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SCENEGGIATI STORICI, di AA.VV.

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Ruitor2
view post Posted on 3/10/2009, 06:00




SCENEGGIATI STORICI


RAI SARDEGNA


A partire dal “Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna” di Pasquale Tola, scomparso nel 1838, la rivisitazione della vita e dell’opera delle figure imminenti della storia sarda è divenuta un genere molto frequentato da scrittori e storici, da pittori e autori di teatro. In tutti, l’ispirazione prevalente è stata quella di contribuire alla formazione di una sorta di galleria di ritratti patriottica, capace di illuminare il percorso mai interrotto di una storia nazionale sarda. Non fa eccezione a questa tendenza la serie di sceneggiati storici realizzata da Radio Sardegna nella seconda metà degli anni Ottanta, in un momento in cui il tema dell’identità sarda era sì riemerso con forza, ma senza avere ancora riconoscimento legislativo e istituzionale. La particolare sensibilità del mezzo radiofonico recepiva dunque non tanto una domanda d’ordine politico quanto piuttosto il bisogno diffuso di una maggiore conoscenza della storia isolana, quale neppure la scuola poteva ancora fornire. In questa raccolta antologica sono proposti episodi e passaggi, diversamente significativi, degli sceneggiati su Adelasia di Torres (di Giovanni Enna), Eleonora d’Arborea (di Marcello Serra), Martino il Giovane (ancora di Giovanni Enna), Leonardo Alagon (di Leonardo Sole), Vincenzo Sulis (di Giuseppe Marci). Il brano su Martino il Giovane, il sovrano aragonese che con la battaglia di Sanluri pose fine alla lotta di resistenza dei Giudici di Arborea, resta forse esterno al pantheon delle glorie sarde. Se ne può però giustificare la presenza in questa antologia con il fatto che attorno alla morte di Martino, qualche giorno dopo la sua vittoria, nacque la leggenda della “bella di Sanluri”: eroina anch’essa per aver consumato tra le sue braccia d’amante la vita di un nemico della libertà sarda.
link: Sardegna DigitaLibrary


Donnicella Adelasia di Torres
Autore: Enna Giovanni
A cura di: Satalia Pasquale.
Regia: Prost Antonio.
Interpreti: Meloni Paolo (messer Giosuè), Orchis Isella (Adelasia), Spiga Marco (Ubaldo Visconti), Ziccheddu Rosalba (nutrice).

Figlia di Mariano II, giudice di Torres, Adelasia sposa nel 1219 Ubaldo Visconti, figlio appena tredicenne di Lamberto, divenuto giudice di Gallura in seguito a matrimonio con Elena di Lacon. Questa di Adelasia e Ubaldo è, in effetti, una unione “politica”, in quanto i Visconti il 18 settembre dello stesso 1219 hanno rovinosamente sconfitto, a Noracalbo, il giudice Mariano e ambiscono con questa nuova alleanza matrimoniale ad impossessarsi del regno logudorese, come hanno già fatto con quello di Gallura e in parte con quello di Cagliari. La successione di Mariano, che muore nel 1232, va però al figlioletto minore Barisone III, nato successivamente al matrimonio di Adelasia con Ubaldo e il suo tutore, Orzocco de Serra, avvia una politica favorevole ai genovesi e avversa perciò ai pisani Visconti. Lo scontento nei confronti di Orzocco cova anche a Sassari, che aspira ad una maggiore autonomia dal governo giudicale e viene punita con l’esilio nel 1234 di alcuni suoi cittadini. Tra questi c’è Michele Zanche, che Dante immortala nel canto XXII dell’Inferno, dove lo fa comparire nella quinta bolgia, mentre si intrattiene con un altro sardo, Gomita di Gallura: ”.. e a dir di Sardigna le lingue loro non si senton stanche”. L’anno successivo la rivolta contro il governo di Orzocco de Serra si fa generale e a farne le spese è anche il giovanissimo Barisone, messo a morte e brutalmente oltraggiato. La successione al trono spetta ora ad Adelasia ed Ubaldo, che ottengono la benedizione di papa Gregorio IX, cui giurano fedeltà come vassalli della Santa Sede, in quanto giudici sia di Torres che di Gallura (“felici per acquistare, proclivi altrettanto a cedere gli acquistati diritti di sovranità”, nota Pasquale Tola nel suo “Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna”). Morto anche Ubaldo Visconti, nel 1238, Adelasia diviene subito oggetto dei progetti matrimoniali delle massime autorità del tempo: il pontefice Gregorio IX pensa di imporle il pisano Guelfo Porcari, di suo gradimento, mentre l’imperatore Federico II le propone la mano del figlio naturale Enzo. Sono forse i Doria, la dinastia genovese più potente - che possiede numerosi e vasti possessi nel nord-Sardegna - a favorire Enzo, subito investito dal padre del titolo di re di Sardegna, mentre Adelasia viene scomunicata dal papa. Molto più giovane di Adelasia, Enzo nutre però altre ambizioni, d’amore e di dominio, e dopo aver inflitto più di una umiliazione alla sua consorte sarda lascia presto l'Isola per partecipare, come suo legato generale in Italia, alle fortune militari e politiche di Federico II. Ma morirà carcerato nel Palazzo del Podestà di Bologna, nel 1272, dopo essere caduto prigioniero nel 1249 nella battaglia di Fossalta. Non meno sventurata è la fine di Adelasia, che si spegne per malattia verso il 1262, dopo essere stata privata dai Doria di ogni potere effettivo. Unico conforto la liberazione dalla scomunica, nel 1243, per il perdono concessole da papa Innocenzo IV. È soltanto una leggenda il terzo matrimonio che avrebbe contratto con Michele Zanche.


Adelasia ultima regina
Autore: Enna Giovanni
A cura di: Satalia Pasquale
Regia: Prost Antonio
Interpreti: Careddu Lia (Adelasia), Faticoni Mario (Enzo di Hohenstauden)


Eleonora d’Arborea
Autore: Serra Marcello
Regia: Pierfederici Antonio
Interpreti: Lazzari Lina (Eleonora), Pierfederici Antonio (Branca Doria)

Eleonora d’Arborea, ha scritto nel suo “Dizionario biografico” Pasquale Tola, è “una delle donne più famose che abbiano vissuto, non che in Sardegna, nell’Europa intiera negli ultimi anni del secolo XIV”. Gli storici di oggi, più si occupano di Eleonora, più confermano questo giudizio. Come per Adelasia, anche per Eleonora, sposata a Brancaleone Doria, l’occasione di ascendere al governo del Giudicato d’Arborea, è fornita dalla efferata uccisione, in una rivolta esplosa ad Oristano il 3 marzo 1383, del fratello Ugone, succeduto sul trono alla morte di Mariano IV, nel 1376. Eleonora e Brancaleone reggono però il giudicato in qualità di tutori dei figli, prima di Federico (morto nel 1387) e poi di Mariano. Se il padre ed il fratello hanno seguito una politica di strenua opposizione al dominio aragonese - stabilitosi in Sardegna nel 1324 per atto di conquista seguito alla sua infeudazione nel 1297 a Giacomo II d’Aragona da parte di papa Bonifacio VIII - Eleonora in un primo tempo cerca un accordo con il sovrano d’Aragona, Pietro IV il Cerimonioso. Le ragioni di questa politica sono però soprattutto private in quanto Brancaleone, caduto nelle mani del nemico, è detenuto come ostaggio nella torre di San Pancrazio, a Cagliari. Nel 1388 è così stipulato un trattato di pace che riconosce all’Arborea parte delle conquiste realizzate dai predecessori di Eleonora, ma prevede anche la consegna all’Aragona di numerosi borghi e castelli fortificati. Una volta liberato, è però lo stesso Brancaleone ad assumere con maggiore determinazione, nel 1390, la guida della guerra antiaragonese, riprendendosi i castelli già ceduti e conquistando Sassari. Tra tregue e riprese, alti e bassi, il conflitto si trascina, mai risolutivo, sino alla morte di Eleonora, nel 1404. Rimasto unico reggente del giudicato, Brancaleone imprime nuovo slancio all’iniziativa militare sarda, invadendo nel 1406 il Cagliaritano e l’Ogliastra, ma non riesce - neppure con il supporto navale genovese - ad avere ragione dei capisaldi aragonesi, Cagliari, Alghero e Luogosardo. Quando muore anche il secondogenito Mariano, nel 1407, egli viene abbandonato dalle sue maggiori alleate, Genova e Sassari, che gli preferiscono per la successione al trono d’Arborea Guglielmo III di Narbona. È la fine dell’epopea arborense e dello stesso sogno di Eleonora di “continuare la pianta della dinastia” d’Arborea. La fama di Eleonora è anche legata alla “Carta de Logu”, la principale raccolta di consuetudini sarde, da lei completata, sulla traccia segnata dal padre Mariano, attorno al 1390-92. Si tratta del vero monumento giuridico della storia sarda, per lo sforzo che i sovrani arborensi compiono di dare un ordine più moderno al diritto territoriale sardo e, soprattutto, per la preoccupazione che manifestano di cancellare nell’Isola ogni traccia della servitù medievale.


Martino il Giovane
Autore: Enna Giovanni
A cura di: Maccioni Cristina
Regia: Prost Antonio
Interpreti: Spiga Marco (Re Martino)

Quando si conclude la parabola di Brancaleone, dalla Sicilia sta per muovere verso la Sardegna la spedizione di Martino il Giovane. Il 26 giugno 1409 le truppe aragonesi affrontano e travolgono sul campo, in territorio di Sanluri, i fanti e i cavalieri sardi del nuovo giudice d’Arborea, Guglielmo III visconte di Narbona. Le forze impiegate dai due eserciti non sono così dispari da spiegare il vero massacro che si compie a danno degli arborensi (almeno cinquemila morti contro poche centinaia del nemico). L’esercito sardo conta anzi nell’insieme, con ventimila armati, il doppio circa degli effettivi degli aragonesi, che sono però forniti di armatura più pesante e ispongono inoltre di un numero maggiore di balestrieri e di alcune bombarde, arma usata per la prima volta in Sardegna. Il massacro si compie anche a Sanluri, in una distruzione e saccheggio di cui la leggenda affida la vendetta ad una giovane amante del sovrano, la “bella di Sanluri”, che tra le sue braccia ne avrebbe spento la passione febbrile e la vita stessa. Responsabile della fine di Martino è in realtà un’altra febbre, quella della malaria, che lo consuma il 25 luglio 1409. Mitiche o reali, certo è comunque che le virtù amatorie della bella sanlurese sono ben magro risarcimento ad una sconfitta che chiude - dopo circa cinquant’anni di conflitto - la grande epopea della “resistenza” sarda all’invasione iberica. Dissoltosi il glorioso regno d’Arborea, nel 1410 gli subentra, su una parte minore del suo territorio più antico, il Marchesato d’Oristano, attribuito a Leonardo Cubello, acclamato giudice dal popolo dopo la disfatta di Sanluri, ma presto convinto ad accettare la supremazia aragonese.


La vera storia di Leonardo di Alagón
Autore: Sole Leonardo
A cura di: Satalia Pasquale
Regia: Prost Antonio
Interpreti: Ancis Aldo (nobiluomo aragonese), Saliu Cesare (Leonardo Alagon), Valentini Alessandro (nobiluomo aragonese)
Voce: Prost Antonio

Dai Cubello, per linea materna, discende Leonardo Alagòn, che diviene marchese di Oristano e conte di Goceano nel 1470, in seguito alla morte senza eredi diretti di Salvatore Cubello, fratello minore di Antonio. La successione di Leonardo è subito contestata dal viceré Nicola di Carroz, esponente di una potentissima dinastia feudale avversa da decenni ai giudici d’Arborea e agli stessi marchesi d’Oristano. Su istigazione del Carroz, l’Alagón nel 1477 è persino dichiarato “fellone”, con tutti i figli e fedeli, da Giovanni II d’Aragona. La guerra intestina tra gli Alagón e i Carroz si conclude soltanto con lo scontro di Macomer, il 16 giugno 1478, quando le forze sarde - di nuovo raccoltesi attorno al vessillo arborense - sono duramente sconfitte da quelle aragonesi. Tra le vittime vi è anche Artale Alagón, figlio di Leonardo. Caduto prigioniero con altri due figli e con alcuni dei suoi maggiori aderenti, l’ultimo marchese di Oristano muore nel 1494, ancora recluso nel castello di Xàtiva, in Spagna. Resta aperta, tra gli storici, la questione se quest’ultima ribellione antiaragonese radicasse ancora nello spirito d’indipendenza degli arborensi, o se non si trattasse di una faida e resa di conti tra le due maggiori dinastie feudali dell’Isola, l’una attestata nel marchesato di Oristano, l’altra nella contea (poi marchesato) di Quirra. La tendenza ad organizzarsi in fazioni era del resto ben diffusa nei domini spagnoli, anche se sembra evidente che attorno agli Alagón si erano nuovamente polarizzati i valori e le aspirazioni di molti sardi, non solo arborensi.


Vincenzo Sulis, capopopolo
Autore: Marci Giuseppe
Regia: Satalia Pasquale
Interpreti: Faticoni Mario (Vincenzo Sulis), Valentini Alessandro (Pasquale Tola)

Vincenzo Sulis è uno dei principali protagonisti dalla “rivoluzione sarda” di fine Settecento. Nato a Cagliari nel quartiere di Villanova da genitori di modesta condizione, ha una giovinezza vivace ed inquieta piuttosto che disordinata, per quanto abbia precocemente modo di sperimentare sia il carcere che il bando. Riesce, comunque, ad approdare nei ranghi di quella borghesia cagliaritana dei commerci e delle professioni (diviene sia negoziante che notaio) che è destinata a giocare un ruolo di tutto rilievo negli avvenimenti del 1793-96. È tra gli “eroi” della difesa di Cagliari dall’assalto della flotta francese dell’ammiraglio Truguet e si afferma subito dopo come il più autorevole e determinato dei capipopolo in tutto il decorso del moto antipiemontese. Il 24 luglio 1795 è proposto dagli Stamenti al comando del battaglione delle milizie cittadine di Stampace. Sulis è tuttavia un moderato, piuttosto che un rivoluzionario: è tra quelli infatti che voltano le spalle a Giovanni Maria Angioy, inviato come “alternos” del viceré a Sassari, ed è anche il principale responsabile della epurazione dei suoi seguaci a Cagliari. Divenuto per qualche tempo l’arbitro della vita politica cagliaritana, gode inizialmente del favore del restaurato governo piemontese, che lo gratifica di qualche onore e carica. Continua, però, a preoccupare la sua popolarità e presto gli viene chiesto conto dei suoi trascorsi antipiemontesi. Nel settembre del 1799, pochi mesi dopo l’arrivo a Cagliari della corte sabauda in fuga dalle armate napoleoniche, è accusato di aver congiurato contro la monarchia. È immancabilmente condannato al carcere perpetuo e quindi impietosamente rinchiuso nella Torre dello Sperone di Alghero, dove marcisce per vent'anni. Liberato per grazia sovrana, nel 1821 è sospettato d’aver preso parte ai tumulti scoppiati ad Alghero nel marzo di quell’anno e rischia una nuova condanna. Scagionato, è comunque costretto a domiciliarsi a La Maddalena, dove si spegne il 15 febbraio 1834. Nei suoi ultimi anni redige un’Autobiografia.


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Edited by eos1948 - 9/5/2020, 16:11
 
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