento jazz. Mangelsdorff diventa parte della scena d'avanguardia della Germania dell'ovest e un musicista di fama internazionale.
Il più virtuoso degli strumentisti, maestro della multifonia (capacità di suonare più suoni contemporaneamente) non è certamente un musicista famoso quanto le sue capacità meriterebbero. Molto ammirato in Germania, si è fatto conoscere ed apprezzare in tutta Europa nei festival più famosi, in gruppi suoi o come ospite. In bilico tra avanguardia e jazz modale, ha collaborato con la Globe Unity Orchestra, Jaco Pastorius e l'United Jazz & Rock Ensemble, Gerry Mulligan e Louis Armstrong.
La sua discografia non è molto ricca e conosciuta, specialmente in Italia
Discografia: Live in Tokyo (1917), Three Originals (1975-80), Live at Montreux (1994), Room 1220 (1993)
per una discografia esaustiva
https://mega.co.nz/#F!6ARF3Sjb!F9Y...15aimlKKbenz_yA




John Abercrombie è uno dei chitarristi più importanti degli ultimi quarant'anni di storia del jazz. Ma è anche un chitarrista di cui, rispetto ad altri colleghi come John Scofield, Bill Frisell o Pat Metheny, si parla e si scrive relativamente poco.
Per quale motivo? Probabilmente perché il musicista di Port Chester, il paese dello stato di New York dove è nato il 16 dicembre 1944, è un artista sì di spessore ma non troppo appariscente. John Abercrombie è un jazzista molto raffinato che per quanto sappia essere incisivo, rimane fondamentalmente un poeta della chitarra, un musicista sofisticato e attento a non perdere i legami con la tradizione nonostante la modernità del tratto.
Non a caso le sue principali influenze storiche sono state Jim Hall e Bill Evans, due caposcuola di chitarra e pianoforte sia per il tipo di sound sia per la particolare concezione dell'interplay che hanno introdotto nei loro gruppi, e soprattutto nei loro trii. Anche nel caso di Abercrombie si nota come la chitarra sia sempre inserita organicamente in un tutto, il che significa da un certo punto di vista la rinuncia al virtuosismo e all'esteriorità e questo, forse, è una ragioni della sua minor popolarità rispetto ai suoi illustri colleghi.
Discografia: Timeless (1974), Works (1974), Gateway (1975), Gateway 2 (1977), Characters (1977), Arcade (1978), Straight Flight (1979), Abercrombie Quartet (1979), M (1980), Solar (1983), Night (1984), Current Events (1985), Getting There (1987), John Abercrombie/Marc Johnson/Peter Erskine (1988), Animato (1989), Upon a Time an Album of Duets New (1989), While We're Young (1992), John Abercrombie/Dan Wall/Adam Nussbaum (1992), November (1992), Speak of the Devil (1993), Nosmo King (1994), Gateway: Homecoming (1994), Gateway: In the Moment (1994), Tactics (1996), Open Land (1999), Cat 'n' Mouse (2000), The Hudson Project (2000), That's for Sure (2000), Class Trip (2003), Brand New (2004), fonte
https://mega.co.nz/#F!uNBz1ZCS!TPX..._ryoqdG-YLxa1TQ




I pianisti del bop Accanto a Thelonious Monk e Bud Powell altri pianisti - oggi meno ricordati, ma non per questo meno importanti musicalmente - hanno contribuito negli anni ’40 alla definizione dello specifico linguaggio del pianoforte be-bop. Maurizio Franco in questa serie di Birdland passa in rassegna le peculiarità di alcune figure del pianismo bop quali George Wallington, Dodo Marmarosa, Al Haig, Duke Jordan e Tadd Dameron.
https://mega.co.nz/#!uNZRRAKY!VNRZ...NJmf2o3rUl5AbxY




Little big bands: i gruppi di medie dimensioni L’intera storia del jazz indica che, a metà strada tra le dimensioni sonore opposte dei piccoli combos e quelle orchestrali delle big bands, alcuni dei grandi protagonisti della musica afro-americana hanno spesso percorso vie di mezzo alla ricerca di possibili impasti sonori alternativi.
Claudio Sessa questa settimana ci accompagna in un percorso che da King Oliver e dalle prime piccole orchestre di Duke Ellington passa per Coleman Hawkins, il Miles Davis del periodo cool, le medie formazioni dell’ hard-bop (i Jazz Messengers in primis) per arrivare alle sperimentazioni di musicisti contemporanei come Mike Westbrook, Willem Breuker, Randy Weston, David Murray e diversi altri.
https://mega.co.nz/#F!KcZnCa6Q!W7J...QttH4KCW-LKmdQw




“The rock & pop songbook 2”. Un’altra idea di standard
Il repertorio del jazz, accanto alle composizioni originali dei suoi protagonisti, si è alimentato sin dall’inizio con brani dalle più disparate provenienze. Tra queste il rag-time, il blues e poi in particolar modo le songs più popolari tratte dai musicals di Broadway. Standard venne quindi definita una canzone di grande popolarità, condivisa da un vasto pubblico, sulla struttura della quale i jazzisti creavano le loro improvvisazioni. In tempi recenti a rinnovare tale repertorio hanno contribuito pure temi e canzoni di provenienza rock e pop, delle covers d’autore che sono andate a rinnovare quello che è stato definito in origine il “Great American Songbook”.
Riccardo Bertoncelli propone queste settimana una seconda serie sul tema, dove scorreranno via via nuove declinazioni in chiave jazz di brani scritti da Frank Zappa, Doors, Rolling Stones, Tim Buckley, Paul McCartney, ma anche dagli Chic (!), Prince, i Radiohead, gli Oasis.
https://mega.co.nz/#F!eYpjhQpK!pnW...kXXuXSM2mK4o7LA




Paul Desmond
Sassofonista californiano nato nel 1924 e scomparso nel 1977, Paul Desmond è entrato di diritto nella storia del jazz per una sua composizione, quel Take Five che diventò la sigla dello storico quartetto di Dave Brubeck.
Figlio di un organista e pianista accompagnatore di film muti, Desmond imparò a suonare dapprima il clarinetto per optare solo nel 1950 per il sax alto. L’anno successivo è già quello della chiamata di Brubeck e alla sua carriera viene così impressa una svolta decisiva.
Legato a doppio filo a Brubeck fino alla fine dei ’60, di Desmond si è forse dimenticata quella specifica carriera di leader - con una bella serie di dischi pubblicati a proprio nome e un’intensa attività concertistica dove fu spesso à l’affiche in patria ed Europa
https://mega.co.nz/#F!qUpmBDyB!XRk...Cvis_TNn89Yzv_g




René Thomas
Ho trovato alcuna pagina in italiano, quindi segnalo questa biografia da jazz in belgium in inglese o francese
Birdland gli dedica due puntate, che risultano essere ancora più interessanti se consieriamo il vuoto che c'è intorno alla figura di questo ottimo chitarrista.
https://mega.co.nz/#F!6dpjmA7C!f52...ZH2yAg_jDOQNgVg




Art Blakey Story
Nato a Pittsburgh, arrivò a New York nel 1938 con la pianista Mary Lou Williams. Nel 1940 entra nel gruppo di Fletcher Henderson. Ma il salto di qualita' artistico e professionale lo compie tra il 1943 e il 1947, quando viene ingaggiato dalla prima orchestra bop del cantante Billy Eckstine; con lui nella band ci sono Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Fats Navarro, Sarah Vaughan e i nove decimi del gotha della storia del be-bop. Durante una lunga visita in Africa occidentale, verso fine degli anni '40, Art si convertì all'Islam, assumendo il nome di Abdullah Ibn Buhaina.
Nel 1955 fondò con Horace Silver i Jazz Messengers, un gruppo di Hard Bop che è stato scuola per molti giovani musicisti del 1950, 1960, e 1970, e con cui colaborarono, come solisti o come parte della formazione, musicisti quali Wayne Shorter, Hank Mobley, Kenny Dorham, Donald Byrd, Bobby Timmons, Benny Golson, Bill Hardman, Thelonius Monk, Chuck Mangione, Keith Jarrett, Curtis Fuller, Johnny Griffin, Freddie Hubbard, Lou Donaldson, Clifford Brown, Jackie McLean, Lee Morgan, Terence Blanchard, Bobby Watson, James Williams, Cedar Walton, Branford Marsalis e Wynton Marsalis. Art portò avanti il gruppo da solo dopo l'abbandono di Horace, con il nome Art Blakey and the Jazz Messengers, continuando a suonare in tutto il mondo fino ai tardi anni '80.
fonte
discografia completa
Franco Fayenz, dedica un sentito e doveroso omaggio in cinque puntate a questo batterista storico
https://mega.co.nz/#!HdYwnLQY!FSA1...vIjCDT5UhPuhTjk





Art Tatum, Piano starts here
https://mega.co.nz/#F!WAwkGbxb!irn...NVpxVAFcwwJIQEw




John Coltrane, “Coltrane Jazz” (1960)
Marcello Lorrai ci parla di Coltrane Jazz, secondo disco del grande sassofonista americano edito dalla Atlantic (dopo l’epocale Giant Steps), registrato tra il 1959 e il 1960 (quando Coltrane era ancora ufficialmente membro del sestetto di Miles Davis) e pubblicato l’anno successivo. Oltre a Wynton Kelly (piano), Paul Chambers al basso e Jimmy Cobb alla batteria, che suonano un repertorio essenzialmente originale scritto dal leader, nel brano Village Blues per la prima volta accanto al sassofonista appaiono McCoy Tyner ed Elvin Jones, due dei musicisti che, unitamente a Jimmy Garrison, andranno a formare qualche tempo dopo il “classico” quartetto di Coltrane.
https://mega.co.nz/#F!7MpiwbxZ!yia...1IV4UIAScHdZj7Q




Bill Frisell "Have a little faith" (1992)
“Have a little faith” (dal titolo di una delle più belle canzoni scritte dal cantautore John Hiatt) è una sorta di percorso molto personale di Frisell nel cuore pulsante dell’America musicale, dove passano in rassegna marcette di Philip Sousa, standard jazz e estratti di opere di Aaron Copland (il balletto Billy the Kid) e Charles Ives, nonché reinvenzioni di brani apparentemente antitetici, scritti da Muddy Waters o Bob Dylan, da Madonna o da Sonny Rollins.
https://mega.co.nz/#F!mEYnVboa!Gg7...5VN5ymoY8t5hLsQ




Duke Ellington ''Festival Sessions'' (1959)
https://mega.co.nz/#F!eVwh2a6K!0oO...6FNUMgzcp2nX45Q




Gil Evans ''Great Jazz Standards'' (1958)
https://mega.co.nz/#F!LBhyXYSC!t24...biGzPxn5Gd85o8g




John Coltrane ''Plays the Blues'' (1960)
www.mediafire.com/?mhy0yyng2yf




Oliver Lake "Heavy Spirits" (1975)
https://mega.co.nz/#F!zBJHwJha!VAl...KJYSgmA1sBh8iyw




Thelonious Monk "Thelonious himself" (1957)
https://mega.co.nz/#F!7I5gzRCb!uEn...ngbBCVt9UOZNKwg




Charles Mingus "Mingus Ah-Um" (1959)
Uno dei capolavori discografici consegnati alla storia del jazz da Charles Mingus nel 1959, l'album Mingus Ah-Um che presentava alcune delle composizioni più pregnanti del contrabbassista quali il blues Better get in your soul, la ballad Goodbye Pork Pie Hat e la politicizzata Fables of Faubus, "dedicata" al governatore razzista dell'Arkansas Eugene Faubus.
https://mega.co.nz/#F!fJgzACba!7QZ...9jjwPajZmUsDLMA




Clark Terry "Paris 1960"
“Paris 1960” fotografa il grande trombettista, flicornista, cantante e bandleader Clark Terry (1920) in un momento particolare della carriera, quando cioè – dopo diversi anni passati nell’orchestra di Ellington – nel 1959 la lascia per intraprendere il lungo tour dello spettacolo Free & Easy, un’opera blues di Harold Arlen con la direzione musicale di un giovane Quincy Jones. La tournée si chiude a Parigi prima del previsto ma Clark Terry –anche grazie all’interessamento dello stesso Jones – resta nella capitale francese per un certo tempo. Il disco presenta registrazioni con un gruppo comprendente alcuni americani della ormai disciolta orchestra (come il sassofonista Eric Dixon) ed altri già stabiliti a Parigi come il batterista Kenny Clarke e il pianista Art Simmons, nonché una seduta con un gruppo di jazzisti dell’area francese e belga, primo fra tutti Martial Solal al pianoforte e curatore degli arrangiamenti.
una discografia
https://mega.co.nz/#F!yQ5iiaxB!30z...Vpx9-cUBgKmub_Q
ringrazio sergiomac per avermi aiutato a trovare, in rete, la copertina del disco in oggetto




Bill Evans "Trio 64"
Nella sterminata discografia del pianista Bill Evans Trio '64 è una gemma che si staglia tra gli altri dischi del periodo per la presenza di una ritmica inedita fino ad allora. Dopo la morte nel 1961 di Scott LaFaro, bassista storico di Evans, il trio aveva faticosamente trovato un nuovo equilibrio con l'accoppiata Chuck Israels (basso) e Larry Bunker (batteria). Qui Evans ritrova il fido Paul Motian alla batteria e dà spazio ad un giovane Gary Peacock al basso che, dopo un'esperienza sulla West Coast , aveva incontrato Paul Bley a NY e di lì a poco inizierà a lavorare con Albert Ayler.
Trio '64 fu registrato in realtà a New York nella settimana di Natale del 1963.
Track list:
01. Little Lulu
02. A Sleepin’ Bee
03. Always
04. Santa Claus Is Coming To Town
05. I’ll See You Again
06. For Heaven’s Sake
07. Dancing In The Dark
08. Everything Happens To Me
09. Little Lulu (Alternative Take)
10. Little Lulu (Alternative Take)
11. Always (Alternative Take)
12. I’ll See You Again (Alternative Take)
13. My Heart Stood Still
14. Always (Breakdown)
15. I’ll See You Again (Breakdown)
16. My Heart Stood Still (False Starts)

Bill Evans – piano
Gary Peacock – Bass
Paul Motian – Drums

https://mega.co.nz/#F!XcInTDiC!5FN...lHoHvduwj1oVKNw




Stan Getz “At the Shrine” (1954)
Questa puntata unica di Birdland è dedicata ad uno dei dischi-capolavoro degli anni ’50 di Stan Getz. At the Shrine fu registrato in parte dal vivo durante un concerto nell’omonimo teatro di Los Angeles e completato in studio il giorno successivo con la stessa line-up. Ritroviamo in questa incisione uno Stan Getz in grande “spolvero”, in un quintetto guidato insieme al trombonista Bob Brookmeyer e completato da una sezione ritmica classica con piano-basso-batteria.
Track list:
01. Flamingo
02. Lover Man
03. Pernod
04. Tasty Pudding
05. I'll Remember April
06. Polka Dots And Moonbeams
07. Open Country
08. It Don't Mean A Thing
09. We'll Be Together Again
10. Feather Merchant

Stan Getz – sax tenore
Bob Brookmeyer – voce, trombone, trombone a pistoni
John Williams – piano
Frank Isola, art Mardigan - batteria
https://mega.co.nz/#F!CVoXRLJC!UXi...XwdBoDvwVmTulaw
per leggerne e per ascoltarne di più




Jim Hall & Bill Frisell
Quest'anno al Umbria Jazz Winter di Orvieto la presenza di maggior prestigio è stata quella del quartetto di Jim Hall, Bill Frisell, Scott Colley e Joey Baron, che si è esibito ogni giorno per tutta la durata del festival. In pratica una formazione senza leader, ma piuttosto un incontro fra due maestri della chitarra di diverse generazioni, affiancati da due partner d'eccezione. Un quartetto che nella parte centrale di ogni concerto ha lasciato il posto al duo di chitarre.
A chi non abbia potuto essere presente ai loro concerti si consiglia l'ascolto del doppio cd Hemispheres; e proprio di questo doppio cd ci parla, e ci fa ascoltare in parte, Franco Fayenz.
https://mega.co.nz/#F!aA5B0ITJ!LWn...Th7mWOqp5riOgig




“St. Louis Blues”
St.Louis Blues era una brano già noto all’inizio del ‘900 ed è diventato uno degli standards più “gettonati” in assoluto, dagli anni ’20 ad oggi. Il potenziale musicale di questo brano è stato sviluppato da innumerevoli jazzisti e Claudio Sessa ne ha scelti una manciata, dalla versione del 1921 della original Dixieland Jazz Band fino alla lettura recente di un avanguardista come il tastierista Wayne Horwitz.
https://mega.co.nz/#F!3FYXCI6L!ODw...mVl3D2si8duvjDg




Brad Mehldau
Originario della Florida (nato nel 1970), educazione pianistica classica alle spalle ma anche interesse per il rock, Mehldau si avvicina al jazz e nel 1988 si trasferisce a New York dove studia con Fred Hersch, Kenny Werner e Jimmy Cobb. Le sue qualità emergono già nei lavori di sideman accanto a Joshua Redman o Chris Potter, ma è con i primi dischi da leader della serie “The art of the trio” che la sue peculiarità stilistiche emergono con prepotenza. Mehldau ha sintetizzato alla sua maniera l’eredità di Bill Evans, certi stilemi del repertorio pianistico romantico e non da ultimo la sua passione per il rock d’autore contemporaneo, elementi che ritroviamo nella sua straordinaria sensibilità sulla tastiera, nella delicatezza e nella grande eleganza usate per interpretare sia gli standards del jazz , i remake di canzoni pop o le sue stesse composizioni.
Claudio Sessa dedica quattro puntate a questo pianista statunitense, che è una delle figure più profilate e di maggior successo dell’ultima generazione di jazzisti.
https://mega.co.nz/#!6VABzTrD!V3ah...XSfpKqQQkAJwTj0




Buddy Collette
William Marcell, detto “Buddy”, Collette (classe 1921) è una figura di primo piano del jazz della West Coast. Affermato anche come compositore e arrangiatore, Collette è uno fra i rari veri multistrumentisti del jazz moderno, a suo agio ai vari sassofoni (alto e tenore innanzitutto), al clarinetto e soprattutto al flauto, di cui è uno dei maggiori specialisti in ambito jazz. Marcello Lorrai ne ripercorre la lunghissima carriera, mettendo in evidenza le innumerevoli collaborazioni (su tutte quelle con Chico Hamilton, che gli diede una prima notorietà, e Shelly Manne), i purtroppo rari ma preziosi dischi da leader (alcuni dei quali realizzati in Italia), il suo lavoro nel cinema e alla TV (fece parte del cast musicale del Groucho Marx Show), il suo impegno - nei difficili tempi del Maccartismo - per l’integrazione tra musicisti bianchi e neri e nelle lotte per i diritti civili.
https://mega.co.nz/#F!ydwUhCTZ!yX9...fjTl_pRBRyshYvw




Harry ''Sweets'' Edison, una tromba tutta classica
In queste due puntate di Birdland si parlerà della sua lunga e centrale partnership con Count Basie ma si ricorderanno i sodalizi con Eddie “Lockjaw” Davis e ben Webster e alcune delle sue collaborazioni di prestigio con, tra gli, altri Ben Webster, Billie Holiday, Johnny Hodges, Duke Ellington.
https://mega.co.nz/#F!ydR02RDA!tW6...r6wPWhBYEtqYHfA




Mose Allison l’anello mancante tra il blues ed il jazz
A 80 anni suonati e ancora una gran voglia di far musica , Mose Allison è un musicisti tra i più difficilmente classificabili della storia del blues, del pop e del jazz. Autore, pianista e cantante Allison è un bianco del Sud (originario del Mississippi) e si è profilato sin dagli inizi della sua lunghissima carriera come artista a cavallo dei generi. Il blues rurale, il boogie-woogie (che suona per sbancare il lunario), la passione per la letteratura americana contemporanea (conosce di persona William Faulkner) e gli studi in filosofia, più tardi a New York l’incontro con il grande jazz di Stan Getz, Gerry Mulligan, Al Cohn e Zoot Sims (con i quali collabora), tutto ciò concorre alla definizione del suo unico stile pianistico, della sua specifica sensibilità di compositore-autore, della sua personale maniera di intendere il canto. Peculiarità che possiamo cogliere in una ricchissima discografia, dal primo LP edito da Prestige nel 1957 al recente Way of the World, fresco di pubblicazione.
https://mega.co.nz/#F!zMYUWJQY!JK7...YiaN6f-ffFLJALA




Oliver Nelson, sassofonista, compositore e arrangiatore
Esordi con Louis Jordan, poi con Louie Bellson e Quincy Jones; dal 1959 leader di proprie formazioni con le quali pubblica una serie di dischi che restano nella storie del jazz dell’epoca, fra questi il sublime Blues & the abstract Truth e il successivo Straight Ahead (entrambi con Eric Dolphy); contemporaneamente arrangia per molti colleghi quali ad esempio Charles Mingus, Wes Montgomery, Sonny Rollins e molti altri; per quanto riguarda le produzioni con big band importanti saranno le pubblicazioni di Fantaboulos, Happenings, Sound Pieces, Tribute to JF Kennedy, Three dimensions, Black Brown & Beautiful e la Swiss Suite registrata a Montreux nel 1971, nonché i dischi che testimoniano il suo intenso lavoro di arrangiatore per la TV e il cinema.
Maurizio Franco ripercorrerà le carriera di questo musicista con, da una parte, le radici ben piantate nel blues, dall’altra con uno spiccato senso del colore orchestrale.
https://mega.co.nz/#F!OIA2xDQb!Z0r...4q00M8OT4Ei7emA




Paul Motian
Claudio Sessa ripercorrerà le tappe e i momenti più significativi della carriera di Paul Motian (1931), musicista ancor oggi in piena attività che ha contribuito in maniera decisiva a emancipare la batteria jazz e sottrarla al ruolo di strumento accompagnatore cui era tradizionalmente legata. Grande finezza di tocco (esemplare resta il suo uso delle spazzole), importanza del silenzio, del ritmo sottinteso, della qualità del “battere”, delle dinamiche sonore: queste alcune delle caratteristiche di un musicista che ha lasciato il segno nel jazz moderno.
Dopo gli esordi accanto a George Russell, Lennie Tristano, Warne Marsh e diversi altri, Motian si legherà dal 1959 (e per più di un lustro) al pianista di Bill Evans contribuendo a tratteggiare i contorni del moderno trio jazz. Dopo aver suonato con Gary Peacock, Pharoah Sanders, Don Cherry, nel 1968 con Charlie Haden è scelto da Keith Jarrett per la costituzione di un trio storicamente fondamentale tanto quanto quello di Evans. Diventato più tardi, con l’aggiunta di Dewey Redman al sax, il “quartetto americano” del pianista, la band sarà fra le formazioni più popolari degli anni ’70. Come leader lo ricordiamo dai primi anni ’80 con un proprio quintetto, poi nel rivoluzionario trio con Joe Lovano al sax e Bill Frisell alla chitarra, in tempi più recenti alla testa dell’ Electric Be-Bop Band.
https://mega.co.nz/#!GNIn1BoZ!XsZF...NJ0SWCPu88dQ924




Il jazz in Sudafrica prima dell'esilio - Da Miriam Makeba ai Blue Notes
Partendo da lontano, dove radici tradizionali, moderna popular music e jazz si confondono sulla scorta di una canzone-simbolo quale Mbube, diventato hit internazionale, Lorrai traccia un percorso che indica come per quasi un trentennio la vitalità e la popolarità del jazz in Sudafrica siano state seconde forse solo rispetto agli Stati Uniti. Passeranno in rassegna tra gli altri musicisti come Miriam Makeba e Hugh Masekela, Dollar Brand e il sestetto dei Blue Notes, questi ultimi simbolo stesso dell’esilio volontario dei migliori jazzisti sudafricani allorquando, nel 1964 - restando uniti come band - trovarono tutti insieme una nuova patria musicale in Inghilterra.
https://mega.co.nz/#F!6VRkzI5T!b-V...qf27uIDTcY-WbHg




Jimi Hendrix in blues
Qualcuno ebbe a dire: “Hendrix suonava blues del delta, ma il suo Mississippi non stava sulla terra ma sul pianeta Marte”. Un percorso, quello che ci propone Riccardo Bertoncelli, attraverso la matrice più nera e più roots di uno dei musicisti più visionari del Dopoguerra.
https://mega.co.nz/#F!qZpRzKSR!DSA...rALtz1KxeKWjigQ




Anita O'Day
Franco Fayenz dedica una puntata di storia della vicenda musicale afro-americana alla grande vocalist Anita O'Day
https://mega.co.nz/#F!PIY0RJCR!6xA...sGVCqXjrQ-WobRA




Jazz & Africa: mito e realtà
Un percorso dunque fra mito e realtà, che passa attraverso cent'anni di storia musicale e privilegia le tante incisioni che hanno unito dal vivo e in studio d'incisione musicisti dei due continenti. Ogni trasmissione si apre con un brano di Duke Ellington, musicista che nei cinquant'anni della sua carriera ha osservato il rapporto con l'Africa da molte prospettive diverse, e si sofferma su un diverso argomento, dal rapporto ideologico con la "madre" Africa al lirismo presente in tanti brani ispirati a questo continente.
https://mega.co.nz/#F!aBRSnCLJ!3u0...PMa9BNosTOFP-BQ




In memoriam di Rashied Alì
Maurizio Franco ricorda la figura del batterista Rashied Alì, scomparso lo scorso anno, musicista che legò il suo nome principalmente all’ultima parte della vicenda artistica di John Coltrane.
https://mega.co.nz/#F!2IxmFZ5I!7nV...Yqu9OFHITr3QJtg




Louis Sclavis
Nato a Lione nel 1953, le radici della sua carriera affondano nelle diversificate esperienze degli anni ’70, quando fa parte del Workshop de Lyon e della Marmite Infernale, e al tempo stesso è tra i fondatori dell’ARFI, l’Association Recherche d’un Folklore Imaginaire, falange francese di un movimento che faceva tendenza nel jazz europeo dell’epoca e all’interno del quale ad esempio operava, sulla sponda italiana, un suo collega di strumenti quale Gianluigi Trovesi.
Bernard Lubat, Michel Portal, Henri Texier, Aldo Romano in Francia; Chris McGregor, Conrad Bauer, Han Bennink, Enrico Rava, lo stesso Trovesi a livello europeo; George Lewis, Anthony Braxton, Cecil Taylor, ma anche Joe Lovano tra gli americani: sono solo alcuni fra i musicisti di spessore con i quali ha condiviso innumerevoli progetti, fino ad inizio degli anni ’90 allorché la sua progettualità di leader si è concentrata su propri ensembles di media grandezza con i quali ci ha regalato alcune delle gemme più preziose dell’odierno jazz europeo.
https://mega.co.nz/#!WNkShJgJ!W47K...wtHlE9mFxElvGM8




Miles Davis. “On the Corner” e i primi anni ’70
Riccardo Bertoncelli si china su uno dei periodi più discussi della carriera di Miles Davis, quello compreso grosso modo tra il 1972 e il 1975, anno del temporaneo ritiro dalle scene.
Oltre i già rivoluzionari In a silent way e soprattutto l’epocale Bitches brew, questo particolare momento di Davis si apre con l’album On the Corner, al tempo osteggiato soprattutto dalla critica e oggi invece rivalutato e considerato altra pietra miliare dell’estetica davisiana. Una ancora più marcata spinta ritmica, una strumentazione ancor più elettrificata, nuove influenze extrajazzistiche che vanno dalla musica contemporanea a quella di tradizione indiana, un gruppo di musicisti che assecondano in pieno il maestro e che saranno poi centrali nello sviluppo successivo della cosiddetta fusion: queste le peculiarità di un disco che apre una nuova via e che non fu capito appieno all’epoca.
https://mega.co.nz/#F!DVQSQCaJ!NkV...DM-lRpy5vgJ13GA




Roberto Ottaviano, sassofonista
Roberto Ottaviano – specialista del sax soprano, compositore e band leader – è una delle personalità importanti emerse nelle seconda metà degli anni ’80, periodo di grande fioritura del jazz italiano.
Maurizio Franco ne compone un ritratto esaustivo ricordando gli esordi di carriera, l’influenza di una collega di strumento quale Steve Lacy, i vari gruppi come i Six Mobiles o i Koiné, una progettualità sempre mirata e la più recente attività.
https://mega.co.nz/#F!XMBkGIJQ!5My...5QRzOTPly-QdaDg




Charles Lloyd
Inizia a suonare il sassofono a 9 anni e ad ascoltare alla radio Parker, Hawkins, Young, Ellington. Nel 1956 si trasferisce in California per completare gli studi e contemporaneamente collabora con i maggiori musicisti della West Coast: Don Cherry, Ornette Coleman, Eric Dolphy, Billy Higgins, Scott LaFaro.
Nel 1960 Lloyd entra come music director nel gruppo del batterista Chico Hamilton, con il quale firmerà alcune pagine memorabili della formazione incise per la Impulse. Il grande successo arriva con il quartetto a cui dà vita nel 1965, del quale fanno parte tre esordienti di lusso: Keith Jarrett al piano, Jack DeJohnette alla batteria e Cecil McBee al basso. La band di Lloyd propone una musica di ampio respiro, che si dilata liberamente nel tempo e che combina elementi disparati: il free jazz in voga, musiche etniche di varia provenienza, armonie impressioniste, ritmi rock. In questo senso Lloyd marcherà in maniera del tutto personale il post-bop degli anni '60, anticipando a suo modo la world music e facendo da ponte tra l'avanguardia jazz e il trend psichedelico dell'epoca. Non stupisce dunque che sarà lui ad esibirsi quale primo jazzista al Fillmore Auditorium (dove le stars erano Janis Joplin, Jimi Hendrix o i Grateful Dead) e ad essere invitato a grandi raduni musicali. Il "live" inciso a Monterey nel 1966 (Forest Flower) sarà uno dei primi dischi jazz a vendere oltre un milione di copie. Nominato artista dell'anno nel 1967, Lloyd intraprende una serie di tournées che lo porteranno a suonare in Europa, in Estremo Oriente e pure al di là della Cortina di Ferro. All'apice del successo Lloyd decide però di ritirarsi quasi completamente dalla scena. Si interessa alla meditazione trascendentale, riprende l'insegnamento e si trasferisce a Big Sur sull'esempio dei vari Miller, Ferlinghetti, Kerouac.
Un decennio di quasi silenzio e poi l'inaspettato ritorno, prima con Michel Petrucciani (1982-84) e alla fine degli anni '80 con un nuovo quartetto che produrrà una musica più meditativa ma pur sempre con solidi legami con quanto espresso in precedenza.
https://mega.co.nz/#F!HNohDASR!Gg8...DJxTwIarhCd_Aww




George Adams
Eravamo nei primi anni'80 e il gruppo che George Adams co-dirigeva con il pianista Don Pullen si era già oramai illustrato come uno dei più interessanti del periodo. Tra influenze blues, funk e free-jazz il quartetto (completato da altri ex-mingusiani quali il batterista Dannie Richmond e il bassista Cameron Brown) proponeva una musica dall'alto contenuto energetico, con il sassofono urlante di Adams e il piano libertario di Pullen a stagliarsi sui tappeti ritmico-armonici del gruppo. Il loro concerto del 1980 in Piazza della Riforma a Lugano, per la seconda edizione di Estival Jazz, è stato in assoluto uno dei più coinvolgenti e indimenticabili cui gli appassionati di jazz della Svizzera italiana abbiano potuto assistere, un concerto che, grazie all'atmosfera magica creatasi e grazie anche alla "spinta" dei presenti, continuò – in un'aria di festa collettiva - fino a tarda notte e ben oltre l'orario prefissato.
In queste tre puntate di Birdland Marcello Lorrai presenterà il profilo di un musicista che ha contribuito a segnare con la sua personalità l'ultima fase creativa di Charles Mingus, che ha imposto il suo marchio di leader nel jazz dei primi anni'80 e che se ne è andato troppo presto, quando il suo sassofono aveva certamente tante altre belle storie da narrarci.
https://mega.co.nz/#!3UgGXR4A!NsAc...UwdFsrLN4EgqiOo




Chet Baker, la "seconda" carriera"
Un talento musicale intuitivo, uno stile di tromba affascinante, un look da bello e maledetto che non manca di sedurre il grande pubblico, una canzone - My funny Valentine - che gli resterà incollata addosso fino all'ultimo: questi alcuni degli elementi della "leggenda" Chet Baker, che nei primi anni '50 è protagonista di un esordio di carriera straordinario nel quartetto di Gerry Mulligan.
Ma le cose si complicano quando Mulligan è arrestato per droga e resta fuorigioco per diverso tempo. Chet è sulla stessa strada e nella seconda metà del decennio la sua attività professionale risentirà dei problemi legati alla tossicodipendenza, fino al suo arresto ad Harlem nel 1959.
Rilasciato su cauzione, pagata dal suo produttore discografico Bill Grauer, Baker si decide a cambiare aria. Con il suo arrivo in Europa (e in Italia in particolare) alla fine del 1959 si apre la "seconda carriera" del grande trombettista, che Marcello Lorrai seguirà in questa serie di Birdland fino al suo epilogo.
https://mega.co.nz/#F!eEonxSYD!S_I...2xqC2NE1ha55FGg




L'altro Django, in occasione del centenario di Django Reinhardt, 1910-1953
1910-1953: sono le date biografiche di Django Reinhardt, chitarrista belga di origine gitana che ha rivoluzionato l'uso dello strumento nel jazz sin dai suoi esordi, negli anni '30, accanto a Stéphane Grappelli.
In occasione dei cent'anni dalla nascita Maurizio Franco, che al personaggio ha dedicato un prezioso volume intitolato Dalla chitarra gitana al jazz (ed. Sinfonica Jazz), tratteggia la figura di Reinhardt attraverso un percorso biografico inusuale e l'ascolto di registrazioni tra le meno conosciute.
https://mega.co.nz/#F!mFRHWYaY!_Jp...aFtRvJJQiPDY1Ow




Cent'anni dopo, i profeti del jazz
Il 1910 è l’anno di nascita dei musicisti passati in rassegna da Claudio Sessa in questa serie, tutti importanti per le intuizioni mostrate nel loro innovativo lavoro prima e durante la grande rivoluzione del jazz moderno, quella del be-bop nei primi anni ’40. I pianisti Mary Lou Williams e Clyde Hart, il contrabbassista Milt Hinton, il batterista Sid Catlett e il sassofonista Budd Johnson di cui si parlerà, poco celebrati in vita, hanno infatti svolto un oscuro ma profetico lavoro di apertura verso nuovi orizzonti musicali, sintetizzato poi dai celebrati protagonisti (Gillespie, Parker e Powell in primis) di quella decisiva svolta nella storia della musica afro-americana.
01 Clyde Hart 20 settembre 2010
02 Sid Catlett 21 settembre 2010
03 Mary Lou Williams 22 settembre 2010
04 Milt Hinton 22 settembre 2010
05 Budd Johnson 24 settembre 2010
https://mega.co.nz/#F!jQJ3wIDD!OI9...e3ha66obRDeghbQ




Wadada Leo Smith
Ripercorrere la carriera di Leo Smith è un po’ come gettare uno sguardo trasversale sulla storia della musica e del jazz creativo dalla fine degli anni ’60 in avanti. “Wadada” (nome aggiunto al momento dell’abbraccio della fede rastafari) ha infatti lasciato il segno con le sue infinite collaborazioni e con i suoi numerosi e atipici gruppi con i quali ha battuto le strade di Chicago, di Parigi, della Germania e dell’Olanda, luoghi-laboratorio - tra America e Europa – dove si è elaborato il progetto del cosiddetto post-free. Roscoe Mitchell e Muhal Richard Abrams a Chicago (loro e di Smith alcuni dei primi gruppi emersi dalla famosa associazione AACM), Leroy Jenkins e Anthony Braxton a Parigi; Henry Threadgill, Anthony Davis, Oliver Lake di nuovo a Chicago; poi la Company, Derek Bailey, Evan Parker, Han Bennink, Peter Kowald e molti altri tra Amsterdam, Moers e Londra: sono alcuni dei musicisti che Leo Smith ha affiancato e con l’aiuto dei quali ha tracciato la sua personale via verso una new music idealmente pensata come una sorta di esperanto sonoro, dove alle radici blues delle sue lancinanti divagazioni alla tromba si sono integrate musiche e strumenti dal mondo intero.
Sarà Riccardo Bertoncelli – che alla musica creativa degli anni ’60 e ’70 con Franco Bolelli ha dedicato il libro Musica da non consumare (ed. Il Formichiere, 1979) – a guidarci in questo strano e affascinante cammino.
https://mega.co.nz/#F!LBJyhIaQ!93B...AXbhHkr_9neMOLQ




Herb Ellis, chitarrista (1921-2010)
Conosciuto soprattutto per la sua lunga collaborazione con Oscar Peterson, Herb Ellis è scomparso quasi novantenne nel maggio di quest'anno. Maurizio Franco ne traccia un profilo dove si presentano le varie sfaccettature di un'arte chitarristica per la quale è diventato un "classico" dello strumento.
https://mega.co.nz/#F!PQw2nTrY!8gb...t09PZEdvAe9qbow





Giuseppi Logan il bizzarro del free
Una vicenda simile a quella del contrabbassista Henry Grimes: dato per scomparso sul finire dei Sixties, riemerso dal nulla e ritornato in attività. Ma la storia di Giuseppi Logan, una delle figure più bizzarre del periodo free, è ancor più misteriosa ed enigmatica. Riccardo Bertoncelli la ripercorrerà ricordando le scarse notizie biografiche, i due dischi folgoranti editi dall'etichetta ESP a metà anni '60 (dove facevano bella mostra giovani emergenti quali Eddie Gomez, Don Pullen e Milford Greaves), il successivo silenzio, il problemi mentali e l'abuso di droghe. Logan ricomparirà in alcuni video di strada del 2008 alle prese con il suo sassofono. E la sua storia improvvisamente, così come pareva finita, è ricominciata.
https://mega.co.nz/#F!HQQ0yCaA!FS4...kRSHKK5t9cvvavA





Dick Heckstall-Smith, una voce tra jazz e rock
Sassofonista britannico scomparso a 70 anni nel 2004, Dick Heckstall-Smith è stato uno dei protagonista dapprima del movimento del British Blues, poi a cavallo fra '60 e '70 del progressive inglese di ispirazione jazz & rock. Suonò in varie band di Alexis Korner, entrò nella Graham Bond Organisation dove incontrò due futuri Cream come Ginger Baker e Jack Bruce, nel 1967 sarà con i Bluesbreakers di John Mayall. Ma l'apice della carriera lo raggiungerà tra il 1968 e il 1972 con i Colosseum , il gruppo di jazz-rock cui diede vita insieme al batterista Jon Hiseman. Di pregio il suo primo disco solista A story Ended del '72 (in riferimento allo scioglimento dei Colosseum) e alcuni altri editi negli anni '90. Heckstall-Smith ha pubblicato nel 1989 il volume The safest place in the world: A personal history of British Rhythm and blues rivisto, ampliato e riedito nel 2004 dal suo manager Pete Grant sotto il titolo Blowin' The Blues.
https://mega.co.nz/#F!adgTgSDJ!Gxa...PIfm1GNQFEne6iA




Woody Herman
Woody Herman è stato uno dei grandi capo-orchestra del jazz dalla seconda metà degli anni '30 alla fine degli anni '80 e ha attraversato le varie epoche del jazz, dal classico al moderno. Soprattutto clarinettista ma abilissimo anche al sax alto, oltre che compositore e arrangiatore, Herman ha consacrato una vita intera al lavoro con la sua band. Una delle prime, nel 1939, produrrà quell'indimenticato hit intitolato At the Woodchopper's Ball, venduto a milioni su disco. Giocando sul suo nome, Herman fondò poi nel corso dei '40 il First Herd (letteralmente il "gregge") che raggiunse uan popolarità tale da indurre Igor Stravinkij a dedicargli il suo Ebony Concerto. Al Second Herd (che entra nella storia del jazz anche per un ulteriore hit Four Brothers scritto da Jimmy Giuffré) fa seguito dal 1950 al '56 una terza versione dell'orchestra dove si accentuerà ancor più la fama di scopritore di talenti del suo leader. Tra i celebri alunni che hanno fatto parte dei vari Herds ricordiamo i nomi di Flip Phillips (quello che anni dopo suonerà il celebre tema di The Pink Panther), Stan Getz, Al Cohn, Zoot Sims, Jimmy Giuffré, Pete e Conte Candoli. Dalla metà degli anni '50, con le crescenti difficoltà finanziarie a tener assieme una big band, Herman farà capo sempre più a giovani musicisti appena diplomati.
L'orchestra da allora e fino alla scomparsa nel 1987 si chiamerà Thundering Herd (la mandria tonante) e spesso proporrà un sound adattato alle nuove mode, come la versione di fine anni '60 con un groove decisamente rock e una strumentazione comprendente basso elettrico e moderne tastiere.
https://mega.co.nz/#F!6EYSmRJT!Kwv...j-TLet3v2-a_ITA




Lennie Tristano
Lennie Tristano (1919-1978) è stato uno dei pianisti più singolari e influenti del jazz moderno. Persona molto riservata e esigentissima per quel che riguarda la sua musica, Tristano opera sin dall’inizio al di fuori dei dettami dei generi dominanti – il be bop, il cool jazz. Il suo modernismo va ben al di là dello stile personale, mirando piuttosto ad una concezione totalizzante dove si abbinano ad esempio il contrappunto classico e la ricerca armonica più avanzata. Strumentista dalla straordinaria agilità, Tristano ci ha consegnato una manciata di capolavori assoluti del jazz di tutti i tempi e ha influenzato, con le sue idee, la sua pratica strumentale e la sua ricerca sonora (importante il suo lavoro certosino in sala d’incisione) i pianisti più diversi delle generazioni successive, da Bill Evans a Cecil Taylor fino a Martial Solal. Si ritirerà in pratica dalle scene alla metà degli anni ’60 – a parte qualche rara apparizione in locali con pianoforti di suo gradimento – per dedicarsi completamente alla didattica.
Maurizio Franco ce ne propone un ritratto a tutto tondo in questa serie organica di Birdland, dagli esordi alle ultime preziose registrazioni.
https://mega.co.nz/#F!6MRiFBbC!NK_...nu2w9DkwHeH2JkA




Jimmie Lunceford, caporchestra
Offuscata dalla notorietà e dal carisma di colleghi quali Duke Ellington e Count Basie, l’importanza di Jimmie Lunceford nella storia del jazz va certamente rivalutata. Nato in Missouri nel 1902, sassofonista di formazione, fondò una prima orchestra nel 1926 con gli allievi della Manassas High Scholl di Memphis dove insegnava. La sua big band fu nella seconda metà degli anni ’30 una formidabile fabbrica di swing, da molti ritenuta la migliore dell’epoca. Accanto alla figura di Lunceford, Maurizio Franco ricorderà pure i solisti di spicco che ne fecero parte, quali Paul Webster e Snooky Young (trombe), Trummy Young, i sassofonisti Wllie Smith e Joe Thomas, così come la qualità degli arrangiamenti dovuti soprattutto alla fantastica penna di Sy Oliver, che pure sedeva nella sezione delle trombe. La partenza di quest’ultimo nel 1939 segnò un primo declino dell’orchestra, così come in seguito la partenza di numerosi dei suoi migliori strumentisti. L’orchestra sopravvisse solo qualche anno dopo la morte del suo ancor giovane leader nel 1947.
A cura di Maurizio Franco
https://mega.co.nz/#!TRB00A4B!ad9J...PaQ4-sGQaTad9Ug




Incursioni blues: Buddy Guy
Ogni tanto la nostra rubrica di storie di jazz si tinge di blu. Due puntate di Birdland sono infatti dedicate questa settimana da Riccardo Bertoncelli alla figura di Buddy Guy, bluesman, cantante e soprattutto chitarrista tra i più influenti – assieme a B.B. King - della scena americana, tuttora in piena attività.
https://mega.co.nz/#F!OBwkmLLD!7S-...qfKHqhtXtKQyZCA


.

Edited by Elrond_55 - 4/4/2015, 14:33
 
Top
15 replies since 17/5/2010, 21:06   8715 views
  Share